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Musica

Manu Chao: L'ultimo vero rivoluzionario

Storia di uno che non è sceso a compromessi: mentre i finti punk fanno le pubblicità del burro, lui ancora si batte contro gli OGM.

Manu Chao è come il vin brulé: ti ricordi della sua esistenza alla festa del Partito e qualche volta mentre sei in vacanza al mare o a Camden Town. Diciamo che il caro Chao, ragazzo di origini ispaniche nato in Francia, è stato un po' dimenticato da tutti quelli che hanno sostituito le espadrillas con delle scarpe normali, e forse è pure fisiologico, tuttavia riesce ancora a fare concerti sold-out e c'è ancora una bella fetta di pubblico (una fetta organica, senza glutine e derivati animali) che lo ascolta.

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Ma qualcuno si è mai chiesto chi sia davvero il misterioso Manu Chao—a parte il nome su due CD nella macchina dei tuoi e di qualche documentario di National Geographic? Diciassette anni fa MC era un chitarrista vagabondo di gruppi anti-establishment che, con un paio di mosse azzeccate, era riuscito a far pendere tutti dalle sue Manu-labbra. Al climax della sua popolarità, ha pubblicato il famoso album Clandestino: un capolavoro appassionato e conscious-fricchettone con alcune hit che sono subito entrate nel cuore di tutti quelli che indossavano calzoni di iuta, ma non solo.

Chris Blackwell, il tizio che fondò la Island Records, scritturò Bob Marley e creò un vero e proprio impero del reggae, scritturò a un certo punto pure Manu Chao, sottolineando il fatto che Manu è stato il secondo musicista "global" più importante, dopo Marley. Clandestino infatti vendette milioni di copie e diventò la colonna sonora inevitabile di tutti gli studenti in inter-rail. Manu era a buon diritto l'eroe dei fricchettoni.

Ultimamente, Manu è sicuramente più silenzioso, ma continua ad ammaliare il pubblico in giro per il mondo, comparendo qua e là. A dicembre era in Argentina, per un concerto a Cordoba contro il gigante chimico Monsanto—una compagnia accusata di contaminare le acque del luogo con orrende conseguenze. Da poco, ha annunciato un tour in Colombia, concerti a Bogota e in altri luoghi, per protestare contro cereali OGM, abusi sugli animali, violenza domestica ed altre cause nobili a cui lui pensa e voi no.

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Sono passati alcuni anni dal momento in cui Manu Chao era sotto i riflettori, ed altri ribelli della sua età (ha 53 anni) hanno accettato di abbassare la testa per qualche dollaro in più: il fu Johnny Rotten fa la pubblicità del burro, Iggy Pop oramai è il testimonial preferito delle compagnie assicurative.

L'autore di questo articolo e Manu, in un bar a Brooklyn.

Una volta il suo manager mi ha raccontato che quando, un paio di anni fa, una banca ha offerto un milione di dollari a Manu per utilizzare la sua musica per una pubblicità, ha rifiutato l'offerta. Di lui avevo sentito un sacco di altre storie simili, quindi non mi è riuscito difficile crederci. Il tizio della banca ha anche tentato di dire che avrebbe firmato un assegno indirizzato a qualsiasi associazione benefica che Manu avesse nominato, ma lui lo stesso si rifiutò.

Questo tipo di comportamento è quello che ha fatto descrivere Manu Chao come "L'ultimo spirito libero" nell'industria musicale. Quello che si voleva inquadrare con questa definizione era che Manu non ha mai accettato alcuno sponsor, fa dischi e concerti quando e come vuole, si permette di rifiutare offerte milionarie e raramente sta fermo per più di due settimane. Alcuni considerano il suo stile di vita pieno di ideali e integrità, altri lo considerano un cretino per gli stessi motivi. Se la si vuole pensare cinicamente, si può dire che forse Manu Chao si comporta così perché la sua immagine verrebbe danneggiata se lui cedesse su qualche aspetto, dato che è un dato di fatto che i suoi fan lo amano perché è una delle pochissime superstar radicali rimaste.

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Per esempio, a Manu non piace pianificare il proprio futuro. Dice che non sa nemmeno lui come si sentirà nel giro di tre mesi. Questo tipo di comportamento è proprio ciò che fa impazzire chi lavora con lui, il suo manager e il suo agente, per esempio. Ciononostante, il suo approccio solido e integralista al business della musica lo ha ripagato, sulla lunga distanza.

Gli hanno detto che la sua storica band Mano Negra (per molti, la rock band più importante del panorama francese, il cui nome era il calco di quello di un gruppo anarchico spagnolo) avrebbe dovuto fare un tour negli States, che era l'unico modo per diffondere la loro musica a livello globale. Andarono quindi in tour come supporting act del suo allora-eroe Iggy Pop, ma la band iniziò a detestare ancora più a fondo il regime d'affari statunitense. È anche vero che loro erano abituati a suonare nei peggiori quartieri di Parigi, in centri multietnici in cui molte altre band non avrebbero nemmeno osato metter piede e in cui il pubblico era veramente presente (a volte anche con incontenibili invasioni di palco).

Un sacco di gente è d'accordo con il manager dei Mano Negra Bernard Batzen, che sostiene che, se la promozione dell'album fosse stata gestita un po' meglio, i ragazzi sarebbero diventati dei BIG del calibro di U2 o Coldplay. Certo, se lo fossero diventati, la storia di Manu Chao non sarebbe stata così interessante.

Invece di scendere a compromessi, la band si lanciò in missioni estreme tipo un tour di quattro mesi in giro per l'America Latina oppure un'avventura fianco a fianco coi guerriglieri colombiani nel 1992 (descritta, ai tempi, come "non tanto un tour rock'n'roll quanto una campagna suicida come quella di Napoleone in Russia") in cui riempirono un treno con clown, tatuatori, un drago sputafuoco di nome Roberto e riuscirono, non si sa come, a non venir sequestrati da cartelli di trafficanti di droghe.

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In questo modo raccolsero un sacco di fan in Sud America, dove ancora sono considerati figure mitologiche e la loro influenza è fondamentale per milioni di rock band. Quando, ospiti in una TV argentina, vennero interrogati circa il significato del termine "anarchia", spaccarono lo studio, ed ecco che erano famosi (un po' come successe ai Sex Pistols che iniziarono a dire una serie di stronzate in diretta TV e si meritarono che tutti i giornali, il giorno dopo, li catalogassero come "sporcaccioni").

Solo che i Mano Negra si sciolsero, purtroppo, prima che uscisse il loro successone Casa Babylon. Il gruppo era strutturato, c'è bisogno di dirlo, come una democrazia, ma Manu era il cantante, quello che scriveva i pezzi e il centro nevralgico visionario della band, e a un certo punto questa disparità iniziò a pesare. Gli altri membri del gruppo si ribellarono a Manu e quando si rifiutarono di lasciargli utilizzare il nome Mano Negra per altri progetti, le cose tracollarono irreversibilmente.

Manu, convinto che la propria carriera fosse finita, passò tre anni sabbatici girando per il mondo, vagando dal Sud America all'Africa Occidentale, sempre sull'orlo della depressione. "Una mucca mi ha salvato la vita," mi ha raccontato, spiegandomi che era davvero stato colpito dalla compassione che aveva letto negli occhi dell'animale una volta che si trovava a Rio, sull'orlo del suicidio. Non parliamo poi di quanto tempo Manu abbia passato in giro per le praterie messicane sotto effetto di peyote.

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Il suo rapporto con il Sud America diventò via via più profondo, tanto che Manu iniziò a valutare modi per supportare, con la sua musica, popolazioni che subivano ingiustizie. Decise così di usare il microfono per dare voce alle cause che non sarebbero riuscite ad emergere altrimenti. In quel momento iniziò la carriera solista di Manu Chao, che diede alla luce Clandestino ed altri tre album, e fece il giro del mondo.

Chiaramente una personalità del genere è piena di contraddizioni. Manu parla di soldi come del diavolo e racconta che preferisce dormire sul pavimento di un amico piuttosto che soggiornare in hotel lussuosi, ma allo stesso tempo si rende conto che ha bisogno di un cuscinetto economico che gli permetta di mandare a fanculo bancari o altri pezzi grossi che gli offrono un sacco di soldi per "compromettere" il suo lavoro. Oltretutto senza quei soldi non potrebbe permettersi di girare per il mondo e di supportare le realtà che hanno bisogno del suo aiuto.

Alcuni lo colpevolizzano per questo. Il manager di Amadou e Mariam era incazzato nero quando Manu arrivò in Mali completamente al verde, chiedendogli di pagargli ogni spesa. L'arrabbiatura, però, durò poco, dato che questa coppia di non-vedenti ultracinquantenni raggiunse le top ten di ogni classifica europea, e il loro debut album Dimanche A Bamako vendette mezzo milione di copie. Se Manu non avesse creduto in quel progetto molto probabilmente nessun altro lo avrebbe fatto.

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Manu diffida di chi è in cerca di fama, che dice essere la droga più pericolosa, e va fuori di testa quando sente che, se lo riconoscono in giro, iniziano a trattarlo diversamente. Chiaramente, però, un po' di ego ti serve per affrontare un palcoscenico e 100.000 spettatori. Solo che Manu utilizza la fama per rimpolpare la sua programmazione di attività umanitarie.

In realtà, essere un uomo libero forse non è sempre figo come ci si aspetta. Manu sostiene, anche tramite le sue canzoni, che né un luogo né una donna possono intrappolarlo, ma a volte viaggiare da soli non è così piacevole. Una sua ex fidanzata mi ha raccontato che la loro relazione era basata per il 90% su conversazioni Skype. Suo figlio è frutto di una relazione con una ragazza brasiliana che vede un paio di mesi all'anno. Non sembra che Manu permetta agli altri di stargli troppo vicini. Ho viaggiato parecchio insieme a lui, siamo stati in un campo profughi nel Sahara, in Messico, abbiamo passato ogni tipo di vicissitudine, da concerti cancellati a problemi con i trafficanti di droghe, fino a una settimana in un manicomio in Argentina. Mi sono ubriacato con lui nei peggiori bar di Barcelona e New York, ma più mi avvicinavo a lui più sentivo che lui si preoccupava che mi stessi avvicinando troppo.

Quando, una volta, l'ho beccato dopo un concerto in Brasile dopo un casino di tempo che non ci vedevamo, mi salutò dicendomi: "Che cazzo ci fai tu qui?!" Ho anche tentato di fare un film su di lui, ma il ragazzo sembra refrattario. Gli piace starsene a cazzi suoi. Anche se sono un suo amico, per me Manu rimane un enigma—mantiene quell'aura impenetrabile e sacrale del genio solitario, uno che sembra muoversi secondo piani di coscienza quasi trascendenti.

Chiaramente quest'aria da santone è una roba che non sta più né in cielo né in terra per come vanno le cose adesso, è completamente inattuale e questo lo rende un minchione agli occhi di alcuni, mentre per altri lo riempie di fascino. Una delle canzoni che secondo me parlano meglio di lui è "Desaparecido," la sua unica traccia autobiografica, che racconta che "quando lo cercano, lui non c'è / quando lo trovano, è da un'altra parte". In effetti ero stato avvisato.

Clandestino: In Search of Manu Chao è il libro diPeter Culshaw, per ora è stato pubblicato in Regno Unito, ma forse verrà edito anche in altri paesi.