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Musica

La popstar curda che ha girato un video in una zona di guerra

Helly Luv vuole mostrare al mondo la situazione del Kurdistan in guerra con l'ISIS.

All’inizio del 2014 la pop star curda Helly Luv, il cui vero nome è Helan Abdulla, si è dovuta nascondere. Aveva fatto uscire il video di “Risk it all” in febbraio, un inno anti-guerra e pro-curdo, che portò minacce di morte dai gruppi islamisti del Kurdistan iracheno e condanne da parte della sua stessa famiglia. In una intervista al Guardian il suo manager, Gawain Bracy (amministratore delegato del gruppo G2) ha dichiarato: “[Lei ha ricevuto] svariate minacce di morte… principalmente tramite i social media […] Non vogliamo che vengano pubblicati i nomi di questi gruppi fondamentalisti perché non vogliamo glorificare [le loro] azioni”.

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Il video di “Risk it all” è stato visualizzato su YouTube oltre quattro milioni di volte, e mostra Helly Luv che si struscia addosso a una leonessa e che balla insieme a delle soldatesse Peshmerga mentre queste tengono in mano degli AK-47. Un articolo dell’agenzia Reuters riporta che la rappresentazione dello spirito curdo e della battaglia per uno stato indipendente sono state accolte con favore, ma che alcuni hanno criticato l’immaginario provocatorio del video e della canzone che mescola elementi di dance, hip-hop e musica tradizionale mediorientale.

“Sembra molto poco realistico, a essere onesta”, dice Luv, ripensando a quel periodo. “Cerco di non pensarci, perché penso che quello che sto facendo sia molto più grande e più importante.”

Luv è un po’ come una Shakira curda dotata del temperamento politico di M.I.A.. È nata in Iran ed è cresciuta in Finlandia prima di trasferirsi a Los Angeles per scommettere sulla carriera da pop star. Ora ha ventisei anni e passa una parte dell’anno a Erbil, la capitale curda, a novanta chilometri dalla roccaforte IS di Mosul (che farebbe parte dell’area autonoma reclamata dai curdi). Anche dopo molteplici minacce di morte, Luv ha fatto voto di continuare a girare i suoi videoclip nel Kurdistan iracheno: una presa di posizione precisa che ci porta alla genesi del suo secondo singolo, “Revolution”.

Nel trailer di “Revolution”, uscito a maggio di quest’anno, la posizione di Luv è molto chiara: nazionalismo curdo + diva pop esplosiva. In questo clip di cinquanta secondi si vede Helly (tacchi d’oro, bling, catene di proiettili, kefiah rossa) scrivere "Revolution" con il rossetto rosso sopra un proiettile d’artiglieria, caricarlo su un carro armato e spararlo verso l’orizzonte.

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Il video completo, presentato pochi giorni dopo, è stato filmato da Luv e la sua crew a soli tre chilometri dalla linea di fronte della guerra tra lo Stato Islamico e i Peshmerga in Iraq. In esso compaiono veri soldati curdi che caricano verso il campo di battaglia, e Luv, abbigliata in uniforme Peshmerga completa in contrasto con i suoi capelli rosso fuoco, che brandisce un AK-47 dorato vicino a veri carri armati, guidando i soldati in battaglia. In questi epici sette minuti, nei quali il messaggio politico è tanto importante quanto la musica, vediamo Luv e i suoi compagni affrontare un’armata di jihadisti mascherati. Non ci sorprende che questo abbia piazzato il nome di Helly Luv nella lista dei peggiori nemici dell’ISIS.

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“Volevo davvero mostrare la realtà della guerra”, dice. “Avrei potuto girarlo a Hollywood e Los Angeles, dove vivo, ma non sarei riuscita a tirare fuori le emozioni vere, la vera battaglia. Dovevo mostrare la verità.”

Ovviamente, uno scenario di guerra attivo non è il posto più comodo dove girare un video, e ci sono voluti tre mesi per ottenere tutto il materiale di cui c’era bisogno. L’alto comando curdo all’inizio era molto riluttante a dare il permesso di filmare, sostenendo che il rischio era troppo alto e che ci si trovava troppo vicini al campo di battaglia. Ogni giorno pregavano per la propria incolumità: capitava in continuazione che li avvertissero di abbassare la testa e in alcuni casi i proiettili si avvicinavano pericolosamente alla troupe. Alla fine del video, Luv si rivolge alla telecamera e spiega che si trovano a “circa tre chilometri” dall’ISIS, prima di chinarsi per cercare riparo da una raffica.

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“Prima ci davano dei pazzi, e a me dicevano ‘Sei fuori di testa, ma fai sul serio?’”, racconta. “Ho messo in chiaro che era esattamente quello che volevo fare, e che questo era il mio messaggio e ho giurato che questo messaggio si sarebbe diffuso a livello internazionale, perché la gente deve sapere che cosa sta succedendo qua.”

Dalla sua release in maggio, “Revolution” ha accumulato più di 1,2 milioni di visite, e Luv ha concesso interviste a tutti, da Israeli TV a Channel 4, per parlare della situazione nel suo paese e come ha deciso di dedicarsi alla musica. In pochi mesi, Helly Luv è diventata una specie di ambasciatrice del Kurdistan e dei guerrieri e delle guerriere Peshmerga nella cultura pop.

“Le mie armi sono la musica e la mia voce perché sento che con la mia voce posso raggiungere milioni di altre persone”, dice. “Ed è esattamente quello che è successo.”

I curdi lottano da decenni per uno stato indipendente che riunisca la loro numerosa popolazione sparsa per la Turchia, la Siria e l’Iraq. E la loro influenza è in crescita grazie alla vittoria elettorale in Turchia, dove il partito curdo HDP ha giocato un ruolo fondamentale nel negare al presidente Erdogan la maggioranza in parlamento, e grazie alla loro continua e difficilissima battaglia contro il cosiddetto Stato Islamico.

Nel corso delle prime fasi della nuova guerra civile irachena, furono in molti a sorprendersi del fatto che l’esercito dell’Iraq si fosse semplicemente arreso agli invasori dello Stato Islamico. Nel mezzo del caos, perlomeno nel Nord dell’Iraq, gli unici che continuarono a combattere furono i Peshmerga curdi, il cui nome si traduce come “chi sfida la morte”. Dopo aver imbastito un principio di stato indipendente in seguito all’invasione americana del 2003, non avrebbero permesso all’ISIS di portarglielo via. Da agosto, sono rimasti l’unica forza a contrastare la pulizia etnica delle numerose minoranze presenti sul territorio.

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La visione politica storicamente di sinistra, laica e largamente egalitaria dei curdi ha anche il pregio di sconfessare molti stereotipi applicati al Medio Oriente dalla cultura occidentale. La presenza delle donne nei ranghi dei Peshmerga, ad esempio, e il loro ruolo paritario all’interno della società curda, sovverte molte aspettative sull’Oriente.

“Se guardi la storia curda, abbiamo sempre avuto forti guerriere e leader, che hanno anche condotto gli uomini in guerra”, dice Luv. “[L’ISIS] ha paura delle donne soldato, e fa bene ad averne”.

Helly Luv viene da una famiglia di donne forti. È nata Helan Abdulla nel 1988 in Iran, nel bel mezzo della brutale guerra contro l’Iraq, un conflitto in cui si è condotta contro i curdi la vergognosa campagna di armi chimiche di Al-Anfal. I curdi avevano tentato di reclamare l’indipendenza approfittando del caos della guerra ed erano visti come nemici da entrambi gli schieramenti.

La sua famiglia scappò a cavallo tra le montagne e pagò dei contrabbandieri perché li facessero entrare in Turchia. Ma quando fecero il loro ingresso nel Paese insieme ad altri centomila rifugiati curdi, rimasero senza casa e costretti a vivere sulle strade finché non venivano ammessi in un campo profughi. Dopo nove mesi alla famiglia fu concesso l’asilo politico in Finlandia, dove le famiglie curde sul territorio si potevano contare sulle dita di una mano. Helly trascorse lì l’infanzia, emarginata da compagni di scuola razzisti.

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La musica e il palcoscenico furono per lei un modo per sfuggire all’isolamento e all'emarginazione culturale che provava, così quando compì diciott’anni saltò su un aereo che andava negli USA. Dopo qualche anno nero a L.A., dove ebbe a che fare con la “parte brutta dell’industria discografica”, Luv fu finalmente scoperta dal produttore vincitore di un Grammy Los da Mystro (conosciuto per le sue collaborazioni con Rihanna e Beyoncé) che le procurò un contratto discografico. Tuttavia, lei decise di firmare con la label indipendente G2 nel 2013 e di passare da uno stile più mainstream R&B a un suono maggiormente influenzato dalle sue radici, il che portò più attenzione verso la sua musica.

“Il mio problema era che la musica che facevo a Los Angeles non era il tipo di musica che mi piaceva davvero e che volevo creare”, spiega. “Non mi sentivo sincera, non era reale, era finta. Volevo che ci fosse dentro più Medio Oriente.”

Queste idee portarono a “Risk it all”, il suo primo singolo di successo, un tributo ottimista al sogno di indipendenza della sua patria e alla sua prima esperienza con la fama. Il video fu filmato in Kurdistan prima dell’ascesa dell’ISIS, e il successo della canzone la portò a esibirsi a Erbil e a comparire sul canale più famoso del Kurdistan iracheno, Rudaw. Ma la canzone la espose anche come obiettivo e, dopo aver ricevuto minacce di morte dagli estremisti religiosi, fu costretta a fare un passo indietro. In un certo senso, “Revolution” ha segnato il suo ritorno con un altro guanto di sfida.

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Nonostante le critiche dalle frange più conservatrici per i video provocatori e le gonne troppo corte, la gente del Kurdistan apprezza quello che Luv sta facendo. Lei sostiene che “Risk it all” e “Revolution” abbiano ricevuto una montagna di apprezzamenti dai curdi sparsi per il mondo, molti contenti di sapere che la loro causa viene promossa da una di loro e con una portata così ampia.

“I curdi hanno supportato tantissimo la canzone”, racconta. “È la loro storia, è il loro messaggio e io mi sono voluta davvero assicurare che la storia passasse anche attraverso il video, ma ovviamente bilanciando l’artista pop e il messaggio politico.”

Questo messaggio è che i curdi hanno bisogno d’aiuto. Hanno bisogno di armi, puntualizza, e, con i 1,8 milioni di profughi che ora vivono all’interno dei loro confini, di aiuto umanitario che fornisca supporto per lo Stato che stanno cercando di costruire. Il loro esercito è numericamente finito, e chiunque sia in grado di combattere si trova ora al fronte a fare la propria parte. Esattamente il contrario dell’ISIS che, tramite la propria patinata propaganda sui social network, ha attirato migliaia di volontari da tutto il mondo, una apparentemente infinita riserva di jihadisti. A parte alcuni gruppi di mercenari occidentali, i curdi non godono di un tale supporto internazionale.

“Come può il Kurdistan mantenere al sicuro tutte queste persone e contemporaneamente combattere l’ISIS?”, chiede Luv.

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Serve anche aiuto per le infrastrutture di base nel Kurdistan iracheno, e i viaggi di Luv in quella zona l’hanno portata a mettere in piedi una nuova ONG, Luv House, che lavora per migliorare le vite degli animali in quella regione. Anche se non ha ancora salvato un leone dall’ISIS, il gruppo ha migliorato sensibilmente le condizioni di vita degli ospiti allo zoo Gilkant di Erbil, che in passato era considerato uno dei peggiori del mondo.

“Naturalmente uno zoo non cambierà molte cose, il Kurdistan ha bisogno di ben altro”, ammette. “Bisogna che le organizzazioni animaliste internazionali vengano qua a sviluppare dei progetti, ma molti hanno paura di venire qua.”

Ma anche con un aiuto minimo da parte dell’Occidente, i Peshmerga stanno cominciando a ribaltare lo scenario della guerra contro l’ISIS. “Un paio di settimane fa sono stata al fronte vicino a Mosul”, dice Helly. “Da quello che ho sentito e che ho visto, sta andando molto meglio, senza dubbio i Peshmerga sono stati molto bravi e molto coraggiosi e sembrano aver guadagnato una posizione di superiorità. L’ISIS è stato molto poco presente, da quello che ho visto sembra diventato più debole.”

Quando Noisey ha intervistato Luv tramite una connessione Skype ballerina, lei si trovava a pochi chilometri dal fronte di Erbil, in Kurdistan. Durante la chiamata ci sono state varie interruzioni di Internet e di linea elettrica. Ma nonostante il pericolo e le minacce di morte che le pendono sulla testa, lei resta lì per il momento, sperando di diffondere il messaggio e fare la sua parte.

“Come artista, ho sentito il bisogno di fare qualcosa in questa guerra”, dice. “E penso spesso che le mie armi non sono le armi, ma la mia musica e la mia voce.”

“Sento che tramite la mia voce io posso raggiungere milioni di persone ed è esattamente quello che è successo, o non starei parlando con te in questo momento.”