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Musica

Patti Smith, sua figlia e il Soundwalk Collective hanno composto un tributo sperimentale a Nico

"Killer Road": un disco e una performance live dedicati alle poesie della cantante tedesca e ai suoi ultimi anni a Ibiza.

Foto di Michael Stipe (!)/ Per concessione di Soundwalk Collective

Omaggiare un'icona è sempre una roba complicata. I tribute album e le cover restano sempre soverchiati dall'ombra dell'originale: e non importa quanto ci provate, è sempre dura confrontarsi. Per questo il Soundwalk Collective—la truppa internazionale di sound art formata da Stephan Crasneanscki, Simone Merli e Kamran Sadeghi—ha deciso di realizzare l'album Killer Road, ispirato alla tragica morte di Nico, provando a fare qualcosa di molto più astratto. Il trio, il cui lavoro finora era sempre stato legato a istallazioni site-specific e interventi su natura e paesaggio, ha quindi deciso di evitare le convenzioni e tuffarsi nell'ignoto, usando field recordings, letture, percussioni esotiche e l'harmonium di Nico per ottenerne una palette sonica soffusa ma minacciosa, con lo stesso alone mistico della leggendaria cantante.

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L'idea è nata a Ibiza, dove Nico viveva al tempo della sua morte. Crasneanscki è sempre stato molto interessato alla sua storia e al suo lascito, e aveva iniziato una serie di foto ispirate allla sua natura intensa e inquietante. Ma mentre iniziavano a lavorare a Killer Road i tre sono riusciti a coinvolgere un'altra icona: per puro caso Crasneanscki si ritrovò seduto di fianco all'eroina proto-punk Patti Smith su un aereo, e si ritrovò a spiegarle il progetto. Smith era da tempo una grandissima fan di Nico e fu intrigata dall'idea, così tre giorni dopo era già in studio coi Soundwalk. La figlia di Smith, la polistrumentista e artista Jesse Paris, fu a sua volta arruolata per contribuire alla musica e per recitare alcune delle poesie di Nico con sua madre.

Una versione del lavoro ha debuttato alla Biennale Di Venezia del 2013, ma dopo un paio di anni e diverse performance live, ora ne sta finalmente per uscire (il 2 settembre per Sacred Bones/Bella Union) una versione registrata. Noi abbiamo quindi telefonato a Merlie, Sadeghi e Jesse Paris Smith per parlare di questo strano disco. Potete leggerle di seguito, e acoltare "I Will Be Seven", una versione rimaneggiata e oscura di una delle ultime canzoni scritte da nico prima della sua morte nel 1988.

THUMP: Come è nato il concept dell'album? Quando avete deciso di fare qualcosa su Nico?
Simone Merli: Stephan ha vissuto per un po' a Ibiza, e quando era lì aveva pensato a dedicare un lavoro a Nico. Abbiamo iniziato registrando dei Field Recordings dell'isola. Pensavamo che usare il suono dei grilli come sottofondo armonico avrebbe reso l'idea del ciclo della vita e della morte.

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Kamran Sadeghi: AInizialmente avevamo pensato a una installazione video per la Biennale di Venezia. Dopodiché Patti è venuta in studio da noi e abbiamo iniziato a registrare, per poi iniziare a provare il live. È stato tutto molto spontaneo.

Per la maggior parte della gente Ibiza è sinonimo di club e musica dance. È interessante che invece voi abbiate registrato nell'isola dei field recordings per lavorare su un artista che non ha niente a che fare con quella cultura.
Merli: Credo l'isola sia un po' cambiata. Ha sempre avuto una club culture, ma ha anche sempre attirato molta gente creativa e gente alla ricerca di non si sa bene cosa. Ultimamente viene molto sfruttata commercialmente, si parla solo dei club, ma l'isola ha ancora un lato molto solitario, spirituale e selvaggio. Molto bello.

Avete sentito una comunione spirituale con Nico più forte a Ibiza che altrove, considerato che è lì che ha passato i suoi ultimi anni?
Sadeghi: Credo di sì, che sia stato più semplice anche grazie allo spazi, al silenzio e a tutti gli elementi che ti permettono di ricevere qualcosa che non ti arriverebbe in città. Ibiza ha molte facce, e oltre a questa energia bella, positiva e solare ce n'è anche una oscura e spaventosa che è propria di Nico stessa. Non è dato di sapere come fosse la sua vita quotidiana, ma in pubblico aveva sicuramente un'immagine molto tetra. Sembrava una persona difficile e intensa.

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Che rapporto avete con la sua musica?
Sadeghi: La amiamo, ma siamo sempre stati più ispirati dalle parole dei suoi testi. In studio abbiamo lavorato soprattutto su quelle. Sono state la scintilla dell'album. Sono molto potenti.

Jesse Paris Smith: Non ne avevo uno prima di lavorare a questo progetto. Conoscevo giusto un paio di canzoni, tipo "These Days" che avevo anche suonato live con mia madre. Lei l'ha conosciuta un po' negli anni Settanta.

È molto interessante che abbiate lavorato poco sulla sua musica e molto sulla sua personalità, sulla sua identità artistica.
Sadeghi: Non è tanto la musica in sé che ci interessava, quanto il personaggio profondamente poetico che era, e le immagini create dai suoi testi. Molti dei nostri album e delle nostre performance derivano da delle storie. Facciamo anche molti field recordings, è quasi l'ottanta percento del nostro lavoro. È importante avere una storia da raccontare per usarli bene. È altrettanto importante non rimanere fossilizzati su un unico genere, dato che facciamo molti tipi diversi di musica. Sempre elettronica ma non deep house o techno, non lavoriamo a quel modo: con ogni progetto preferiamo andare più a fondo e nell'intimo.

Jesse, in che modo hai contribuito al progetto? Qual è stata per te la parte più gratificante del lavoro?
Paris Smith: Sono state le performance: ho suonato molti strumenti diversi, che ha reso molto divertente stare sul palco. Dalle registrazioni non si capisce, ma molto del mio lavoro aveva un aspetto anche visivo. Il suono era importante, ma una grossa parte della performance era composta dall'aspetto fisico degli strumenti.

Che strumenti hai suonato?
Paris Smith: Avevo quindici campane di vetro, un synth modulare, dei piccoli metallofoni, un waterfone, che si riempie d'acqua e si suona con un violoncello, una ocean drum, delle campane koshi e non ricordo cos'altro. È stato divertente perché Stephan si occupava soprattutto dei field recordings, e il mio compito era armonizzarmi con i suoni naturali di Ibiza: onde, vento, voci, passi e suoni di biciclette.

Lavorare a questo progetto ha infleunzato il tuo rapporto con il lavoro di Nico?
Paris Smith: Leggere, sia in privato che in pubblico, le sue poesie così tante volte mi ha influenzata tantissimo. Anche discutere della sua sua storia con mia madre, e scoprire quanto a mio padre [Fred "Sonic" Smith, ndr] piacesse la sua musica. Ora, quando ascolto la sua musica, la sento in maniera molto diversa da prima.

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