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Musica

Per alcuni fan ora è un traditore

Giovanni Lindo Ferretti si limita a esprimere, da anni, le stesse posizioni. Siamo noi che continuiamo a non accettarlo.

Sono anni che aspetto che qualcuno me lo dica in faccia. Sono anni che attendo la possibilità di instaurare un dibattito sull’argomento. Mai niente. Ci ho anche perso il gusto.”

È un modo come un altro in cui partire. Giovanni Lindo Ferretti, intervistato nel marzo 2013 da un giornalista del Fatto Quotidiano a casa sua. È lo stesso Giovanni Lindo Ferretti che cantava nei CCCP di Fedeli alla Linea, militante dichiarato di Lotta Continua. Lo stesso che saliva sul palco del concerto del Primo Maggio nel 2004, a cantare "Casi Difficili" con i PGR. Ve la ricordate? “Vale più un cuore puro e un cazzo dritto d’ogni pensiero debole piagnone contro comunque sempre solo insoddisfatto”. La gente ci rimane di merda o capisce il giusto.

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Guardare la cosa nei tempi in cui uscì fu, per certi versi, esaltante: in un concerto che era già diventato una delle peggiori manifestazioni musicali d’Italia, il personaggio più carismatico che l’alternative nazionale abbia mai prodotto si permetteva di rompere l’incantesimo del buonismo e della solidarietà e del lavoro garantito: “posso essere perplesso se chi fa il bene dell’umanità mette i propri vecchi all’ospizio, se chi fa il volontario ci guadagna un salario.”

Si scoprì di lì a poco che non era solo il gusto del paradosso ma il vero e proprio manifesto ideologico di un pensatore che, più tardi, avremmo scoperto un briciolo diverso da quel che pensavamo.

Il percorso che ha portato Ferretti a diventare un intellettuale di riferimento del centrodestra italiano era iniziato diverso tempo prima. Ai tempi di Co.Dex (di gran lunga il miglior disco a cui abbia messo mano—grazie per la critica artistica Franci) ha buttato nel cestino quel briciolo di fervore antisistema che animava i CSI, del quale dubito fosse peraltro responsabile. Inizia una fase di confusione dichiarata che sfocia due anni dopo nel progetto Per Grazia Ricevuta. Non è tanto capire quali fossero gli intenti alla base del progetto (per quelli in fondo basterebbe una semantica dei testi di Giovanni Lindo Ferretti scritta da Virginia Ricci), quanto piuttosto cosa ci facessero, sul palco accanto a lui, tutti gli ex-CSI a parte Zamboni.

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Quello di Ferretti, in ogni caso, è uno strano cammino di fede. Una specie di ri-conversione: cresciuto in una famiglia povera e cattolicissima, incontra l’attivismo di sinistra in città, ci si dedica anima e corpo, fonda i CCCP, diventa la voce di una generazione. Una ventina d’anni di malessere, lo scioglimento della band, la formazione e il successo del progetto CSI, Tabula Rasa Elettrificata primo in classifica, le continue frizioni con il compagno di una vita. Nei 2000 torna a vivere nel borgo natio per assistere la madre; rimane a viverci dopo la sua morte e—grazie all’aiuto di un parroco—si ritrova credente. Da lì in poi non fa altro che parlare ogni volta che viene interpellato: la devozione assoluta nei confronti di Joseph Ratzinger, il fervente sostegno dell’astensione nel referendum del 2005 (“sia almeno sano scopare”). Dieci anni dopo fa scalpore un suo intervento ad Atreju, il suo sostegno a Giorgia Meloni (che vedrebbe bene a capo di un’unica grande coalizione di destre italiane), il suo giudizio su Salvini (“ha molti pregi e qualche difetto”). Non è nemmeno il suo primo intervento ad Atreju: è già stato su quel palco nel 2013, c’è anche il video su YouTube.

Non so voi, io ho vissuto per tutta la vita in una famiglia di cattolici schierati a destra. Il mio ambiente lavorativo è ugualmente cattolico e ugualmente destrorso, almeno in parte. Per motivi puramente procedurali, non posso permettermi il lusso di non avere a che fare con persone che sostengono che i campi rom debbano essere spianati, di non scambiarci opinioni, di chiudere la serranda. Riesco a filtrare con un certo successo le manifestazioni più squadriste dell’intolleranza di destra con cui vengo a contatto sui social network, ma lì è facile. Nella vita vera è un casino: si instaurano rapporti di collaborazione professionale con gente convinta che la risposta sia chiudere le frontiere, abbandonare la moneta unica, dare il carcere a vita ai manifestanti No Tav e via di questo passo. Si può provare a ragionarci: a volte funziona, a volte no.

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Ogni volta che Giovanni Lindo Ferretti esprime un’opinione, persone che hanno comprato i suoi dischi iniziano a parlare di tradimento. Come se le sue sparate fossero sintomo dell’arroccarsi dietro posizioni di comodo che sbugiardano frasi contenute (o no) in dischi tipo Ortodossia. Il giorno in cui esce la notizia di una sua dichiarazione, giornalisti musicali ed ex-fan si scaldano a bestia.

Ferretti, una pianta, un uomo e la Meloni.

Alcune cose stupiscono in questo continuo dissociarsi dalle uscite di Ferretti. La prima, la principale, è che lo stupore e le critiche si rinnovino violentissimi ad ogni sua nuova uscita, da una decina grassa di anni, come se fosse la prima volta. Voglio dire, poteva senz’altro essere una notizia nel 2003 o nel 2004, ma da allora dovremmo più o meno aver capito che finché non ci ripenserà, Ferretti avrà in testa idee simili a quelle del mio benzinaio. È anche, questa, un’implicita ammissione del fatto che l’alternative italiano non abbia prodotto, in circa vent’anni di post-Ferretti, un personaggio carismatico quanto Ferretti, con buona pace di chi potrebbe giustamente chiedersi che cazzo invitino a fare un mezzo eremita di 62 anni a un raduno di giovani di destra.

La seconda è che, in un mondo nel quale i valori politico-ideologici a cui in qualche modo i CCCP si aggrappavano (“in qualche modo” significa che nei testi dei CCCP ogni frase tende ad essere la negazione di quella precedente, il che può essere molto carino per chi ama il nonsense ma da qui a farne dei lucidi intellettuali della loro epoca ce ne passa) sono stati oggetto di un paio di centinaia di ridiscussioni, annacquamenti, rivoluzioni, sommovimenti materiali, compromessi storici e via di questo passo, che i militanti hanno accettato più o meno di buon grado. Con il risultato che un mare di ex-militanti di sinistra ha avuto zero problemi a sostenere Matteo Renzi, Dario Franceschini, Romano Prodi e Massimo d’Alema, ma non dorme la notte sapendo che Ferretti potrebbe votare Giorgia Meloni.

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(Come se fosse il primo ex Lotta Continua passato a destra, poi)

Credo esistano diverse ragioni per cui le sparate di Giovanni Lindo Ferretti ci scuotono così nel profondo. Gli intellettuali italiani possono, grossomodo, ricondursi a tre sottoinsiemi politici: sinistra, centrosinistra e destra. Gli appartenenti ai primi due sottoinsieme sembrano spesso operare in un regime nel quale gli intellettuali di destra sono pochissimi e perlopiù scrausi o bugiardi. E che le ideologie destrorse siano portate avanti con campagne fondate su tonnellate di disinformazione e menzogna. L’esistenza di Giovanni Lindo Ferretti è un problema che travalica di gran lunga il suo stato di ex-militante: la parte più dura da digerire è che le sue idee sostengono un impianto ideologico che consideriamo costruito ad arte su tonnellate di disinformazione allo scopo di inculare i poveracci e raccattar voti, dandogli implicitamente una dimensione di legittimità con cui tocca, in soldoni, scontrarsi alla pari alle elezioni. E al contempo sono opinioni che vengono dal cuore, esposte in assoluta buona fede, senza che il cantante se ne vada disperatamente alla ricerca di un pulpito per esprimerle.

Forse è una banalità dirlo, ma a dispetto del suo ruolo così peculiare, Ferretti non incide dischi da anni; gli unici momenti in cui lo sentiamo parlare sono quelli in cui viene direttamente interpellato, o invitato in qualche posto. Quello che ci indispone è che, in barba alla tolleranza che sbandieriamo ai quattro venti, le persone come lui non dovrebbero parlare come lui. E aggiungiamoci pure il fatto che Ferretti non ha alcun problema a definirsi “un punkettone”, che non rinnega un minuto del suo percorso pur rinnegando alcune delle convinzioni che viveva negli anni Ottanta; e nel suo continuo riferirsi al proprio percorso spirituale e intellettuale, riesce a fare intravedere una linea di congiunzione tra il proprio passato e il proprio presente. In qualche modo, la sua esistenza rompe il cazzo perché, nell’impossibilità di screditarlo come mentecatto, siamo costretti a limitarci a dire che, semplicemente, non siamo molto d’accordo con quello che dice. Come se poi ai tempi dei CSI pendessimo dalle sue labbra. E come quasi tutto il resto delle cose che condividiamo sui social, queste ondate di dissenso feroce nei confronti di Ferretti dicono molto più di noi stessi di quanto dicano di Ferretti.

Francesco Farabegoli è a capo del pluripremiato sito Bastonate. Seguilo su Twitter: @disappunto