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Musica

Ritorniamo alla realtà con Abul Mogard

L'artista drone serbo sta per pubblicare uno split con il maestro dell'industrial Maurizio Bianchi, noi abbiamo la sua traccia in anteprima.

Nella primissima metà degli anni Zero, ero nella succursale newyorkese di un'etichetta discografica house italiana a fare il primo mestiere della mia vita, uno stage. Utilizzavo le lunghe pause pranzo tra un invio di promo a nomi che avevo letto sulla stampa musicale e imballaggi. Bighellonavo per le zone di Manhattan, soprattutto nella chiassosa Chinatown con le sue bellissime coreografie di vecchietti, o in un'altra che—prima che si facessero posto altri acronimi—si chiamava NOLITA, nord di Little Italy. Entrai in un bugigattolo in cui suonavano un CD degli Streets, c'erano Harrington di diversi colori in vendita, gli avventori indossavano Casio ottonati e camice che rimandavano in modi molto letterali alle Hawaii. Anche gli accenti non sembravano familiari.

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Era il VICE store, la prima incarnazione della media company che ha generato il magazine che state leggendo. Era una parentesi di lad culture: un giochino subculturale ispirato all'estetica delle generazioni precedenti, frequentato brevissimamente e con un certo imbarazzo anche da esegeti aristocratici del pop britannico come i Saint Etienne, band di musicisti-giornalisti. Consisteva nell'estremizzazione ironica e paternalistica, di alcuni tratti attribuiti alla classe operaia: esuberanza vitalistica, pacchianeria e propensione agli eccessi tossici. Una semplificazione, per capirsi, vicina più a Liam Gallagher che a Mark E. Smith, che ebbe la sua bibbia transitoria nel mensile Loaded.

A quell'epoca uno dei soci di VICE era Gavin McInnes, uber-hipster che iniziò a flirtare con idee repubblicane per rompere le palle all'imperante cultura del politicamente corretto: "Sono lieto che la maggior parte degli hipster di Williamsburg sia bianca", dichiarò notoriamente al New York Post, prima di fondare la sua gang di maschi bianchi Proud Boys e diventare un maître à penser della alt-right. Nello stesso periodo, Terry Richardson si produceva in una replica piuttosto credibile del look dello zio porco che abitava da qualche parte sulla bible belt. La buonanima di Dash Snow era l'artista del giorno: sesso, tatuaggi di teschi, saluti per overdose. Tutto una grande, grande risata, zero sottigliezza, introversione o critica sociale. Non mi ricordo se era l'ironia o la post-ironia, fatto sta che è finita per trasformarsi in serissimo terrore.

Allora facciamo così: ripartiamo dalla cultura dei vecchi, sì, ma con il santino di William S. Burroughs, figlio dei re dei contatori di cassa, riservato fino alla paralisi, quieto e sempre incravattato. Ripartiamo anche da questi due: Maurizio Bianchi, vate power-electronics dell'industrial italiano, e Abul Mogard, misteriosissimo pensionato serbo che ha scoperto l'amore per suoni ambient (poi Thom Yorke ha scoperto lui). Il tutto su Ecstatic, etichetta londinese dell'italianissimo Alessio Natalizia aka Not Waving. Ascoltate la traccia di Abul su questo LP split tutte le volte che potete nelle prossime quarantotto ore in cui sarà gratis in streaming su Noisey (per quella di Maurizio dovremo attendere la release ufficiale tra due giorni). Cancelliamo tutto, pensiamo a un rivolo di storia che si stacca di qualche centimetro da quella ufficiale. Chissà che alla Casa Bianca non accada, magicamente, qualcosa.

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