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Musica

Infinite Machine non fa musica da club

Infinite Machine da cinque anni costituisce una fonte inesauribile di elettronica decostruita rigorosamente non da ballare. Questo mix esclusivo ne è la prova.
Sonia Garcia
Milan, IT

Wolf.

Se ricordate bene un paio di settimane il polacco B.YHZZ fa ci ha fatto un mix bello schizzoide assieme agli altri due soci del suo collettivo Intruder Alert, e lo spoiler del nuovo EP in uscita per Infinite Machine, mi ha fatto definitivamente venire voglia di puntare un'enorme lente d'ingrandimento sull'etichetta canadese. La mente che la governa è quella di Carlos Juàrez, producer con il nome di Wolf, e senza esagerare posso dire che è stato lui da solo, con l'aiuto di due o tre figure parallele che più avanti approfondiremo, a tenere salde le attività della label le cui recenti bombe di sonorità anti-clubbing portano la firma di WWWINGS, Iydes, Tsunga, Aphix, Lokane, Tomas Urquieta, Galtier, Ziur, Benfika, Liar, W3C e molti altri. Carlos, detto Charlie, è nato e cresciuto a Città del Messico, dove ha vissuto fino al 2009, anno in cui si è trasferito a Montreal. Qui ha fondato il suo macchinario infinito di sperimentazione elettronica, tramite la quale ha fatto conoscenza lui in primis di abissi sonori di cui non aveva neanche sospettato l'esistenza, mentre era in Messico. Il suo backrground hardcore punk ha contribuito allo sviluppo di una generica non-aspettativa nei confronti della comune club music, pensata solo per far ballare, e anzi, l'ha arricchito di una componente demolitrice di gran lunga più lungimirante, specie se associata ai lavori di progetti stilisticamente affini come NON, Halcyon Veil, Janus, NAAFI etc.

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Ho parlato direttamente con lui di come è avvenuta questa transizione, del presente, passato e futuro dell'etichetta, e del perché, tutto sommato, nessuna forma d'arte dovrebbe mai essere fine esclusivamente a se stessa, ma dovrebbe rivolgersi alle coscienze di una collettività quanto più estesa possibile. Il mix qua sotto, confezionato da lui e dal socio Tomas Urquieta consiste in un bel po' di inediti e altre delizie simili.

Tomas Urquieta Mix (0:00 - 28:17) 01. Kalon - Man Is The Superior Animal
02. Hodge - You Better Lie Down
03. NKC - Salon Room
04. MC G15 - Senta nos Prostitutos (DJ R7) Lançamento 2016
05. ?????? - (Forthcoming Infinite Machine)
06. ?????? - (Forthcoming Infinite Machine)
07. Tomás Urquieta - Koob (Forthcoming)
08. Alfred English - Piston (Forthcoming Infinite Machine)
09. Lokane - Body Double (Tsvi Remix)
10. Ziur - Nails (Forthcoming Infinite Machine)
11. Copout & Halp - System 1
12. Tomás Urquieta - Untitled (Forthcoming Infinite Machine)

Wolf Mix (28: 20 - 1:00:48) 13. Tomas Urquieta - Mother x Nunu - Heels
14. Deke Soto - Last Derm
15. Lokane - Eastway Project (Infinite Machine)
16. Cloaka - Return
17. ??????
18. Tsunga - Run Dirt (Infinite Machine)
19. ??????
20. Mutual Friend - Evolve
21. Troy Gunner - Manifest
22. Krueger - Hypocrite
23. Allmostt - Push
24. Moslem Priest - Ricochet

Noisey: Come è nata l'idea dell'etichetta?
Charlie: La prima volta che sono andato a Montreal sarà stato il 2008. Me ne sono subito innamorato. Ci sono tornato nel 2009 e lì ho capito che sarei dovuto rimanerci a vivere, almeno per un po'. Sono circa quindici anni che mi muovo nel mondo della musica, ma quella elettronica è già più nuova per me. Prima suonavo in gruppi hardcore, grindcore… su Noisey Messico era uscito un articolo su alcune band di Città del Messico, dove ci sono pure io.

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Una volta arricato a Montreal mi sono accorto che là era la vera Mecca della musica elettronica, e ad attirare la mia attenzione è stata la dubstep. In qualche modo ci rivedevo l'hardcore, sia nel tono che nel sentimento che ne traspariva. Specie quella degli Stati Uniti, un po' più aggressivoìa, perché di inglese ascoltavo solo Burial e producer così. Da lì ho iniziato a inserirmi nell'ambiente e ad ascoltare gente come Hudson Mohawke, Joy Orbison, e a partire da questi artisti mi è maturata in testa l'idea di mettere da parte tutta la musica che avevo fatto fino ad allora e cominciare qualcosa di completamente nuovo. Avevo un conflitto interiore per cui sentivo di non star ascoltando nulla di nuovo o di stimolante, e la musica elettronica mi ha aiutato definitivamente a trovare una via di fuga. Suoni nuovi e in qualche modo infiniti. Verso la fine del 2010 ho deciso di aprire un'etichetta musicale, che poi sarebbe stato Infinite Machine. È stato un momento molto importante perché avevo già l'idea di usare la parola "Machine" nel nome, ma non sapevo con che altra parola completarla. Ai tempi avevo un coinquilino che faceva e fa musica come Seapoint—adesso vive a Barcellona. Lui mi ha suggerito di aggiungere "Infinite," e da lì è venuto fuori il nome completo.

Quindi come riassumeresti il senso del nome?
Il concetto dietro all'etichetta esisteva già a fine 2010, ma il lancio ufficiale è stato nell'estate 2011. Le influenze erano future garage, dubstep, bass music… suoni freschi, completamente nuovi per me soprattutto. La parola "Machine" non era a caso; la mia idea era lanciare materiale continuamente, ogni due settimane un EP nuovo, senza sosta. Una macchina infinita. A questo si ricollega il nome.

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In Messico quindi non hai avuto contatti con l'elettronica?
No. Ogni tanto finivo a dei rave psy trance, ma non mi hanno mai detto granché. Sono sempre stato più attratto da sonorità più "forti," ed è quello che cerco di ottenere anche con IM. Un approccio punk, se vogliamo. A fine di questa estate l'etichetta compirà cinque anni, e riesco a inquadrare la narrativa sonora che sono riuscito a darle. Mi piacerebbe che tutti riuscissero a vederla.

Certo che si vede! C'è una sorta di decostruzione crescente di suoni e generi che personalmente apprezzo molto.
Non c'è un genere ben preciso. Alcuni lo chiamano industrial clubbing, ma bo, non sono tanto il tipo da scervellarmi per trovare un nome adatto. Va bene anche senza. È tutto molto nuovo poi, credo che come tendenza sia nata a inizio 2015. Anche questo è stato un movimento incontrato nel cammino con cui mi sono nuovamente identificato, tanto da farmi prendere la decisione di dare una nuova impronta all'etichetta. Ora, nel 2016, credo sia ancora più evidente questo cambiamento, rispetto a qualche anno fa.

Sì. Uno stile ancora diverso da quello di NAAFI, che spacca altrettanto forse anche per via delle componenti più tipicamente "latine", come il reggaeton e le sue derivazioni.
Già. Quando sono tornato a vivere in Messico, circa due anni fa, sentivo parlare già di loro. Li conoscevo e li conosco di nome, non tanto di persona. C'è stato un momento in cui Paul Marmota mi ha mandato demo per IM, ma era già quando stavo pensando di dare una svolta stilistica a tutta l'etichetta, perciò non glieli ho pubblicati. Ai tempi era solo un producer affiliato, ora è diventato un membro onorario se uno dei capi di NAAFI. Due anni fa, come ti dicevo, ho iniziato a infiltrarmi di più nella musica locale, dato che non avevo la minima idea di cosa stesse succedendo. Ero molto più condizionato e influenzato da ciò che avveniva in Nordamerica o in Europa, che nel mio stesso paese.

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Tomas Urquieta.

Comprensibile, anche io sono cresciuta con una sorta di blocco nei confronti della musica del mio paese di origine, il Perù. Da piccola i miei mi facevano ascoltare solo quella, e io non mi ci sono mai interessata. Fino a poco tempo fa almeno.
Una delle prime che ho ascoltato di questo stile è stata Elysia Crampton. Un misto di folklore ed elettronica, che non è tanto electro-cumbia, come molte altre cose che si sentono in giro. La cumbia è una di quelle che cose che fin da piccolo ho sempre rifiutato… ma già un paio di anni fa molte cose sono cambiate. Non è che ne ascolti adesso; qui in Messico è davvero da ogni parte, e ho sempre accettato il fenomeno ma mai come qualcosa di mio personale. È stata una strana negligenza, non so come altro spiegarlo. Adesso sto creando nuovi percorsi musicali in cui è sempre possibile ballare, ma che attingono a immaginari più hc, magari gente in aria che fa crowdsurfing. Non conosco nessuno che stia cercando di fare questo, e mi ci sto impegnando molto ora come ora.

Per "punk" intendi l'intensità dei suoni giusto? Perché a livello stilistico, perlomeno qui, la parola punk sta perdendo abbastanza di significato. È chiaro però cosa intendi. Tutto ciò che riesce a coinvolgere in senso "fisico". Qui a Milano è una realtà che sta prendendo piede da poco.
Mi piacerebbe venire in Italia, è nei miei piani. Conosco due ragazzi italiani con i quali lavoro. È appena uscito un remix di Alfred English da parte di un ragazzo italiano che si chiama Etevleh, credo faccia parte di un collettivo. Poi conosco i Limited Colors, sempre di Milano, e i Wallwork, che però non vivono in Italia ma a Londra e hanno un'etichetta chiamata Nervous Horizon.

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Di recente Rafal (B.yhzz) e il suo collettivo Intruder Alert ci ha fatto un super mix. Come l'hai conosciuto?
Prima di fare la musica che fa anche Rafal si è dato all'hc. La sua idea della musica è la stessa mia, cioè plasmare da una materia punk qualcosa di elettronico ma indefinito. In quel momento, quando l'ho saputo, ho pensato "io e te dobbiamo fare qualcosa insieme."

Perlomeno loro si sono creati da soli questo sistema, a Varsavia. Qui per esempio è tutto da costruire ancora. Hai contatti con altre etichette?
Una cosa che mi è piaciuta molto è stato stringere rapporti di gold sign con Nervous Horizon, con i russi Hyperboloid Records, e adesso credo che collaborerò anche con Intruder Alert. Di Montreal conosco Raw Records e Susy Technology. In realtà abbiamo una label che è una specie di nostra sorella, si chiama Tessier-Ashpool Recordings, ed è romena. Ne è a capo un producer chiamato Liar, di Bucarest, e si dedica a sonorità più tecnologiche, più meccaniche. Inizialmente dovevamo fare un'etichetta comune, io e Liar, una sublabel, ma dopo lui ha messo in pratica un altro progetto ancora, che poco a poco ha iniziato a prendere forma più concreta. Siamo sempre in comunicazione però, è il mio braccio destro. Ci diamo dei feedback su tutto, consigli su chi promuovere e come… per questo siamo come fratelli.

Quindi non sei sempre stato solo.
I primi tempi Liar mi dava una mano anche a decidere che artisti lanciare, mentre oggi si occupa della parte scritta della label, dei comunicati stampa, etc. Per me è più complicato perché non posso essere così oggettivo come vorrei, perciò lo lascio a qualcuno di più esterno. C'è anche un'altra persona che si chiama Nicholas Concklin, vive a Brooklyn (NY), e ultimamente mi sta aiutando a mandare gli EP promo alla nostra mailing list, oppure scrive anche lui cose sulle release. Mi consiglia molto anche dal punto di vista economico. Queste sono state le uniche due persone che mi hanno dato una mano, ma nella pratica sono quasi sempre stato da solo.

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Un'altra persona che si è da poco unita alla famiglia di IM è Tomàs Urquieta, cileno, a cui ho lanciato un EP lo scorso dicembre. Il fatto è che di artisti che ho spinto ce ne sono da ogni parte del mondo, ed è sempre un casino essere un vero crew, ma Tomàs ormai ne fa parte. Continueremo a collaborare con EP, produzioni, o anche solo consigli. Conosce anche Rafal. Rafal a sua volta mandava materiale a un altro producer, IMAABS, che esce per NAAFI, ed è pure migliore amico di Tomàs. Ho conosciuto così Rafal, tramite Tomàs.

Liar.

Ci sono un sacco di connessioni potenzialmente fiche tra Nordamerica, Sudamerica ed Europa. Conoscevo anche un altro producer dell'Uruguay molto bravo, Lechuga Zafiro…
Anche lui deve uscire per NAAFI, ma per ora ha fatto una release sulla sua etichetta Salviatek.

Piani futuri?
Ancora non so quando far uscire B.yhzz, spero in estate, in corrispondenza di alcuni festival in cui suonerà. A giugno ne uscirà un altro per cui stravedo già, di una ragazza che vive a Berlino e si chiama Ziùr. Ad agosto uscirà il nuovo EP di Urquieta, e sono anche in contatto con artisti come Santa Muerte, di Houston, e Galtier, di Bristol. C'è anche una compilation che uscirà a fine anno, per i cinque anni di IM, in vinile. Sono un sacco di tracce, e mi devono ancora arrivare tutte, per quello credo che mi servirà tempo ancora. Sono anche in trattativa con il mio agente di booking per organizzare un tour europeo, magari a fine dell'estate, ma ancora non è sicuro.

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A Montreal pensi di tornare?
Non lo so. Quando ci vivevo sentivo già che la club music stava vivendo una fase strana. La gente non si mostrava collaborativa a certe mie derive stilistiche. Avevo una serata tutte le domeniche in un locale, ma era difficile mantenere l'interesse attivo perché a tutti fregava più delle scene preconfezionate, la techno, la house e via dicendo. Per questo molte etichette come la mia non stanno più lanciando troppa musica, perché da parte della club music non ricevono l'attenzione che meriterebbero. La cultura della musica elettronica a Montreal non è tanto tecnologica, quanto intellettuale. Pensano troppo ai visual, alla composizione musicale, e ultimamente sto vivendo un conflitto proprio su questo aspetto. Sovraccaricare la musica di messaggi politici per me fa perdere quel tocco di spontaneità e genuinità che dovrebbe caratterizzare ogni ambito artistico.

Io in genere approvo molto quando si tenta di assegnare un ruolo che vada oltre la godibilità estetica o formale di un qualsiasi prodotto artistico, in particolare la musica. Ben venga se la si rende strumento di lotta, a prescindere dalla sua natura e/o dall'esito concreto che se ne ricava. Non riesco a immaginarmi un mondo in cui l'arte sia fine a se stessa, ma capisco che è una visione molto personale.
Certo, dico solo che quando quel messaggio ti viene ribadito così tante volte e in modo così sfacciato, alla lunga qualcosa fa perdere. Può suonare come un cliché, ma preferisco che la musica parli per conto proprio, e da sola. Mi apro su cosa c'è dietro solo in occasioni particolari, come in questa intervista, così da raccontare i dettagli in un contesto più adatto. A Montreal ho questo conflitto con i collettivi locali, che sono fin troppo accademici. Non mi ci so rapportare, ma non nego che sto progettando di tornare a vivere là a fine di quest'anno. Tra le idee c'è anche Berlino… chissà. Il mio mercato sembra essere in Germania. La maggior parte degli artisti che spingo sono tedeschi e inglesi, ma più tedeschi. Ci sono generi predominanti come la techno e la house, ma c'è anche la realtà di Janus, con cui mi identifico completamente.

Che bomba sì.
Ho avuto la possibilità di conoscere MESH, a dicembre, e insieme abbiamo concluso che la nostra visione è più da anti-club che da club. Le nostre influenze sono il punk, l'hardcore, e non ce ne frega molto che la gente balli nel senso consono del termine. Se non quest'anno, potrebbe accadere nel 2017. Adesso che sto in Messico, muovermi in questo mercato è ancora più difficile di prima. Qui non esiste niente del genere, forse c'è una primordiale presa di coscienza, ma è tutto molto a rilento. NAAFI su questo è mega sul pezzo, sai? Io invece non son una buona garanzia per le feste, perché non rientro in nessuna di queste categorie. Ogni tanto faccio techno, ma mi piace più l'industrial techno e qui non va molto.

Sì, abbastanza diverso da quello che esce su NAAFI.
Già. Eppure siamo più o meno affiliati per ciò che cerchiamo di proporre, perciò credo che in futuro proverò a chiedere una collaborazione, chissà… Hai ragione quando dici che ci sono delle similitudini.

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