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Musica

Recensione: Circuit Des Yeux - Reaching For Indigo

Abbiamo trovato l'album più autunnale del 2017.
Giacomo Stefanini
Milan, IT

La storia di Reaching For Indigo è che Haley Fohr, aka Circuit des Yeux, il 22 gennaio 2016 sarebbe stata vittima di uno strano attacco di convulsioni, accecata da una luce fortissima proveniente da dentro che l'avrebbe lasciata inerme per due mesi, nel frattempo sviluppando in lei "la risposta a una domanda che non si era mai fatta", una sorta di nuova consapevolezza, finalmente sintetizzata in queste otto canzoni. E la capacità di vedere meglio colori e schemi nascosti nella realtà circostante, compreso l'indaco del titolo.

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Io sono un credulone, eh, ma questa è una storia che avrei potuto estrapolare anche da solo da questo quarto album dell'artista dell'Indiana, ora di stanza a Chicago. Le canzoni che lo compongono infatti sembrano provenire da un luogo di caos e puro spirito, per poi incastrarsi in strutture perfettamente avvincenti e accattivanti—una creazione accessibile, equilibrata e ben scritta, ma quantomai lontana da qualunque "tavolino".

È così per la commovente ouverture "Brainshift", per solo organo, voce baritonale e fiati, in cui la cantante si spoglia delle vesti umane e diventa veicolo della propria illuminazione: "I can only promise to take up space". Quando arriva "Black Fly" con il suo strumming malinconico e la voce di Haley che si apre per la prima volta a un'ottava superiore, la grande luce bianca sembra colpire anche noi finché non ci perdiamo nella coda finale deliziosamente caotica (che mi ricorda tantissimo una delle mie canzoni preferite di Egor Letov).

Ognuno dei brani di Reaching For Indigo sembra sprizzare ambizione da tutti i pori, come "Philo" che è costruita su tre movimenti che si susseguono in un crescendo dalla calma alla tensione al rilascio, o il singolo "Paper Bag" che riesce a mettere insieme comunicazioni elettroniche aliene e un folk meccanizzato dall'incedere incalzante. Ma insieme all'ambizione l'aria che si respira è naturale e intima, la stessa che si sente in album come il primo Velvet Underground (a proposito, che gioia la piccola orgia di distorsione di "A Story of This World, pt. II"), quella cosa che ti fa dire "ma come fanno?" a ogni pie' sospinto.

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Mentre gli album precedenti, nonostante la comparsa di svariati ospiti, erano più esplicitamente lavori solisti, su quest'album la presenza di una band alle spalle di Haley si fa sentire un bel po', non solo a livello sonico (non è che lei sia mai stata una da "solo chitarra acustica e voce" nonostante brilli in tutte e due le cose), ma anche a livello di composizione e arrangiamento. Per quanto sia lecito dubitare che violinista, batterista, tastierista e bassista abbiano avuto esperienze soprannaturali simili a quella della cantante, la coesione è impressionante, con strumenti acustici ed elettronici che si avviluppano in spire mistiche (senti "Geyser") attorno alla voce da maga di Haley. Il finale, "Falling Blonde", chiude il cerchio con organo, archi e melodie sicure e suggestive dipinte dalla malinconica voce blu indaco.

Non so quanto valga il mio consiglio, ma se c'è un disco che è riuscito a colpirmi in profondità fin dal primo ascolto e ha fotografato, abbellendoli, aspetti negativi e positivi di questo autunno è proprio questo. A differenza di Haley, io non ho ancora ricevuto alcuna illuminazione e di certezze non ne ho tante, ma una di queste è che Reaching For Indigo sia tra i miei album preferiti di quest'anno.

Reaching For Indigo è uscito il 20 ottobre per Drag City.

Ascolta "Black Fly" e "Paper Bag" su Bandcamp:

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