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Politică

Il ministro Fontana vuole combattere il razzismo abolendo la legge contro il razzismo

Non solo il razzismo non esiste; secondo Fontana, è “un’arma ideologica dei globalisti e dei suoi schiavi."
Leonardo Bianchi
Rome, IT
Foto via Facebook.

Poco fa Lorenzo Fontana si è espresso sul caso di Daisy Osakue, l’atleta colpita al volto per strada a Moncalieri. Il ragionamento del Ministro della Famiglia e delle Disabilità è il seguente: siccome uno dei responsabili dell’aggressione è il figlio di un consigliere comunale del Partito Democratico, non solo il razzismo non esiste; di più: è “un’arma ideologica dei globalisti e dei suoi schiavi […] per puntare il dito contro il popolo italiano e […] far sentire la maggioranza dei cittadini in colpa […] per l’intollerabile lontananza dalla retorica del pensiero unico.”

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Pertanto, prosegue Fontana nel suo status, bisogna abrogare le leggi che puniscono i crimini d’odio, come la legge Mancino. Fontana in questo non è ovviamente solo: l’abolizione della Mancino—che è in vigore dal 1993 e non ha mai realmente scoraggiato fascisti e razzisti—è una vecchia fissa della Lega e di Matteo Salvini; e se si scorrono le cronache giudiziarie del passato, si trovano vari casi di accuse a esponenti leghisti sulla base della suddetta legge.

Sempre seguendo Fontana, se il “razzismo” non esiste (o è solo un concetto “utilizzato dal circuito mainstream contro gli italiani”), le leggi che puniscono le discriminazioni su base etnica e razziale assolvono pertanto a un’altra funzione: quella di “sponda normativa usata dai globalisti per ammantare di antifascismo il loro razzismo anti-italiano.”

Ora, al di là delle tesi di Fontana ai limiti del complottismo, che il caso di Daisy Osakue sia stato gestito in maniera disastrosa dall’opposizione—la quale ha elevato a simbolo assoluto un caso in cui serviva prudenza, e non sbrocchi istantanei con tanto di notizie imprecise ed espressioni errate (tipo “selvaggiamente picchiata da schifosi razzisti”)—è certo.

Ma Fontana qui sta compiendo un’incredibile torsione logica. Dove sta scritto che questo episodio debba trasformarsi in un lasciapassare per giustificare e coccolare l’intolleranza? E perché un caso "ambiguo" deve obliterare la totalità degli altri casi, reali e comprovati, che si sono verificati negli ultimi mesi?

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Tra l’altro, il tempismo di Fontana è davvero singolare. Le sue dichiarazioni sul “razzismo anti-italiano” e sul “pensiero unico” arrivano nel giorno in cui si sono verificate altre due aggressioni con pistole ai danni di migranti—una a Napoli, e l’altra a Vicofaro (quest’ultima al grido di “negri di merda”). Anche qui siamo di fronte al grande “inganno” globalista?

Per finire, faccio un’altra osservazione. Nel suo status, e più in generale nella sua retorica, Fontana usa termini e suggestioni presi di peso dal vocabolario dell’estrema destra—un mondo che lui, come noto, conosce molto bene. Nulla di nuovo, sia chiaro: che il linguaggio della Lega sia da tempo indistinguibile da quello del Veneto Fronte Skinheads è assodato; basti pensare all’ossessione della “sostituzione etnica” che accomuna i discorsi di Salvini e i volantini distribuiti dai nazisti col cranio rasato e i bomber.

Quello che preoccupa, invece, è che non si tratti più di teorie ai margini della scena pubblica; ma argomentazioni legittime e legittimate, ormai poste al centro del dibattito. E se in Italia abbiamo un lieve problemino di intolleranza, forse—ma forse, eh—è dovuto anche a questa involuzione linguistica, politica e culturale.

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