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Musica

Perché anche in Italia non dobbiamo ignorare le accuse a R. Kelly

Un nuovo documentario accusa la voce di "I Believe I Can Fly" di abusi gravissimi: la comunità hip-hop americana si è mobilitata, ma quella italiana?
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Fotografia promozionale di Christian Lantry

A luglio 2017 scrissi un articolo intitolato "A volte i rapper possono anche essere delle persone orribili". Chiedevo ai lettori, appena sotto il titolo, se volevano davvero ascoltare gente che avrebbe tenuto in ostaggio ragazzine o pestato una ragazza incinta. L'immagine era il viso di XXXTentacion, mentre il contenuto cominciava a dipanarsi dalla figura di R. Kelly, leggenda dell'R&B.

La canzone per cui R. Kelly è conosciuto in tutto il mondo, e anche in Italia, è "I Believe I Can Fly": pezzone strappalacrime contenuto nella colonna sonora di Space Jam. Negli Stati Uniti Kelly è però una vera superstar: per darvi un'idea, nel 2003 la sua "Ignition (Remix)" si prese la cima delle classifiche per cinque settimane a discapito di un pezzo da noi molto più conosciuto come "In Da Club" di 50 Cent.

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Nel suo curriculum ci sono collaborazioni con mostri sacri come Jay Z e The Notorious B.I.G., opere ambiziose, persino una breve carriera da giocatore di basket. Anche se il suo profilo si è leggermente stabilizzato negli ultimi anni, Kelly ha continuato a lavorare con esponenti di generazioni successive alla sua: Lady Gaga, Justin Bieber, Chance The Rapper. Questo nonostante le accuse che lo hanno accompagnato per tutta la carriera.

La storia dei crimini di R. Kelly è lunga e complessa. Il modo migliore che avete per saperne i dettagli è guardare il nuovo documentario appena uscito su di lui, quello per cui sto scrivendo questo articolo. Si chiama Surviving R. Kelly. Eccone un brevissimo riassunto: Kelly è stato molestato da bambino, ha falsificato documenti per sposare la celebre cantante Aaliyah quando lei aveva solo 15 anni, ha subito un processo per pedofilia da cui è uscito indenne solo perché è riuscito a procrastinare il più possibile la data d'inizio così da far crescere la ragazzina coinvolta.

Ah, dimenticavo: indagini condotte negli anni dal giornalista Jim DeRogatis hanno evidenziato l'esistenza di una "setta sessuale" attorno alla sua figura. Kelly ha sedotto numerose ragazze, portandole a vivere con sé e trattandole come le sue schiave personali, facendo a loro il lavaggio del cervello e separandole dalle loro famiglie. Queste accuse sono state corroborate da un'ulteriore inchiesta proprio a luglio 2017, quando ho scritto l'articolo di cui sopra. Surviving R. Kelly contiene numerose altre testimonianze di persone coinvolte: colleghi e familiari di Kelly, vittime e membri delle loro famiglie.

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La separazione tra arte e artista è stato uno dei temi principali del 2018. A partire dall'avvento del movimento #metoo si è cominciato a parlare come mai era successo prima di violenze e molestie in qualsiasi ambito della società, comunità hip-hop compresa. Giovani artisti problematici come XXXTentacion, 6ix9ine e Kodak Black hanno però dominato le classifiche dell'anno appena passato nonostante le accuse nei loro confronti, perlopiù comprovate legalmente.

R. Kelly ha invece subito duramente le inchieste realizzate sulla sua figura. Una proiezione ufficiale del documentario a cui sarebbero dovute apparire numerose testimoni e attiviste è stata annullata dopo che qualcuno aveva minacciato gli organizzatori. Il procuratore di Chicago ha chiesto alle vittime di condividere testimonianze e dati per organizzare un'accusa nei confronti di Kelly. Sia Chance The Rapper che Lady Gaga si sono scusati con i propri fan per avere lavorato con lui; Gaga ha anche intenzione di rimuovere dai servizi di streaming la loro collaborazione.

Non posso certo dire che il nostro pubblico su Instagram sia rappresentativo dell'intera popolazione italiana e/o della nostra comunità hip-hop, ma noto che spesso quando su Noisey parliamo di tematiche che vanno oltre l'arte e toccano l'artista (dal suicidio alla salute mentale, dal razzismo al sessismo, passando per la politica) vedo commenti che minimizzano il problema, lo riducono a uno scontro gridato o ci scherzano sopra.

Il rap italiano, così come quello di qualsiasi altra nazione al mondo, si è in parte smarcato dalla sudditanza culturale del rap americano. Ci creiamo i nostri fenomeni, sviluppiamo i nostri suoni, creiamo il nostro linguaggio, ma teniamo sempre un occhio aperto su ciò che succede negli Stati Uniti. Il che è naturale, dato che la forza evocativa e la centralità culturale dei grandi rapper americani non si cancella certo dall'oggi al domani.

Ma se continuiamo ad abbeverarci a quella fonte per soddisfare la nostra sete di nuova musica e simboli da imitare, non abbiamo ancora cominciato a sviluppare la sensibilità che rende il documentario su R. Kelly la storia più grande di questo 2019 appena cominciato. Nella comunità rap italiana si minimizzano, ridicolizzano o ignorano spesso tematiche che vanno oltre l'arte e toccano l'artista (dal suicidio alla salute mentale, dal razzismo al sessismo, passando per la politica). C'entra il modo in cui funzionano la nostra società e i nostri media. C'entrano le barriere linguistiche che ci impediscono ancora di stare perfettamente al passo con i tempi come invece accade in altre parti d'Europa e del mondo.

Resta che fruire di prodotti come Surviving R. Kelly ci mostra la possibilità di una scena hip-hop non necessariamente dominata da uomini potenti, di una comunità attenta a proteggere il benessere di chi ne fa parte e di prendere posizione su temi difficili nel momento del bisogno. Sarebbe bello se il 2019 marcasse una svolta in questa direzione. Certo, possiamo continuare a dissarci, a fare i grossi e a prenderci per il culo, che sennò sarebbe una noia. Ma se i nostri media continuano a saltare sul carro a ogni occasione possibile per colpevolizzare la trap, dimostrando di non averla capita né di avere intenzione di capirla a breve termine, sarebbe bello se tutti noi dessimo a chi non capisce cos'è questa splendida cosa che è la musica l'immagine di una comunità unita, che si supporta a vicenda ed è capace di lottare per garantire il benessere di tutti i suoi membri. Elia è su Instagram: @lvslei. Segui Noisey su Instagram e su Facebook.