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Musica

Recensione: MØ - Forever Neverland

MØ ha una bella voce e sa indovinare un buon ritornello, ma l'ossessione per il piazzamento in classifica l'ha spinta a pubblicare un album inoffensivo e piacione.
mo forever neverland cover artwork

“MØ è l’artista danese che si è piazzata più in alto nella classifica settimanale di Billboard dal 1961 ad oggi”. Va bene che le grandi hit internazionali del pop danese sono “Barbie Girl” e “Witch Doctor” (o magari qualcosa con un sacco di falsetto di un signore pittato di bianco e nero), ma c’è comunque un innegabile interesse attorno alla figura di Karen Marie Ørsted da quando Diplo e i suoi Major Lazer l’hanno portata sul tetto del mondo con “Lean On”.

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Forever Neverland è il secondo album della scandinava e tenta clamorosamente di surfare la lunghissima scia del pezzo dei Major Lazer e DJ Snake. Nel suo debutto No Mythologies To Follow (2014) c’erano un sacco di rimandi electro e una forma pop tutta nordica, figlia dei Knife di Deep Cuts, di Lykke Li e di tutta quella gente che da decenni intasa le classifiche nell’Europa delle socialdemocrazie ma di cui noi meridionali ci stiamo accorgendo solo in tempi recenti; questa volta MØ cerca di mantenere quell’impianto e di aggiungere spudoratamente un layer di commerciabilità internazionale.

Via quindi a una serie di collaborazioni che non fanno dell’incisività il loro marchio, ma che rendono vendibile Forever Neverland a qualunque latitudine e da entrambi i lati dell’Atlantico: l’immancabile Diplo per il lato danzereccio (“Sun In Your Eyes”), Charli XCX per i brits (“If It’s Over”), Empress Of per i latini (“Red Wine”). E il risultato migliore, come troppo spesso in questi casi, è quando MØ non cerca di strafare e si concentra sulle cose sue (“Beautiful Wreck”, “Trying To Be Good”), con semplicità e molto poco alle spalle della sua voce. E comunque, a parte una bella voce e un’impostazione volutamente sciatta che sembra voler ricalcare l’autotune che va tanto di moda di questi tempi, il risultato non va oltre il discreto.

Il limite di queste canzoni è quello di voler essere troppo presentabili: uniformi, uguali e formalmente indistinguibili l’una dall’altra, funzionano benissimo per un ascolto passivo, ma poi ti ritrovi ad ascoltare “Purple Like The Summer Rain” ("California, you're aware that everybody wants ya, yeah / Just like my old crush, yeah, he was something else / Now I found my love in California, ya") e non puoi fare a meno di strabuzzare occhi e orecchie al pensiero dell’ennesima pin-up che arriva sulle spiagge assolate dal freddo paesino del nord, sorta di Factory Girl versione globalizzata. E insomma, da una popstar danese nel 2018 ti aspetti un po’ di più che non il wow-effect per le spiagge assolate. Non pretendi Sharin Foo, ma certo qualcosa che vada oltre la poetica hollywoodiana, che quella l’hanno già decostruita da vent’anni.

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Morale della favola: niente maturità artistica per la trentenne danese, solo un’ottima voce non supportata dalle giuste idee. Poi se i Major Lazer riusciranno a mettere insieme un’altra “Lean On” spero tantissimo che la facciano cantare a lei, perché ne uscirà senza dubbio un’altra mina. Però Forever Neverland è un disco inoffensivo, che spara a salve, e MØ deve decisamente trovare degli argomenti migliori per dare significato alle sue canzoni, per ora perfettamente amalgamate al pop più generico. Il che significa che scalerà sicuramente le classifiche e non dovrà mai preoccuparsi dell’opinione di gente come me.

Forever Neverland è uscito il 19 ottobre per Sony.

Ascolta Forever Neverland su Spotify:

TRACKLIST:
1. Intro
2. Way Down
3. I Want You
4. Blur
5. Nostalgia
6. Sun In Our Eyes
7. Mercy feat. What So Not, Two Feet
8. If It's Over feat. Charli XCX
9. West Hollywood (Interlude)
10. Beautiful Wreck
11. Red Wine feat. Empress Of
12. Imaginary Friend
13. Trying To Be Good
14. Purple Like The Summer Rain

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