Storia della Gqom e dei suoi pionieri, i Rudeboyz

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Musica

Storia della Gqom e dei suoi pionieri, i Rudeboyz

A Durban, Sudafrica, la gqom sta ridefinendo le regole del clubbing. I Rudeboyz ci raccontano la sua storia a parole e in musica, con questo mix esclusivo.
Sonia Garcia
Milan, IT

Foto di Chris Saunders.

Una delle realtà elettroniche più stimolanti in quanto a inventiva e rottura con il paradigma dance convenzionale ha sede in Sudafrica, per la precisione in una città (una sola): Durban. Tale realtà risponde al nome di gqom, e se i più svegli ne hanno già sentito parlare è perché i media occidentali e non, negli ultimi tempi, ci sono andati quasi tutti sottissimo, un po' come i sottoscritti d'altra parte. Si tratta di uno strano e crudo sottogenere della house 4 step, a cui è stato innestata un'impalcatura sbilenca di kicks, vocals e percussioni dai connotati tribali, che rendono il prodotto finale una perfetta manifestazione di apocalisse afrofuturista tutta da ballare. A Durban i producer locali irrorano di gqom ogni possibile angolo di strada, e gran parte di questi—Mafia Boyz, Citizen Boy, Emo Kid, Cruel Boyz—sono stati raccolti in The Sound of Durban, uscita ufficialmente lo scorso febbraio su Gqom Oh!, ampliamente coperta da The Wire nel cartaceo di dicembre scorso. La gqom, ad ogni modo, va ben molto più in là di così. I tre ritratti nella foto poco più in alto, sono Menchess, Massive Q e Andile-T, meglio noti come Rudeboyz. Anche loro fanno parte della gqom wave, e poco importa se non sono apparsi in Sound of Durban, assieme ai colleghi dai nomi che finiscono in -boyz. Hanno rilasciato il loro primo e omonimo EP sull'inglese Goon Club, sono stati inseriti nella prima compilation ufficiale di NON Worlwide nelle vesti di veri pionieri della gqom, e Dazed ha dedicato loro questo bell'inserto con tanto di mix esclusivo. Arrivati a questo punto non potevamo essere da meno, e visto che tutto sommato su come è nata la gqom e perché sappiamo molto poco, abbiamo deciso di chiedere a loro direttamente, sia a parole che in musica. Nell'oretta di chiacchierata su Skype, Menchess e Massive Q mi hanno raccontato la storia della gqom, la sua diffusione internazionale, l'impatto su Durban e la sua difficile composizione sociale, e il rischio di sfociare nel mainstream più snaturante. Durban e gqom sono la stessa cosa, ma come al solito, i processi di assimilazione culturale sono sempre più difficili dentro casa, che fuori.

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I Rudeboyz hanno saputo imprimere Durban in un cinquantatré minuti di mix, senza tracklist perché pieno zeppo di inediti. Le foto che seguono sono state scattate dagli stessi.

Noisey: Cosa state facendo e dove siete?
Menchess: Siamo qui a Durban, ci stiamo rilassando nel soggiorno. So che magari siete stufi di questo interesse morboso da parte dei media esteri—prevalentemente occidentali—nei confronti di Durban e della sua gqom wave, ma per quanto mi riguarda è una delle realtà musicali più interessanti degli ultimi tempi. Mi raccontate un po' com'è nato tutto?Menchess: La gqom è nata qui a Durban all'incirca nel 2010. È nata nel giro undeground, e si è sviluppata a partire da generi e stili che già esistevano. Tutti si sono ritrovati a suonarla in giro, dai locali ai taxi con la musica a volume sparato, gqom per l'appunto. Gli strumenti usati sono sempre diversi, e quello che abbiamo fatto qui a Durban è stato lasciarci contaminare. Prima di tutto nel clubbing. C'è stato un grosso cambiamento nel modo in cui la gente vede i club, adesso. La gente di Durban è una categoria a parte, non assomiglia a nient'altro qui in Sud Africa.
Massive Q: La gqom è stata creata da e per le persone che escono la sera a ballare. A ispirarci e spingerci a fare sempre di più sono stati quelli che hanno reagito positivamente alla nascita di questo "genere."

In che modo gli elementi che lo contraddistinguono sono legati alla conformazione della città stessa di Durban? Ve lo chiedo perché è sempre più raro e speciale assistere alla nascita e allo sviluppo di sonorità elettroniche di questo tipo, in cui le percussioni attingono da una certa ritmica tradizionale, rese perfettamente compatibili con l'immaginario dance attuale.
Massive Q: Gqom è il suono della nostra cultura, è qualcosa che vibra dentro di noi in ogni momento. Lo sentiamo nostro, l'abbiamo osservato a lungo e coltivato. Il sound classico africano è molto standardizzato al giorno d'oggi; c'è una vibe ben precisa. La gqom nasce da questi input, ma se ne allontana allo stesso tempo perché combina un sacco di altre componenti. Hip-hop, r'n'b, house, kwaito, ritmi "rotti" e e mille altri sottogeneri che apportano informazioni da altre aree del paese. Ad esempio, in "Get Down", nel nostro ultimo EP, tutto questo è evidente. Forse è più kwaito contaminato con house, mentre "Mitshubishi song" è già più africana, così come "Sambuka Dance". È una traccia pensata per il dancefloor, anche se ingloba un po' tutti gli elementi di cui sopra.

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Una traccia gqom è pensata per far ballare tantissimo, per essere un bangerone. Ci sono tanti elementi urbani al suo interno, che a loro volta prendono ispirazione da tante realtà cittadine diverse. C'è un'esplorazione ben profonda in ogni produzione gqom.

Ci sono un sacco di stereotipi sulla musica africana oggi, e credo che la gqom sia un'ottima dimostrazione di come le cose possono davvero cambiare. Come viene vissuta questa transizione dall'interno?
Menchess: Qui a Durban la gente non si rende tanto conto di quello che succede, in realtà. La gqom è ancora molto undeground, non la passano in radio. È un esperimento che conduci in casa, per conto tuo, e cerchi di tirarne fuori un senso. Cerchi di creare qualcosa di mai sentito prima, e lo proponi nei club per vedere come reagisce la gente. È nata così, qualcuno ha avuto quest'intuizione e noi ci siamo solo adattati.
Massive Q: Le connessioni tra producer poi avvengono tutte su Internet, Facebook, Soundcloud e Whatsapp aiutano un sacco.
Menchess: Prima c'era la house con kicks a 4 step, che era tutta uguale. Qom-qom-qom-qom. Abbiamo provato ad aumentare le possibilità e le tipologie di kick, creandone di nuove, anche sghembe. Quando è uscito era quello l'aspetto innovativo, ma sempre ben radicato nell'underground. Molte radio si rifiutano di passare tracce gqom. È accessibile a tutti ma per altri mezzi. Tutti possono fare gqom a casa, e se esci e vai a lavoro o a scuola stai sicuro che da qualche parte la sentirai di sottofondo. In questo modo si è appropriata della città intera, eppure come dicevo, il grado di accettazione non è sufficiente ancora per farla arrivare alle radio. Però ecco, l'attenzione arriva dal resto del mondo, quindi è ok.

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Etichette europee come Gqom Oh!, o la vostra Goon Club hanno già fatto molto in questo senso.
Menchess: Non conosciamo personalmente i ragazzi di Gqom Oh!, ma sappiamo di cosa si sono occupati, molti degli artisti della loro compilation sono di Durban come noi.

E fuori Durban che situazione c'è?
Menchess: Al momento la gqom è ovunque, tutti la fanno e ne sono entusiasti, anche a livello internazionale e più mainstream. Non è più un fenomeno solo sudafricano. Il mese scorso si è tenuto un festival di musica elettronica a Cape Town in cui per la prima volta la gqom ha avuto una sua visibilità al suo interno. È stato bello perché in larga scala non si era mai visto un simile traguardo. Sta davvero diventando internazionale.

Non temete la mercificazione ad opera dell'industria musicale mainstream?
Menchess: No, assolutamente. Anzi siamo felici se più persone nel mondo ne vengono a conoscenza e la ripropongono a loro modo, l'onda si amplifica ed è un bene. È anche vero però che se non fossimo stati esposti alle realtà di Durban, non saremmo mai stati in grado di produrre niente del genere. In altre parti del sudafrica si è provato a creare derivazioni del genere, ma non sono così riuscite come la gqom prodotta da chi vive a Durban. Anche se diventa mainstream è importante che le radici rimangano a Durban. È una specie di eredità, nessuno ci può rubare la nostra bambina, no? [Ride]

Vero. Cosa significa di preciso la parola gqom?
Menchess: È una parola zulu che riproduce il suono di qualcosa che cade in terra, o colpisce un altro oggetto… qqq'om! Si è sviluppato da lì, la gente usava il termine senza associarlo alla musica. Quando è subentrata l'elettronica, l'intento è stato dare un'accezione molto più intensa a questo nuovo genere che rapidamente si stava impadronendo di ogni angolo di città. L'origine però, come dicevo, è zulu.

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Fichissimo. Non mi ero mai imbattuta in un genere musicale descritto perfettamente da un termine della lingua nativa di un posto.
Massive Q: Esatto. Non c'è stata una persona specifica che ha coniato il termine legandolo alla musica, poco a poco è entrato nel linguaggio e immaginario comune e basta. A quel punto la bambina era nata, e ormai tutti la conoscono per come è.

E voi come vi siete conosciuti?
Menchess: Abitiamo nello stesso vicinato, quasi nella stessa via, a Mount Moriah. Abbiamo iniziato a produrre musica individualmente nel 2010, poi un giorno mi hanno presentato Massive, che ai tempi studiava già ingegneria del suono. Nel 2012, dopo aver fatto esperienza di produzione, Massive decide di fondare un gruppo. Da allora abbiamo sempre lavorato insieme.
Massive Q: Io studiavo per diventare fonico, e sapevo un po' di più degli altri come si usavano gli strumenti e i programmi per fare musica, così li ho introdotti lentamente al campo. Sono partito dalle nozioni più basilari, e poco a poco guadagnavamo dimestichezza. Ci piacevano tante cose di quello che ci circondava a livello musicale, ma diciamo che principalmente volevamo dare vita a qualcosa che coinvolgesse i giovani. Volevamo creare qualcosa di nuovo e in continua trasformazione, che stesse dietro alle esigenze di ragazzi come noi, in costante crescita. Era già il 2011 e le nostre produzioni non erano ancora gqom a tutti gli effetti, e non avevamo un gruppo vero e proprio, perché ognuno si arrangiava come poteva per conto proprio. Solo nel 2012 siamo arrivati a trovare un sound gqom vero, con delle tracce rappresentative pronte ad essere rilasciate. È così che sono nati i Rudeboyz.

In che modo la gqom influenza la società a Durban? C'è in qualche modo aggregazione, livellamento di eventuali disparità o dal punto di vista sociale è ancora qualcosa di circoscritto?
Menchess: La gente qui è davvero pazza. Il clubbing qui è prevalentemente a utenza giovane, ma ha tante nature, anche più radicali di questa. Ci sono molte altre cose, spesso illegali, che aggregano le persone, in questi contesti… [Ride] In ogni caso no, non credo che la gqom agisca sulla società livellando disparità. Unifica coloro che si interessano al genere, ma viene comunque suonata in circuiti underground, mai nei locali fichetti per gente bianca. È più pensata da e per noi neri. È molto raro trovare musicisti bianchi che si interessano in questo genere, a Durban. A loro piace la techno, la house, i generi convenzionali che tutti conosciamo. A suo modo la gqom qui ha aggregato una comunità di giovani neri che però fanno musica considerata "di nicchia". So che può sembrare strano visto il successo che invece sta avendo in Europa e in occidente, ma è davvero così qui. La gqom è nera, ed è per i neri. È vero anche che sta diventando sempre più internazionale e mainstream, come dicevamo prima, e forse un giorno proprio grazie a questa cosa anche i bianchi ricchi la suoneranno e ci si appassioneranno. Magari si renderanno conto che questa musica è sempre stata qui, e non è venuta fuori dal nulla, solo perché i media occidentali ne parlano. C'è un grosso gap sociale tra chi fruisce davvero di questa musica.

Peccato, speravo fosse uno strumento con cui far fronte a questo gap. È questione di tempo però, e l'attenzione mediatica occidentale sta già facilitando questo processo. Parlatemi del mix che ci avete preparato, adesso.
Massive Q: Un bel po' di nostre tracce inedite, altre edite, e qualcosa di nostri amici che fanno gqom.
Menchess: Sì, un quadro esaustivo della scena gqom a Durban.

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