Björk è magica

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Musica

Björk è magica

Abbiamo intervistato l'artista islandese per parlare del suo nuovo libro, del suo progetto VR e del peso della vita privata.

È un tetro, grigio mercoledì d'aprile quando incontro Björk a New York. Arriva fasciata di nero, gli occhi truccati con il kohl, luminosa e sorridente e carica di caffè. La caffeina ha un effetto portentoso sull'eclettica islandese. Lo dice oggi e ricordo di averla sentita fare la stessa osservazione 12 anni fa, quando la intervistai a Londra attorno all'uscita del suo quinto album, Medulla. Ai tempi si era concessa un'entrata più spettacolare, comparendo da dietro le tende semitrasparenti di una suite all'attico di un hotel, avvolta in un abito in stile greco color pesca chiarissimo. Ricordo ancora il modo in cui lei si prendeva un po' di tempo per ogni domanda, restando pensierosa in silenzio sempre quel momento di troppo; il click della lingua contro il palato quando iniziava a rispondere; il fatto che si leccasse spesso le labbra—in un'occasione per raccogliere la polvere di cacao che si era depositata sul labbro superiore dal suo cappuccino.

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Anche adesso si lecca spesso le labbra, ma oggi c'è meno tempo per le riflessioni silenziose. L'artista cinquantunenne ha un programma in tre punti che non vede l'ora di approfondire nella nostra mezz'ora di tempo: la residenza a Los Angeles della sua mostra mondiale BJÖRK DIGITAL (dal 19 maggio al 4 giugno), la sua unica performance con la Filarmonica di Los Angeles alla Walt Disney Concert Hall (30 maggio) e la prossima pubblicazione del suo libro 34 Scores for Piano, Organ, Harpsichord and Celeste (in uscita il 5 giugno). La mostra è una rara occasione per immergersi propriamente negli alienanti, ma anche commoventi, video in Realtà Virtuale che ha creato per il suo album live del 2015, Vulnicura. Ci si può tuffare nella sua bocca mentre canta "Mouth Mantra", teletrasportarsi insieme a lei sulla piana nera dell'isola di Vik, in Islanda, con "Stonemilker", o immergersi nell'installazione sonora di "Black Lake". È anche un'opportunità per esplorare da capo collaborazioni epocali come quelle con Spike Jonze, Chris Cunningham, Alexander McQueen e Michel Gondry.

Ma oggi è il suo libro che discutiamo in modo più approfondito, un progetto entrato in gestazione fin nel 2009 durante un fruttuoso periodo di otto mesi a Puerto Rico, lo stesso anno in cui concepì l'idea della app Biophilia—lanciata nel 2011 insieme all'album omonimo. La tecnologia dell'app è poi evoluta fino a trasformarsi nel Biophilia Educational Program, che "mira a ispirare i bambini a esplorare la propria creatività mentre imparano musica, natura e scienza tramite le nuove tecnologie", ed è ora parte del curriculum nelle scuole scandinave. Il progetto è tipicamente Björk: nerd, artistico, minuziosamente dettagliato ed eseguito meticolosamente. È Björk che produce arte dal suo cuore utilizzando le tecnologie più avanzate.

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Ma torniamo a Puerto Rico, dove Björk ha cominciato a chiedersi: "Come percepisco personalmente io la musicologia?" È qui che ha cominciato a parlare con Jonas Sen dei propri sentimenti riguardo la notazione musicale. A quei tempi, Sen era l'accompagnatore di Björk, tanto in tour quanto in studio (insegnò il piano a entrambi i suoi figli). Per dieci anni lei ha resistito ogni richiesta di mettere per iscritto la propria musica, ma i suoi sentimenti verso gli spartiti musicali sono evoluti e con l'aiuto di Sen e dei suoi consulenti di design di lungo corso, i parigini M/M (responsabili dell'elegante font originale usato per i testi—la cui creazione ha impiegato almeno due anni), è nato il primo libro ufficiale di spartiti di Björk. Insieme a Sen, hanno preso i suoi arrangiamenti per voce, archi, ottoni e piano e li hanno trascritti in notazioni adatte ai principianti, a chi suona da cinque anni e anche a musicisti esperti.

"Non vado pazza per il piano—di solito nei miei album metto più organi o celeste o harpsichord, quegli strumenti un po' più misteriosi", spiega. "Mi piacciono le cose barocche, mi piace il ricamo, sono proprio come una ragazza—adoro lavorare all'uncinetto. Il mio stile di arrangiamento musicale è molto femminile. Se qualcuno si mette all'harpsichord o all'arpa e suona delle trame filigranate, vado in estasi".

Björk crede che l'importanza che lei dà ai suoi arrangiamenti faccia parte della sua "linea femminista morbida"—giusto un commento per ricordarti che lei è la Signora della Creazione da sempre. Nel futuro immediato continuerà a promuovere Vulnicura—un'opera che, certo non per la sua gioia, le ha fruttato nuovi e sempre maggiori livelli di popolarità, specialmente a causa della sua brutale sincerità e natura autobiografica facilmente identificabile (analizza la rottura con il suo partner da tanti anni, cercando di ricomporre il suo cuore spezzato e iniettando emozioni ultra-reali in ogni composizione). Nonostante abbia già cominciato a lavorare al suo prossimo album—un'altra collaborazione con Arca—oggi si rifiuta (cortesemente) di parlarne: "Penso di aver già detto troppo. Ho paura di portarmi sfortuna!"

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Noisey: Ho un amico che dice che la parte più bella del suo lavoro è che a fine giornata c'è qualcosa dove prima non c'era nulla—una canzone. Il tuo coinvolgimento nella tua arte è a 360 gradi, fino al dettaglio più minuto. Sarei curiosa di sapere qual è l'aspetto che ti piace di più.
Björk: Senza dubbio la sensazione migliore è scrivere una canzone che ti piace. Siamo giudici spietati, scriviamo un sacco di canzoni che ci sembrano OK, ma quando scrivi una canzone che ti sembra davvero bella—quella sensazione è speciale. È il motivo che ti spinge a lavorare e non potevi metterla in modo migliore: non c'era niente e ora c'è qualcosa. È come una magia. È una dichiarazione filosofica, è proattività: non ti piace questo mondo, cosa dici di questo? Vuol dire inventarsi un'opzione, una cosa positiva, invece di lasciarsi trascinare dalla corrente giù per lo scarico. Non esiste la neutralità, devi far andare avanti le cose—lo intendo nel senso più puramente filosofico.

[Ma] adoro molti altri aspetti, mi piace perdermi nella creazione di nuovi programmi o di software, o bere un sacco di tè e caffè con un gruppo di nerd. Sono una reclusa; perlopiù lavoro a casa mia [in Islanda]. Ho un piccolo studio qui [a New York]. Non serve tanto spazio per fare musica. Ogni tanto ti serve se vuoi registrare degli archi, allora vai per un giorno in un bello studio, ma poi torni dritta nella tua stanza, è meno stressante. Non mi piace scrivere negli studi perché se ti prendi un'ora per non fare nulla la paghi un miliardo di dollari. Mi piace anche avere delle belle candele e tutte le mie piccole cose attorno, preparare una tazza di tè e raccontare barzellette e cucinare e bere qualcosa.

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Non mi piace la mentalità "dalle 9 alle 5". Di sicuro il lato che mi piace di meno è quello dei soldi. Sono molto fortunata perché lavoro con la stessa persona da quando avevo 16 anni. So che tanti miei amici non hanno questa fortuna e non la dò per assodata, ma è anche incondizionata, ci siamo dentro fino alla morte quindi è incondizionata. A volte è il mio manager, a volte è la mia casa discografica, ma probabilmente è tutte e due le cose. E questo è davvero speciale.

Hai suonato le canzoni di Vulnicura dal vivo soltanto una manciata di volte ed è un'opera molto carica emotivamente. Com'è cambiato il tuo rapporto con il disco da quando è uscito?
Probabilmente è quello che è cambiato più profondamente tra tutti i miei album. Sono davvero contenta di averlo suonato solo da aprile a luglio 2015 e poi di essermi fermata e aver iniziato a lavorare al prossimo album. Sono molto contenta di questo. Dopo di quello ho suonato soltanto l'album di archi [la versione solo archi di Vulnicura]—quello è stato un altro lato di me che è uscito. In un certo senso, con questo libro e questi concerti senza beat, soltanto con gli archi, sono io che presto ascolto a tutte le nuove giovani femministe e tutte le persone che mi chiedono di fare tutte queste cose femministe, e la miglior cosa che potevo fare era dire al mondo che mi occupo io stessa dei miei arrangiamenti. Non mi piace vantarmi, ma penso che in generale la gente non lo sapesse! Nemmeno alcuni dei miei parenti lo sanno. Pensano che vengano dalla magia, o dal cielo o chissà da dove. Ho pensato "ok, questa sarà la mia presa di posizione femminista". Bisogna dire la propria. In un certo senso, da quel punto di vista, quando ho suonato alla Royal Albert Hall mi aspettavo che tutti avrebbero scritto dei miei arrangiamenti e… neanche una parola. Ovviamente non voglio controllare nessuno, ma nessuno li ha menzionati.

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È stata data certamente molta importanza all'aspetto personale dell'album, alla fine dell'amore…
Non voglio puntare il dito perché in un certo senso, negli ultimi album avevo deciso di non parlarne apposta perché pensavo che con Biophilia fosse giunta l'ora di parlare di scienza, galassie, atomi, e i maschi possono farlo, possono scrivere di fantascienza quanto gli pare e nessuno chiede loro "come mai non parli della tua fidanzata?" Con Vulnicura è stata una mia scelta, essere prevedibile: fare la ragazza e lamentarmi del mio fidanzato. Mi sono detta, se ne parlerà per tre anni e ci vorrà molto tempo per uscirne. Una volta che giochi al gioco, ti vogliono lasciare in quel ruolo il più a lungo possibile. Ci sono voluti due anni per scrivere l'album e mi sono detta: "ok, facciamolo e prendiamoci questa responsabilità". Ci vorrà un po' per uscirne, ma sono pronta a portarmelo dietro.

Com'è suonare quelle canzoni adesso?
Quando canto oggi mi sento più una cantante, è meno legato alla mia vita. Le canzoni più vecchie hanno cinque anni—è un bel po'. È diverso cantarle oggi. Fa ancora male perché alcune delle canzoni non parlano nemmeno di me, o della mia esperienza personale, ma semplicemente di quanto è difficile amare a volte, per tutti. Ogni amore, non solo quell'amore. Non sai mai quando ti svegli la mattina per fare un concerto di che umore sarai. A volte una certa canzone ti distrugge, a volte è un'altra canzone, ma fa parte del divertimento.

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Ti sei innamorata di nuovo?
[Si lascia sfuggire un risolino timido] Sì, di sicuro. Forse è troppo fragile per parlarne.

Certo. Capisco. Mi fa piacere. Cambiando argomento, pensi che la tecnologia avvicini le persone o costruisca barriere?
Sinceramente, direi nessuna delle due. Penso faccia parte della natura umana tanto isolarsi quanto mescolarsi, e gli strumenti sono soltanto strumenti. Se guardo alle fattorie in Islanda 150 anni fa, ce n'erano cinque e non erano proprio esperti di comunicazione, si ritrovavano bloccati dalla neve e si incontravano tra di loro due volte all'anno… sto esagerando, però la civiltà ha fatto un buon lavoro nell'avvicinare le persone. È come ogni altra cosa, come lo zucchero, come lo vogliamo considerare? Hai presente la sensazione che hai se stai su Facebook per troppo tempo? Stai da schifo, ti alzi e ti chiedi "che cosa ho fatto?". Ma è solo una sensazione; non c'è una formula. È così per ogni tecnologia e per ogni strumento, la bomba nucleare, l'uomo che ha scoperto il fuoco o ha forgiato il primo coltello. Prima dici wow, è stupefacente, poi devi interrogarti sulla sua moralità e questo fa parte dell'essere umani. Queste cose non sono legate allo strumento, non sono nel manuale—sono cose che sta a noi comprendere. Vedo anche messaggi, specialmente da parte di ragazzini adolescenti, che sono davvero intimi e vicini. La mia generazione era diversa. Vedo cose spettacolari.

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Nel 2015 hai sganciato questa bomba nella tua intervista con Pitchfork: "Ogni cosa che un maschio dice, tu devi ripeterla cinque volte", il che ha avuto un grande impatto su molte donne. Si direbbe che tu sia diventata più esplicita—in particolare quando si parla di femminismo—dall'uscita di questo disco, e hai anche dichiarato che ti capita più spesso di venire avvicinata per questo argomento specifico. Che cosa ti chiede la gente?
Intendo riviste, occasioni istituzionali ed eventi. Mi fa molto piacere, non voglio che passi l'idea che non penso sia una bella cosa, ma lo faccio da talmente tanto tempo che a volte è preferibile non tirare troppo la corda. Meglio fare una cosa, ma farla dal cuore e fare in modo che abbia peso, e cambierà le cose. Con quella intervista, tutti mi dicevano che avevo avuto una grande influenza sulle giovani ragazze. Mentre la facevo non ne avevo idea, ma poi hanno incominciato a uscire tutti questi siti internet perché ho detto qualcosa tipo "Forse dovremmo incolpare anche noi stesse, forse non veniamo accreditate come ingegneri e producer perché non ci vedono mai in quel modo—ci vedono sempre in un bel vestitino. Non vedi mai Missy Elliott davanti a un banco mixer, anche se sappiamo che produce…" Non voglio incolpare Missy Elliott neanche per un attimo, anch'io ho la mia parte di colpa… tutte ce l'abbiamo.

Di quali siti parli?
Ce n'era uno su cui le ragazze caricavano le foto di loro vicine a banchi mixer o attrezzatura tecnologica. Questo è stato un bell'aspetto dell'avere una mostra digitale in vari paesi—ho incontrato tanta gente e ci ho parlato ed è diverso da fare un concerto dove la gente ti tratta come se fossi su un piedistallo. Penso che il modo migliore che ho di dare una mano è continuare a fare cose. Quando una ragazza mi chiede: "Programmi i tuoi beat da sola?" rispondo "Sì, la metà dei miei beat". Ed è importante per lei saperlo. Puoi teorizzare quanto ti pare ma una come me che è in giro da così tanto tempo è meglio se dice "Sì, ho scritto la linea di basso e fatto i beat di 'Venus as a Boy'", quello è più utile per una ventenne. Non mi sono mai specchiata in questo modo in vita mia finora. Non avevo mai pensato a me stessa come quel tipo di ispirazione e negli ultimi due anni ho osato farlo.

Se ripenso a quando avevo la loro età, soltanto il fatto che Kate Bush avesse prodotto i suoi album mi dava speranza. Non è che volessi copiare la sua musica o quella di Joni Mitchell, ma se lei l'aveva fatto, voleva dire che era possibile.
È per questo che ho fatto il libro di spartiti ed è per questo che sto facendo questi concerti solo con gli archi—nella speranza che le persone si rendano conto della mia vera arte. Un po' è colpa mia, ma sarebbe fantastico se il pubblico lo percepisse per quello che è, nello stesso modo in cui, per esempio, se qualcuno dei Radiohead, o qualcuno che suona arrangiamenti, lo facesse e la gente scriverebbe del suo lavoro, non della sua vita amorosa.

34 Scores for Piano, Organ, Harpsichord and Celeste esce il 5 giugno per Wise Publications

Foto in alto: Santiago Felipe / Getty Images

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