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Buongiorno peccatori... con Warren Ellis

Il mestiere di uccidere

Dopo il primo dibattito delle Presidenziali americane, Obama appare improvvisamente simile a Bush. Perché?

Immagine di Marta Parszeniew

Warren Ellis è un pluripremiato autore di fumetti, romanzi e serie tv. In questa rubrica, Warren prenderà spunto da notizie recenti per trasformarle in visioni su un futuro più o meno prossimo con un livello di accuratezza che si aggira intorno al 99 percento.

Ho già raccontato questa storia, o, almeno una parte. Era il 2004, e mi trovavo a San Francisco. Stavo vicino al Presidio—un'ex area militare trasformata in parco—-in una casa recuperata da una ambasciata dismessa. Al tempo ci abitavano un uomo che gravitava nell'industria musicale e la sua partner, la dominatrice più dolce che abbia mai conosciuto. Erano amici stretti di una mia cara amica e vecchia collega, un’artista della Bay Area. Aveva sistemato tutto perché stessi con loro nelle due settimane che avrei passato nella West Coast. Mi fecero fare un giro nell’edifico, compresi i diversi piani dell'edificio: “Se vieni quaggiù nel seminterrato e vedi una scia di sangue sul pavimento, non ti impressionare. C’è un musicista, qua da qualche parte, che si ubriaca spesso.”

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Era il novembre 2004. Nella casa c’era una gran festa per la notte delle elezioni, ed ero sbalordito da quanta energia avessero tutti per quell’evento. Io me la stavo vedendo coi postumi di una sbronza colossale retaggio della nottata di Halloween al Castro, dove mi avevano dato qualcosa come mille free-drink. Più tardi scoprii che mi stavo lentamente avvicinando alla peggiore influenza conosciuta dall’uomo. Dal mio punto di vista, la gente credeva che lo scarso entusiasmo del sottoscritto fosse dovuto a un misto di brutte sensazioni e del rinomato vile cinismo britannico. (Che, a dirla tutta, è una vera cazzata. Io non sono affatto cinico. Sono realistico.)

La mia amica aveva passato l’ultima settimana ad agitare le braccia tatuate nell’aria e a strillare “John Kerry! Sarà una vittoria schiacciante! Schiacciante!" Avevo visto John Zogby, il sondaggista, dire esattamente lo stesso a Jon Stewart nel Daily Show del giorno precedente. Mi ero sistemato lì, a subire la gioia trasmessa dallo schermo nel tentativo di capire come qualcuno potesse pagarlo per predire cose più difficili dell’indovinare se il sole sarebbe sorto o meno.

John Kerry, per quei giovani lettori che non lo sapessero, è un politico che somiglia in tutto e per tutto a una versione post-rianimazione di Boris Karloff con un parrucchino di pelliccia di tasso al posto dei capelli. Distaccato e senza fascino al momento del dibattito, si era lasciato scappare ogni possibile punto, ingarbugliando la logica del discorso o inserendo così tanti dettagli da far perdere il filo a chi cercasse di seguirlo. Il Presidente Bush, al contrario, era impostato come fosse il sorridente proprietario di un ranch, mai troppo vecchio per le risate o i giochi di mano.

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Nella stanza il clima era reso ancora più eccitato da un senatore dell'Illinois, del quale più tardi fu riproposto un discorso. Quello fu il mio primo approccio a un dinamico oratore di nome Barack Obama. Più di una persona del gruppo (per la maggior parte artisti e gente del mercato del sesso, da quel poco che mi ricordo) disse che avrebbe preferito Obama come candidato. Tutto l'appeal di John Kerry risiedeva nel fatto di non essere George W. Bush. Particolare che, sotto molti aspetti, non aveva alcun senso. Erano entrambi americani aristocratici, che avevano addirittura fatto parte della stessa società segreta ai tempi dell'università. Non si stavano affrontando alla luce di un profondo impegno politico, ma per la convinzione che il mondo fosse governato da persone come loro, cosa che gli conferiva la legittimità della presidenza.

Ovviamente sapete come è finita. John Kerry fu sotterrato e George W. Bush continuò a cavalcare il mondo con quella strana camminata ritmata. Quattro anni dopo Obama si candidò contro John McCain, un uomo con la presenza e l’integrità di un vecchio Muppet dimenticato in un cassonetto per un decennio, e abbagliò gli spettatori con l’energia e l’intelligenza della sua prosa.

Vi prego di rendervi conto che le elezioni presidenziali americane sono uno dei miei sport preferiti, e siccome il loro risultato si ripercuote  sul mondo intero, chiunque farebbe bene a prestarvi un po' più di attenzione. E non è lo stesso che dire “Presidente americano di destra merda.” Per quel che mi riguarda, ritengo che tutti i Presidenti americani appartengano al centro-destra, e che anche uno che dovrebbe essere a sinistra del centrismo americano, come Obama, scenda a compromessi geopolitici discutibili tanto quanto le azioni di George W. Bush.

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Alla fine del suo mandato, Bush era visibilmente stanco. In un’intervista dichiarò che era pronto a non essere più presidente. Quale presidente tra i meno apprezzati nella storia degli Stati Uniti, e col Tea Party (scaturito in parte dalla sua firma dell'Emergency Economic Stabilization Act del 2008) che aveva iniziato a corrodere il Partito Repubblicano, Bush era desideroso di ritirarsi e vivere in pace.

Il primo dei dibattiti presidenziali del 2012 è andato in onda meno di una settimana fa, lasciandomi sgradevolmente sorpreso. Il dinamico oratore che conoscevo era sparito. Distaccato e senza fascino, colui che l'aveva rimpiazzato si era lasciato scappare ogni possibile punto, apparendo confuso o incredibilmente noioso. Anche lui sembrava stanco. L’avversario, sull’altro pulpito, rideva, mentiva e scherzava. Obama sembrava un uomo ormai pronto a non essere più presidente.

Tutto ciò mi è parso triste per molte ragioni, una delle quali è che, a questo giro, le differenze fra i candidati esistono eccome. Non sono così tante come vorrei, ma si potrebbe comunque tracciare una linea di demarcazione fra chi crede che il governo abbia un ruolo nella vita della gente e chi, approfittatore, ti venderebbe il pavimento sotto i tuoi piedi se solo vedesse il modo di farci dei soldi.

Mi sono ritrovato a pensare cosa potesse aver reso Obama e Bush apparentemente così simili, così stanchi e stremati. Voglio dire, la Presidenza non è mai un lavoro facile, ma c’era qualcosa in più, qualcosa che mi disturbava. Oggi la vedo così. Bush non era un uomo col senso dell'immaginazione. E Obama è un uomo che ha lavorato sodo per ottenere buoni risultati.

Ma il compito del moderno presidente americano è quello di lasciare una scia di sangue. Ed effettivamente, un uomo privo di immaginazione, così come uno col cervello zeppo di retorica altisonante, non è di certo il più adatto a farsi carico del peso che il mestiere di uccidere comporta.