FYI.

This story is over 5 years old.

Musica

Le tue scarpe rivelano che musica ascolti

Fin dall'antichità è possibile stabilire i gusti musicali di un individuo semplicemente dando un'occhiata alle scarpe che indossa.

Ognuno di noi ha almeno una cosa che gli psicanalisti definiscono "feticcio," ossia una passione ai limiti del seriale verso oggetti inanimati. Collant, tacchi a spillo, piercing al naso, risvoltini, piercing all’ombelico, smalti, autoreggenti nere, baffi, piercing sul capezzolo, AUTOREGGENTI BIANCHE, lentiggini, socialismo, gatti, e poi le scarpe.

Le scarpe sono uno dei feticci che mi porto dietro da tutta la vita e ho pensato che fosse doveroso raccontare al mondo tutte le volte che la mia passione si è intrecciata con le vostre sottoculture e la vostra musica. Probabilmente vi ritroverete in almeno un paio di descrizioni, in caso contrario: o girate con i sandali di Gesù ai piedi, oppure siete dei poser. Tertium non datur.

Pubblicità

Baby cogli l'attimo, Scarpe Diem.

Ho deciso di passare in rassegna tutte le scarpe che hanno avuto a che fare con la musica o con qualche sottocultura giovanile. La verità fondamentale è che quando un personaggio famoso indossa una scarpa è facile che questa diventi subito oggetto di culto, icona rappresentativa di un certo stile. Tra le scarpe e i cantanti si crea un legame così forte da non riuscire più a capire chi sponsorizza chi, che è un po’ come non riuscire a risolvere l'annosa questione se sia nato prima l’uovo, la gallina o i selfie con la bocca a culo di gallina, ma questa è un'altra storia, che oggi non racconteremo.

LE ORIGINI

Partiamo andando a riscavare nei meandri della cultura nascente anni Settanta-Ottanta dei B-Boy del Bronx, il passaggio culturale che ha trasformato le sneakers da semplice indumento sportivo a vero e proprio culto generazionale, al punto che non era così strano vedere i giovani di New York girare con lo spazzolino sull'orecchio per lucidare le scarpe tra una tag e l'altra. È così che è nata la cultura degli Sneakerhead, da gente che girava con uno spazzolino da denti per scarpe. Le realtà che fanno da traino a questa nuova moda sono il basket (e il brand Air Jordan, fondato nel 1985) e l'hip-hop. La Sugarhill Gang, i Public Enemy e i Beastie Boys sono tutti gruppi che hanno reso queste scarpe un festiccio ancor prima che i Run DMC se ne uscissero con "My Adidas", che tra l'altro ripagherà il favore monopolizzando il mercato. Poche volte prima di allora un brand aveva provato sul serio a spingere i suoi prodotti attraverso sponsorizzazioni meno canoniche, quindi se oggi su Instagram è pieno di influencer, possiamo tranquillamente dire che la colpa è degli sneakerhead.

Questo passaggio decennale dei cacciatori di sneakers e della cultura delle sneakers è stato talmente importante che la Carnegie Mellon University della Pennsylvania ha creato un corso di discreto successo denominato Sneakerology 101, che vi risulterà molto utile per andare a vendere solette da Foot Locker. Tra i cimeli da combattimento dagli Sneakerhead non possono mai mancare modelli come le Air Jordan, le Air Force One, Air Max, Dunks, Adidas Samba, Superstar, Nike Vandal prima e Reebok, Puma, Spikes o Asics —che poi è l’acronimo di Anima Sana In Corpore Sano (ma anche questo è superfluo). E ci fermiamo.

Pubblicità

CREEPERS

Sarò sincero, esteticamente le Creepers di Elvis Presley non sono il mio genere, ma qui stiamo parlando di cose oggettive, di valore storico. Correva l’anno 1956 ed Elvis Presley cantava un pezzo di Carl Perkins che faceva più o meno così: “Do anything that you want to do, but uh-uh, Honey, lay off of my shoes Don’t you step on my blue suede shoes. You can do anything but lay off of my blue suede shoes”. Quelle famose blue suede shoes non erano nient’altro che un paio di classiche brothel creeper blu scamosciate, ovvero quelle calzature giganti dalla suola spessissima. In italia le creeper erano facilmente riconoscibili ai piedi dei darkettoni, all’estero invece i primi ad indossarle furono i Teddy Boy, che sono diventati una sottocultura inglese semplicemente perché gli piaceva avere anche altri vestiti oltre a quelli per il lavoro e al vestito della domenica. Le Creeper, o meglio Brothel Creeper (aka le Scarpe del Bordello), negli anni a seguire, furono prese in prestito poi da tutta la cultura rock, punk, ska, indie, dark, e ultimamente sono ritornate in auge per via di quegli strani e incomprensibili corsi e ricorsi che la moda segue.

Coco Chanel ne parlò affettuosamente con questo parole: "Mi sento di avanzare due ipotesi a riguardo dell’esistenza delle creepers: o sono destinate a trascendere dalla moda e a diventare qualcosa tipo i jeans (…), oppure sono semplicemente un aborto, che se ne andrà a spasso per i tempi rendendo euforiche le ragazzine convinte si tratti di una novità. Ovviamente più la seconda".

Pubblicità

DR MARTENS

Le Dr Martens, le scarpe degli Who, di Joe Strummer e di Sid Vicious; siamo sempre nel vero capoluogo culturale della Lombardia: Londra; sono gli anni Sessanta ed è nata la cultura Mod, che è composta dai Teddy Boy sopravvissuti alla pubertà. Sono loro ad indossare le Dr. Martens 1460 per primi, ancora prima degli skinhead, ma solo dopo che Pete Townshend degli Who le rese la sua calzatura preferita. Addirittura lo stesso Pete Townshend, nella canzone "Uniforms (Corp d'Esprit)", volle rendere un tributo a queste scarpe cantando "Wear your braces round your seat / Doctor Martens on your feet / Keep your barnet very neat / For credibility on street", che è anche il motivo per cui gli stivaloni Doc fossero inizialmente visti come "scarpe di destra". Ovviamente i gruppi di sinistra non restarono a guardare e se ne riappropriarono ergendo come bandiera popolare il modello Dr. Martens a tre buchi. Negli anni Settanta anche i Punk, che spesso utilizzavano converse o creeper, fecero diventare le Dr. Martens le scarpe ufficiale dei rocker e in pochissimo tempo il binomio punk-Dr. Martens divenne inscindibile. In effetti lì, nel mondo rock, la scarpa è stata indossata un po’ da chiunque, da Joe Strummer , ben visibile nel ‘82 ai piedi del cantante nel video di “Rock The Casbah”, a Sid Vicious, dai Rolling Stones ai Cure, da Bono degli U2, alla cantante irlandese Sinead o’Connor e più recentemente da Gwen Stefani o dalla non pervenuta Avril Lavigne.

Pubblicità

ADIDAS SUPERSTAR

Le Adidas Superstar spopolarono soprattutto negli ambienti hip-hop e spesso venivano indossate sotto le tute larghe di pelle nera con le tre strisce bianche. Si portavano senza lacci, oppure con quelli fat, piatti e grossi, che era la tipica allacciatura da punkabbestia. Nel 2005, per celebrare il 35^ compleanno delle Superstar, Adidas ha lanciato 34 versioni di questo grande classico, rielaborate da brand appartenenti al mondo della musica e quello dell’arte, ma tutto quello che c’è da dire sulle Adidas ve lo dicono direttamente loro.

ADIDAS SAMBA

Anche il modello Samba è un pezzo di storia delle scarpe da ginnastica, dato che fu inventata come una delle prime scarpe da calcio. Il caso vuole che Sua Maestà Bob Marley fosse un grande appassionato di calcio e l'Adidas non si fece sfuggire l'occasione, accattivandosi gli appassionati di soccer, di reggae e di canne in un'unica mossa (ci inchiniamo di fronte a tanta, fredda, malvagità). Quello stesso target verrà poi lentamente sostituito dalla Puma, e sapete di chi era la Puma? Rullo di tamburi: Rudolf Dassler, fratello di Adolf Dassler, padre fondatore di Adi-Das, diminutivi del suo nome e cognome. Citare una nota espressione di tre parole sulla categoria ”Lavoro”, sarebbe poco carino. Mi limiterò a questo: la Germania c’è.

BUFFALO

Se gli anni Novanta sono stati il preludio di tendenze infinite, oscillanti tra il bomberino gabber con interno arancio, le chilometriche gonne rigorosamente in jeans e i braccialetti accalappiacollo, quel decennio è stato anche il precursore di due tipi di calzature (calzature non è il termine adatto, ma è il primo che mi viene in mente) che, a rivederle oggi, viene da chiedersi se non siano state il frutto di una temporanea invasione aliena. Buffalo o New Rock vi ricordano qualcosa? E se vi parlassimo delle scarpe delle Bratz?

Pubblicità

Non può certo esser detto che le sneakers Buffalo siano state un successo, perché sono state una vera e propria rivoluzione: una rivoluzione dallo spazio. Lo stesso spazio delle cinque icone del pop che hanno rivoluzionato il mondo teenager della seconda metà degli anni Novanta, le Spice Girls. È proprio negli anni in cui la globalizzazione ha messo la quinta senza fermarsi agli stop, che EMI e Virgin, puntando tutto su cinque ragazze, hanno deciso di fare del merchandising il proprio drapeau, trasformando la musica pop in un vero e proprio fenomeno sociale che trasformerà il lifestyle dello star-system in una vera e propria attitudine, inneggiato da un “Girl Power” ed accompagnato dall’onnipresenza di un’arma da guerra nella sezione scarpe del guardaroba: le Buffalo, le scarpe del futuro.
Per quanto quelle "scarpe" possano oggi risultare una presuntuosa e lontanissima pretesa di stile, siamo sicuri che facciano parte del passato e siano un cimelio di così lontana memoria? Il doppio fondo e le pare doppie oggi, sono tornate più moleste che mai, in un fashion world sempre più fashion e meno world.

A contendere il ruolo di scarpa per gli alieni c'erano le iberiche New Rock, che pesavano da uno a cinque chilogrammi. Una scarpa studiata appositamente per il mercato d'élite del gothic-rock di brechtiana memoria, del proto-punk e dello psychobilly, con forti inclinazioni alle pratiche BDSM. Retroscena a parte, le New Rock dalle origini (1978) ad oggi sono rimaste un must per i fidelis del goth, dell’heavy metal e di tutti i loro sottogeneri derivati.

Pubblicità

Ma voglio fare un gioco con voi, provate ad immaginare una fusione tra le due calzature.
Fatto?
Bene, ora ditemi se somiglia a queste:

AIR YEEZY

È il brand che sponsorizza l’artista o l’artista che sponsorizza il brand? Forse è una simbiosi e noi in realtà siamo tutti delle marionette burattinate dalla casta che sfrutta il potere mediatico per fare guerra all’ISIS mentre noi ci ascoltiamo i dischi di Povia per ridere di lui? Nessuno lo sa. Nel 2009 il colosso Nike e Kanye West firmano un accordo per lanciare le Nike Air Yeezy, facendo diventare Kanye il primo testimonial Nike estraneo al mondo dello sport. Usciranno tre modelli: le Air Yeezy (2009), le Air Yeezy II (2012) e la versione Red October’s rilasciata nel 2014, curata interamente dal rapper di Atlanta, che essendo un genio creativo non ha avuto alcuna difficoltà a disegnare un paio di scarpe rosse. L’amore tra Kanye e Nike era già sbocciato nei murales “baffuti” del brano "Classic" di Kanye, sottolineando ancora una volta come il binomio SneakerZ (la zeta è serpentina) - Hip Hop non sia affatto in discussione, tramandando e trasformando di continuo quel culto dell’estetica gangsta di generazione in generazione. È una delle poche certezze di cui non vogliamo privarci nella vita, un po' come siamo convinti che Nuovo Ordine Mondiale sarà il film del secolo.

NIKE JORDAN

A volte può capitare di svegliarti un gigantesco insetto, è già successo a Gregor Samsa del resto; allo stesso modo può anche capitarti di svegliarti nel sonno e non trovare la bottiglia d’acqua, migliore amica nelle notti di molestia alcolica. Può infine, perfino capitarti di risvegliarti rapper, e fidatevi: capita spesso ultimamente. Nell’improvviso e contemporaneo culto del rap, oltre l’immancabile snapback, non possono mancare le Nike Jordan, omonima linea del bla bla bla… lo sapete dai. Si dice che ogni giorno Michael Jordan abbini il colore della sua automobile al colore delle sue Jordan. Come fai a non esclamare “Bucio de culo!” ogni volta che viene nominato il numero 23 allora? “Fly Michael, Fly!” Commenti a parte, l’immaginario collettivo sta lentamente disintegrando l’elitarietà di una nicchia sempre meno nicchia, quella di chi calza Air Jordan, per lasciare spazio al dilagante Poopulismo (cit) del rap e di chi ignora che M. Jordan sia stato in realtà un glorioso rapper, purtroppo assassinato.

Pubblicità

VANS

Ultimamente nel mondo della musica mi sono accorto che si è improvvisamente palesato un cambio di tendenza epocale: oggi molti divi dello star system, soprattutto cantanti della scena punk, preferiscono farsi riprendere o fotografare piuttosto che con le semplici e classiche converse (ormai abbastanza sputtanate), con un bel paio di Vans ai piedi.
Il marchio californiano è nato negli anni Sessanta con l’intento di creare scarpe da skate e provare a racchiudere tutti gli stereotipi di quell'America spettinata e strafottente che magari esiste, magari no.
Non è un caso che dal 2004 la Vans sponsorizzi il Warped Tour, lo storico festival americano dedicato al punk rock e agli sport estremi.
Il modello più caratteristico e amato dai cantanti è sicuramente la Vans Slip On, per intenderci quella senza lacci, spesso vista e rivista con la tela a scacchi bianchi e neri o con la fantasia a teschi. La scarpa è una specie di pinna e se hai un 41-42 sembra che porti un 49 e mezzo.
È stata per lungo tempo, dal "98 in poi, l’emblema del mondo punk, sempre abbinata a folti crestoni, tatuaggi old-school ben in vista, estensioni al lobo e calzini alti fino al ginocchio.
Anche se nessuno ha il coraggio di ammetterlo oggi la Vans è diventata anche un’etichetta che si sposa molto bene con barbe, camice a quadri, jeans vintage, orologi retrò, (…) contendendosi il primato con le Clark come scarpa preferita dai radical.

Pubblicità

CONVERSE ALL STAR

Tra le reliquie di ogni feticista ma soprattutto nella categoria Avanguardismo Aziendale, non può naturalmente mancare l’instancabile Converse, brand acquisito nel 2003 proprio da mamma Nike, tanto per ricordare ai bacchettoni noglobal di orientarsi su dei più pratici sandali. La scarpa è stata concepita nei primi anni del Novecento e sponsorizzata da Chuck Taylor, famoso cestista che tutt'oggi riesce a far valere, senza ragione alcuna, l'abbinamento pallacanestro - Vans. La storia delle All Stars cambia radicalmente quando Gioventù Bruciata e James Dean compaiono sul grande schermo: nel giro di qualche anno quel modello diventa un'epidemia. Da Madonna a Cyndi Lauper, dagli AC/DC ai Ramones, ma anche Cobain e, soprattutto, Luca Di Risio. La storia dell’ascesi mistica della musica, in tre righe.

Potremmo star qui a scrivere per giorni interi di scarpe, musica, feticci vari, calze e socialismo. Potremmo elencare tutte le tracce che citano sneakerz, Dr. Martens, VanZ e AsicZ, chissà forse un giorno: “ma non è questo il giorno” per dirla alla AraKorn (che dio abbia pietà della mia anima).

Vogliamo lasciarvi con le parole del nostro tanto caro, amato e osannato FreddY MercurIE: “Shoes must go on”. Via agli insulti.

PS: Per chiudere in bellezza vorrei raccontarvi di un recente avvenimento accaduto tra Macklemore e la Nike dopo l'uscita del brano "Wing$", che è una critica non troppo velata al consumismo di massa, che tenta di sezionare l’infatuazione e l’attaccamento verso i loghi e i brand, e intrinsecamente legata al potere di acquisto e alla sensazione di onnipotenza che ne deriva: “We want what we can't have / commodity makes us want it / So expensive, damn / I just got to flaunt it / Got to show 'em, so exclusive / this that new shit.”

This is the new shit. Questa è la nuova merda, sbraita Macklemore (con addosso un paio di Air Jordan), mentre il video riprende un bambino che spiega le proprie ali, grazie alla bolla ai piedi che deriva proprio dalle sue Air Max prima, Air Jordan dopo, derubato e scalzo poi. Povero. Un video che un qualsiasi sordomuto potrebbe tranquillamente confondere per l’ultima romantica pubblicità della Nike. Per rimanere coerente con quanto tanto decantato nella canzone, nell’invettiva contro il consumo di massa, due anni dopo il buon Macklemore, invitato per fare da colonna sonora al 2013 NBA All-Star Game al Toyota Palace di Houston in Texas, ha la splendida idea (spuria da ogni accordo economico senz’altro) di modificare il testo di Wing$ eliminando qualsiasi critica alla Nike (e indossando tra l’altro la canotta dell’All Star Game sponsorizzata da Adidas). Questo perché, per quante se ne possano dire contro le multinazionali, facciamo tutti parte della stessa “new shit”.

*Ringrazio il mio amico Gio-vanni (non -vanardi) dell’Isola e la sua immensa passione per la penna, le scarpe, i gatti.

Segui Riccardo su Twitter: Radio__Caos