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"This Is America" di Childish Gambino, visto da un ragazzo afroamericano

Nonostante ne abbia parlato letteralmente chiunque, forse l'opinione che conta è quella di chi vive ogni giorno il senso di terrore che "This Is America" esprime.

Lo scorso fine settimana Donald Glover, in arte Childish Gambino, ha pubblicato un nuovo video. Si chiama "This Is America" ed è un pezzo mezzo rappato mezzo cantato che potrebbe benissimo essere una hit di Pharrell da quanto è esplosiva. È improbabile che non lo abbiate guardato da quanto se ne è parlato, ma sappiate che il video mostra Donald che commette atti violenti in mezzo a una coreografia liquida, richiamando atti terroristici reali come la strage nella chiesa di Charleston di tre anni fa. Glover alterna momenti di irregolarità corporale e liscissimi passi di danza. Spara un colpo nella nuca a un uomo e si mette a ballare il gwara gwara, un ballo sudafricano già omaggiato da Rihanna durante l'ultima cerimonia dei Grammy. Sullo sfondo, studenti di colore ballano nelle loro uniformi. Il suo viso è tanto espressivo quanto la coreografia: un attimo è il ragazzino di periferia un po' maldestro che recita in Community, l'attimo dopo diventa un serial killer barbuto e pettoruto. È un uomo nero impazzito, ma non di rabbia. Letteralmente impazzito.

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In quel video ho rivisto le mie battaglie per la mia salute mentale, quei problemi che non credo di avere ereditato ma che credo mi siano stati in un certo senso imposti dal razzismo che ho subito lungo il corso della mia vita. Non credo sia possibile vedere tante persone nere morire o venire maltrattate quante ne ho viste io e non sviluppare una forma d'ansia—o, nel mio caso, un disordine ossessivo-compulsivo. A tutto questo si aggiunge la povertà in cui ho vissuto, l'assenza di una vera casa e della certezza di avere qualcosa da mangiare ogni sera. Spesso penso che il mio superamento di quelle condizioni dimostri che sono vivo, che non sono stato intorpidito dalle pressioni sociali che mi volevano rendere solo un'entità da dominare.

Nonostante questo, amo essere nero. Mi è difficile immaginare una vita priva di alti e bassi di gioia e dolore. Essere neri in America è un'esperienza surreale. È facile che qualcuno mi ammazzi o mi faccia male per il colore della mia pelle, ma sono anche orgoglioso di essere parte del popolo che ha creato la trap e la poesia di Nikki Giovanni. Credo, in quanto nero, che la "nerezza" sia uno stato di costante estremizzazione. Oscilla tra malinconia, furia, gioia, morte, creazione, mettendo a rischio la possibilità di avere una salute mentale impeccabile.

Mi sono sentito spesso un fallito a causa dei sentimenti che provo. Dico cose cattive e ciniche quando mi sento in trappola. Mi arrabbio facilmente e tendo a non perdonare chi mi fa un torto. Sono nevrotico e mi sento spesso una cattiva influenza sulle persone che ho attorno. Non mi sento sempre la realizzazione dei sogni dei miei antenati, ma anche la proiezione dei loro più grandi rimpianti. Essere neri porta con se un desiderio latente di pace, la voglia di impersonare uno stereotipo di gioia tipicamente africana, tutta sorrisoni bianchi e indole allegra. Questo nonostante la propria realtà sia profondamente diversa, e magari con il benessere dei bianchi in testa. O anche degli altri neri, magari impegnati in loro personali recite con l'obiettivo di nascondere i traumi causati dal rapporto tra il colore della loro pelle e la nazione in cui si trovano.

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È stato catartico, per me, vedere Donald Glover impersonare una persona nera malata, nociva, tossica. Vederlo compiere atti atroci mentre il suo viso e il suo corpo si contorcevano, come se stesse cercando di stabilizzarsi. Nel video, una figura paterna prende in mano una chitarra e comincia a suonarla. Glover balla, e poi distrugge la bellezza di quel momento con un colpo di pistola. Poi va in chiesa, comincia a trovare "lo spirito" che tutti ti promettono ti porterà al nirvana, e rovina tutto con una raffica di mitra. Si accende una canna, sperando che le droghe gli diano il senso di pace che cerca. E finisce a fuggire sia dal caos che ha creato che dal senso di terrore che ha provato fin dalla nascita, causato dalla sua razza.

Mi sono rivisto in quella persona spregevole e instabile. Quando un bianco commette le atrocità che Donald Glover ha ricreato, le reazioni sono praticamente due: i bianchi parlano di terrorismo come conseguenza di problemi di salute mentale, i neri di terrorismo razzista. "This Is America" permette allo spettatore nero di approcciarsi a un'instabilità recitata in cui può rivedersi, che può spiegare, da cui può sentirsi disturbato—non solo per la sua brutalità, ma per la sua accuratezza.

Non volevo vedere persone di colore subire violenza, ma mi è stato messo di fronte quello che succede quando un uomo di colore cisgender—come io e Donald Glover siamo—punta sul sogno americano ("Uomo nero, fa' soldi!"). Implodiamo e distruggiamo tutto quello che abbiamo attorno mentre la generazione che ci succederà segue ogni nostra mossa.

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L'idea di creare immagini di morti di colore—in un'epoca in cui le morti di colore reali diventano virali con facilità, sia per le violenze delle autorità che per quelle perpetrate all'interno dei nuclei affettivi—è stato un gesto irresponsabile da parte di Glover, ma non irrilevante. Il video di "This Is America" è sia avventato, esplosivo, ma anche potente e trasformativo per lo spettatore. All'arte nera è permesso raramente di essere nichilista. Di solito è moralmente corretta, si concentra su un senso di guarigione. Segue, in poche parole, la missione stabilita dal Gospel. Glover ha voluto trasgredire a questa regola non scritta, ha aperto uno spazio per artisti neri che non hanno risposte morali ai problemi che li attanagliano e non hanno buone parole da spendere sulla questione.

L'opera d'arte non svolge la sua funzione quando non riesce a svolgere la funzione che l'artista aveva immaginato per essa. L'arte non deve guarire o sollevare; se lo fa, è solo perché l'artista di turno ha voluto compiere una gentilezza nei confronti del fruitore. Glover ci ha offerto ciò che l'arte nera più popolare riesce raramente a creare, cioè delle immagini forti prive di dichiarazioni d'intento e intenzionalità. Ci ha dato la libertà di decidere se il video di "This Is America" sia una medicina o un veleno. Ha spiegato che la comunità nera non è monolitica; ciò che per una persona può essere catarsi può essere un trauma per un'altra. E questo è estremamente americano.

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