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Foto di Roberto Graziano Moro
Musica

I DARRN non sanno che cosa stanno facendo, ma lo stanno facendo bene

Quando Gemitaiz e Venerus ti consigliano di prestare attenzione a un gruppo di emergenti, tu alzi le antenne e li intervisti.

Che cosa fanno i DARRN? Bé, loro non lo sanno bene. All’inizio sono silenziosi, un po’ titubanti, e non sanno bene come rompere il ghiaccio, ancora più ragazzi che musicisti. Li incontro a Milano nel bar che ospita le dirette di Radio Raheem, dove di lì a un’ora hanno in programma il loro primo DJ set in radio. Sono un po’ spaesati, appena arrivati dalla stazione Centrale pieni di bagagli e strumentazione che gli servirà la sera, per aprire il concerto dell’amico e compagno di etichetta Venerus.

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Se dovessi dire io quello che fanno, direi che fanno un’elettronica dai bassoni rotondi, di chi si potrebbe lanciare sulle orme di Flume come di Baths, ma che allo stesso tempo ha scelto la via un po’ più facilona. Perché su quell'elettronica che potrebbe avere molti spunti schiaffa dei testi ancora piuttosto acerbi e molto leggeri con una voce effettatissima e sempre un po’ mesta. Ma a loro che musica piace? Che cosa dicono di fare? “Sicuramente hip-hop, poi tutto quello che è post-hh, post-r'n'b, post-elettronica, tutto quel mood nostalgico, elettronico, soul… in realtà non sappiamo ancora dirlo manco noi di preciso dov’è che vogliamo puntare. Ci piace fare musica. Vedremo”.

Dario, Dennis e Cristian, i DARRN, si sono conosciuti tre anni fa. Dario, il cantante, ha fatto scuola di canto per un semestre e il suo insegnante lo ha "linkato" con Dennis quando ha capito che condividevano gli stessi gusti. E da allora è successo che è nata una band, e che ci sia un nuovo EP, Chimica, il seguito di Musica Da Camera, uscito a fine primavera: “Abbiamo cominciato a lavorarci a fine estate”, continua Dario, “ma non avevamo ancora deciso cosa volessimo fare." Insomma, il dubbio come costante.

Quest'estate Dario però aveva conosciuto Gemitaiz nel backstage dopo un suo concerto. Racconta: "Mentre bevevamo e ci raccontavamo cazzate tra romani ignoranti, mi fa oh fra', quand’è che famo un pezzetto insieme? E io ovviamente gli rispondo che lo famo quando cazzo te pare fratè, e due giorni dopo stava a casa nostra. Cioè, noi produciamo in… una camera. Camera sua”. “Camera mia”, prende la parola per la prima volta Dennis, i suoi dreadlock raccolti disordinatamente dietro la nuca, “12 metri quadri. E infatti grande Gemitaiz perché è venuto, super tranquillo, non gliene fregava niente di stare in un ambiente diverso, di non avere lo studio”. Quel pezzo ora esiste: si chiama "Random, ed è quasi funktronica. Per trenta secondi Gem alza il tiro, si fonde con quei bassoni gommosi e si contrappone al timbro più mite e sommesso di Dario.

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DARRN, foto di Roberto Graziano Moro

Però è anche vero che i DARRN stanno cominciando, e collaborare con dei ragazzi che si sono appena affacciati sulla scena vuol dire proprio questo, finire a scrivere e fare demo in una camera, e ritorniamo all’inizio. Dennis spiega così il loro inizio: "Io e Cristian ci siamo messi a studiare un po’ di più per lavorare a beat e basi, poi è arrivato Dario e sulle basi abbiamo iniziato a metterci cose sopra”. Quali debbano essere queste cose, non lo hanno ancora deciso neanche loro: per ora “Allen”, pezzo di apertura di Musica Da Camera, a detta degli stessi ragazzi parla poco di Allen Iverson, e più di un paio di scarpe, ma forse è “Ologramma”, il pezzo con il drumming secco più in evidenza, che dà qualche indicazione più precisa e scandisce chiaramente che "siamo irrazionail / se ci ascolti poi ti fai del male."

"Non avevamo ancora una direzione creativa all'inizio, abbiamo iniziato a svilupparla insieme", si inserisce Cristian dall'altro lato del tavolino. E da questa frase parte una considerazione molto più ampia, che abbraccia non solo l’intero progetto musicale, ma tutto il suo retroterra, perché i ragazzi non hanno come orizzonte (solamente) il mondo dell’hip-hop, ma c’è tanto altro, fin dalla propria line-up. Una band formata da due produttori e una voce non si incontra spesso, ancor meno in Italia (dove a caldo mi vengono in mente solo i Materianera), e infatti l’elettronica non è solo lo sfondo dei DARRN, ma ne è il vero cuore pulsante.

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DARRN con Venerus e Gemitaiz, foto di Roberto Graziano Moro

Alla musica si aggiunge anche una forte componente visual, data dalla collaborazione con il veneto Giacomo Carmagnola. Dario racconta: “L’abbiamo conosciuto nel 2017 perché eravamo andati a masterizzare un pezzo da Stabber, e lui che è un bel nerd ha visto che ce la cavavamo. Ci ha preso sotto la sua ala. Non abbiamo firmato niente, era un’amicizia dettata dalla musica, ci ha fatto un po’ da padrino musicale e ci ha fatto conoscere Giacomo. Lui ha ascoltato le poche tracce disponibili all’epoca e in amicizia ci ha dato delle grafiche, senza farci pagare nulla. Perché è uno bravo, e costerebbe parecchio."

Ed effettivamente il taglio dato dal ragazzo trevisano è molto interessante, si basa sulla glitch art, l’arte dell’errore digitale. Più nello specifico, Giacomo si è orientato soprattutto sul pixel sorting, l’effetto “cascata di pixel”, che ha usato per dare una conformazione visiva a tutto il materiale dei DARRN. "Non è il quarto DARRN,", specifica però Dario, "è un amico, e la nostra idea è quella di appoggiarci a grafici che ci piacciono, di dare qualche nostro piccolo input a degli artisti che ci piacciono e che loro poi possano creare qualcosa per noi”. Insomma, “siamo dei nerdini anche per le grafiche”.

“Giacomo sta in Veneto, per cui con lui abbiamo sempre dovuto collaborare a distanza”, spiega Cristian, “e dopo un po’ il fatto di non stare tutti nello stesso posto durante il processo creativo si sente. Per questo vorremmo affidarci ad amici nostri che stanno a Roma. Non è che vogliamo diventare un collettivo, però vogliamo lavorare tutti insieme nello stesso momento e nello stesso posto quando viene creata la musica”. Questo approccio non può non farmi pensare ai port-royal, produttori e post-rocker genovesi che in formazione avevano un regista, che si occupava di stendere gli storyboard e girare i video dei loro pezzi, creandone dei cortometraggi su cui ho lasciato più o meno tutte le lacrime della mia adolescenza. “Quello sarebbe una bordata assurda, sarebbe fighissimo avere qualcuno che gira mentre noi scriviamo la musica”, dice Dario.

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"Più volte ci siamo ritrovati a dirci dai, facciamo un pezzo che suoni così, e non ci riuscivamo mai."

“Una volta che il pezzo è fatto uno si immagina quello che vuole, ma è durante la sua costruzione che succede quella cosa speciale”, dice Dario, ora più animato che mai. Segno che in quella camera i ragazzi davvero vivono qualche cosa, per cui mi viene naturale chiedere di più e scoprire come si sviluppano le loro canzoni. Una cosa su cui Asian Fake ha spinto molto è stato dire che ogni volta che i ragazzi cercavano di scrivere musica con un obiettivo particolare in mente finivano con il buttare via tutto e ricominciare da capo. “È vero, più volte ci siamo ritrovati a dirci dai, facciamo un pezzo che suoni così, e non ci riuscivamo mai! Aprivamo il progetto, facevamo quelle quattro battute su cui rimanevamo ore e ore senza riuscire ad andare da nessuna parte e buttavamo via tutto. Funzioniamo solo se non ci diamo dei paletti, ogni volta che lo facciamo ci blocchiamo!”, dice Dennis, anche lui molto preso.

Forse è per questo che l’approccio dei DARRN è così internazionale, a livello di basi, e quando lo dico i ragazzi a momenti si commuovono: “Speriamo, grazie mille, magari”. A livello testuale, però, la cifra è molto italiana. Non tanto perché il cantato è nella nostra lingua, ma per i riferimenti, l’approccio, il tono. Un contrasto interessante, ma anche una cosa voluta oppure una casualità? Dario, autore dei testi, ridacchia e risponde con la massima onestà: “Vorrei inventarmi delle storie, ma… Giochiamo molto sull’improvvisazione. Tipo, Dennis prende una chitarra, strimpella un giro di accordi e poi passa ad altro, e io lo fermo e gli chiedo di tornare indietro e di rifarlo e ci scrivo sopra”.

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DARRN, foto di Roberto Graziano Moro

A quanto pare però sono il primo ad aver detto che il cantato è molto italiano: “Spesso la gente mi dice sbiascichi zì, non si capisce un cazzo. Cerco di concentrarmi anche su questo, ma è piuttosto snervante, lo slang è una cosa che ci nasci, io so’ de Roma, manco ce fa caso uno, no?” Appunto. Poi di slang nelle sue canzoni Dario non ce ne mette a parte qualche fra’, ma è l’attitudine un po’ sensibilona e un po’ coatta che conta.

Ma cosa ci fa una chitarra nello studio di una formazione electro e hip-hop? Risponde Dennis: “La usiamo sempre, anche dal vivo. L’intenzione però non è quella di arrangiare i pezzi dal vivo, cioè, se per due minuti nel brano la chitarra non c’è, io sul palco per due minuti…” Ti guardi le palle. “Esatto”. Interviene Dario: “Insomma, c’ha due pedaliere grosse come ‘na casa, una pure per gestire gli effetti sulla mia voce. Quindi in realtà fa tanto, anche quando pare che non fa niente”. Dopo averlo sentito nominare sono curioso di capire chi sia: il pubblico dei DARRN? “Ci rivolgiamo a gente che vuole… aprirsi”, dice Dario quasi timidamente.

"Ci rivolgiamo a gente che vuole… aprirsi. A noi piace la vulnerabilità. Non siamo dei fantocci cui piace farsi vedere super fighi, siamo tre ragazzi tranquilli."

“A noi piace la vulnerabilità. Non siamo dei fantocci cui piace farsi vedere super fighi, siamo tre ragazzi tranquilli. Una cosa che secondo me si sta perdendo, musicalmente, è la voglia di essere se stessi e in culo a quello che pensa la gente. Ci piace fare musica nostalgica. Spero non troppo, perché la gente ogni tanto me lo dice ah, ‘sta roba rompe le palle, è moscia. Ragazzi, io non sono happy. Non siamo happy”. Sfondate una porta aperta, sono un metallaro, di roba happy dalle mie parti ne gira poca (e a questo commento se la ridono di gusto tutti e tre). Forse è per questo che ho apprezzato “Abra”, collaborazione con Venerus molto in linea con la proposta dal profumo retrò e crepuscolare su cui fa perno la sua poetica. Lo stesso Venerus ha detto di aver composto la sua strofa nell’arco di una serata in compagnia di una bottiglia di vino.

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Però le persone che li ascoltano danno un riscontro importante: “Sono poche, però le persone che ci scrivono ci dicono cose diversissime, ci raccontano i viaggi che si sono fatti, addirittura un ragazzo ci ha detto che si è fatto un trip con l’acqua ascoltando 'F2', che ha un synth acquosissimo. E questo ragazzo si è sognato di stare dentro un acquario e di essere osservato dall’esterno”. Cristian continua: “Ci piacerebbe che ciascuna persona che ci ascolta si ritrovasse in uno dei nostri pezzi”.

DARRN, foto di Roberto Graziano Moro

DARRN, foto di Roberto Graziano Moro

È quasi ora della diretta in radio, per cui faccio un’ultima domanda: carichi per la serata che li aspetta? “Sì, tantissimo”, Dario dimentica i trip con l’acqua e torna subito serio. “Un sold out a Milano, e poi sappiamo che chi va a vedere Venerus è gente che la musica vuole ascoltarla, e noi vogliamo provare a parlare a queste persone, non con le persone che vogliono solo fare… la cacca”, e scoppiano tutti e tre a ridere di nuovo. Dario si era incartato in un discorso da cui non sapeva più come uscire, ma non è una banalità. Ci sono un sacco di modalità per fruire della musica: può essere uno svago, un sottofondo, un elemento per fare festa, e l’ascolto consapevole e attento è solo uno dei mille modi in cui si può ascoltare musica. “Ecco, sì, vorremmo che il nostro fosse un pubblico di ascoltatori, persone che si concentrano sulla musica”, con o senza trip negli acquari, quelli sono secondari.

Andrea è uno dei Lord di Aristocrazia Webzine. Seguilo su Instagram.

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