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Cosa aspettarci dal nuovo Twin Peaks sulla base delle prime puntate

Guardarti indietro mentre continui ad andare avanti richiede la ferma volontà di non farsi schiacciare dalla nostalgia.

Essendo ossessionato da Twin Peaks, rimanere neutrale davanti alla notizia del ritorno della serie mi era impossibile. Nel corso delle ultime settimane mi sono ritrovato a fissare poster in metropolitana che strillavano "Sta per succedere ancora", cercando invano di immaginarmi come suonassero a chi non se li immaginava recitati dalla voce di Carel Struycken. Sta per succedere ancora, ma per qualcuno sarà anche la prima volta che succede. Perciò mi sono fermato a chiedermi: la serie sarà comprensibile anche a chi ci si avvicina per la prima volta? E noi della vecchia guardia, riusciremo a sentirci a casa?

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Perciò, nel parlare di questi nuovi episodi, farò dal mio meglio per non continuare a fare confronti con i bei giorni andati. Ma penso anche che sia inevitabile mettere a confronto Twin Peaks: Il ritorno con l'originale. I misteri al cuore delle prime due stagioni di Twin Peaks—l'assassinio di Laura Palmer e i metodi mistici che l'Agente speciale Dale Cooper utilizza per trovare l'autore del reato—sono il carburante che tiene viva la serie. (E infatti le pressioni del network perché i creatori della serie, David Lynch e Mark Frost, tirassero fuori il nome dell'assassino di Laura vengono additate da più parti come la causa del parziale fallimento della seconda stagione.)

Ma con Twin Peaks il bello non è tanto guardare il meccanismo perfetto della trama, quanto piuttosto quello che ci sta attorno: gli abitanti della cittadina di Twin Peaks e la loro intricata danza di amori, tradimenti, intrighi; capire come le scosse sismiche causate dalla morte di Laura e dalle indagini abbiano sconvolto tutti i rapporti in città. Pur con i suoi momenti sovrannaturali, Twin Peaks è una serie profondamente umana—e invece si capisce subito che Twin Peaks: Il ritorno non sarà così.

Questa stagione si cala in profondità in un mondo di stranezze e terrore fin dalla primissima scena, in cui Cooper affronta il Gigante—una figura così disturbante che nella serie originale ci sono voluti otto episodi per farlo capire al pubblico. Allora, avevamo imparato ad amare Cooper come uomo giusto, che si accontenta di poco e ha un debole per il caffè, prima che venisse posseduto dai poteri oscuri.

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In questa puntata, dopo qualche inquadratura della Twin Peaks contemporanea, siamo trasportati a New York (un luogo in cui la sceneggiatura originale, con la sua ossessione per la cupezza e i misteri del Northwest americano, non ci avrebbe mai fatto mettere piede). È forse il segnale più chiaro che ci stiamo apprestando a vedere qualcosa che va oltre il ritratto buffo, oscuro, ma molto umano di una cittadina. Abbiamo davanti qualcosa di più grande, più freddo, più moderno, come New York stessa—come l'enorme cubo di vetro dentro un grattacielo di New York che un uomo tiene costantemente sotto osservazione, aspettando che qualcosa appaia al suo interno.

Anche qui c'è una donna uccisa, ma a differenza di Laura Palmer—che è stata trovata morta da una persona che la conosceva, la cui autopsia è stata fatta dal medico che l'aveva fatta nascere e la cui orazione funebre è stata letta dal prete che l'aveva battezzata—la sua morte è impersonale. C'è un distacco. Anche letterale: la sua testa viene ritrovata in un letto, insieme a un corpo maschile. Come il cubo di vetro a New York, sembra un po' una metafora della distanza tra il vecchio e il nuovo Twin Peaks. La tragedia al centro della stagione è chimerica al punto da far slittare tutto quello che succede al di fuori del regno dei sentimenti. Il poliziotto che trova il corpo rimane interdetto, stupito, invece che scoppiare in lacrime. E dato che la stagione si muove tra il Northwest e New York, dal South Dakota a Las Vegas, il fatto non è nemmeno così centrale.

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Ma niente sintetizza meglio la distanza che abbiamo percorso in 26 anni come guardare una Mercedes scura fare il suo ingresso in scena con in sottofondo una traccia carica di percussioni e vocali distorte, rivelando nient'altro che l'agente speciale Dale Cooper in versione Tommy Wiseau. Chiunque abbia visto la stranissima ultima puntata della seconda serie, ovviamente, sa che si tratta del sosia di Cooper, libero di vagare nel mondo mentre la sua anima è intrappolata nel purgatorio della Loggia Nera.

E in un certo senso, è un sosia di Twin Peaks: ha lo stesso volto, ma un taglio di capelli diverso, una giacca già figa, intenzioni più crudeli. Anche le scene che si svolgono nell'ufficio dello sceriffo di Twin Peaks—senza ombra di dubbio le più familiari per i vecchi fan della serie—sono diverse. Hanno un ritmo lento e artefatto, i dialoghi sembrano suggerire un improbabile percorso attraverso un filo telefonico. È come se fossimo tornati nella città di Twin Peaks, ma in questo luogo le persone vengono orchestrate da David Lynch.

Più di ogni altra cosa, i primi due episodi gli avrei chiamati David Lynch presenta Twin Peaks di David Lynch, di David Lynch. Il contesto e il ritmo urlano il nome di Lynch, e con essi la sceneggiatura. Parte della ragione per cui Twin Peaks ha avuto così successo è che le stranezze più accessibili di Mark Frost servivano a temperare Lynch e a tenerlo con i piedi a terra. La loro chimica somiglia molto a una alchimia. Sul tema, uno dei commenti che farei al primo episodio di Twin Peaks: The Return è "Ma Mark Frost è stato anche solo coinvolto?"

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Ma Twin Peaks: Il ritorno non voleva essere Twin Peaks: Il punto della situazione. Quando ripensi alla serie originale, per molti aspetti sembra vecchia, anche forzata (e questo è il prezzo che devi pagare per influenzare tutto quello che viene dopo). Twin Peaks è rinato nonostante il panorama televisivo sia cambiato—ed è un panorama che Twin Peaks stesso ha aiutato a cambiare. Lynch e Frost non sarebbero mai potuti tornare alla vecchia ricetta senza far perdere a questa la sua attrattiva, ma cercare di guardarti indietro mentre continui ad andare avanti richiede la ferma volontà di non farsi schiacciare dalla nostalgia. Ci vogliono coraggio e lungimiranza per creare qualcosa che abbia l'intento di destabilizzare, disgustare e sfidare qualcuno piuttosto che ammaliarlo. Sono emozionata—e sì, un po' preoccupata, come è giusto—dal fatto che la serie continuerà a destabilizzarmi, e mai ad ammaliarmi.

Alcuni appunti per i fan di Twin Peaks della prima ora:

- Avete notato qualcosa di diverso nella Loggia Nera? Va bene, hanno cambiato l'orientamento dei suoi motivi a zig zag e la cosa mi confonde.

- Credete che Andy e Lucy abbiano chiamato il figlio così per via di Waldo?

- State morendo dalla voglia di sapere chi è l'altro sceriffo Truman. La moglie? Il figlio? Michael Ontkean non rientra nella lista del cast di IMDB, quindi…la moglie E il figlio, che hanno entrambi preso il vecchio lavoro di Harry?

- VI ricordate quando le scene ambientate nella Loggia Nera rappresentavano un cambiamento di tono incredibile rispetto al resto della serie? Vecchi tempi.

- Ventisette anni e un taglio di capelli dopo, ancora rido tutte le volte che vedo la faccia di James Marshall. ("James è ancora figo." Ok, Shelly, come vuoi tu.)

- Grazie per esser tornato a salutarci, Agente Jeffries.

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