La prima intervista dei Tante Anna
Fotografia: Elisa Menini.

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Musica

La prima intervista dei Tante Anna

Una chiacchierata-fiume con Alessandro Baronciani sulla sua nuova, vecchia band shitgaze e sugli anti-eroi musicali italiani.

I Tante Anna stanno per pubblicare il loro primo album ma esistono da un sacco di tempo. Più o meno da quando Alessandro Baronciani e Thomas Koppen hanno cominciato a giocare assieme da bambini—anche se si sono messi davvero a far musica insieme solo qualche anno fa in una sala prove di Pesaro, convinti di rifare una loro, personale versione dei Cure. Quello che è uscito è TA, un lampo di album: otto pezzi per ventisei minuti, batterie elettroniche tendenzialmente sparate a cannone a sorreggere linee di chitarra tutte melodia, distorsione e riverberi. Si può provare a usare la parola "shitgaze" per descriverlo—quella sorta di ibrido tra lo-fi, new wave, post-punk, noise e tutte le cose scure mai uscite da un incontro tra chitarre ed elettronica. Ma le linee tra le varie definizioni di questo-modo-di-fare-musica sono così sottili che resta solo una palese dichiarazione d'amore per tutto ciò che è wave, buio, lacerante, liberatorio. Incontro Alessandro una mattina di aprile, qua in redazione. Non avevamo mai davvero chiacchierato tanto di persona, e devo dire che mi sembra una persona molto, molto attenta alle parole che usa e al modo in cui si esprime—"Sono un po' ondivago, dico cose in più rispetto a quelle che servono," mi dice. E in effetti i Tante Anna sono un trampolino di lancio verso altre questioni: l'evoluzione della percezione della musica italiana, innanzitutto, verso una concezione onnicomprensiva di tutto ciò che non è prodotto televisivo. Parliamo delle anti-rockstar in opposizione al frontman glorioso, dei tentativi di creare una scena attorno a una Pesaro che la gente del luogo invece fugge, di illustrazione e musica. E di Big Jim. Soprattutto di Big Jim.

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Il video di "Nene". Noisey: Ho letto che conosci Thomas fin da quando eri bambino. Ma quanto bambino?
Alessandro Baronciani: Da quando eravamo piccolissimi. Thomas era un anno più piccolo di me e abitava nella casa accanto alla mia. Lui aveva i giocattoli più belli dei miei. Aveva Big Jim, Big Jim 004, la canoa—che galleggiava veramente—e la jeep. Mentre io avevo la Barbie. Per un periodo ha cambiato casa, poi è tornato nel quartiere dove abitavo. Abbiamo fatto entrambi le superiori a Urbino, in corriera insieme. La mattina ci svegliavamo alle sei e mezza per arrivare lì a un quarto alle otto. Lui faceva l'ITIS e io la Scuola d'Arte. Non ci siamo mai persi di vista. Siete cresciuti insieme anche a livello musicale?
Avevamo entrambi fratelli maggiori che ci passavano dischi, solo che il mio era più Paisley Underground, il suo era più EBM tipo Depeche Mode. Anche perché, Thomas Koppen: padre tedesco, influenze germaniche, musica nordica, fredda e elettronica. Ovvio, no? È stato Thomas a farmi conoscere i Cure. Mio fratello aveva Disintegration in vinile, mi chiese se potevo registrarglielo in cassetta. Per registrare i dischi in cassette—ai nostri tempi—dovevi ascoltare anche il disco e così ho scoperto la wave. Ci sta di dire che l'inizio da cui sono cresciuti i Tante Anna è quello?
Sì! Thomas ha sempre provato a suonare in qualche gruppo, senza riuscirci. Lui ha questo problema che tutti i gruppi in cui suona ad un certo punto si mettono a fare i Dinosaur Jr. Un giorno stava suonando con un ragazzo di Soria, il quartiere dove siamo cresciuti, chitarrista, molto bravo, di quelli che vanno in giro con la pedaliera nella valigetta. Siccome la saletta è la stessa dove proviamo con gli Altro, ero andato a prenotare e mentre faccio per entrare c'erano loro due che stavano suonando. Mi fermo a sentire il pezzo, che trovavo bellissimo, alla fine li guardo e gli chiedo: "Ma non la canta nessuno?" Thomas mi chiede se voglio cantarla io. E così abbiamo cominciato a fare le prove insieme. Poi il chitarrista ha iniziato a chiedere di suonare con la batteria vera, di non fare concerti ma solo le prove, e fin qui ok, poi si è messo ad ascoltare i Dinosaur Jr… Thomas si è messo a suonare con un'altra band e io ho smesso di andare alle prove. Ci siamo ritrovati un anno dopo con l'idea di andare a fare cover dei Cure, non ci siamo riusciti e ci siamo messi a fare cose nostre. A me e Thomas questa cosa di non aver la batteria piaceva tantissimo, così come la possibilità di inventarci dei beat dal nulla, con un iPhone.

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Fotografia: Elisa Menini.

Come mai questa presa bene per la batteria elettronica?
La batteria è un furgone, la batteria elettronica è una Panda. Ti muovi in due, con un amico in più che sta al banchetto e guida la Panda. Non serve nient'altro. La batteria elettronica non parte da un computer. Il computer sul palco è anti-estetico, ha sempre bisogno di una persona che muove il mouse e che fa partire una base: è deprimente. Abbiamo creato dei pedali da dove facciamo partire i loop che campioniamo con delle mini App. È una cosa che tecnicamente sa fare solo Thomas, io al massimo butto beat a caso sulla tastiera come in Parata. Ogni volta che c'è un cambio entra un altro loop, e così via riusciamo a mettere più loop durante una canzone. Dal vivo funzionava bene e i suoni erano come quelli che venivano registrati. Penso che i Tante Anna siano riusciti a fare un disco anche perché i pezzi funzionavano dal vivo. Le band funzionano se funzionano dal vivo. Ci avete messo relativamente tanto a fare un album, contando che la vostra prima cosa è stata lo split con gli HAVAH di Michele Camorani.
Infatti doveva uscire prima un 12" con 4 canzoni a testa poi Solo Vinile ha chiuso e a riaperto a Malta e non ha stampato più il disco e To Lose La Track si è offerta di stamparci un 7" . Michele per un periodo ha abitato con me a Milano, fu lui a farmi sentire per la prima volta i Blank Dogs e le canzoni degli HAVAH, compresa una cover di "Smetti" degli Altro. I Blank Dogs erano tutto quello che avrei sognato nei miei anni Novanta, e invece sono arrivati nel 2010. Pensa che bello, il grunge e la musica wave messi insieme. Lo shitgaze non è altro che i Pavement che provano a fare i pezzi dei Sound. Michele poi ha stampato i primi dischi, i Fine Before You Came sono diventati i Joy Division e Pesaro si è riempita di gruppi dark… Ecco com'è questa storia di Pesaro che si rende conto delle cose dark, della shitgaze, dello shoegaze? 
Mi ricordo il primo concerto dei Be Forest, a Pesaro già c'erano Soviet Soviet e General Decay. Suonavano a questo micro-festival cittadino in cui c'è di tutto: mostre, foto, illustrazioni, gente che fa i robot col legno, teatro… è un contenitore della città per i giovani, dura due settimane e serve, insomma, per tenerli buoni. Erano lì sul palco al loro primo concerto: percussioni in piedi, basso e chitarra, due ragazze e un ragazzo, minimalisti. Mentre li guardavo mi sono chiesto: da dove cazzo spuntavano fuori? Perché qui? Ma non so dirti perché. Si cerca in tutti i modi di creare una scena, ma in realtà a quelli che suonano, soprattutto a Pesaro, più di creare una scena interessa suonare dappertutto, andar via. Una specie di gioco a vedere chi arriva più lontano con la propria musica. Quando suonavo con gli Altro la cosa più divertente era stato andare a suonare a Ivrea con i Nuvolablu. Andavamo col treno, portavamo gli ampli in vagone perché in tre non avevamo una patente. Il giorno dopo tornavamo a casa e nessuno lo sapeva. Tranne noi e i Nuvolablu.

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Il video di "Pallina". A mio gusto, l'album non è particolarmente ostico. Scorre molto bene e i pezzi stanno bene gli uni con gli altri. "Pallina" è l'unica che mi è sembrata uscire un po' dal seminato, forse perché è mixata in modo diverso?
"Pallina" è la canzone più vecchia ed è quella che abbiamo lavorato di nuovo in fase di mixaggio dato che era uscita l'anno prima con un video. l'ho ricantata, effettata, tagliata, abbassata ulteriormente rispetto gli strumenti… probabilmente si sente un po' di accanimento. Non veniva mai come volevamo. Per il resto quando suono negli Altro la canzone viene così come viene, mentre coi Tante Anna ho più tempo per suonare la chitarra e imparare a fare meglio. In "Pallina" faccio tutto un giro con la chitarra che mi ha fatto davvero sentire figo per essere riuscito a farlo fino in fondo alla canzone senza sbagliarlo. Apprezzo molto la voce mixata bassa, sai? Perché mi piace pensare che un disco che suona così possa essere ascoltato da persone che non sono abituate a questo approccio. Soprattutto in un contesto in cui "indie italiano" è diventato un calderone onnicomprensivo con dentro ugualmente, boh, i Gomma, Pop X e L'Officina della Camomilla.
La voce non doveva mai essere in primo piano! È sempre stata una di quelle cose che si sapeva in ambito indipendente. All'inizio era qualcosa che si leggeva nelle fanzine, ma a livello tecnico, quando si registrava un disco, penso che in pochi sapessero cosa voleva dire. Io ancora adesso non so cosa vuol dire. Anche con gli Altro non ci siamo mai posti più di tanto questo problema. E comunque penso che la differenza tra i Gomma e tutti gli altri si sente. Loro fanno queste bellissime canzoni che cantano e sanno già di "sconfitta". Non puoi sbagliarti, i Gomma sono affascinanti perché sai benissimo che non arriveranno mai su Radio DeeJay.

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Fotografia: Elisa Menini.

E invece i Gomma stanno venendo adottati da un pubblico molto più ibrido, mi sembra.
Soltanto perché sia io che te siamo dentro una "scena". Il pubblico è diverso e molto più ampio di quello che era una volta quando usciva Lungo i bordi dei Massimo Volume o L'appeso dei Frammenti. Il nostro poi è uno sguardo abbastanza "critico" e inserito in una scena. Siamo rane che ci fanno dentro il bagno. Pensi che ascoltare Cosmo e i Gazebo Penguins siano due cose differenti, e poi ti accorgi che siamo tutti dentro lo stesso stagno. Credo che sia questo il punto: sta venendo fuori una percezione inclusiva che inserisce chiunque sotto lo stesso cappello di "indie italiano".
È probabile. Una volta c'erano molte più scene, che non comunicavano tra di loro, divise per genere, per provincie. Chi suonava nei centri sociali non suonava nei locali. Chi era famoso in una città non lo era in altre. Non c'era internet. Le major facevano una discografia, che aveva logiche diverse, però ne aveva almeno una che era diversa da quella della televisione. Adesso aspettano direttamente di capire chi vincerà il prossimo talent. Tutto il resto è diventato "indie italiano". Probabilmente l'ultimo cantante che è passato dalla "scena" alle major è stato Bugo. Una specie di Prometeo portò via Dal lofai al cisei dall'Olimpo. Dopo di lui nessuno ne ha avuto più bisogno di una major per diventare "grande". Internet lo faceva meglio. Basta avere le persone che ti ascoltano. Chi suona tira giù le canzoni e fine, non crea un movimento. La cosa bella appunto sono le persone che ti ascoltano e che ti spingono, un po' come quando si balla. La spinta è importante ma è anche un problema: finché ti spingo piano ti tocco, se ti spingo troppo forte allora non ti tocco più. È questa è la scena. Finchè ti spingo c'è un punto di contatto. Se siamo in tanti a spingerti, quando non c'è più contatto è successo qualcosa tra il musicista e l'ascoltatore. Entrambi cambiano il loro modo di essere. Non è sempre questione di diventare famosi, anche perché poi diventare famosi e diventare grandi, sono due cose differenti. Che ne so, pensa a quant'è figo Federico Fiumani, che per me è la wave, o almeno il vero significato della wave. Essere anti-rockstar. Brilla come una stella quando è sul palco e continua a fare quello che ha sempre fatto. Il rock non è che per forza diventa più grande per essere rock. Altrimenti non c'è nessuno che ti spinge quando balli. Certo, certo. Resta che è bello sentire dischi così scuri ricevere attenzioni che magari, in un contesto più diviso, non sarebbero stati cagati. Che è un po' quello che succede anche agli HAVAH di Michele o a Pilipella dei Fine Before You Came con V R C V S.
Vero! La cosa strana poi di tutti i gruppi che hai citato e che siamo tutte persone che vengono da una scena "emo" e chissà perché abbiamo avuto tutti questa deriva darkissima. Ad esempio la canzone che più mi piace del disco è "Iasu". Quando ci abbiamo messo la batteria ci siamo detti, "È perfetta." Ma era una batteria pulitissima, non era come la suonavamo. Quindi abbiamo attaccato la batteria elettronica all'effetto della chitarra ed è diventata inascoltabile. E ora è ancora più bella. La nostra dark mi sembra lontanissima da quella che viene dalla wave classica, nel senso più gotico e tradizionale del termine che oggi ha suoni super prodotti come le serate al Black Hole con le ragazze vestite da demoni con i corni sottocutanei. Se penso alla dark mi vengono in mente cose come i Blank Dogs, o lo split tra Wavves e Cloud Nothings. Una cosa un po' più slacker. Un po' più loser. È un gioco di rimescolamento: la wave che suona come un disco dei Pavement. Sai, mi piace quando riesco a scoprire "le addizioni". C'era la wave, poi c'è stato il grunge, tesi e antitesi. La sintesi che ne è venuta fuori è musica dark suonata in modo lo-fi.

Il video di "Iasu".

E "Iasu" cosa vuol dire?
Vuol dire "salute a te" in greco. Però è una parola che non si scrive così. In Italia non ci facciamo caso, ma in molte lingue la cosa più difficile è trascrivere un suono in una scritta. Doveva essere il nome della moglie giapponese di Enrico Liverani, che ci ha registrato il disco, ma non ho idea di come si scrive il suo nome. Penso ci vada una "E" alla fine. Però "Iasue" vuol dire "problema", senza la "e" significa invece "pregiudizio". Tutta l'estetica dei Tante Anna gira intorno alla calligrafia. Che si possono fare delle cose anche senza usare delle "immagini". Mi piace che nei video dei Tante Anna non ci sia niente di narrativo, che siano più cose da video art, un po' concettuali, un po' materiche. Questa è una delle ragioni per cui abbiamo lavorato con Francesca Amati. Che ha fatto diversi videoclip per gruppi musicali ma in sostanza è una video artista. Mi piace la sensazione astratta che può portare un video o la scrittura. Per dirti, mi piace tantissimo andare in un paese in cui non c'è il mio alfabeto. I primi giorni hai uno smarrimento incredibile. Axel dei Dummo ora vive in Polinesia, e all'inizio pubblicava queste foto di centri commerciali tutti pieni di pubblicità in cui non si capiva nulla. Mi piace quando il suono dei Tante Anna possa essere accordato al fatto di non comprendere un testo. Come quando guardi la ricetta del dottore e non capisci cosa c'è scritto. Come quando ascolti una canzone e non capisci cosa vuol dire. Come mai non c'è un tuo disegno in copertina? 
Per non mettere Alessandro Baronciani sempre davanti a tutto. Certo. Il che si collega a un'altra cosa che volevo chiederti: come fai a gestire contemporaneamente, a livello interno, il te musicista e il te illustratore?
Sai in quanti siamo qui dentro di me? Con chi vuoi parlare? Alle volte mi chiedono, "Quando hai trovato il tempo di fare il disco?" Il problema, quando si lavora "creativamente", non è fare tante cose; quella è la normalità. Non normale è fare una cosa sola. La creatività funziona più o meno con la stessa idea con cui cominciamo tre serie TV contemporaneamente, leggiamo quattro libi insieme senza finirne uno e ascoltiamo più dischi nello stesso giorno. L'importante è iniziare tante cose. L'importante è finire tutte le cose che hai iniziato. Un giorno siamo riusciti a registrare tre pezzi, dopo due mesi ti ricordi che li hai registrati. Vai a cantarli. Dopo due mesi fai il mix, dopo un altro mese paghi il tipo con cui hai registrato i pezzi. Nel disegno funziona allo stesso modo. Un giorno scrivi una storia e la tieni in un libretto. Un altro giorno ti scrive Lo Mele che vuole la tavola per Rumore. Un giorno schizzi i manifesti per un festival. Poi un giorno che hai tempo libero ma non ti viene in mente niente apri il libretto e riprendi la storia che avevi scritto. Il disco dei Tante Anna doveva uscire l'anno scorso, è rimasto in standby perché avevo fatto uscire Come svanire completamente che a differenza di quello che ti ho appena detto mi ha occupato e impegnato per quasi un anno intero. E siamo usciti adesso perché siamo riusciti ad avere ogni tanto un po' di tempo per finirlo prima. Come Svanire Completamente è stato un progetto molto impegnativo?
Molto, Anzi, troppo. Il problema è, appunto, quando una cosa ti coinvolge completamente e pensi solo a quella. È lì che ti viene l'ansia. Quando pensi ad una cosa sola e questa diventa ossessiva. Quando vai in ufficio tutto il giorno e poi stacchi, torni a casa e non vuoi fare niente. È il problema della creatività fare una cosa sola. Quando fai solo una cosa non hai voglia di fare nient'altro. TAesce sabato 15 aprile per To Lose La Track. Segui i Tante Anna su Facebook.
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