Musica

I vincitori (e i vinti) di Sanremo secondo Noisey

I Måneskin hanno vinto la 71ma edizione del Festival di Sanremo, ma, siccome anche Noisey è Noisey, abbiamo assegnato un premio alternativo.
Carlotta Sisti
Milan, IT
Cecilia Esposito
Bologna, IT
Sanremo 2021
Screengrab via Raiplay, elaborazione grafica VICE Italia

Doveva essere il Sanremo più di indie di sempre—i nomi, sulla carta, c’erano tutti—e invece quella appena conclusa è stata un’edizione che ha visto la musica “alternativa” piegarsi un po’ troppo alle regole dell’Ariston. Willie Peyote ha portato l’obbligatoria quota “critica sociale”, Lo Stato Sociale quella “comicità dell’assurdo”, Colapesce-Dimartino quella “alternativa”—e nonostante le circostanze eccezionali, Sanremo è stato Sanremo anche quest’anno. Il primo posto è andato ai Måneskin che, va detto, hanno spaccato. Tra loro e gli exploit “glam” di Achille Lauro viene da pensare che il rock si stia riprendendo il pop in Italia dopo tutti questi anni di strapotere rap. Ma anche Noisey è Noisey e, proprio perché Sanremo non l’abbiamo mai preso troppo sul serio, abbiamo deciso di fare un bilancio finale tutto nostro.

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Certo che, pensandoci a posteriori, quella di fare Sanremo su una nave da crociera era un'idea niente affatto malvagia, in acque internazionali tipo l'Isola della Rose, per la kermesse più weird di sempre. E invece Fiorello e Amadeus ci hanno preso in ostaggio con gag su dita dei piedi, organi riproduttivi degli animali e nomignoli casalinghi, ci hanno fatto incattivire con l’imitazione di Sabrina Salerno e Jo Squillo, ci hanno portati allo stremo cantando un sacco di canzoni, ma davvero un sacco, e non sono mancati scivoloni pietistici e sessisti. 

Ma c’è stato anche del buono in questo Sanremo 2021. Senza stare a fare un’intera classifica, che è un metodo di vedere la musica che a pensarci bene è anche un po’ arido e cattivo, vogliamo assegnare il premio Noisey a chi ha reso il lunghissimo festival sopportabile anche da noi. Madame.

“Voce” è un pezzo stracolmo di struggimento, che non lenisce ferite ma che le apre e Madame, a soli 19 anni, lo ha cantato come un’Anna Oxa della Generazione Z: sicurezza disarmante e presenza scenica pazzesca, tanto da cantare scalza al suo debutto sull’Ariston. Nota a margine, ma non troppo: “Voce” è prodotta da Estremo e Dardust, sempre lui, che da “Soldi” ad “Andromeda”, fino a qui, ci ha svecchiato il Festivalone di almeno vent’anni. 

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Madame Voce video

Uno screengrab dal video di "Voce" di Madame, cliccaci sopra per vedere il video

Nel 2019, poco dopo l’uscita del suo secondo singolo “Sciccherie”, Madame diceva a Noisey: “le catalogazioni mi lasciano abbastanza indifferente. Il mio sogno, con il 'rap'—che comunque è solo una parte del mio modo di fare musica—è quello di essere riconosciuta come la migliore della scena, non la migliore delle donne della scena". Madame, l’ha dimostrato, sa benissimo dove può arrivare: non è megalomania, è consapevolezza. E lo vedremo con l’uscita del suo primo album, Madame, il 19 marzo.

E visto che abbiamo inventato un premio che non esiste, vogliamo darlo anche ai La Rappresentante di Lista. Abbiamo un un po’ di motivazioni, in ordine sparso: i look Valentino, il talento di Veronica, una delle più magnetiche sul palco, e perché suonano da Dio. Sono la band che andremo a vedere live, schiumanti come ben potete immaginare, appena chi ci governa troverà, dopo un anno e mezzo, un modo per non lasciar morire un intero settore. Inoltre, se è vero che Sanremo è il festival della musica, ma può essere anche l’occasione per prendere a calci il patriarcato a colpi di completi fucsia e peli sotto le ascelle, ben vengano artisti come loro in prima serata Rai per far prendere un colpo a qualche senatore. 

Per ogni artista che ci ha fatto volare, ce n’è uno (o anche due) che ci ha asciugato le orecchie. L’onore di essere stato il peggiore, votato a gran meme anche dal nostro gruppo Telegram, se lo merita Francesco Renga. Niente di personale, ma il brano “Quando Trovo Te” è tutto quello che non vorremmo più sentire al Festival di Sanremo, non solo per le vocali aperte urlate su cui paga i diritti a Piero Pelù, o per il bis che nessuno aveva richiesto che ha trascinato nella disperazione il pubblico a casa, ma per una canzone italiana che vorremmo lasciarci alle spalle anche nella grande TV nazionale.

E se vogliamo dare un secondo premio speciale per il disonore, questo va a Gio Evan: poeta, filosofo, sognatore, cantautore che al mercato mio padre comprò che sul palco dell’Ariston ha solo dimostrato che a volte è meglio non fare il passo più lungo della gamba.