FYI.

This story is over 5 years old.

reportage

La città svedese che sta sprofondando

Kiruna, in Svezia, sta lentamente sprofondando a causa delle estrazioni minerarie. Abbiamo parlato con Klaus Thymann, un fotografo che ha deciso di passare i prossimi dieci anni a documentare l'abbandono della città e i suoi abitanti.

L'enorme spaccatura nel terreno si sta facendo strada fino a Kiruna, Svezia (Foto di Klaus Thymann)

Il problema di un’aggressiva e prolungata attività mineraria su un luogo specifico è che tende a rovinare il paesaggio. A Kiruna—una città svedese che sin dal 19esimo secolo ha sfruttato le sue risorse di minerale di ferro—un'enorme crepa dovuta agli estesi e invasivi scavi si sta spostando verso il centro abitato, minacciando di risucchiare migliaia di case.

Pubblicità

La cosa ha provocato ovviamente una serie di problemi, tra i quali il fatto che nessuno voglia comprare una casa destinata poi a sparire, costringendo gli abitanti a prendere una buonauscita dal governo per trasferirsi altrove.

Klaus Thymannè un fotografo che ha deciso di trascorrere i suoi prossimi dieci anni di vita a documentare la situazione a Kiruna per registrare i cambiamenti ambientali e gli abitanti che decidono di rimanere. L’ho incontrato per parlare del suo progetto.

VICE: Ciao Klaus. Ci puoi parlare un po’ di Kiruna?
Klaus Thymann: Kiruna è una città mineraria nell’estremo nord della Svezia. Penso sia la più grande miniera di minerale di ferro al mondo–c'erano miniere ancor prima che la città fosse fondata nel 1900. A causa degli scavi eccessivi, si è creata un’imponente spaccatura nel terreno che si muove verso la città al ritmo di 15 metri all’anno. Non sembra creata dall’uomo: è irregolare e lacerata. Fa paura. Significa che la città e i suoi abitanti si devono trasferire altrove se non vogliono essere inghiottiti dalla terra.

È una brutta storia.
Sì. Da un punto di vista ingegneristico è da pazzi spostare un’intera città in un altro posto. La vita di quelle persone è in uno strano limbo. La maggior parte di loro sa che a un certo punto dovranno trasferirsi, ma non sanno esattamente quando. Non sono neanche in grado di vendere le loro case perché nessuno vorrebbe comprarle. Tutto quel che riceveranno è un compenso fisso dal governo.

Pubblicità

Quindi c'è un piano per trasferire alcuni edifici della città?

Sì. Praticamente sono pronti a imballare gli edifici storici, come la chiesa di legno, e poi riportarli in vita in un altro posto. È molto affascinante; è un progetto talmente grande e brutale e allo stesso tempo considerevole-–prendere la vecchia chiesa e rimetterla su di nuovo. La dice lunga sulle complicazioni della società moderna, su come estraiamo i minerali dalla terra, come sfruttiamo la terra e come cerchiamo di costruire le nostre società. Penso sia una cosa estremamente sofisticata.

Pensi sia un fattore culturale? Non credo che altri paesi avrebbero avuto la stessa premura.
Forse. La società svedese è alquanto matura, quindi penso che la cosa abbia a che fare con questo aspetto. Ma si tratta anche di un progetto moderno; 20 anni fa le cose sarebbero state diverse. Probabilmente abbiamo raggiunto un punto in cui la nostra storia e i nostri valori influenzano le nostre decisioni.

Tu che ne pensi? Credi sia una cosa giusta trasferire gli edifici?
Sì e no. Questa distruzione sta accadendo per l’estrazione dei minerali di ferro, ma è la complessità del fenomeno che mi affascina. Io documento i fatti con le mie foto e porto l’attenzione del pubblico su questa vicenda; non cerco risposte, più che altro cerco di aprire un dibattito e creare una rappresentazione interessante della situazione.

Tra tutte le persone che hai incontrato finora a Kiruna, ce n'è qualcuna con una storia particolare?
Allora, ho incontrato tanta gente che deve trasferirsi il prima possibile, entro un anno e mezzo più o meno. Riesco a comprendere quel tipo di incertezza. Quando sai che non starai in un posto a lungo certe cose non contano più, se ti si strappa la carta da parati non pensi ad aggiustarla. Credo sia una sensazione strana, non li invidio.

Pubblicità

Molti di loro stanno per trasferirsi nel nuovo paese, ma stanno ancora affrontando molti altri problemi secondari, si chiedono se ce la faranno a vendere la casa o se il prezzo di quella nuova corrisponderà a quello della vecchia. Poi ci sono quei problemi ovvi, come il clima; la città si trova nel Circolo Artico, il che non è ideale per costruire.

Quando ha iniziato a lavorare su questo progetto?
Circa un anno fa. Sono stato lassù due volte finora. Il piano è di tornare frequentemente nell’arco dei prossimi dieci anni. Alcune zone sono già state chiuse e sono inaccessibili, e alcuni edifici sono stati demoliti. Un altro aspetto del progetto è che ad ogni foto è collegata una coordinata GPS. Grazie a questo sistema, posso iniziare a creare immagini ripetitive; in questo modo tutti possono vedere i cambiamenti avvenuti nel tempo. Non ho ancora idea di quando finirò il progetto, però.

Dal tuo lavoro è evidente che tu abbia un grande interesse per la mappatura. Come mai?
Alla fine degli anni Novanta in Danimarca lavoravo su un progetto che si chiamava Virus. Trattavamo questioni un po’ marginali, facevamo una specie di controcultura. Siamo stati i primi a fare una serie su ECHELON ad esempio, che tra l’altro è stato una sorta di PRISM antesignano; in pratica è un grande sistema di sorveglianza che seleziona le informazioni. Ho continuato a lavorare su Hybrid, un progetto in cui documentavo culture ibride in tutto il mondo, cose tipo il giardinaggio underground di Tokyo. Ora sto anche lavorando su Project Pressure, ci occupiamo di mappare i ghiacciai del globo. È uno sforzo collettivo.

Pubblicità

Se metti tutte queste cose insieme, penso che il filo conduttore di tutto sia la tolleranza. Quello che cerco nei progetti sono gli elementi ancora non sfruttati che possano dare alla gente una visione diversa del mondo. Guardi una foto con la speranza che poi inizierai a vedere le cose diversamente.

Grazie, Klaus.

Segui Elektra su Twitter: @elektrakotsoni

Altri danni:

Addio grande barriera corallina, benvenute scavatrici