Le Boyband sono morte per sempre?

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Musica

Le Boyband sono morte per sempre?

Il fascino di uomini sexy che armonizzano in gruppo è finito con gli One Direction o c'è ancora speranza per le prepuberi?

Le boyband sono una cosa bellissima. Prendete, ad esempio, "I Want It That Way" dei Backstreet Boys; devi essere proprio morto dentro, completamente, per non esplodere di gioia quando, all'ultimo ritornello, quel cambio di tonalità ti trascina in un finale col botto. Oppure, che dire di quella volta che i 5ive, dal nulla, hanno inserito una cover della sigla di Battlestar Galactica su uno dei loro album? Puro pop, no? E poi c'è quell'eterno video degli *NSYNC attaccati ai fili tipo marionette━incredibile. È stato ormai verificato, già solo dalla storia recente, che le boyband hanno avuto un'influenza sulle vaste pianure della cultura giovanile la cui onda lunga potrebbe essere interminabile. Ma il tempo, come sempre, ha continuato a scorrere. I laghi sono stati prosciugati, i palazzi sono stati demoliti e la cultura ha continuato il suo corso, dirigendosi verso nuove vedute. I giorni in cui gli East 17 cantavano in playback a Top of the Pops col petto bene in vista se ne sono andati; e assieme a loro i Boyz II Men in cima alle classifiche americane per diciassette settimane, e i 5ive che ci raccontano quello che succede quando si spegne la luce in un modo accettabile per le radio mainstream. Oggi, tutti e tre potrebbero suonare al massimo in un centro commerciale. La realtà è che, nel 2016, vedere anche solo una boyband scalare le classifiche è quasi impossibile; per non parlare di quelle epicissime rivalità che si creavano tra i gruppi, tipo quella tra i Backstreet Boys e gli *NSYNC. Questo significa che l'idea di tre/cinque bei ragazzi che armonizzano assieme è davvero morta, assieme alle speranze per un sesto album dei One Direction? O c'è una possibilità che i cuori del mondo possano di nuovo ricominciare a battere al suono di quelle voci d'angelo?

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È difficile immaginare come una nuova boyband possa iniziare ad avere veramente successo, ora come ora. Ma dicevamo la stessa cosa nel 2008, e poi apparvero i JLS. Ve li ricordate? No? Ecco. Nel frattempo, la BBC ha appena lanciato un nuovo talent in prima serata con l'obbiettivo di tirarne fuori una dando il progetto in mano a Gary Barlow dei Take That. Zayn Malik sta producendo una serie basata sulla vita di una boyband per la NBC. Syco, l'etichetta dei One Direction, sta creando una nuova boyband americana, presumibilmente con gli *NSYNC come modello. Insomma, il fabbro è al lavoro—​ma non sarà poi così facile ottenere un risultato.

Il 2006 fu un anno di svolta per il pop britannico. Top of the Pops venne cancellato, una storica rivista come Smash Hits smise di venire pubblicata, e l'era dei download illegali stava per cominciare. Questo accelerò, in un certo senso, la morte di una particolare categoria di popstar. Ma, mentre alcune porte si chiudevano, altre se ne aprivano: nel 2006 YouTube iniziò a diventare quello che è oggi, Facebook aprì al pubblico e venne fondato Twitter. Dieci anni dopo, le conseguenze di quei cambiamenti sono palesi: chi ascolta musica, soprattutto se si tratta di adolescenti, è decisamente più portato a selezionare personalmente la musica che si ascolta e di cui si innamora, ed è decisamente meno contento di farsela ficcare in gola da qualche gatekeeper. Dal 2006 in poi—​e non ne vogliano i Vamps—​le uniche boyband britanniche di successo sono stati i One Direction, i JLS e i The Wanted. Tra l'altro, con solo i One Direction a sfondare veramente fuori dal Regno Unito. Gli 1D e i JLS venivano entrambi dall'edizione britannica di X Factor, mentre i Wanted vennero lanciati da Global, un conglomerato mediale che gestisce diverse radio e, bé, crea gruppi a tavolino da trasmettere sulle sue radio. Prima del 2006, con un pubblico attento, le giuste apparizioni in TV e le giuste copertine, lanciare una boyband dal nulla poteva anche essere possibile. Ma se questo non è più il caso, e quelli che un tempo erano i pubblici delle boyband escono scemi per cantautorini come Ed Sheeran, possiamo considerare le boyband minimamente rilevanti nello scenario pop post-One Direction?

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"'Rilevanti' è una parola decisamente frustrante e fastidiosa,", inizia Simon Jones, mega-addetto stampa che ha lavorato con i One Direction da "What Makes You Beautiful" fino al loro scioglimento. "Sono quasi vent'anni che lavoro in questo campo, e ho passato la maggior parte del mio tempo a promuovere musica pop che non è stata mai considerata rilevante ma ha comunque venduto milioni di copie. Il pop migliore viene fuori quando l'obiettivo è avere un buon prodotto che riesca in qualche modo a catturare l'attenzione di quella fetta di utenti che ancora compra dischi. Non è mai questione di rilevanza, o di cercare l'approvazione dei tastemaker."

Questo, però, rende il processo piuttosto difficile. Se consideriamo la quantità di artisti che viene lanciata tramite eventi gestiti dall'industria discografica, o anche solo il modo in cui chi fa grime o cantautorato viene promosso da BBC Radio 1, è chiaro che il sistema non è più accogliente per le boyband. Beats 1, l'esperimento radiofonico di Apple che è in pratica una stazione gestita da nomi "forti" per ventiquattr'ore al giorno, non presenterà probabilmente al mondo i nuovi Take That.

Forse il modo migliore per farcela è non sembrare una boyband e sperare che vada tutto al meglio. Alla fine del 2015, i WSTRN—​una band, di boys—​ha avuto un successo clamoroso con "In2", una hit che probabilmente avrebbero potuto cantare gli Another Level se fossero venuti fuori dieci anni dopo. Uno dei loro membri, Akelle, ha dichiarato di essersi fatto qualche problema prima di unirsi al gruppo proprio perché temeva che avrebbero potuto essere considerati una boyband.

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Ma i WSTRN non si sono presentati al mondo come una boyband: erano un'collettivo'. Vennero messi sotto contratto da Alec Boateng, un talent scout di Atlantic Records e quindi di Warner che lavora anche come DJ a 1Xtra a nome Twin B, un'importante stazione radio britannica. "Se li avessi presentati come una boyband, non avrei avuto risposte positive," specifica. "Non li considererei una boyband perché non vogliono essere chiamati una boyband. Sono un 'collettivo'. Penso che si considerino solo delle persone che si sono messe assieme a fare musica, e credo abbiano ragione." In questo modo, i WSTRN sono riusciti a farsi trasmettere dalla BBC, sia su 1Xtra che su Radio 1. Per i prossimi One Direction sarà, però, impossibile. "Ottenere supporto su una radio nazionale significa passare dal programma di uno specialista, e farlo con una boyband—​bé, neanche ti risponderebbero", dice George Williams, un agente specializzato nel proporre gruppi alle radio. "Perché Radio 1 prenda una boyband seriamente dovrebbe succedere qualcosa di spettacolare sui social, a cui avrebbe dovuto lavorare qualcuno in primis."

Insomma, è un circolo vizioso: i media sembrano intenzionati a supportare una boyband solo se è già famosa. Malcolm Mackenzie è l'editor di We Love Pop, un mensile che è quanto di più si avvicina a Smash Hits nelle edicole inglesi d'oggi. Gli chiedo se metterebbe la nuova boyband della Syco in copertina e mi risponde, semplicemente: "No. Non immediatamente. Dobbiamo prima sapere che i nostri lettori li conoscano, e dobbiamo essere certi che li adorano. Per essere in copertina, qualsiasi boyband dovrebbe probabilmente avere prima avuto almeno un numero uno in classifica."

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Mackenzie aggiunge che vedere i 21 Pilots avere ottimi risultati in un recente sondaggio svolto tra i suoi lettori è stato "interessante", e chiunque abbia mai visto un concerto dei 1975 si può facilmente rendere conto di come gli adolescenti sono ancora ben capaci di trovare musica per cui prendersi bene. Molti, però, non trovano minimamente interessanti le popstar. Mentre le boyband vendono sempre qualcosa—​biglietti a 80 euro, magliette a 30 (che gli sono costate 5), album e singoli che chiunque abbia un minimo di abilità tecnologica può ottenere gratuitamente—​ci sarà sempre qualche bel ragazzo biondo con una bella voce gratis su YouTube. I contenuti prodotti dagli YouTuber sono gratuiti, abbondanti e hanno il valore aggiunto di sembrare intimi. "È come se le boyband fossero state rimpiazzate dalle star di YouTube", commenta Williams.

Infatti, sulla copertina dell'ultimo numero di We Love Pop non c'è una popstar: c'è Zoella, una fashion blogger e vlogger che Mackenzie, dice, ha sempre un successo clamoroso ogni volta che la rivista fa un'indagine di gradimento tra il proprio pubblico. Boyband inglesi di medio livello come i Vamps, i Rixton e i Lawson, realtà mai uscite dai loro confini, non si vedono neanche con la lente d'ingrandimento, ed è dai One Direction che una boyband non appare in copertina. "Ed è stato un paio d'anni fa", aggiunge Mackenzie. "Hanno smesso di vendere copie. All'inizio di fenomeno sì che compri i poster, le magliette, i copriletto. Dopo quattro anni, quando il tuo poster inizia a staccarsi dal muro, ormai non te ne frega più niente."

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Mackenzie è d'accordo sul fatto che gli YouTuber abbiano probabilmente soddisfatto la sete di idoli della nostra generazione. "A ogni ragazzino piace ossessionarsi per qualcosa", dice. "Ma al momento il pop non è la scelta preferita. Non sarebbe bello se potessimo unire questi due mondi? Se ci fosse una vera e propria boyband nata da YouTube? Sarebbe fenomenale." I social media, e lo streaming, hanno certamente permesso ai fan di diventare più sofisticati e sviluppare gusti più vari. Gli anni novanta ci hanno dato boyband create perfettamente come i Take That e i 5ive, ma anche delle realtà che sarebbero dovute finire in un fossato con un colpo in testa. Nel 1996 la BBC trasmesse un documentario sulla creazione, lo sviluppo e il lancio di una boyband, gli Upside Down. Era chiaro fin dall'inizio che fossero terribili, ma in un contesto in cui era difficile vedere oltre quello che una stretta gamma di programmi TV, radio e riviste ti mettevano di fronte, i fan facevano quello che potevano. E persino gli Upside Down misero tre pezzi nella Top 20 inglese, in un momento in cui riuscirci sembrava ancora avere un minimo valore.

Nel 2016, abbiamo accesso a qualsiasi cosa vogliamo: una boyband deve essere al livello di qualsiasi altro genere. Ma non è solo questione di aspettative più alte da parte dei fan. "In generale, gli artisti si sentono più potenti oggi come oggi," suggerisce Aaron Buckingham, che lavora come talent scout e manager alla Global, e ha lanciato i Lawson. Buckingham ha conosciuto questo mondo da entrambi i lati: a metà degli anni duemila era un membro dei V, una boyband inglese. Il loro management aveva già avuto grandi successi con i Busted e i McFly, che avevano arricchito la formula della boyband mettendoci dentro un po' di chitarre, ma i V erano tutti basati sul canto e sul ballo. "I giovani artisti di oggi guardano a Beyonce e Lady Gaga", aggiunge, "e sentono altri artisti smerdare i vari management e le varie etichette, dire cose tipo, 'Fate quello che volete e combattete per quello in cui credete'. Chi fa parte di una boyband non si sente semplicemente fortunato di essere lì—​mentre ai miei tempi ci sentivamo esattamente così. Il messaggio che il nostro management ci inculcava era: questa è una grande opportunità, ci sono ragazzi che ammazzerebbero per essere al vostro posto. State zitti. Ero sempre in paranoia per la paura di essere scaricati dalla nostra etichetta," ride. "Epoi, effettivamente, fu così."

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Quando gli chiedo che cosa ne pensa del lancio di una nuova boyband—​mentre il mondo sta ancora piangendo i One Direction—​Aaron non è così sicuro. Ma aggiunge che, secondo lui, potrebbe essere questione di un paio d'anni: ci vuole tempo a trovare i membri giusti e scrivere le canzoni giuste. Solo allora si potrebbe aprire una finestra.

C'è chi spera che quella finestra sia già aperta. C'è la boyband della Syco, ad esempio. Un'altra band americana, i Citizen Four, sono già stati introdotti al pubblico. Sono stati messi assieme da Tim Byrne, un signore del pop di grande esperienza che, negli anni novanta, si inventò prima gli Steps e poi gli A1. Da allora, Byrne ha passato dieci anni a lavorare alla Syco, dove ha lavorato con i One Direction fin dall'inizio. Ha inoltre avuto dei ruoli creativi di prim'ordine nelle edizioni di X Factor di quarantuno paesi, e in quelle di Got Talent di sessantacinque. Ha poi lasciato la Syco per collaborare con Island Records, e quindi Universal, sui Citizen Four. "Abbiamo iniziato un anno fa, prima che i One Direction annunciassero di essersi sciolti," spiega Byrne. "Ma ci sembrava che la loro conclusione naturale potesse essere vicina, e ci siamo resi conto che si sarebbe presto aperto un enorme buco nel mercato, specialmente in America." Byrne è d'accordo sul fatto che le aspettative non siano mai state così alte quando si tratta di artisti pop. "Quando facevo le audizioni ai tempi degli Steps potevo anche prendere persone con poca esperienza e lavorarci sopra," ricorda. "Ma ora è diverso. Ascolto più artisti ora di quanti ne ascoltavo allora. Un tempo eravamo noi manager e i capi delle etichette a decidere tutto. Oggi devi ascoltarli e coinvolgerli nel processo. Devi dargli spazio per essere dei veri artisti."

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I Citizen Four sono stati rivelati al pubblico all'inizio dell'anno, e al momento stanno lavorando per crearsi un seguito a tutti gli effetti sui social. Byrne li ha fatti collaborare con una YouTube star ottenendo un video da due milioni di views. Un loro pezzo, "Cold", è stato pubblicato su Spotify la settimana scorsa e ha già centomila ascolti. La musica, insiste Byrne, è fondamentale. "Non mi aspettavo che 'Cold' sarebbe andata così bene, ma voglio ancora lavorare su alcuni aspetti prima della spinta definitiva," spiega. "Quando sei all'inizio, la canzone è più importante dell'artista. Quando hai una hit, allora puoi rendere una hit anche l'artista. Senza 'What Makes You Beautiful' gli One Direction non sarebbero diventati così famosi."

Potranno i Citizen Four, o la boyband della Syco, funzionare nel 2016? George Williams, che lavora per Hart Media (un'azienda che lavora nella promozione radiofonica), dice di sì. "Ci sono un sacco di variabili, ma se la musica è ben fatta e i ragazzi sono carini, giovani e ci sono un sacco di soldi dietro, non vedo perché non potrebbero funzionare fin da subito."

Anche se il prospetto non lo esalta minimamente, Twin B riconosce comunque il potenziale della cosa. "Se hai una canzone giusta e la band giusta a suonarla, potrebbe funzionare," ammette. "Potresti essere all'inizio di qualcosa. Ho parlato con manager che dicevano, 'Ho quello bianco, ho quello di razza mista, ho quello che si toglierà la maglietta, ho quello nero. Ora ci servono solo le canzoni.' E insomma, che gli puoi dire? 'Ok, bene. Buona fortuna'." La bella notizia, aggiunge Simon Jones, è che esistono ancora aree dove le boyband possono trovare un certo successo anche senza avere numeri clamorosi sui social. "Ci sono ancora MTV, le colonne laterali dei tabloid, la TV diurna, le stazioni radio regionali e strutture enormi come X Factor e VEVO. A nessuno di questi frega particolarmente della credibilità."

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E quando le band diventano davvero, davvero grosse, può capitare che chi le aveva volontariamente ignorate torni a cercare di collaborarci.

"Anche i media più alla moda hanno bisogno di click per i loro siti," dice Jones. "Tutti cedono, alla fine."

Crediti fotografici:

Illustrazione principale - Esme Blegvad

JLS - Foto per la stampa

Zoella - Via YouTube

Citizen Four - Via YouTube