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Musica

Abbiamo fatto analizzare i testi rap italiani a un professore di letteratura

E il suo preferito senza dubbio è Er Chicoria.
Mattia Costioli
Milan, IT
prof

Il rap italiano sta vivendo un periodo di grande successo: tutti, dai ragazzini alle case discografiche alla fetta di intrattenimento televisivo dei talent, si sono resi conto della portata, non più solo commerciale, ma più largamente culturale di questo sistema semantico. Tutti sembrano voler cavalcare la buona onda dei rapper, dalle tribune politiche alla stampa di settore, tanto che ci ritroviamo il signor Fedez in copertina di riviste RUOCK e un florilegio di rapper nei festival indie.

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Ovviamente il prezzo di questa esplosione di interesse è un notevole livellamento verso il basso e una confusione generale della direzione che il rap debba prendere per mantenersi radicale anche ora che è un bene di lusso.

Siccome sono ancora convinto che la vera cifra ontologica del rap sia quella poetica, non quella mediatica, ho deciso di tornare alle radici e sottoporre i testi di alcuni rapper al Professor Ghidinelli, docente di Letteratura Contemporanea presso l'Università degli Studi di Milano. Forse se chi tratta di musica utilizzasse un po' meno il termine bomba e un po' più enucleazione, non avremmo bisogno di farci insegnare cos'è il vero rap da un Professore.

Ho deciso di inviare al Professor Ghidinelli testi di rapper di forma eterogenea (In The Panchine, Kaos, Marracash e Dargen D'Amico), certo, avrei potuto anche sottoporgli testi più estremi, ma gli avrei inflitto una sofferenza che non meritava.

IN THE PANCHINE - DEADLY COMBINATION

In realtà mi sembrano tutti brani diversi e, per quello che capisco, rientrano in generi o sottogeneri diversi del discorso hip-hop. Ci sono alcuni aspetti molto interessanti nel brano del Truceklan, sia per quando riguarda il mistilinguismo che lo caratterizza, sia per un procedere sussultorio e mobilissimo della struttura enunciativa. All'interno del discorso di ciascuno dei membri della crew che si alternano c'è un continuo spostamento dell'immagine di destinatario. Questa mi sembra una cosa molto interessante dal punto di vista delle caratteristiche del testo che, dopo un'apertura rituale con un'allocuzione ad un Tu generico dell'ascoltatore, ruota in direzione di un dialogo più interno al gruppo, o ad altre situazioni circostanti.

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C'è un piccolo salto in una dimensione più narrativa, evocata in modo molto sintentico sfruttando una scena che ha il compito di evocare un'atmosfera, più che raccontare un preciso svolgimento dei fatti. Poi di nuovo c'è un appello a qualcuno, ancora abbastanza generico, a cui segue una micro narrazione che rappresenta forse uno dei passaggi più carini:

In the Audi, too fast for polizia
Show me paletta I disappear Santamaria

La trascrizione forse non è precisa, però questo passaggio è bellissimo, perché c'è una rapidissima enucleazione di un elemento narrativo, quindi il soggetto, colui che parla, si sposta dall'io narrante all'io narrato: è come se assistessimo alla battuta dall'interno della scena. Nel distico successivo la scena si riconfigura nuovamente e questo è ciò che caratterizza questa prima sequenza, ma in realtà è uno schema analogo anche per le strofe degli altri interpreti, seppur con qualche differenza.

Questa continua oscillazione è una situazione che dà luogo ad una testualità molto diversa da quella presente in un qualunque testo scritto, dove di norma la situazione enunciativa è configurata in modo più stabile, ma allo stesso tempo la struttura della coerenza di questo prodotto è diversa anche dal discorso orale. Il processo, in parte, ricorda quello raccontato da Erving Goffman nella sua analisi della postura enunciativa quando ci si trova all'interno di scene di conversazione o monologhi che prevedono la presenza di più destinatari: Goffman lo chiama footing, e sostanzialmente è una tecnica che riconfigura di volta in volta la scena ideale del discorso. Il risultato di questo processo è un effetto di commutazione di codice dal punto di vista delle modalità enunciative che ricorda i continui procedimenti di cambio di codice dal punto di vista linguistico. Diciamo che l'elemento di specificità di questo testo credo sia il mistilinguismo, che va ben oltre l'inserimento di singoli termini o neologismi, ma diventa una vera mescolanza di romanesco, inglese e altre lingue assonanti per l'orecchio di chi ascolta.

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Ciò che si differenzia un po' dal resto è la strofa di questo 'Chico'. Partiamo dal presupposto che io ho guardato più che altro questo pezzo, ma la formula preponderante mi sembra appunto questa danza continua della voce, della postura del discorso, che in generale è anche un tratto caratteristico del monologo hip-hop. In quest'ottica la strofa di Chicoria si differenzia dalle altre per una natura spiccatamente narrativa. Dal punto di vista del modo del discorso è più stabile, perché è tutta narrativa, ma anche qui c'è una tendenza a seguire il tutto con una dinamica molto segmentata.

La prima sequenza narrativa nella strofa di Chicoria comincia con l'evocazione di un'atmosfera, sfruttando il riferimento ad Amore Tossico e allo spacciatore Mariuccio per manifestare tutta una serie di situazioni legate a Roma e all'abuso di stupefacenti. Pur mancando una vera coesione sintattica tra i singoli versi, quello che segue serve a tematizzare ciò a cui il film fa da sfondo: gli anni Settanta e la droga. Lo stesso riferimento alla rapina pe' ventimila pone una distanza narrativa tra la voce narrante e ciò che sta per essere raccontato. Pistole puntate non le far sparare, che sembra una sorta di massima comportamentale citata, una legge non scritta che chi sta in quel mondo sa di dover rispettare. La situazione viene propriamente narrata, in quella che è l'evocazione di un ricordo, e si completa nel momento in cui la pistola è puntata alla tempia. Dalla barra, o verso, successiva invece c'è uno scarto temporale, con un salto al presente in cui l'io narrante si trova in quest'angolo all'interno di una scena di violenza che ha a che fare di nuovo con le armi e il Tu interlocutorio diventa una persona accusata, qualcuno che ha fatto un torto.

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Inthepanchinelq

Io ora leggo il testo così come è stato trascritto su Internet, ma in realtà dubito che si tratti di un'impaginazione ufficiale, mentre sarebbe interessante leggere un testo in qualche misura autorizzato da loro per poter analizzare questa strofa. L'organizzazione del testo in quartine si adatta perfettamente ai quattro quarti canonici dell'hip-hop, però in questa strofa, pur mantenendo gli stessi tempi musicali delle precedenti, segue una struttura diversa. Il procedimento si potrebbe assimilare a quello che in poesia è l'enjambment: la recitazione delle ultime sillabe della prima barre come se fossero fuse con le prime della seconda [ad esempio: amore tossico_l'anni Settanta]. È un fenomeno che si ritrova spesso in questo genere, ma in questa strofa è davvero spiccato, formando versi che sono difficili da collegare e non si riesce a capire su quale dei quattro tempi musicali siano disposti. La base ha una struttura orecchiabile formata da quattro tempi e se nella prima strofa, ma in generale in tutte le altre strofe, la corrispondenza tra barra e battuta è facilmente riconoscibile, esclusi piccoli spostamenti sillabici, che nel linguaggio teorico prendono il nome di anacrusi. Nella strofa di Chicoria il parallelismo tra linea versale e struttura musicale diventa veramente difficile da riconoscere, ad esempio nel finale:

Un mare 'ndo marcia er piede
E nulla nulla devi chiedere

È una specie di verso che resta a cavallo tra le due unità metriche e, in questa impaginazione, è diviso in un modo che evidenzia la struttura della base musicale, ma sarei curioso di vedere come è stato scritto, perché ho ben presente che i rapper hanno in mente la struttura della quartina, ma questo Chico sembra sfuggire un po' alle regole convenzionali dell'hip-hop. In realtà è difficilissimo scrivere un verso così, perché la cosa più naturale, per chiunque voglia provare a scrivere il testo di una canzone, è di cercare di seguire la battitura della musica, mentre qui c'è un effetto di continuo controtempo e disassamento tra la linea di organizzazione del testo e quella della partitura musicale, che è un'operazione molto raffinata, tant'è vero che l'asse delle rime è interno al verso, con coppie e terne che proseguono fino al mezzoverso successivo, anziché più semplici e banali coppie a fine verso. Questo naturalmente è un meccanismo che da un lato sottolinea ancora di più l'elemento di ricorrenza e ridondanza fonica, perché forma rime molto più a contatto tra loro, e allo stesso tempo attenua un po' l'effetto di parallelismo e di attesa tra la fine di un verso e l'inizio di quello successivo. È un tipo di organizzazione testuale, da questo punto di vista, estremamente raffinato nella gestione del rapporto tra metrica e musica.

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L'ultima cosa che mi sembra interessante sottolineare sono quelle rime che utilizzano il mistilinguismo: to the hell - Buñuel, crackstar - devasta o raglia - Bryant. Sono tutte rime costruite tipicamente per l'orecchio, infatti vedendole scritte uno fa quasi fatica a pensare che ci sia un effetto di ricorrenza.

L'ANTIDOTO - KAOS

Il brano di Kaos è costruito su un tòpos del genere, che è quello dell'attacco verso il rap commerciale, e tra i destinatari privilegiati penso di aver riconosciuto il buon Jovanotti e anche J-Ax. La cosa interessante è vedere come, sebbene alcuni aspetti delle vicende evocate dai rapper abbiano sicuramente una base personale, ci sia questo effetto di interferenza fra una serie di tòpos narrativi codificati del genere, che probabilmente deriva anche da alcuni modelli americani. In questo senso nel testo è molto importante la tematica del rappresentare, che fa riferimento ad una sorta di autenticità artistica a cui si aspira.

Questo, rispetto al precedente è un pezzo molto più monotematico in cui l'interferenza è tra la dichiarazione della propria superiorità e purezza rispetto a questi interlocutori che hanno la colpa di essersi compromessi con il mercato e le loro doti tecniche inferiori. A parte la consueta abbondanza di fenomeni di ricorrenza fonica e le molteplici allusioni alla cultura contemporanea di cui il testo è intriso, e che fanno da appoggio per molti dei giochi di parole e degli insulti velati al nemico. L'andamento ritmico è particolarmente serrato, ma lo stesso cambio di frequenza del pezzo precedente è individuabile anche qui, in cui all'interno di uno stesso verso ci sono più sillabe rispetto a quelle che dovrebbero stare su quel tempo. In gergo tecnico dovrebbe trattarsi di un extrabeat, e questo offre moltissimi esempi di extrabeat.

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Dal punto di vista tematico il testo è costruito tramite un'accumulazione di varianti di una medesima proposizione di fondo che viene continuamente ripetuta. Non so se sia un effetto del tempo, ma in questo caso il testo si potrebbe prestare anche ad una lettura in prosa, perché c'è una struttura argomentativa più forte che si traduce in una continuità testuale esplicita. Tutte le frasi sono connesse sintatticamente con la loro precedente, il che, rispetto al pezzo precedente, annulla il continuo cambio di destinatario del messaggio.

MARRACASH - 20 ANNI

Anche questa è una canzone con un andamento più propriamente narrativo. Anche se non conosco bene il personaggio credo che Marracash abbia un po' più di vent'anni e, per quanto sia banale a dirsi, è già uno dei piccoli elementi che consente di leggere un testo come questo sotto un'ottica diversa. È un testo tutto in prima persona e potremmo dire di essere davanti ad una narrazione autodiegetica, ma in realtà allo stesso tempo si presenta in qualche misura come un monologo drammatico, come un personaggio che non corrisponde necessariamente alla persona biografica di Marracash. Questo personaggio che scende veloce per strada e va ai campetti in via Ovada, non è l'autore, anche se credo che lui provenga proprio da lì, ma è soltanto un elemento di identificazione, anche solo per una banalissima ragione anagrafica. Questa è una dinamica molto riconoscibile nell'hip-hop, in cui tutti questi elementi caratterizzanti vengono esibiti e creano una sovrapposizione tra l'io-personaggio e l'io esecutore.

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Si tratta di una potenzialità presente anche in tanti altri ambiti della canzone, è una possibilità che viene sfruttata di più dalla canzone rispetto alla poesia contemporanea, dove la dominante lirica resta più forte. È una soluzione che ha delle risorse, specialmente quando, come in questo caso, c'è anche un tentativo più o meno rudimentale di inversione, cioè di adeguamento del testo, del linguaggio e del sistema di valori alla fisionomia di questo personaggio che si vuole evocare e che viene quindi rappresentato tanto per quello che fa e che dice di sé quanto per il modo in cui parla e si racconta.

Il tema del brano, questo peso, rappresenta un virtuosismo esibito dal punto di vista della soluzione monorimica, con tutto il ritornello che insiste su questa parola chiave, peraltro usata secondo il meccanismo retorico della rima equivoca che, sebbene in circostanze molto rare, esiste anche nella produzione lirica alta. Qui invece c'è un uso veramente intensivo di questa figura, ad esempio:

Poi sei preso di peso
Io dai miei mai dipeso

Tecnicamente questa si chiama rima equivoca contraffatta, perché la catena fonica è la stessa, però in un caso abbiamo una parola unica, mentre nell'altro due parole distinte. Questa è una figura che usa anche Dante, però magari ci sono due o tre ricorrenze nell'intera Divina Commedia, mentre qui ce ne sono cinque in venti versi. Queste rime sfruttano anche un'interferenza tra l'italiano proprio e un registro legato allo slang, ad esempio la situa è peso, che però resta sempre funzionale alla continua variazione di significato della parola. L'effetto di accerchiamento e imprigionamento in una situazione sgradevole è in qualche modo mimato anche da questa ossessiva ricorrenza della parola all'interno del testo.

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marracashlq

In alcuni casi, come nei tre versi scusa se è peso / se do a te un po' di peso / se do al rap un po' di peso assistiamo all'esasperazione di un virtuosismo in cui la stessa parola ha dapprima significato di aggettivo, per poi diventare un sinonimo di problemi da un lato e importanza dall'alto. Sostanzialmente si tratta della stessa frase con pochissime variazioni sillabiche, esattamente come succede più avanti in i miei parenti stanno Giù senza acqua / i miei capelli stanno su senza lacca. Si tratta di un procedimento che tende quasi ad includere l'intera catena verbale nel processo di ripetizione, anziché sfruttare unicamente la rima.

Il testo mi sembra anche molto particolare dal punto di vista della struttura ritmica e della scelta di costruirlo su piccole strofe che ripetono ossessivamente la struttura ritmica del primo verso, che è un metodo di procedere completamente diverso rispetto ai due brani precedenti. Il testo rap tende in genere alla variazione, riempiendo lo stesso ritmo musicale di volta in volta con tempi diversi, mentre qui succede proprio il contrario, arrivando a deformare la struttura fonica delle parole pur di farle adattare al primo verso. Nel concreto questo si traduce nello spostare gli accenti [vedi foto], il che tradizionalmente veniva ricordato come uno dei principali vizi dei versi nelle canzonette rispetto alla poesia tradizionale, che succedeva tipicamente con le rime tronche, accentando la vocale finale, dato che l'italiano è una lingua con tante parole piane e poche parole tronche. Questo valeva molto di più in passato, ma è una tendenza che i cantautori più consapevoli hanno cercato di superare in qualche misura, però è diventato uno di quegli elementi che vengono spesso evocati quando si parla del rapporto tra poesia e canzone. Qui viene recuperato questo effetto, come ad esempio avevano fatto Elio e Le Storie Tese in una loro canzone, ma allo stesso tempo la struttura ritmica di volta in volta cambia e si ripropone il meccanismo con piccole variazioni.

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In una poetica come quella del rap, in cui la dimensione ritmica è particolarmente rilevata, la deformazione della struttura prosodica dell'italiano in funzione del ritmo musicale crea un effetto un po' ambivalente e per certi versi risulta meno ridicolo che il corrispettivo in una canzone neomelodica, perché si capisce che c'è un progetto funzionale preciso di base. Allo stesso tempo il risultato mi sembra più raffinato quando si riesce a creare questo effetto senza deformare la norma delle parole. È un testo che vuole essere virtuosistico, e da una parte riesce bene ad esserlo, ma in alcuni frangenti per star dietro al ritmo imposto dal primo verso è costretto a modificare la prosodia delle sillabe. La diastole e la sistole sono figure retoriche previste dalla lirica tradizionale, ma fanno sempre un po' effetto di forzatura.

Questa sensibilità nel voler modellare il ritmo di ogni strofa in modo diverso e adeguare tutti i versi che la compongono al ritmo del primo ricorda qualcosa—anche se non in maniera così sistematica—della poesia del Novecento: uno dei modi con cui già agli inizi del secolo si mette in crisi la metrica tradizionale in favore del verso libero è l'uso di questi procedimenti in cui subentra una metrica di tipo isosillabico. Palazzeschi ad esempio è uno che faceva poesie tutte sul piede dell'anapesto, ma anche Pavese componeva poesia con una struttura anapestica. L'esempio non è precisamente attinente, ma la valorizzazione è simile e il risultato è che all'interno di una stessa misura ci stanno di volta in volta delle tipologie ritmiche diverse. È come se la dimensione ritmica prendesse il sopravvento sulla dimensione metrica.

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Tornando al tema, l'ultima cosa che vale la pena notare, è come l'io personaggio sia credibile perché parla un linguaggio, in senso lato e quindi nei meccanismi dello slang, che è comune a quelli che vivono nel contesto raccontato.

DARGEN D'AMICO - SMS ALLA MADONNA

Questo Dargen D'Amico mi sembra una cosa al limite dell'autoparodistico e c'è questa struttura di inguainamento di tutto il testo che è quella della canzone d'amore più stereotipata possibile, il cui culmine è questo ritornello:

Te lo dico solo una volta: torna
ok, se lo vuoi te lo dico due: torna
te lo dico tre, ti prego torna
per te mando sms alla Madonna

Da un lato è una formula d'aggiornamento dalla formula dell'invocazione alla donna amata, ma non capisco bene quanto sia convinta e quanto sia una parodia, il che mi sembra di aver capito è in linea con l'intero personaggio costruito dall'autore. Già di per sé la scelta del modulo della canzone d'amore più trita e ritrita è abbastanza curiosa, soprattutto perché all'interno del testo non c'è quasi nessuna continuità fra il contenuto delle strofe e la dimensione del rapporto amoroso tematizzato dal ritornello. Le strofe vengono costruite attraverso l'aggregazione di elementi che hanno a che fare con una serie di aspetti dell'autorappresentazione di sé, lasciando scomparire la presenza del tu femminile di questa donna, che in genere nelle canzoni d'amore è molto forte.

Di solito nell'ambito delle canzoni d'amore se nel ritornello c'è un'invocazione per l'amata perduta, nelle strofe si può approfondire il tipo di relazione e talvolta anche la vicenda amorosa, mentre qui si nota solo una serie di versi che raccontano un abbruttimento ridicolo, con un'accozzaglia di elementi accostati, che mi sembra un'operazione di tipo parodico verso la canzone d'amore, ma anche verso la canzone in generale. C'è questa giustapposizione tra i diversi tòpos della rappresentazione che sono molto ricorrenti nel genere hip-hop, portati al loro estremo e resi piuttosto ridicoli, e i canoni tipici della canzone d'amore, anch'essi esasperati fin dove possibile: una sorta di operazione di messa in risonanza tra due serie di stereotipi apparentemente inconciliabili, che però ridicolizzano entrambe le cose. Si passa dallo sdolcinato estremo e nauseabondo a ho rischiato la morte senza saperlo / perchè il frigo non rimaneva freddo, che è molto divertente, però anche disorientante.

Il punto focale del pezzo credo sia il contrasto tra questa rappresentazione di sé in termini di abbruttimento e preoccupazioni coatte, che arrivano fino alla dimensione sessuale, e il ritornello d'amore. Mi sembra un testo meno spiccatamente virtuosistico degli altri, ma che naturalmente continua a concentrarsi su giochi di parole e guizzi verbali, talvolta completamente pretestuosi, come in Ho fatto in solitaria la Transiberiana /
e mi sono fatto una solitaria trans siberiana. Sono tutte sparate che rientrano nello stesso ambito tematico e stilistico, ma che non hanno alcuna coerenza con il testo, ma aggiungono soltanto altra ambiguità a questa creatura che non si manifesta mai all'interno della canzone.

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In definitiva credo che questo sia un campo di lavoro interessante, perché i testi rap offrono molti spunti sotto diversi punti di vista e sicuramente si tratta di analisi che andrebbero portate avanti in modo sistematico.

Ricorda a Mattia di fare gli esami: @mattia__C