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Musica

Recensione: Gomma - Sacrosanto

Che strana e bella idea quella di fare un disco emo-punk così fuori moda.
Giacomo Stefanini
Milan, IT
gomma
Foto promozionale

Avrò avuto più o meno l'età di Ilaria, la cantante dei Gomma, quando ho scoperto i libri di Julio Cortázar. A quei tempi ero un ragazzino arrogante che credeva di poter usare il cinismo per tappare una serie di falle emotive che rischiavano di farmi affondare rapidamente. Grazie a Julio ho pian piano riscoperto due cose che credevo perdute come solo un adolescente può credere perduto qualcosa: la fantasia e i sentimenti. A quanto pare ha avuto lo stesso effetto su Ilaria e sul resto dei Gomma.

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È infatti a "Casa occupata" che corre la mente non appena inizia "Fantasmi": è uno dei racconti più belli e inquietanti del realismo magico sudamericano, in cui una presenza ineffabile occupa una casa e, stanza dopo stanza, la riempie fino a renderla inabitabile. E non sono soltanto i testi, nel disco dei Gomma, a riportarmi a quei magici metà-Duemila (sì, non ho più vent'anni da quasi 15 anni): la band di Caserta, nel suo "secondo primo album", alle mie orecchie suona esattamente come quegli anni, che infatti sono gli anni in cui si è sviluppato Sfortuna dei Fine Before You Came, che dalla sua uscita è la pietra di paragone di un certo tipo di emo italiano.

gomma sacrosanto

La copertina di Sacrosanto, cliccaci sopra per ascoltarlo su Spotify.

È fastidioso usare la definizione "emo", non perché sia una definizione fastidiosa in sé, ma perché per me, e per Noisey in generale, la sfida di raccontare un album è vinta quando si riesce a farlo bene senza usare banali nomi-di-generi come scorciatoia. Eppure è interessante osservare che Sacrosanto, pur essendo un album di un gruppo giovane in Italia nel 2019, è anche un album molto di genere: la scelta meno "fine anni Dieci" che potessero prendere.

Rispetto a Toska, un album che la band stessa ha esplicitamente chiesto di dimenticare, Sacrosanto è un gran bel balzo in avanti: finalmente i Gomma non sembrano più così impegnati a far vedere quanto si stanno impegnando. Hanno spogliato le canzoni, lasciando trapelare il loro talento naturale e la sicurezza acquisita durante i loro primi fortunati anni di carriera. Ora sanno e fanno sapere di saper scrivere un buon pezzo malinconico, sentito, che fa alzare il pugno in aria e fare headbanging. La sezione ritmica ha abbandonato certe tentazioni complicate in favore di un approccio diretto e (post) punk che sembra ispirato a band come Protomartyr o Preoccupations e la voce si è alleggerita e finalmente steatralizzata, mentre la chitarra continua ad alternare arpeggi ad attacchi dissonanti, nella migliore tradizione del genere ("Balordi" è una buona eccezione noise rock).

Disco di genere però non significa non-originale: c'è personalità in questi nuovi Gomma, la si ritrova nelle metafore di Ilaria, un mondo iperreale fatto di corpi, edifici e strade; nell'apparente facilità di un attacco punk che non si sentiva a un certo livello di musica italiana da tempo; e la si ritrova semplicemente nella scelta fuori moda di creare un disco che si rivolge esplicitamente a una nicchia underground pur non facendone necessariamente parte, in un momento in cui tra post-ironia, poptimism e una costante ricerca della novità, la scena non-rap italiana sta raggiungendo paradossali abissi meta-itpop che rischiano di farla diventare un uroboro di musica di merda.

Sacrosanto non è un album per tutti: non è spensierato ma non è politicizzato, non è fresco ma non è familiare, non è maturo ma non è adolescenziale; se non ti piacciono le chitarre e se un certo tipo di slancio drammatico ti sembra una cosa del passato, evitalo. Ma se sei stufo di inseguire meteore che scompaiono oltre l'orizzonte in un giro di playlist su Spotify, forse qui puoi trovare una nuova stella fissa per farti guidare nella notte.

Giacomo è su Instagram.

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