La cacciata dei Cure

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Musica

La cacciata dei Cure

Chi è stato cacciato, chi se n’è andato perché si era rotto il cazzo, chi manco sa perché non è più nella band: la storia di tutti i musicisti che hanno dovuto subire i capricci del frontman Robert Smith.

"Sleep when I'm dead you angels / sleep when I'm dead I said" apparentemente queste sembrano le parole di qualche sommo poeta inglese (e in effetti sono ispirate da…. Dai, indovinate: letterati anti-Nobel per Bob Dylan), ma invece si tratta di uno dei gruppi più influenti, stravaganti e inclassificabili di sempre, ovvero i Cure. I membri della band inglese non hanno alcuna intenzione di andarsene in pensione a dormire, anzi: sono circa sette anni, da quando è uscito il loro tredicesimo album in studio (ovvero 4:13 Dream​), che​​​​ girano in lungo e in largo il pianeta a suonare, noncuranti dei circa quarant'anni anni di carriera che hanno sulla groppa. ​​​Per quanto mi riguarda, il fatto che ancora non sia uscito il loro fantomatico nuovo disco è qualcosa di assurdo: rimandata la sua pubblicazione prevista per il 2014, pensavo che questa nuova tornata di tour fosse l'occasione giusta, e invece niente. Sembra quasi che i Cure oramai suonino senza nessuna intenzione promozionale oppure, al contrario, lo facciano per montare una pubblicità ipertrofica guadagnata sul campo. Dopo anni di concerti da quattro ore di durata ogni sera e il pienone a ogni data ci si aspetta, come minimo, che al momento giusto il pubblico se ne corra nei negozi facendo a gomitate per la roba nuova: se proprio dovesse andare male, non andrebbe mai peggio di Chinese Democracy dei Guns N Roses (che comunque si è guadagnato un Disco di Platino). Nella scaletta degli ultimi live ci sono solo un paio di pezzi inediti, così per gradire, ma che sembrano ancorati a una dimensione piuttosto antica che fa pensare più che altro a dei fondi di magazzino, suonati per il piacere di farlo dato che sovente i nostri propongono i loro lati b per il piacere del pubblico.  ​​​Ad ogni modo siccome in Italia non scendevano dal 2012, io non me lo sono fatto dire due volte e ho deciso di andarli a rivedere (in totale li avevo visti tre volte: due in stato di grazia ovvero nel Disintegration Tour e nel Wish Tour, e una volta nel 2008 a piazza San Giovanni durante un'esibizione gratuita gentilmente concessa da MTV). Ecco perché ho qui il biglietto che odora ancora di stampa, sebbene prontamente strappato all' ingresso del palalottomatica di Roma.​ A proposito, la stampa… La mia idea era di approfittarne per intervistarli, ma a quanto pare i nostri non concedono interviste. Quindi mi sono detto: "Va bene allora scriverò un articolo sulla loro storia per festeggiare il loro ritorno". Ma poi mi sono ridetto: "Fanculo! Avete distrutto il mio sogno di fanciullo, quello di chiacchierare con voi per ore magari durante una sbronza chiedendovi le cose più astruse: adesso parlerò di voi, ma senza parlare di voi". Quindi in questo post farò pubblicità ai Cure sì, ma a quelli "tenuti nell'ombra". ​​​Mi riferisco a tutti i membri del gruppo che, per una cosa o per un'altra, l'hanno abbandonato e non sono più tornati. Chi è stato cacciato, chi se n'è andato perché si era rotto il cazzo, chi manco sa perché non è più nella band.  Ridendo e scherzando questi personaggi sono stati importantissimi per lo sviluppo del suono e dell'attitudine del gruppo in tutti questi anni, se non addirittura fondamentali. Perciò, se è vero che nei Cure vige la regola della "porta girevole" (ovvero i membri cambiano secondo i capricci di Smith), allora i Cure non sono solo il tizio truccato e con i capelli sfibrati dalla lacca. I Cure sono come Omero per il poema epico (i brani spesso sono co-firmati dai membri delle formazioni di ciascun disco ma non si sa bene da chi o in che modo). Andiamo quindi a rinfrescare la memoria a quelli che si sono dimenticati di questi "operai della musica", e hanno sempre stigmatizzato la loro forte personalità concentrandosi solo sul frontman e sull'unico membro storico rimasto, ovvero il bassista Simon Gallup, che ci dicono essere molto amato dalle ragazzine, dato che è l'unico nella band a poter tenere testa al fisicaccio di Iggy Pop, nonostante la sua non più verde età.

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MICHEAL DEMPSEY

E partiamo proprio da un bassista: e che bassista! Il primo in assoluto dei Cure non solo ha contribuito a fondare la band, ma ha traghettato il progetto verso i lidi post punk che verranno, con le sue linee massicce e veloci. Three imaginary boys si regge tutto sul suo basso pulsante, con sporadici assoli deliranti, distorti e sopra le righe (il classicone "10:15 Saturday Night​"​ parla chiaro, ma soprattutto il singolo "Killing An Arab​" basterebbe a incoronarlo re delle scale cromatiche), cosi come anche è ospitata una sua comparsata alla voce nella cover di "Foxy Lady​" di Hendrix, che interpreta ovviamente come uno schizofrenico imbevuto nel flanger. Il motivo della sua dipartita dai Cure? Beh se da una parte Smith voleva andare nella direzione gotica che in qualche modo abbandonava l'irruenza punk di Dempsey, allo stesso tempo Dempsey non accettava un chitarrista che invece di starsene al suo posto se ne andava a fare i tour con altre band, per giunta rivali (mi riferisco ovviamente ai Siouxie and the Banshees). La scelta di andarsene fu parecchio saggia: entrerà nei grandissimi Associates (firmando uno dei loro dischi più acclamati, cioè Sulk) per essere poi catapultato nella storia del rock figurando come bassista, addirittura senza neanche il bisogno di suonare, nel video e nel tour promozionale di Avalon dei Roxy Music. Dopodiché è stato coinvolto in altri illustri progetti come i Lotus Eaters e, per finire, attualmente compone colonne sonore per grosse multinazionali del cinema e roba simile. Nonostante questo continua però a suonare con il suo vecchio compagno di band nei Cure ovvero Lol Tolhurst, nel suo progetto Levinhurst (anche se nei primi Novanta i due facevano già comunella in un'altra band, gli sfortunati Presence). Mi direte: "Sì ok, sarà anche stato influente, ma poi i Cure rallenteranno i BPM di brutto". Be', insomma… già da Seventeen Seconds, quando sarà sostituito da Gallup, possiamo sentire i brani figli dello stile Dempsey, tipo "Play for Today​": quindi uno a zero per lui.

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MATTHIEU HARTLEY​

Dicevamo di Seventeen Seconds: ebbene questo ragazzetto entra nei Cure proprio per la lavorazione del disco, con Simon Gallup, che se lo porta appresso dai Mag/Spy per non sentirsi solo nella nuova formazione. Al sound dei nuovi Cure, Hartley regala i synth pieni di pathos, soffocati e minimali, prodotti (tra l'altro) da un economicissimo Roland S09, spostando la band in un territorio elettronico inedito e mai battuto prima di allora giocando sui limiti espressivi della macchina​ ("A Forest​" solo un anno prima sarebbe stata impensabile nel loro repertorio). L'unico problema è che, provenendo lui dalla scuola Stranglers, non aveva intenzione di passare la vita a suonare una nota ogni mezz'ora con la sola mano destra, mentre Robert Smith avrebbe ucciso chiunque pensasse il contrario. Tra l'altro la deriva dark al nostro Matthieu non piaceva, detestava i Joy Division e pensava che i Cure si stessero trasformando da romantici e melanconici in un gruppo di aspiranti suicidi. Non aveva tutti i torti, ma poi la storia ha ridimensionato tutto e oggi i Cure sono anche quelli di "Friday I'm in Love​". Dopo i Cure il nostro ha fatto parte della prima line up del gruppo fotocopia di Simon Gallup (i Fools Dance) nel periodo in cui fu cacciato pure lui (perché nessuno è al sicuro) e ha suonato con gli Icicle Thieves, che però poi hanno fatto tutt'altra roba. Pare che abbia anche lavorato allo zoo, ma sfortunatamente non incantando i serpenti col suo sintetizzatore ipnotico.

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ANDY ANDERSON

Se vogliamo parlare di personaggi ipnotici, non possiamo non citare Anderson: batterista dei Cure dal 1983, quando Lol Tolhurst decide di abbandonare le pelli per le tastiere, entra nella band grazie a una segnalazione di Youth, all'epoca ex bassista dei Killing Joke di cui era amico e compagno di banda nei Brilliant (più tardi costui formerà i geniali KLF). Subito Andy si distingue per aderire perfettamente allo stile di vita di Robert Smith in quel periodo: abbondanti scorpacciate di LSD, poco sonno e immersione totale nel rock psichedelico. Andy era famoso per preparare dei tè ai funghetti magici davvero esplosivi, tanto che Smith finiva regolarmente le sue serate a collassare in taxi. D'altronde, prima dei Cure, il nostro aveva donato il suo stile preciso e potente a Open di Steve Hillage, aveva suonato con Nik Turner su Sphynx, con i Mother Gong, e per breve tempo con gli Hawkwind. Insomma è indubbio che gran parte delle suggestioni sonore contenute in The Top, ovvero il disco dark psichedelico dell'84, siano farina del suo sacco (per non parlare della sua militanza nei Glove, il progetto parallelo di Smith e Severin dei Banshees che profumava comunque di acido lisergico). Tra l'altro, cosa fondamentale, Anderson era di origini africane e questo fa di lui l'unico nero mai passato nei Cure: questo, tenendoci lui parecchio alle roots, gli permetteva una conoscenza profonda delle poliritmie, del linguaggio jazz e di tutto quel repertorio ossessivo, minimale e tribale che in un certo senso i Cure nei primi lavori perseguivano (The Lovecats​​ è un esempio della sua perizia in materia). Fin qui tutto bene, ma da tanta psichedelia prima o poi emerge un lato oscuro: Andy quando si trovava in tour per troppo diventava pazzo, letteralmente. Tanto che a Nizza fu arrestato per aggressione in un hotel e in Giappone stessa solfa, tanto che cominciò a picchiare anche il gruppo. A quel punto Smith dovette licenziarlo, ma quando Robert raccontò la cosa ai vecchi colleghi di Anderson questi esclamarono: "Ah si? Che novità!".  Gli unici a non sapere di questo suo vizietto (cioè tentare di uccidere poliziotti e guardie) erano proprio i Cure. Comunque il nostro Andy se l'è cavata benone: dopo i Cure ha suonato con chiunque, ad esempio con Iggy Pop e Peter Gabriel, ma potremmo continuare all'infinito. Ora è produttore di una roba strana fra l'HD, l'RnB e la dubstep, completamente preso dall'elettronica e dai ritmi digitali.

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PHIL THORNALLEY

Se vogliamo parlare di produttori, Phil è l'uomo giusto. Reo di aver prodotto quel capolavoro che risponde al nome di Pornography, si è distinto anche per aver messo mano a dischi quali Seven and the Ragged Tiger dei Duran Duran. Strano, vero? Eppure ha vinto svariati Grammy anche per dischi, come dire… commerciali (parliamo di best seller à la Natalia Imbruglia e Pixie lott). Tecnico del suono per praticamente tutti (si va dagli Psychedelic Furs agli XTC ai Jam, fino a Julian Cope e addirittura Vanity), figlio artistico di Steve Lilliwhite e fan di Pink Floyd e Todd Rundgren, sarà proprio per questo il perfetto rimpiazzo di Gallup nel periodo lisergico (guarda un po') dei Cure. Bassista dinamico e spigoloso dall'età di quattordici anni, Phil all'inizio è spaventato dalla proposta di Smith, memore delle giornate in studio del periodo Pornography​, in cui la band strafatta di alcol e droghe aveva trasformato lo studio in una discarica di lattine di birra e in un transfer di energia negativa. Smith lo supplica rassicurandolo che è tutto cambiato e Phil accetta il ruolo. Come bassista in studio lo vediamo però in azione solo nel 12'' di "The Lovecats", alle prese con un contrabbasso languido e serpeggiante, e nel live Concert: per il resto in The Top non c'era, si trovava con i Duran Duran in Australia costringendo Smith a fare tutto da solo. Lascerà molto presto la band conscio che la vita on the road non fa per lui, ma in realtà covando ambizioni soliste new romantic presto dissuase, tanto che cercò inutilmente di fare marcia indietro, ma oramai era tornato Gallup. La storia gli darà comunque ragione regalandogli un Grammy per "Torn", scritta per Natalie Imbruglia.

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LOL TOLHUR​ST

Lol è IL membro storico dei Cure, quello che dal '79 all'89 è stato il fido braccio destro di Smith, tanto che a un certo punto sembrava potessero diventare i Lennon e McCartney del futuro. Batterista minimale e tanto primitivo quanto coraggioso (ricordiamo l'inedita batteria in "Seventeen Seconds​", metronomica e quasi sull'orlo dell'evaporazione), Lol non ha mai suonato un ritmo fuori posto, lavorando sulla reiterazione di figure ritmiche e sull'essenzialità del suono (Anderson decise di entrare nei Cure proprio per la sezione ritmica di "A Forest", che trovava geniale nella sua scarna resa). Senza di lui i Cure non avrebbero avuto quel marchio di fabbrica. Poi si rompe i coglioni della batteria e decide di mettersi a smanettare con i synth e le drum machine. ​​Tecnicamente il nostro riporta lo stesso approccio batteristico sulla tastiera: due note suonate per puzza, lunghi droni, e grande concentrazione sui suoni e sulle atmosfere della sua inseparabile DX7. Anche come produttore si è distinto per aver lavorato con i grandi e sottovalutati And Also The Trees, oltre ad avere scritto alcuni capolavori (quali la meravigliosa "All Cats Are Grey​") e ad avere escogitato soluzioni atonali un po' ovunque (vedi "The Caterpillar​"). ​​​Lol era famoso anche per ubriacarsi come una merda, t​​​​anto che nel 1987 diverrà completamente incapace di intendere e di volere, e soprattutto incapace di suonare una nota: fino a che, subissato dagli scherzi dei compagni di band ​​​che da sempre sfogavano le loro frustrazioni su di lui, sarà messo alla porta. Smith dedicherà un brano non tanto tenero al compagno, quella "Shiver and Shake​" in cui il nostro viene paragonato a un rifiuto umano. Adesso però è a posto tanto che nel 2011 si è riunito a Smith e soci per le riedizioni dal vivo di Faith, ha scritto da poco un'autobiografia​ e continua a portare avanti i Levinhurst, la sua nuova creatura che dei Cure ha ereditato le atmosfere algide.

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BORIS WILLIAMS

Boris Williams non ha bisogno di presentazioni: è il secondo batterista più popolare presso i fan dei Cure dopo Lol Tolhurst. Ex Thompson Twins ed ex batterista di Kim Wilde, caratterizzava le sue perfomance unendo tecnica ed essenzialità. Ha inserito nel telaio dei Cure anche figure ritmiche dispari, spezzate, un incrocio fra un metronomo wave e uno swingante jazzer ("Six Different Ways​" parla chiaro): è grazie a lui che brani come "Close to Me​" sono diventati quello che sono. Se ne va dalla band nel 1994 perché si era semplicemente rotto il cazzo. Eroe, quindi.

PERRY BAMONTE

Perché Perry Bamonte è stato cacciato? Ah boh. Il polistrumentista angloitaliano chiamato a sostituire Roger O'Donnell alle tastiere nel 1990 era all'inizio tecnico di palco addetto alle chitarre. Poi diventa una specie di jolly, dividendosi tra synth e chitarre, conoscendo perfettamente il repertorio dei nostri eroi. Lo stile di Bamonte sulle sei corde è una specie di ibrido fra il rockeggiare di Thompson e il tocco di Smith: in Wish possiamo ascoltare i suoi assoli impastati in una marea di effetti, con grande attenzione all'uso del feedback. Insomma, Perry è stato quello che ha traghettato la band in territori finalmente liberi dalla new wave e più vicini al noise e al mondo alternativo delle nuove generazioni (culminato col disco THE CURE prodotto da Ross Robinson, da molti odiato, ma che secondo il nostro parere è invece un vero gioiellino di restyling). È silurato da Smith in circostanze ancora poco chiare e da quel momento, a parte partecipare al gruppo dell'ex batterista dei Placebo, i Love Amongst Ruins, è caduto in un limbo dal quale speriamo possa risorgere presto: ci manca il suo sguardo da fattone sul palco.

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PORL THOMPSON

Beh Porl… è Porl. L'anima rock glam dei Cure, il guitar hero per eccellenza del gruppo, ha schitarrato e tastierato allegramente per anni nella band, dato che era anche nella formazioni primordiale (gli Easy Cure, dal quale fu cacciato perché faceva troppi assoli). Pittore allucinato e grafico (quasi tutte le copertine dei Cure hanno la sua firma, la Parched Art​ è sua), tende a non fossilizzarsi su un progetto ma a skippare continuamente, tant'è che ha fatto parte per un periodo anche del gruppo di Page and Plant, realizzando un sogno che covava fin da ragazzo. Siccome non è detto che non ritorni, parlare di "cacciato" è un po' troppo: diciamo che decide lui quando entrare in gioco. Nell'ultima emanazione del 2008, oltre a pitturarsi la faccia in un incrocio fra il gotico, il trans (pare che oramai sia diventato donna, ha cambiato nome in Pearl) e l'hare krishna, decise di averne abbastanza delle tastiere riproponendo tutte le parti con il solo uso della sua chitarra e della sua pedaliera, con risultati sorprendenti. Per poterlo sostituire Smith ha dovuto chiamare Reeves Gabrels, in altre parole il factotum chitarrista che ha accompagnato Bowie nel suo periodo più acido (dai Tin Machine fino a Hours, per intenderci: non uno qualunque). Ultimamente ha anche collaborato con ​Gonjasufi… Quindi sta ancora sul pezzo​.

STEVE SEVERIN

Il bassista dei Banshees ha fatto di tutto per tenere Smith a sé. Per esempio ha fondato i Glove, cercando di distrarlo dalla sua ragione sociale, ma per essere ancora più efficace per un periodo Steve è stato addirittura il bassista dei Cure. Nella versione flexi di "Lament", si sente il suo tocco magico e in una riduzione televisiva di "Siamese Twins" per la BBC, con tanto di balletto contemporaneo annesso, si vede in azione nascosto da un cappellaccio. Nonostante per un paio d'anni Smith sia effettivamente entrato a pieno regime nei Banshees (col visionario Hyena) e si sia fatto gonfiare di LSD a go-go da Severin, alla fine non è riuscito a dimenticarsi, proverbialmente, il primo amore.

Bene, potremmo parlarvi anche di altri illustri membri onorari quali Roberto Soave degli Shelleyan Orphan, Vince Ely degli Psichedelic Furs, Derek Thompson degli SPK o Norman Fisher Jones, meglio conosciuto come Noko: ma sarebbe superfluo. Il discorso è che ad ogni album Smith ha sempre annunciato la fine della sua creatura e adesso siamo ancora qui. Alla luce di quanto detto, i Cure evidentemente vivono di vita propria. Se il disco nuovo non esce, stavolta parte il toto cacciata: vuoi vedere che ora tocca a Robert Smith?

​Segui Demented su Twitter: @DementedThement​​.

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