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Attualità

90 Special: il programma di Savino sugli anni '90 che non parla di anni '90

Troppe pacche sulle spalle tra personaggi famosi e pochi riferimenti alla cultura di un decennio di cui si vorrebbe parlare con nostalgia.
Niccolò Carradori
Florence, IT
Un frame del programma.

"La nostra missione è quella di raccontare ai millennial cosa sia stato veramente quel decennio fantastico." Così si apre la seconda puntata di 90 Special, il nuovo programma in prima serata di Italia 1 in cui Nicola Savino tenta di rimettere insieme gli anni Novanta—anche se il lasso temporale reale è quello che va dall'89 al 2002—e renderli intelligibili. Il tutto, circondato da gigantografie di Mike Bongiorno e Antonella Elia, e sigle dove scorrono le immagini di Antonio Di Pietro, Ambra Angiolini, Hulk Hogan e Costanzo.

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La struttura del programma è piuttosto semplice. Oltre a Savino (e alle coconduttrici Katia Follesa e Ivana Mrázová) sono sempre presenti in studio tre esperti fissi: Malgioglio in qualità di commentatore generico, Ruggero de I Timidi per spiegare oggetti di collezionismo e memorabilia, e Max Novaresi per dare un po' di contesto storico e raccontare aneddoti. Gli ospiti, invece, sono quelli che vengono definiti "pezzi da 90'", ovvero personaggi televisivi, musicali e sportivi particolarmente celebri in quegli anni.

Si ripercorrono le loro carriere, si cantano i tormentoni musicali e le sigle dei cartoni animati, si guardano filmati di repertorio, e si riarrangiano i vecchi giochi di varietà che hanno fatto la storia della televisione, come il toro meccanico di Buona Domenica. Il tutto mentre Michele Cucuzza è alla postazione dei social.

Diciamolo subito, così non esaltiamo troppo il gusto snob per la critica che alla lunga è noioso e banale: 90 Special non è il programma più bello del momento. Ha dei difetti evidenti, a partire dalle tante pause vuote al suo interno. Però l'idea di fondo non è male: la nostalgia è una moneta che si spende bene se trattata in un certo modo, e "i pantaloni a vita alta sono tornati di moda, i giovani ascoltano il rap, Berlusconi è candidato alle elezioni." A dirlo è stato J-Ax ieri in puntata, ma sarebbe difficile non sottoscrivere un'affermazione del genere.

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Il problema di 90 Special è che tutto è eccessivamente stilizzato. Le prime puntate hanno evidenziato come la tendenza sia quella di fare un elastico molto confuso nel tempo: si va da un cenno a un brano del '91 a un programma del '98, per poi tornare a una fiction del '94 senza contestualizzare i contenuti in una cornice minima. Al centro dovrebbero esserci i personaggi selezionati—le loro carriere, il loro ruolo all'interno della cultura pop—ma spesso questi ultimi si limitano a darsi pacche sulle spalle e ridere di vecchie gag passate. L'evocazione dei Novanta, insomma, si limita a mettere insieme sul palco delle icone e a fargli sciorinare qualche aneddoto.

Esempio pratico: nella puntata di ieri, l'intermezzo di Paolo Bonolis è consistito per il 95 percento del tempo in battute su quanto soffrisse di iperidrosi negli anni Novanta, sulle imitazioni della voce di Luca Laurenti, o aneddoti su quando Berlusconi gli chiese di fare il portavoce di Forza Italia. Il cinque percento, invece, è stato un commento alla famosa telefonata ai fratelli Capone durante Tira e Molla nel 1998, e la visione di uno spezzone di repertorio del primo Bim Bum Bam. La parte più interessante, insomma, è durata si è no tre minuti.

In realtà ci sarebbe uno scompartimento, in 90 Special, necessario a dare un po' di contesto e costume. Ma è estremamente striminzito. Novaresi e Ruggero de I Timidi sono lì appositamente per offrire agli spettatori, in ogni puntata, del nozionismo su linguaggio, vestiti, acconciature e oggettistica degli anni Novanta. Sono argomenti su cui si potrebbe fare intrattenimento per una ventina di minuti—parlandone con gli ospiti e inserendo delle battute scritte decentemente—ma in realtà tutto si limita a qualche inquadratura di un giocattolo, alla sfilata di una modella che mostra un vecchio abito, e a due foto prese dai social.

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Se prendiamo la puntata di ieri sera, poi, l'unico intermezzo comico (se si escludono le "gag" di Andrea Pucci su lui che scopa in macchina ascoltando "Hanno Ucciso l'Uomo Ragno") l'ha fatto—quasi involontariamente—un ospite in studio quando ha fatto notare che Malgioglio era vestito come Freezer di Dragon Ball.

Se una delle domande riguardo al programma, in sintesi, era "un millennial che guarda la tv può essere interessato a passare il mercoledì a vedersi 90 Special?", secondo me la risposta è no. Perché l'autocelebrazione standard non interessa a un millennial (soprattutto in un'epoca in cui tutti i filmati di repertorio che può vedere nel programma li trova direttamente su YouTube), e le parti veramente di intrattenimento sono poche.

Persino sul rap, una cosa che i millennial sembrano conoscere piuttosto bene, l'unico intervento a tema è stata una rap battle in cui Savino ha tentato un quarto in autotune facendo "skrr skrr".

Non ci voleva uno sforzo immane, in sostanza, per migliorare il programma. E lo dimostra il fatto che ci sono state anche delle parti azzeccate. Sul finale, tre esponenti della MTV Generation—Enrico Silvestrin e Kris & Kris—hanno sfidato l'Uomo Gatto a una riesumazione di Sarabanda. E l'Uomo Gatto ha vinto, richiedendo stizzito l'intervento del giudice per un errore di Silvestrin nel pronunciare "Boombastic" di Shaggy.

Oppure quando è stata fatta una cernita di fiction risalenti al boom del fantasy nella televisione italiana a inizio Novanta ed è stata tirata fuori una perla rara come Sorellina e Il Principe del Sogno, in cui Valeria Marini faceva la parte dello "spirito della fonte" vestita in lamé argentato.

Questo è il genere di dettagli e ricordi che andrebbe amplificato e integrato, perché stimola in modo non banale la nostalgia dello spettatore che i Novanta li conosce bene, e allo stesso tempo mostra a chi invece non li ha visti qualcosa di nuovo—risparmiandosi così le battute su quanto siano invecchiati i personaggi televisivi dell'epoca. Qual è stato l'impatto della MTV Generation, come erano strutturate le prime versioni di Buona Domenica con Gerry Scotti e Gabriella Carlucci prima che diventasse quella roba orrenda fatta di trenini e silicone spiaccicato nei Duemila: tutti argomenti su cui si può fare intrattenimento mainstream. Soprattutto su Mediaset, la roccaforte televisiva degli anni Novanta.

Invece buona parte del programma l'ho passata ascoltando distrattamente, mentre cercavo sul tablet le immagini dei giocattoli delle Tartarughe Ninja e pensavo a come Alessia Merz non invecchia mai.

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