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Illustrazione di Xavier Lalanne-Tauzia

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Musica

1978, l'anno in cui nacque il pop punk

Quarant'anni fa Buzzcocks, Ramones, Undertones e tante altre band hanno guidato una ribellione contro il punk stesso.

Nel 1978, il punk era nel mezzo di una crisi d'identità. A gennaio i Sex Pistols erano implosi durante un tour americano, lasciando il punk orfano della sua band più popolare. Il mainstream americano non aveva abbracciato il punk dopo l'eruzione del 1977, nonostante la spinta di marketing delle etichette discografiche che si erano aggiudicate Pistols, Clash, Ramones e tanti altri gruppi punk dalle voci nasali e chitarre distorte. Il punk era fiorito anche fuori dall'underground nel Regno Unito, ma nel '78 la scena si stava già frammentando grazie a un flusso di nuove band – alcune con ambizioni commerciali, altre semplicemente stimolate dalla teoria del DIY – e a una rapida mutazione del suono punk stesso.

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John Lydon dei Pistols formò un nuovo gruppo, i Public Image Ltd., e, contemporaneamente ad altri pionieri del post-punk come Joy Division e Wire, si mise a sperimentare con il DNA del punk, tagliandolo con qualunque cosa gli venisse in mente, dall'art-rock ai sintetizzatori, dal noise al dub. Dalla parte opposta, grevi formazioni Oi! come gli Sham 69 e collettivi anarcho-punk senza compromessi come i Crass nel '78 pubblicarono i loro album di debutto, proponendosi di ridefinire il punk a modo loro. Così il punk si contraeva, si espandeva e si auto-decostruiva in quell'anno glorioso, mentre un sottogenere più discreto si introduceva umilmente nella mischia. Nonostante non si sia distinto come entità separata fino a qualche tempo dopo, il pop-punk si formò senza dubbio nel 1978.

“Il punk è in declino, è morto!" dichiarava il frontman dei Buzzcocks, Pete Shelley, nel maggio del '78, come riporta il libro di Tony McGartland Buzzcocks: The Complete History. La frase si trova in un'intervista sul suo gruppo, il che la rende un po' poco credibile visto che i Buzzcocks erano un gruppo punk e se la stavano cavando piuttosto bene. Un anno prima avevano pubblicato il primo disco autoprodotto della storia del Regno Unito, un EP intitolato Spiral Scratch, e da quel momento erano finiti su tutte le classifiche e su tutti gli schermi TV. Non è difficile capire il perché. Mentre i Sex Pistols ringhiavano e i Clash recitavano i loro sermoni, i Buzzcocks cantavano d'amore. I loro primi due album, Another Music in a Different Kitchen e Love Bites—entrambi usciti nel ’78—erano veloci e potenti come quelli dei loro contemporanei. Tuttavia, invece di trattare i temi preferiti dai punk, quelli della violenza e della politica, brani come “Fiction Romance”, “I Don’t Mind”, “Ever Fallen in Love with Someone (You Shouldn’t’ve)” e “Just Lust” si ispiravano alla confusione ormonale e all'angoscia dei giovani adulti.

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La voce acuta e melodica di Shelley distava anni luce dall'acidità di Lydon o da quella roca di Joe Strummer dei Clash. I punk ai tempi usavano condannare l'aristocrazia rock degli anni passati, ma quando Shelley prese per la prima volta in mano una chitarra a quindici anni il suo istinto lo portò a imparare il canzoniere dei Beatles – e questa ispirazione spiccava negli inni all'angoscia adolescenziale dei Buzzcocks. Non si distanziava molto dai Ramones, il cui primo album del 1976 è stato un esempio per tutto il pop-punk. Ma anche quando scrivevano canzoni d'amore, i Ramones amavano arricchirle di riferimenti sanguinolenti da film horror e attitudine da teppista di strada. Il dolore è una componente fondamentale del punk – ma invece di cantare di come procurarlo, Shelley si dipingeva vulnerabile, dalla parte di chi lo subiva.

I Buzzcocks non erano gli unici punk nel 1978 a non provare vergogna per il proprio amore per i Beatles – né a esprimerlo in musica. In un'intervista con il New York Rocker quell'anno, Billy Idol dei Generation X confessava: "Quando avevo sette anni ritagliavo tutte le foto dei Beatles dai giornaletti. Penso che sia un modo per avvicinarsi al pubblico." Con questa frase voleva difendere il suo diritto di apparire in svariati giornaletti britannici dopo l'uscita dell'album omonimo dei Generation X, pubblicato in marzo '78. Da "Ready Steady Go" a "Youth Youth Youth", l'album sprizzava arroganza postpuberale e ritornelli irresistibili – una celebrazione dell'essere giovani, arrapati, arrabbiati, affamati e pieni di meraviglia. Non includeva una fedele e reverenziale cover dei Beatles, che i punk avrebbero snobbato; andava addirittura oltre, includendo una fedele e reverenziale cover di una canzone solista di John Lennon, “Gimme Some Truth".

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Evidentemente, i Generation X non stavano cercando di distruggere lo status quo del rock come il punk sosteneva di voler fare. “No Elvis, Beatles, or the Rolling Stones / in 1977”, cantavano i Clash in “1977”. Ma in “Ready Steady Go”, Idol cantava: “I was in love with the Beatles / I was in love with the Stones / I was in love with Bobby Dylan / Because I’m in love with rock ’n’ roll”. E con questo, un altro pezzo del puzzle pop-punk si collocava al proprio posto: un aperto rispetto per la tradizione e l'arte della scrittura pop invece di un rifiuto un tanto al chilo, spesso ipocrita, di tutto ciò che era venuto prima. "Penso che dobbiamo formare una nostra cultura, la cultura di oggi, e penso che cose come il punk rock stiano aiutando in tal senso", dichiarava Idol al New York Rocker. “Ma lo colleghiamo pur sempre a qualcosa del passato".

Lo spirito ribelle del punk negli anni Settanta, per quanto ce ne fosse bisogno, aveva un lato negativo. Anche quando usciva dalle bocche di giovani pelle e ossa come Lydon o Strummer, il punk era comunque pieno della stessa arroganza macho del rock. Il punk era musica mascolina, fatta quasi interamente da uomini, e sfogava rabbia maschia con violenza e indignazione. In quel senso, non era troppo diversa da molta della cultura rock che sosteneva di voler rovesciare. Il pop-punk mostrava una nuova strada, e nella classe del '78 i più sovversivi erano gli Undertones. Formatosi a Derry, Irlanda del Nord, il gruppo era cresciuto durante l'epoca del conflitto civile irlandese conosciuto col nome di Troubles. A Dublino, gli Stiff Little Fingers cantavano molto della violenza e della tragedia dei Troubles, ma gli Undertones presero un'approccio opposto. Il loro primo singolo del 1978, “Teenages Kicks”, non era soltanto uno dei più letali pezzi bubblegum punk mai scritti, ma sfoggiava anche un netto rifiuto di abbandonarsi a battimenti di petto o sermoni che ci si aspettava da una band punk Nord Irlandese a quei tempi.

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“Le canzoni sono molto più personali rispetto a commentare una situazione generale come i Troubles", dichiarava il chitarrista e songwriter principale degli Undertones John O'Neill in un'intervista con il Melody Maker nel 1978. E infatti “Teenage Kicks” era un'opera di puro cuore, scaldata dalla tremolante voce tenorile del cantante Feargal Sharkey. Le chitarre erano ruvide quanto quelle degli Sham 69, ma il contrasto tra la crudezza del punk e la sensibilità del pop rendeva "Teenage Kicks" un classico pop-punk tra i più forti e d'impatto. Gli Undertones, dall'apparenza goffa, con i maglioni di lana e i capelli da scolaretti, non aderivano allo stile punk da stereotipo. "Non è tanto stare via da casa il problema", O'Neill rispondeva al Melody Maker che chiedeva come mai al gruppo non piacesse andare in tour. "È stare lontani dalle nostre fidanzate".

I gruppi pop-punk del 1978 non erano necessariamente apolitici, né avevano paura di offendere potenziali fan prendendo posizioni particolari. Quell'anno, sia i Buzzcocks che i Generation X hanno suonato al Rock Against Racism, una serie di concerti di alto profilo organizzati per contrastare l'ascesa del nazionalismo bianco all'interno della scena punk e in tutto il Regno Unito in generale. La polemica non veniva particolarmente naturale alla maggior parte dei pop-punk, perlomeno non quando si trattava di fare musica. Come spiegava Idol al New York Rocker, “Non penso che tu possa essere come un partito politico e allo stesso tempo essere un gruppo rock and roll". È una dichiarazione discutibile, ma dà un'idea di quanto i gruppi pop-punk non volessero lanciare slogan.

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Buzzcocks, Generation X, e Undertones erano senza dubbio pop-punk secondo la definizione odierna del termine, ma nel 1978 la distinzione non era così netta. Molti gruppi punk dell'epoca non disdegnavano una o due canzoni pop – a volte ironicamente, altre sul serio. I Damned hanno coverizzato "Help!" dei Beatles, mentre l'apologista pop dei Clash, Mick Jones, ha scritto la solare canzone d'amore “1-2 Crush on You”. Allo stesso modo, i Vibrators avevano “Sweet Sweet Heart” e i Jam svoltavano verso il romanticismo con “I Need You (For Someone)”. Gruppi come i Rezillos e i Lurkers si avvicinavano addirittura di più all'area pop punk pur rimanendo molto punk. Due delle loro canzoni uscite nel 1978—“(My Baby Does) Good Sculptures” da Can’t Stand the Rezillos e “Jenny” da Fulham Fallout dei Lurkers—cullavano melodie amorose mentre scalciavano con piglio punk.

Molti dei fiorenti gruppi pop-punk nel 1978 sconfinavano nel power-pop, un genere parallelamente in crescita al tempo. Ma il power-pop era iniziato prima ed era un fenomeno più americano, con band di metà anni Settanta come i Nerves di Los Angeles o i Milk 'n' Cookies di New York, che scrivevano tormentoni minimalisti che si rifacevano all'età dell'oro del rock'n'roll anni Cinquanta e Sessanta. Gli Stati Uniti avevano ancora i Ramones, fondatori del pop-punk, e il loro album del 1978 Road To Ruin continuava a dimostrarlo allontanandosi dal suono più ruvido dei loro primi tre full-length. “Questioningly” era una ballata disperata e scintillante, e "Don't Come Close" rimpiazzava l'assalto degli ampli a 11 con trilli di chitarra.

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Ma un'altra band americana nel frattempo ha dato l'assalto al trono del pop-punk. I Dickies, provenienti dalla San Fernando Valley, hanno pubblicato il loro primo album The Incredible Shrinking Dickies quello stesso anno. Come i Rezillos dall'altra parte del mondo, i Dickies erano ossessionati dalla cultura pop e dall'assurdismo più che dall'amore e dal romanticismo. The Incredible Shrinking Dickies contiene canzoni buffe e bizzarre come “Walk Like an Egg” e “You Drive Me Ape (You Big Gorilla)”, dotate di ritornelli al fulmicotone e una voce provocatoria ma leggera. I Dickies chiamano il proprio stile, scherzando, “easy listening punk” in un'intervista su Sounds nel 1978. Ma, col senno di poi, era puro pop-punk e gettava luce su un altro lato di questo sottogenere: un lato spastico, non-romantico, totalmente nerd. Si stagliavano nettamente e coraggiosamente tra i loro contemporanei della scena punk di LA come Black Flag, Circle Jerks e Germs, che sono andati invece a ingrossare la marea crescente dell'hardcore.

Non molto distante da casa dei Dickies, a Manhattan Beach una band punk sconosciuta stava provando il materiale che sarebbe andato a comporre il suo primo disco nel 1979. Si trattava di un singolo autoprodotto contenente “Ride the Wild”, una canzone irresistibile che faceva già intuire la grandezza che le sarebbe seguita. Si chiamavano Descendents e sono diventati i fari del pop-punk nel corso degli anni Ottanta, quando la scena punk era dominata dall'hardcore, riuscendo a costruire un ponte tra le due cose. Il pop-punk è stato finalmente in grado di rompere le maglie del mainstream in maniera significativa grazie perlopiù ai Green Day e al loro album del 1994 Dookie—e il suono dei Buzzcocks e degli Undertones è tornato a galla, specialmente tra i compagni di etichetta dei Green Day su Lookout! Records: Queers, Screeching Weasel e Mr. T Experience. Verso la fine del millennio, una pletora di gruppi che va dai Teenage Bottlerocket agli Ergs! aveva assorbito e riflesso questa amalgama di pop-punk vintage tra USA e UK, aggiornandola alle turbe sessuali e sociali—e nel caso dei Green Day, anche politiche—degli adolescenti del nuovo millennio.

Anche durante la sua fase formativa del 1978, il pop-punk non era semplicemente una versione più leggera e digeribile del punk. Era altrettanto ribelle, solo che si ribellava contro il punk stesso: il suo nichilismo, la sua posa da cattivi ragazzi, il suo disdegno per la melodia, lo sminuimento dei sentimenti e, soprattutto, il suo prendersi troppo sul serio. In un certo senso, il pop-punk è stato una forma di post-punk—non sperimentale né avanguardista, ma abbastanza coraggioso da esprimere innocenza, frivolezza, romanticismo e divertimento. Alcuni pop-punk erano studenti d'arte; altri erano ragazzi di strada. Alcuni volevano diventare rock star mentre altri volevano andare a casa presto. Ciò che univa questi involontari pionieri era il desiderio di vedere il punk crescere e superare la sua ristrettezza e auto-negazione per raggiungere uno stato più universale. E, naturalmente, di cantare qualche bella canzone d'amore nel frattempo. "L'unica cosa che ho contro il punk è questa idea della mancanza di emozioni", ha detto Billy Idol nel 1978, secondo il libro di George Gimarc Punk Diary: 1970-1979. “La musica dovrebbe essere piena di emozioni". Nel '78, il pop-punk è riuscito a trionfare proprio in questo.

Jason Heller è l'autore del libro Strange Stars: David Bowie, Pop Music, and the Decade Sci-Fi Exploded. È su Twitter.

La versione originale di questo articolo è stata pubblicata da Noisey USA.

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