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Musica

Sono stata a un live di X Factor con Ghemon

Abbiamo giocato a fare i giudici, discusso dello stato della musica e fatto un selfie con Beppe Bergomi.
Carlotta Sisti
Milan, IT
ghemon noisey x factor
L'autrice e Ghemon nel backstage di X Factor.

Non viviamo certo nel migliore dei mondi possibili, con Francesco Facchinetti che diventa baluardo dei sovranisti e Stan Lee che, nonostante non lo credessimo davvero possibile, ci lascia orfani. Ma noi di Concertini, la rubrica più amata da chi prova un sottile disagio di fronte ai monologhi di Alessandro Cattelan, guardiamo sempre al bello che ci circonda, e che, in questo preciso momento storico, coincide con: Johnny Depp redivivo e in grado di recitare un ruolo senza la faccia da sparviero di Jack Sparrow, qualcosa riguardo alla Chiesa che restituisce dei soldi e X Factor che decide di ospitarci per la sua quarta puntata dei Live. E sì, quest’ultima la inseriamo a testa alta tra le buone notizie, soprattutto per il fatto che il nostro è un team dichiaratamente logorato dall’ambizione e dalla smania di popolarità, e per questa ragione punta ad arrivare ovunque, anche all’Ariston (questo è un appello).

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Abbiamo quindi iniziato una nuova love story al Teatro Ciak di Milano, consolidandone al contempo una vecchia, ovvero quella con il free buffet sconsideratamente offerto a noi servi del potere nell’area hospitality. L’atmosfera era piuttosto straniante, con una playlist in sottofondo che suonava ora "Thoiry" ora Gigi D’Agostino, un accrocco di gente ruminante, qualche VIP non ruminante (Beppe Bergomi, Federica Fontana, Jo Squillo) e sulla parete schermi con foto dei concorrenti, quelli eliminati in un sinistro bianco e nero che finiva con lo sfumare fino a rendere irriconoscibile il volto. Una via di mezzo, insomma, tra gli Hunger Games e The Apprentice. Nonostante gli input contrastanti, ho comunque trovato l’ispirazione per perdere nuovamente qualche grammo di dignità con tre giri di portate, ma ho anche perso un po’ di fiducia nell’umanità una volta scoperta l’esistenza di una pietanza chiamata “mini toast”, che sembra di cartone e non si capisce se contiene carne o meno. Alla fine mi sono buttata sul vino per farmi coraggio in previsione delle oltre quattro ore chiusa lì dentro e sono stata raggiunta del mio ospite, Ghemon, che, dopo essersi fatto un selfie con Bergomi, era già molto vicino allo zenit della sua serata.

Ma Gianluca, che come saprete (anche se ai vostri amici dite di non avere nemmeno la televisione) ha aiutato Manuel Agnelli a scegliere le componenti della sua squadra di mini-donne, è una persona molto cortese e, nonostante ogni tanto lo trovassi impegnato a provare filtri allo scatto tra lui e il vero Beppe nazionale, ha resistito in mia compagnia per tutta la durata dello show e oltre. Tifando, ovviamente, per la squadra che “ho realmente selezionato insieme a Manuel, in Belgio; anche se nel montaggio, di quelle ore passate a provinare e ragionare, è rimasto poco”.

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In realtà, invece, quanto ci avete messo per scegliere?
Ore. Manuel era combattutissimo e mi ha anche detto che le mie opinioni, molto chiare come spesso sono, lo avevano ulteriormente messo in difficoltà. Ecco, la cosa che mi ha colpito è stata proprio quanto lui ci tenga, quanto affronti la cosa con la massima serietà, che poi, credo, è l’unico modo possibile perché se non ti appassioni, inutile farlo.

Quindi arrivi qui preparato? Hai guardato le puntate?
Sì, fino a che non mi si è rotta la TV, nel senso che è proprio caduta per terra sfasciandosi, e allora ho detto: la quarta puntata me la vado a vedere con Noisey.

E infatti, eccoci. Fino a qui che te n’è sembrato?
Come ti dicevo poco fa, c’è una componente “sentimentale” in questa edizione per me. Vengo qui come tifoso, sono affezionato a Luna, Martina e Sherol ma, oltre a ciò, penso siano incredibili e penso si sia visto. Di quel che penso degli altri parleremo dopo, quando ti dirò la mia sulle esibizioni.

Non vedo l’ora. Domanda da giornale serio: X Factor fa bene alla musica o solo a un certo tipo di musica?
Ero curioso di vederlo da dentro, per farmi un’idea più concreta, allo stesso modo in cui ero curioso di vedere da insider Sanremo, a cui ho partecipato quest’anno nel duetto con Diodato e Roy Paci. Non sono mai stato il fondamentalista che da casa dice “la TV è una merda”, è un concetto che proprio non mi appartiene. Quindi mi interessavano entrambi, e in X Factor per quello che ho visto posso dire che la musica è davvero fondamentale e centrale, e questa è già positivo. Anni fa ho accompagnato una mia ex fidanzata ai provini di X Factor, in Campania, e quindi ho visto anche quel lato della cosa e il ragionamento che m’è venuto da fare è: quando ho iniziato io, ormai 20 anni fa, ho potuto fare tutt’altro percorso, quello dell’autoproduzione e dell’indipendenza, anche grazie al fatto che c’erano più spesso audizioni e occasioni per farsi conoscere dai discografici. Oggi va questo. Oggi la condizione massima in cui uno si può trovare a lavorare se fa il cantante è il talent, ma non solo per i due mesi di attenzione del pubblico, ma per il dietro le quinte, con gente cazzutissima che ti segue le scenografie, le coreografie, con professionisti del canto che ti seguono da vicino, con persone che ti preparano a tutto tondo.

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Poi però tutta quella roba lì scompare.
Sì, e uno deve scoprire se ha o non ha il pelo sullo stomaco. La televisione non è per forza un tritacarne, sta a te scegliere se metterti in questo tipo di gioco, ma certo devi sapere che occorre, quando le luci della ribalta si spengono, essere sveglio e pronto. Comunque se pensassi che X Factor facesse male alla musica non avrei accettato di partecipare alle selezioni, perché non sono un ipocrita.

Non ti lascia stupito quanto dei ragazzi di 16 anni siano pronti ad esibirsi in diretta TV?
A 16 anni hai grinta e faccia tosta sufficienti per gestire una cosa del genere, penso davvero che sia più tosto il dopo. Perché lì ci vuole o esperienza, che un adolescente non ha, o qualcuno di molto esperto che ti guidi e che ti consigli. Però sì, le ragazze mi hanno sconvolto: quando è entrata la prima, Luna, che mi ha rappato in faccia con un timing perfetto, ho detto “wow, che bomba”!

Quindi esiste quel fantomatico fattore X?
A me piace sempre lo scavo psicologico, perciò ti dico una cosa che potrebbe sembrare ardita: quando una prova a cantare a casa, usando la spazzola al posto del microfono, sai quanto si immedesima in quella cosa? Ecco, la telecamera può essere quel genere di specchio lì, perché tanto intorno è tutto ovattato. Quindi uno mette in scena e mette in atto il “personaggio cantante”, lo stesso della cameretta. Poi, chiaro, quando segui lo show capisci anche che ci sono alcuni con la marcia in più.

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Sei qui a tifare per una squadra di ragazze, di cui una, Luna, aspirante rapper, il che mi riporta a un tuo tweet infastidito verso una risposta che mi ha dato Drefgold sulla scarsa qualità delle donne nel rap in Italia. Cosa non ti è piaciuto di quella affermazione?
Faccio una panoramica, che le cose che non mi sono piaciute sono almeno due. Prima di tutto, da persona che ha avuto i pantaloni larghi, non mi piace la percezione che una cosa del passato sia stata sciocca solo perché non ha fatto i numeri e i soldi che si fanno adesso, mentre è stata una scena, se vuoi, più amatoriale ma comunque bellissima e indispensabile a preparare quello che succede ora. E io sono ancora in piedi, anche con i pantaloni stretti. Quindi è stupido sputare nel piatto in cui si mangia e come ho detto su Twitter qualcuno potrebbe dire la stessa cosa dei capelli di Dref tra dieci anni, per cui non sono quelli i criteri su cui ci si deve basare. Per quel che riguarda le donne, non sopporto le generalizzazioni. E anche solo pensare che una ragazza che fa rap debba per forza aver fatto la stripper come Cardi B, dando per scontato, oltretutto, che fare la stripper sia degradante, lo trovo un ragionamento piccolo sia come criterio generale, e ancora peggio come criterio applicato alle donne.

Il rap paga ancora lo scotto di certi cliché?
Non esiste al mondo niente di più filmico e fumettistico del rap. Questo è un genere dove chiunque può diventare un supereroe senza aver mai fatto nulla di lontanamente pericoloso o avventuroso in vita sua. Io penso che il vissuto conti poco; a contare tanto è la bravura, con la bravura scavalchi i ponti. E non trovo che sia giusto che una donna debba stare a quei termini contenutistici e stilistici per farsi rispettare in un ambiente principalmente maschile, anzi. Concludendo, ho trovato quelle uscite poco rispettose delle ragazze, le ho trovate qualunquiste e soprattutto le ho sentite come dette con la leggerezza e la spensieratezza di chi ha, ora, i numeri che gli danno ragione.

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Dici che quello è un fattore?
Massì. Immagino che, con un grande seguito dalla tua, ti senti di uscirtene con robe tipo “dai, diciamocela tutta, di tipe brave non ce ne sono”. Secondo me i numeri non autorizzano a dire qualunque cosa. Se vogliamo fare una cosa sana, si deve cercare meglio, senza seguire lo stereotipo “vita difficile”, no?

Hai un messaggio specifico per chi fa trap?
Sì, anche perché è un genere che ascolto e che mi piace perché mi piace la musica nera. A chi fa trap vorrei dire che forse c’è bisogno di una ragazza che faccia se stessa, non che faccia per forza Cardi B. Può anche essere che una sia brava e parli di altre cose, comunichi altri valori. E l’arma della sessualità o sensualità una la può mettere in campo a 16 anni o anche se è sposata, se ha un figlio, quello non è un criterio: quello è un diritto di una donna e non la si deve giudicare. Farlo mi sembra una roba da anteguerra.

Chi è, non volendo rimanere generici, che sta facendo bene le cose?
C’è Leslie, una ragazza di Pescara molto brava che è la prima che mi viene in mente, e che non è uno stereotipo, ma non è manco una che se c’è da parlare di, chessò, sesso va per il sottile. Però questo è un ambiente molto chiuso nei confronti di altro che non sia quel racconto là, e io stesso sono stato vittima a mio tempo di una certa discriminazione nel mondo hip hop, perché deridere chi non aderisce al cliché fa parte ancora del gioco. Ma tornando alle ragazze, anche Priestess mi piace, le avevo anche scritto per farle i compimenti perché io quando vedo qualcosa che mi gasa ho voglia di dirlo all’artista, non mi risparmio, da me ad Avellino si dice “non mi magn’ mai n’emozione”, cioè non mi trattengo dal dire “bravo, hai fatto una figata”.

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Hai voglia di passare dall’altro lato della musica e produrre?
Sì, tantissimo. E di sicuro il mio primo esperimento di produzione artistica lo farò con una donna, 100 percento, anche per tenere a bada il mio lato femminile.

A distanza di un po’ dal disco e dal libro Io sono. Diario anticonformista di tutte le volte che ho cambiato pelle, in cui hai raccontato la tua depressione, pensi di esserti fatto e aver fatto del bene?
Io penso che il modello del superuomo invincibile non serva a niente. In quest’epoca qua spiattellare, mettiamo su Instagram, solo le volte che hai vinto, solo le cose che ti regalano, ti fa attirare un sacco di fan invidiosi che a un certo punto si rompono il cazzo. Ma invece tu, non vorresti, forse, anche vicinanza e ammirazione sincera? Io ho sentito il bisogno di questo. Se, al contrario, ti trascini dietro un codazzo di gente che bramerebbe solo avere quello che hai tu, perché è la sola cosa che mostri, rischi che poi il gioco si rompa, e che ti vedano come un bambino viziato che li fa sentire frustrati. La mia vita è un’altra roba: mi alzo e devo sudare. E sì, penso che quanto ho raccontato abbia fatto bene a me e ad altre persone.

Ma è stato più difficile o più liberatorio?
Ne parlavo l’altro giorno con Gipi, il più grande dei fumettisti, che questa cosa può pure passare per narcisismo. Narcisismo così forte che metti pure la tua merda davanti a tutti e gli dici “eccola, guardatela, quanto è merda”. Ma a me quello che mi fa orrore del nostro Paese, è che negli ultimi 15 anni si è fatta avanti questa mentalità per cui se dici cose responsabili o ragioni per sensibilità, ti accusano di perbenismo, moralismo, buonismo. Sei più figo se sei inarrivabile e maldetto, sei uncool se dici una cosa di senso e vuoi essere un punto di riferimento per le persone con un disagio. Invece esiste anche altro, esiste anche dire: “raga, le cose mi vanno a volte male, a volte bene, amen”.

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Il lavoro che fai, con i suoi alti e bassi, come si concilia con un disturbo mentale?
Ecco, questo si ricollega a ciò che dicevo prima su chi fa milionate di numeri e fa il karaoke ai concerti e non sa che questa è una maratona. Il mio up and down, come provo anche a mostrare un pochino nelle stories in cui faccio palestra (e che non faccio per dire “guardate quanto cazzo sollevo”, perché farei ridere) è qualcosa che devo gestire e quello che voglio dire è che occorre una regolarità, che non mi viene naturale, ma che mi devo imporre. Fare l’imprenditore di te stesso e durare nel tempo significa rigore, disciplina, scadenze, significa che non si può bere tutte le sere che vai a suonare, non si possono mangiare le lasagne tutti i giorni, non puoi fumare tutto il tempo, devi dormire un certo numero di ore… E, in generale, si deve imparare a gestire il tempo. E la noia. E io a 36 anni, con 20 anni di palco alle spalle, ho voglia di farne altri 40, quindi imparo ogni giorno a prendere le contromisure.

Ci stanno incalzando per entrare che inizia lo show, ultima domanda prima delle tue recensioni alle performance: a che cosa stai lavorando adesso?
Alla musica, ma la cosa attoriale è viva, la cosa della stand up comedy è viva, la cosa di un altro libro, ma non per forza tutto scritto ma anche con delle immagini (non farmi esporre troppo), è in corso d’opera. Quindi, il momento è vivace e pieno di cose fighe.

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ghemon x factor noisey

Ghemon con l'autrice.

A questo punto siamo stati praticamente trascinati in sala, provvisti di posti extra lusso, ovvero terza fila dietro i giudici, roba che davanti a noi avevamo solo i fan di Leo Gassman, ovvero frammenti di Parioli bellissimi, lucentissimi, ricchissimi, ma sprovvisti di generi di conforto (acqua, antibiotici, svapa, LSD) indispensabili per non perire nella morsa degli ottanta gradi mischiati a virus di varia intensità del Ciak.

Con il trucco che iniziava a disfarmisi sul volto e che da lì a poco mi avrebbe resa parzialmente cieca, ho chiesto un’ultima cosa a Ghemon, e cioè quanto l’ambizione per un artista sia un’arma a doppio taglio: “L’ambizione rischia di diventare anch’essa una malattia, e poi ha a che fare con tante cose. Anche, come nel mio caso, con i genitori, perché ho sempre avuto questa sensazione addosso di dover essere meritevole di complimenti, di apprezzamenti, dei vari “bravo, ben fatto”. Anche imparare a darti una pacca sulla spalla, e goderti il momento è qualcosa di fondamentale da imparare. Come anche non pensare ossessivamente al lavoro e io, per farlo, mi sono finalmente fatto lo studio fuori da casa, che può sembrare banale, ma in realtà ti permette di dividere la vita personale e quella professionale anche in modo fisico e vedo che per me funziona”.

A questo punto, dopo aver notato una palese gentrificazione dei fan, con i già citati gassmaniani in prima fila, quelli di Sherol Dos Santos in ultima, e quelli degli iraniani Bowland a casa della zia di Lodo Guenzi, sono iniziate le esibizioni, che Gianluca ha molto severamente giudicato per noi.

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Seveso Casino Palace: "Standing in the way of control" dei Gossip

Ghemon: Una bella presenza, una bella energia. Esibizione ok, ma comunque not impressed.
Noisey: Non capisco perché fare questo a Beth Ditto, ma bellissimi stivali.

Renza Castelli: "La costruzione di un amore" di Ivano Fossati

Ghemon: Canzone bellissima e difficilissima da cantare. Bella pasta di timbri di voce. Però tecnicamente non è soddisfacente e non mi ha smosso emotivamente. Ed era quello che questa esibizione avrebbe dovuto fare.
Noisey: Mi ha smosso emotivamente la figaggine di Renza ma non abbastanza da piangere e potermi dissetare con qualche lacrima.

Martina Attili: "Strange Birds" di Birdy

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Martina Attili.

Ghemon: Candidata ad arrivare fino in fondo. Non deve mollare su qualche piccolo calo di intonazione che ha quando canta sottile. Molto espressiva nel linguaggio del corpo, il che è un’ottima cosa.
Noisey: Che paura fottuta mi fa Martina Attili solo iddio lo sa.

Naomi: "Crisi metropolitana" di Giuny Russo e Franco Battiato

Ghemon: Coraggiosa. Può cantare molto bene e quindi era meglio non sperimentare. Fine.
Noisey: Scusate, ho perso conoscenza per mancanza di elettroliti.

Leo Gassman: "Pianeti" di Ultimo

Ghemon: Bellissima pasta di voce, la presenza è nel DNA, l’immagine aiuta. La canzone non mi piace per niente e la trovo inadatta. Senza infamia e senza lode.
Noisey: L’ho trovato molto basso, per il resto che cazzo di caldo c’è qui dentro.

Sherol Dos Santos: "I Will Always Love You" di Whitney Houston

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Sheryl Dos Santos.

Ghemon: Lei nella vita farà la cantante, e non posso dirlo con la stessa certezza di tutti i ragazzi che sono qui stasera. Spero vada avanti ma dovunque si dovesse fermare è un’interprete super. Tutto il resto che verrà dopo dovrà essere fatto con cura. Anzi, spero di essere d’aiuto in quel senso, questa voce deve esplorare questo stesso genere ma in italiano, e non essere messa al servizio di schifezze.
Noisey: Black Panther.

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Anastasio: "Another Brick in the Wall" dei Pink Floyd

anastasio x factor live noisey

Anastasio.

Ghemon: Scrive bene, apposto. Stasera meh. Sorry.
Noisey: Non mi sento più la face.

Luna: "Eppur mi son scordato di te" di Lucio Battisti

Ghemon: Che carattere, ragazzi! Timing impeccabile, cosa purtroppo molto strana nella musica italiana (per cultura non è quella la forza della nostra tradizione e manco di molti nostri rapper). Sarò di parte perché l’ho scelta ma è una presenza molto fresca. Bella storia.
Noisey: Non lo so, l’ho persa perché per acquistare dell’acqua ho fatto tardi e mi hanno bloccata all’ingresso, dove ho fatto un selfie con Beppe Bergomi.

Bowland: "Drop the game" di Flume/Chet Faker

bowland x factor noisey

Bowland.

Ghemon: Bella assegnazione. Amen. Mi sono passati via veloce, non so se è un bene o un male, sicuro sono una realtà interessante e spero vadano avanti.
Noisey: “Ma davvero assomiglio alla cantante dei Bowland?” Mi sono chiesta questa cosa per due minuti e mezzo.

Spoiler finale: sono usciti i Seveso Casino Palace, io sono sopravvissuta seppur in preda a numerosi tic, Ghemon ci ha dato il suo consiglio d’ascolto (il nuovo EP di Venerus su Asian Fake), di Kevin Spicy si sono perse le tracce, ma qualcosa mi dice che stia stalkerando Jo Squillo.

Carlotta è su Instagram. Anche Kevin Spicy è su Instagram.

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