Il designer italiano che ha portato il metal nel rap e nella moda

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Il designer italiano che ha portato il metal nel rap e nella moda

Abbiamo incontrato Luca Devinu aka Blssnd, che ha creato loghi per Rihanna e DrefGold dopo aver studiato con uno dei più grandi maestri di loghi black metal.

Al netto di qualche eccezione sviluppatasi in anni più o meno recenti, la prima cosa che balza all’occhio del metallaro è il suo aspetto: capelli lunghi, tatuaggi, abiti dimessi e possibilmente neri, toppe e magliette con immagini e caratteri lugubri e disturbanti, quando non del tutto incomprensibili.

In particolare, un dettaglio estetico che spesso sfugge ai non iniziati è l’importanza riservata ai loghi dei gruppi. Per ciascuna band il logo è un vero momento di definizione della propria identità, tanto che c’è addirittura chi arriva al più totale paradosso per differenziarsi a tutti i costi, e ci tiene a specificare che il suo progetto è diverso, e un logo proprio non lo vuole avere (avete capito di chi sto parlando? esatto, proprio lui). Prepper piromani a parte, quello dei loghi nel metal è un mondo all’interno di un mondo. C’è chi ne ha fatto non solo una passione ma una professione; se gli illustratori oggi sono relativamente numerosi (Dan Seagrave, Andreas Marschall, Kristian “Necrolord” Wåhlin, Costin Chioreanu e tanti altri di cui forse un giorno vi parleremo), è difficile trovare qualcuno che si occupi prettamente e specificamente di loghi. C’è però un nome altisonante in questa sparuta nicchia, ed è quello di Christophe Szpajdel, anche conosciuto come Lord Of The Logos. Belga attualmente residente nel Regno Unito, Szpajdel ha iniziato la sua attività di logo artist all’inizio degli anni ‘90, e uno dei primi parti del suo estro fu una commissione per dei ragazzetti norvegesi che stavano registrando il loro primo disco: erano destinati a diventare uno dei gruppi cardine della scena estrema mondiale e si chiamavano Emperor.

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Il logo degli Emperor.

Avanti veloce a circa un quarto di secolo e novemila loghi dopo (non è una cifra a caso, è il numero di loghi realizzati in questo tempo): Christophe ha necessità di cercare un assistente. Nella nuragica sardegna, intanto, un giovane sta iniziando a farsi notare grazie ad un’attività sempre più assidua. Loghi, qualche illustrazione, di nuovo loghi, ancora loghi. Che i due entrassero in contatto era scontato, che ne nascesse una partnership consolidata da oltre un migliaio di commesse all’anno che li portasse addirittura a collaborare con Rihanna meno. Questa è la storia di Luca Devinu, in arte BLSSND, e di come gli allievi possono superare i maestri anche dalla periferia dell’impero, partendo dal black metal e arrivando al rap italiano (DrefGold, Low Kidd) e alle case di moda passando per gli MTV Video Music Awards.

Cominciamo dall’inizio: tu sei sardo, della provincia di Sassari. Come cazzo sei finito a lavorare per band metal underground di mezzo mondo?
Ho sempre giocato con gli artwork fin dall’inizio delle superiori, ero in fotta con questa roba qui di riprodurre i loghi. Da ragazzino ero super punk, avevo la scimmia di rifarmi i loghi uguali uguali sul giubbotto. Quattro o cinque anni fa è successo che mi contattasse questo ragazzo francese, chiedendomi di fare un poster. Io lo feci, e mi accorsi che la cosa venne anche retribuita bene. Aveva addirittura insistito a pagarmi, e da lì pensai che potesse diventare un hobby-lavoro. Poi è diventata una droga, stare su internet tutto il giorno a cercare il contatto X che ti permettesse di fare delle cose… E alla fine ho creato una rete abbastanza ampia, specialmente nel metal. Dai piccoli nomi a band famosissime come Possessed e Full of Hell, che mi hanno chiesto di fare merch, copertine e altro.

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Dopo un paio d’anni di tutto questo ho conosciuto Lord Of Logos, Christophe, per caso. La mia ragazza mi regalò il suo libro facendomi prendere bene. Poi un giorno questo signore mi cerca su Facebook e mi chiede aiuto perché gli serviva assolutamente qualcuno che gli seguisse la parte delle digitalizzazioni dei loghi e che seguisse alcuni clienti. Io mi sentii onorato, e iniziammo così. Il primo anno facemmo centocinquanta loghi, il secondo trecento, e oggi abbiamo superato i mille. Tutte le band con cui abbiamo lavorato non riesco nemmeno a metterle sul mio sito, perché sono troppe.

Blessnd mostra uno dei suoi poster.

E insomma sei diventato la spalla dell’uomo che ha disegnato il logo degli Emperor.
Sì, è bellissimo. Dopo il primo anno ho fatto un tour di mostre con lui in tutta l’Arizona, pur senza essermi mai spostato dalla Sardegna. Mandavo le stampe originali ma coordinavo tutto da qui. Da lì le band hanno iniziato a contattarmi organicamente. Nel 2016 poi ci ha cercato Willo Perron, che è uno scenografo e art director molto famoso negli USA, segue Kanye West, Drake e tutti i punti vendita della Nike. E ci ha chiesto di curare la parte scenografica e di merch di Rihanna per gli MTV VMA di quell’anno.

Come è arrivata un’agenzia del genere a voi due? Con le mostre o che altro?
Non ne ho idea. Io pensavo fosse uno scherzo e di cattivo gusto, non eravamo abituati a certe cose.

Soprattutto “di cattivo gusto”.
Sì, mi arriva quest’email che sembrava proprio un account fake. Una certa Cindy Lin, puzzava di presa per il culo. Poi quando abbiamo chiesto gli acconti, che erano decisamente salati rispetto ai nostri lavori abituali, e abbiamo visto che i soldi arrivavano a ruota, abbiamo cominciato a crederci. La parte comica è che mica ci hanno mai detto che il nostro lavoro sarebbe stato usato agli MTV Awards. Sapevamo soltanto che sarebbero stati usati in un video di Rihanna e che la deadline era il 24 agosto. Siccome poi io faccio anche l’illustratore, disegno a mano, ho curato anche le magliette assieme a Mark Riddick, che è un altro squalo, uno che ha fatto loghi a Justin Bieber e Pusha T pur lavorando nel death metal dagli anni ‘80. E niente, accendo la televisione e mi trovo il logo lì. È stata una bella soddisfazione, e in quel momento ho capito che tutto quello che denigravo all’inizio in fondo non era così male. Sono uscito dalla classica gabbia da metallaro che mi ero costruito, sempre tutto per forza underground e assolutamente non devi guadagnare da quello che fai, ho capito che volevo iniziare a pensare e lavorare in grande e mi sono costruito diversi canali. E così ho iniziato a propormi a dei marchi di moda internazionali tipo Vetements.

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Sappi che dovrai mandarmi qualche link di tutti questi, perché se mi chiedi di gruppi death metal filippini ci sono, ma se mi parli di marchi di moda internazionali non ti seguo più.
Magari però conosci un altro progetto cui ho partecipato in ambito metal, dei libri che si chiamano Darkadya. All’interno ci siamo io, Szpajdel, Riddick e un sacco di altra gente. Da solo invece, senza Christophe, ho curato una mostra in Francia legata alla simbologia alchemica; all’apertura della mostra hanno suonato i Dark Funeral. Dopo quell’esperienza mi sono concentrato di più sull’identità, sui brand. Quello che faccio, che prima poteva risultare di nicchia, oggi si può mescolare all’interno di un’identità di brand più ampia. E per iniziare seriamente ho stipulato un contratto come graphic designer e art curator per C. by Loredana Pinasco a La Spezia, l’unica azienda che per ora ha avuto l’intuizione di fare il capo oversized con un logo metal. Il mio obiettivo è riuscire a lanciare questo tipo di look, questa estetica, al di fuori della nicchia.

Beh, il terreno sembra molto fertile, con influencer come la Ferragni che si fanno selfie con le magliette dei Metallica.
Chiaramente quella maglietta non costa dieci euro come la mia e la tua e quella di tutti i poveri stronzi comuni mortali, quella l’avrà fatta Gucci e costerà vari stipendi. Tre anni fa vedendo una cosa del genere mi sarebbero saltati i nervi, oggi sono contento invece perché è un messaggio, dice “questa roba qui può funzionare anche per le masse”. Un discorso agli antipodi dell’estetica metal. Un po’ la ragione per cui dopo Rihanna una valangata di clienti mi ha mollato, mi sono sentito dare del venduto, ma anche sticazzi. Sono cresciuto artisticamente perché mi sono ritrovato in un contesto più ampio, ho collaborato con artisti di fama mondiale; ho iniziato a dedicarmi non più solo a loghi come quello di Xasthur, che non ci si capisce niente, ma a qualcosa di più vendibile.

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Adesso voglio il logo dei Wolves In The Throne Room sulle magliette di Gucci.
Sarebbe ottimo, cinquecento euro di maglietta dei Wolves In The Throne Room! Che poi non mi stupirebbe una roba del genere. Vedi H&M, che oggi vende il merch ufficiale degli artisti e poi ti ritrovi la ragazzina classica teen che non ha la minima idea di che cazzo ha addosso. Magari ha la maglietta di Justin Bieber, ma mica lo sa che l’ha disegnata Mark Riddick. E Mark Riddick, con le sue borchie e i suoi ascolti di gruppi che odorano male da lontano, è stato pagato per il suo lavoro ed è contento. Il discorso è riuscire a trasportare questa estetica in un contesto fashion. Vedi il punk di venti o trent’anni fa e quanto costano oggi gli abiti di Vivienne Westwood.

Sì, e poi diciamolo: questo concetto e questa poetica del metallaro eremita nei boschi del nord ha anche un po’ rotto il cazzo.
Oh, sì. È veramente una roba allucinante. Io l’ho toccato con mano. I primi anni ho avuto clienti che mi mandavano il concept dell’illustrazione. Poi io magari manco lo seguivo, facevo di testa mia, perché diciamocelo, l’obiettivo dell’art director è quello di riuscire a vincere sul cliente! Scherzi a parte, io facevo il mio lavoro, glielo mandavo, e poi loro alle due del mattino mi mandavano la foto della loro mano tagliata e tutta piena di sangue per ringraziarmi.

Il logo che Blessnd ha fatto per DrefGold.

Ecco, no. Bello il disagio, bello il mal di vivere, bello il black metal, però a ‘na certa fattela ‘na risata. Capiscila.
Massì! Finché ti costruisci un personaggio va bene, altrimenti è un casino. Ti faccio un esempio brutale: due anni fa ero in Olanda in vacanza, e avevo questo contatto di un editore di libri esoterici superculto, volumi da seicento euro l’uno rilegati in foglia d’oro. Io faccio la cazzata di pubblicare una foto di Amsterdam. Il tipo mi manda un messaggio: “Dove sei?”. Io mi sono cagato in mano, ‘sto tipo su Facebook non aveva manco una foto di sé, solo demoni, i suoi libri, candelabri… Ok, hai una casa editrice superfiga di libri esoterici, ma fondamentalmente poi chi cazzo sei? Non è che mi faccio i chilometri a caso in Olanda per andare da uno che poi magari mi uccide.

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Rischiavi di diventare una vittima sacrificale per la prossima invocazione di Mefistofele.
Sì guarda ero davvero spaventato, ma allo stesso tempo curiosissimo. Alla fine prendo coraggio e la bici e vado a casa sua, o almeno verso il punto che mi aveva indicato su Maps. Mi aspettavo il classico metallaro nordico, il vichingo di due metri col cerone in faccia super preso male, e invece mi esce ‘sto indiano tutto vestito bene in abito da uomo, sorridentissimo, che mi viene incontro: “Luca!”. Mi abbraccia stretto, mi porta a casa sua e mi fa vedere l’altare per pregare, da quarantamila euro, in granito con lastra incisa, Madonne con facce a teschio, valangate di materiale. Poi inizia a farmi domande su questa roba qui del satanismo e dell’esoterismo, dicendomi che lui era disposto a pubblicare anche dei libri su di me e sulle mie illustrazioni. A quel punto gli confesso che la mia è una posa, che fa tutto parte del personaggio, ma che non è che io mi metta a fare davvero invocazioni al demonio in camera. Alla fine mi ha regalato dei libri, e mi ha lasciato uscire vivo, aspetta che te li faccio vedere.

Il logo di Noisey ripensato e ricreato da Luca.

Se vuoi magari mandarmi qualche foto di tutta ‘sta roba qua, sarebbe fico.
Eh, ma lui è uno proprio vecchia scuola: non vuole pubblicità, non vuole che si sappia chi è, un cazzo. Però guarda, questi sono i libri, duecento euro di tomi esoterici [mi mostra dei libroni rilegati in quella che probabilmente è pelle umana] solo perché si era preso bene per il fatto che facessi illustrazioni di quel tipo.

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Ma hai anche disegnato qualcosa per lui, nello specifico?
Sì sì gli ho fatto un’illustrazione che poi lui ha fatto realizzare come incisione su legno per il suo altare votivo. Me l’ha fatta poi rimuovere da tutti i social, io l’avevo postata su Instagram e avevo preso millequattrocento like e poi lui mi ha chiesto di toglierla perché era una roba super privata e non voleva che nessuno la vedesse, addirittura mi aveva pagato una quota in più perché io non la mostrassi mai a nessuno. Gente strana.

…Beh.
Eh, non c’era limite alla follia in questo mondo, ora mi trovo meglio, mi rapporto a gente un po’ più…

…Normale.
Sì, gente con cui si può parlare anche di altro, cazzo, per cui non è che tutto è brutto. Mi fa piacere anche parlare con le persone, cazzo, non è che tutto debba finire domani.

Lo capisco benissimo, avendo a che fare con quel mondo regolarmente anche io, alle volte mi viene proprio da dire “ma mollatemi, uscite da ‘sto cazzo di buco e apprezzate anche qualcosa d’altro”.
Esatto! E infatti il collegamento con la trap è venuto successivamente. Poi oggi mi stanno ammazzando sempre per il discorso che “minchia ma tu hai fatto la copertina ai Natvre’s che sono metal sono kvlto e poi oggi lavori in Canada con gente che segue Drake che è ipercommerciale”. Però io mi trovo quasi meglio con loro, che appunto sono persone normali, con cui mi posso fare una risata. Poi non è che io rinneghi qualcosa, anzi, il metal è stato fondamentale per capire cosa volessi fare da grande.

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L'artwork per i Natvre's di cui sopra.

Tra l’altro, io ti ho conosciuto proprio grazie ad alcune tue illustrazioni metal. Quando il mio editor mi ha detto “devi intervistare il grafico che ha fatto il logo metal a Rihanna” io già stavo bestemmiando in quattro lingue perché pensavo “cazzo me ne frega a me di intervistare chi fa i loghi a Rihanna, non possono mandarci qualcun altro?”, poi informandomi ho scoperto di avere a casa diversi dischi di cui hai fatto la copertina, tipo i Drought , che non si sa da dove arrivino ma a ‘sto punto immagino siano sardi…
Sì, i Drought arrivano dal giro hardcore di queste parti, e ho collaborato con loro e con Avantgarde Music perché Avantgarde ha prodotto Downfall Of Nur, che è un mio carissimo amico. Ci siamo conosciuti in modo assurdo: un giorno apro Metal Maniac, che non compravo da forse dieci anni, e ci trovo un articolo su questo ragazzo che sta in Argentina e ha nostalgia della sua terra, tale Antonio Sanna. ‘Chissà chi cazzo è’, ho pensato. E alla fine suo padre era a scuola con mia madre, la nonna sta a dieci chilometri da casa mia. Anche se lui vive in Argentina, ogni volta che torna ci vediamo. È un ragazzo del ‘96 ed è il nuovo Burzum. Poi fa ridere che la gente pensi che i suoi dischi siano cantati in qualche dialetto argentino, ma in realtà tutti i concept sono in sardo. Solo che chi cazzo lo conosce il sardo.

Incredibile come si finisca per conoscersi sempre tutti, a seguire il metal in Italia siamo davvero in dieci…
Sì, infatti è anche per quello che ho tentato altre strade. Fare questo tutti i giorni tutto il giorno per dieci anni ti inghiotte. Non te ne accorgi e poi un giorno ti ci ritrovi dentro, in quella roba lì, in mezzo a gente che ogni mattina si sveglia e odia la sua vita. È una cosa senza vie di mezzo, o sei dentro o sei fuori, e io anche per preservarmi ormai mando delle comunicazioni professionali e distaccate: “ciao, questo è il logo, grazie, a presto” e addio, non voglio sapere NULLA di quanto la vita ti faccia schifo.

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La chiave è riuscire a capire, anche ad apprezzare questo genere di musica, ma farcisi sopra una risata.
Sì, come quel tipo che ci aveva chiesto un logo l’anno scorso, poi come copertina del disco ha usato un selfie che si è fatto al mare. Sembrava un tipo superculto “il logo lo voglio così, deve richiamare certe storie, bla bla bla”, poi minchia, esce il disco e c’è lui che sorride in occhiali da sole, non mi ricordo come si chiami.

Sacred Son!

Ecco, sì lui! Quel logo gliel’ho fatto almeno un anno e mezzo prima che uscisse il disco. E poi da quella roba lì sono passato a un'intera linea di moda, e i miei contatti non lo sanno ancora. Sarà divertente quando scopriranno che ho disegnato loghi e immagini per cappellini e pantaloncini. E non solo, ho anche iniziato a collaborare con Young Goats, che su Noisey dovreste già conoscere: abbiamo aperto un’agenzia e ci occupiamo di tutto, dalle copertine dei dischi al merch, facendo sempre più leva sul mondo della moda. Stiamo cercando di capire come muoverci, ma abbiamo già preso qualche cliente e quasi certamente salirò a Milano per la settimana della moda. Preparati, perché sta per partire il trend dei loghi metal. E quando partirà, ricordati che io mi sono fatto un culo così per ‘sta storia, ci ho buttato quattro anni della mia vita. Ne sono uscito pazzo, a furia di costruire, modificare, ribaltare le strutture dei loghi: Christophe è talmente black metal che se tu guardi le strutture dei suoi loghi al contrario vedrai altre strutture di loghi. È uno studio infinito, è un frattale.

L'artwork di Sacred Son.

E tutte le vostre strutture sono simmetriche.
È rarissimo che ci chiedano un logo asimmetrico, e infatti a livello di design la cosa divertente è proprio quella di riuscire a rendere la specularità quando le lettere sono completamente diverse, far diventare una R una G o una O per rispettare la simmetria. A volte finiamo per proporre dei loghi che sono delle ramificazioni incomprensibili, e a me piacciono un sacco.

E il fatto di essere a Sassari ti ha mai precluso qualcosa? Il non poter essere a Milano, a New York o a Parigi domani per un appuntamento è mai stato problematico?
No. Lo temevo, all’inizio, poi mi sono reso conto che questo lavoro ormai si svolge prevalentemente online, e sono sempre stato in grado di fare tutto da qui. Finora soltanto un’azienda svizzera mi ha proposto dei colloqui in sede per un’assunzione “tradizionale”, ma non me la sono sentita, prima di legarmi in modo così definitivo voglio fare ancora un po’ di esperienza da freelance.

Oh, io faccio il tifo per te: nel momento in cui riesci a sdoganare definitivamente l’estetica metal io posso tirare fuori dall’armadio tutte le mie magliette del 2004 che ormai mi vergogno a mettere.
Assolutamente, non buttarle! E farà ancora più ridere perché quelle magliette tu le hai pagate dieci euro al concerto, il ragazzino di turno magari l’avrà pagata centocinquanta euro in una boutique.

Ecco, arriviamo all’ultimo tema che volevo discutere con te: io non ho assolutamente niente in contrario alla diffusione di questa estetica. A lasciarmi perplesso è l’appropriazione degli stilemi di una sottocultura, senza avere la minima idea di cosa questa sottocultura significhi e rappresenti. Per me tutti possono andare in giro con la maglietta dei Death, sarei solo contento, solo che questi non hanno la minima idea di chi siano, i Death.
Questo è il rovescio della medaglia. Il 99% della gente che vestirà questa roba qui, non avrà la minima idea del suo portato. Per questo che chi invece fa parte di questo mondo poi si incazza. Allo stesso tempo però è un modo per andare oltre, a prescindere dal gruppo in sé, perché quell’estetica non può essere diffusa? Anche perché chi crea un artwork lo fa perché sia iconico. Non sono d’accordo invece sulla vendita del merch delle band nelle catene di fast fashion, che in generale sono il cancro dell’industria. Inizialmente me la vivevo male, mi incazzavo se vedevo un ragazzino in discoteca fatto di MD che ballava con la maglietta dei Carnifex. Poi mi sono detto: lasciamo stare le band, togliamole dall’equazione. D’altronde nemmeno chi veste Gucci sa chi è il direttore creativo di Gucci. Rimane un’estetica. Perché non si può fare questo stesso discorso con il metal? Anziché fare un’identità alla band, la faccio alla casa di moda, quindi alla massa, usando lo stesso canone artistico. E così ho trovato una mediazione tra il mio io che si pompa gli Obituary in cuffia, e l’altra parte di me che vorrebbe ottenere qualcosa di più dal suo lavoro. E poi se Travis Scott si mette la maglietta di Burzum e cinquantamila persone lo emulano, io non potrò comunque farci un cazzo di niente. A quel punto tanto vale che io faccia qualcosa di puramente estetico e sia soddisfatto del mio lavoro. Andrea è uno dei Lord di Aristocrazia Webzine, vai a seguirlo su Instagram. Segui Noisey su Instagram e Facebook.