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Un po' di persone sulla bugia più grande mai detta nella loro vita

"Mentre ero dai miei, ero finito in una rissa con degli skinhead, che mi avevano rapito. Nessuno sapeva dove fossi. Questo era tutto."
Foto di Giorgi Nebieridze, dalla serie "Tbilisi è un paradiso".

Quando raccontiamo palle lo facciamo per tanti motivi diversi: per sembrare più fighi, per limonarci qualcuno, per tenerci fuori dai guai e, ovviamente, per avere un certo controllo sul modo in cui ci vedono gli altri. Ma come ogni quindicenne con un fidanzato "che frequenta un'altra scuola" potrà confermare, mentire non è sempre facile. E più è grossa la bugia, più è facile che la situazione sfugga di mano.

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Abbiamo chiesto a un po' di persone di raccontarci le bugie più complesse e incasinate ideate nella loro carriera di esseri umani.

IL GIORNO DELLA PAGELLA

Mancava un giorno alla consegna delle pagelle, e sapevo che sarebbe stata una strage. Ero disposta a fare qualsiasi cosa pur di saltare. Mio padre faceva l'infermiere e per casa c'erano un sacco di libri di medicina, quindi mi sono messa sotto e ho passato due ore a studiare i sintomi dell'appendicite. La mattina dopo mi sono svegliata lamentando un dolore al fianco destro. Mia madre era chiaramente al corrente della consegna delle pagelle, e ha annusato subito la bugia—ma io ero determinata a vincere. Sono andata comunque a scuola, e tornata a casa ho ricominciato a lamentarmi del dolore, aggiungendo dettagli che avevo raccolto dai manuali. Eppure, i miei non sembravano interessati a credermi.

Stesa sul divano, e pronta a rassegnarmi ma decisa a continuare a mugugnare, mi sono presa un pugno in pancia dal mio cuginetto e mi sono fatta scappare un urlo. Mia zia era sinceramente preoccupata, e ha implorato mia madre di portarmi in ospedale.

Mi hanno fatta passare subito, perché ormai ero diventata piuttosto brava a spiegare i particolari della mia finta appendicite. Solo che poi è stato il turno del clistere e degli aghi per il prelievo. E anche quando con le analisi non hanno trovato niente, visto che stavo "malissimo" hanno deciso di operarmi d'emergenza. A quel punto non potevo più tornare indietro. Mia madre era distrutta per non avermi creduto. E io avevo esagerato. Così, invece di prendermi una strigliata per una brutta pagella, mi sono beccata un intervento assolutamente non richiesto e seguito da un lungo e doloroso recupero. —Isabelle, 33 anni

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LO SVENIMENTO

Ormai era deciso: quel fine settimana sarei andata con mia madre a trovare mia nonna. L'unico problema era che non ne avevo assolutamente voglia. Volevo solo essere lasciata a casa, da sola, ma tutte le mie lamentele e richieste non avevano sortito alcun effetto. La cosa più logica mi sembrò di fingere uno svenimento nel bel mezzo della lezione di francese.

Dopo aver fatto un po' di pratica la sera prima, in classe ho aspettato il momento giusto—quando la classe era in silenzio—e sono collassata a terra nel modo più drammatico possibile. Tra i miei compagni si è scatenato il panico, mentre l'insegnante mi scrollava nel tentativo di farmi riprendere. Invece di mandarmi in infermeria mi ha fatta uscire in corridoio e mi ha fatto la predica per aver nascosto quello che lei aveva deciso essere un disturbo alimentare. Mi ha detto che "sembravo proprio il genere di ragazza che poteva smettere di mangiare per essere alla moda" e mi ha fatto un interrogatorio di 15 minuti, costringendomi a raccontare tutto quello che avevo mangiato quel giorno, prima di spedirmi finalmente dall'infermiera. Purtroppo, la mia salute precaria non fece che rendere mia madre più decisa a tenermi con sé quel weekend, e quindi partimmo alla volta della nonna. —Amanda, 27 anni

RAPIMENTO SOSPETTO

Avevo vent'anni e lavoravo come cuoco in un posto di merda di Austin, in Texas, quando lessi che a Olympia, nello stato di Washington, si sarebbe tenuto un festival—il primo Yoyo a Go Go. Dovevo andare, ma sapevo che al lavoro non mi avrebbero permesso di prendermi una settimana intera, quindi mi inventai una bugia su un'emergenza in famiglia, sapendo anche che avrei dovuto inventarmene un'altra quando non sarei potuto tornare in tempo. Il lunedì che dovevo tornare, ero ancora assente ingiustificato, il mercoledì dal lavoro si misero a chiamare i miei contatti di emergenza, quindi avevo bisogno di una spiegazione. A questo punto, mi resi conto che probabilmente non avrei più avuto un lavoro una volta a casa, quindi decisi di spararla grossa e raccontare la Madre Di Tutte Le Cazzate.

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Chiamai il mio coinquilino e gli dissi la storia che doveva raccontare al mio capo: mentre ero dai miei, ero finito in una rissa con degli skinhead, che mi avevano rapito. Questo era tutto. Mi avevano portato in un luogo ignoto e le autorità erano state allertate, ma nessuno sapeva quando mi avrebbero rilasciato.

Quando infine tornai ad Austin, dovevo andare al ristorante a prendere un paio di assegni, ma avevo paura di farmi vedere. Quando finalmente andai a prendere i miei soldi, tutti si immobilizzarono—e poi cominciarono a farmi feste come se fossi un eroe di guerra di ritorno dal campo di battaglia. Erano stati così preoccupati per me! Il manager mi chiese se potevo ricominciare il giorno successivo, io dissi di sì e lavorai in quel posto per un altro anno. Nessuno mi chiese mai i dettagli del mio rapimento, e non so se sia stato perché si erano accorti che era una cazzata, non gliene fregava nulla, o non volevano farmi rivivere un trauma. —Sean, 42 anni

IMBROGLIO ALL'ESAME

Non mi ero preparato per un esame importante e dovevo inventarmi qualcosa in fretta. Mentre andavo a scuola, decisi di accostare in autostrada e aspettare l'arrivo di un poliziotto. Mi era scaduto il bollo, e pensai che fosse un buon momento per farmi beccare. Quando il poliziotto arrivò, gli dissi che mi si era rotta la macchina e mi lasciai sfuggire che il bollo era scaduto. Mi fece una multa, la macchina funzionante fu spedita in un garage dove fu esaminata, e io tornai a casa. Il giorno dopo mostrai al mio professore il verbale di polizia, e lui mi diede una proroga. Ma era anche l'ultimo giorno di esami, quindi ebbi due mesi in più per prepararmi. —Jim, 25 anni

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VENDETTA

La mia terribile amica Jenny invitò me e altre due amiche a una festa di compleanno intima in un ristorante elegante. Noi eravamo puntuali, ma lei era un'ora in ritardo (è terribile, ve l'ho detto). Dopo mezz'ora che avevamo ordinato, il suo capo si presentò con Brody Jenner e tutto il suo enorme entourage al seguito. (Jenny fa la PR per una discoteca di merda, e Brody avrebbe fatto un DJ set quella sera). Il boss di Jenny la invitò a sedersi con loro, e lei andò, lasciandoci sole perché non c'era spazio al tavolo di Brody.

A questo punto, ovviamente eravamo incazzate. Jenny ci aveva prenotato un tavolo in quella discoteca di merda per la serata, ma non ci saremmo mai andate, dopo essere state trattate così. La rassicurammo, "Ci vediamo lì," e andammo in un altro posto.

Jenny telefonò a tutte e mandò 50 messaggi a testa. Era sola al tavolo che aveva prenotato per il suo compleanno, nel suo posto di lavoro. Il giorno dopo, quando ci chiese una spiegazione, le dissi che eravamo state arrestate per aver fumato erba in un vicolo dietro il ristorante, quindi non avevamo potuto raggiungerla. Non mi ha creduto, e non ci parliamo da allora. —Jane, 26 anni

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