Le parti migliori di Big Fish Theory di Vince Staples, tradotte

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Musica

Le parti migliori di Big Fish Theory di Vince Staples, tradotte

"Sono su un nuovo livello / Troppo acculturato e troppo ghetto:" Vince Staples tra tendenze suicide e orgoglio nero, amori impossibili e media affamati.

Vince Staples non è il primo rapper statunitense che sceglie di ragionare sulle modalità espressive dei suoi colleghi. Da un lato, i temi più comuni del genere—scoparsi le tipe, gli amici e i nemici, farsi e spacciare, il bragging fine a sé stesso—hanno quasi perso ogni qualità "scandalosa" e si sono qualificati come frasario standard a cui attingere per riempire barre, perdendo importanza in favore dell'interpretazione vocale e di un generale concetto di "stile" (prova: vedi questi tizi che cercano di spiegare perché Lil Uzi Vert spacca il culo usando concetti generici come "energia," "rockstar vibes," "turn up"). Dall'altro, il fatto che negli ultimi anni sia sorto un paradigma-di-testo-rap diametralmente opposto—concentrato su temi come identità afroamericana, salute mentale, etica, protesta, religione e così via—è indice dell'esistenza di un certo sentimento progressista all'interno della cultura hip-hop.

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È per questo che ogni tanto si creano cortocircuiti come quello, risalente ormai a cinque anni fa, sull'uso della parola "bitch". È un termine offensivo? È stato ormai svuotato del suo significato denigratorio o no? La risposta dipende dal sesso di chi lo usa? Questioni sane che, se affrontate con apertura di vedute, possono creare musica più varia, aperta e stimolante. Altre volte tutto si infrange in un nulla di fatto, come quando iLoveMakonnen si è dichiarato gay e i Migos hanno commentato la cosa dicendo che "il mondo è andato a puttane" per poi dire, e chissà se è vero, che le loro parole sono state "prese fuori contesto." È giusto che la cosa non abbia avuto ripercussioni sulla loro folgorante carriera? Il fatto che Quavo appaia tranquillamente su un pezzo con Chance the Rapper, rappresentante di una visione intransigentemente progressista, vuol dire che è tutto ok? Non c'è una sola risposta possibile; c'è però bisogno di parlarne sinceramente, dire la propria opinione, direzionare la cultura verso—credo, io che scrivo—un paradigma inclusivo.

Big Fish Theory, il nuovo album di Vince Staples, ragiona seguendo quest'ultimo approccio. La "teoria del pesce grosso" a cui il suo titolo si riferisce è una metafora: un pesce può crescere solo tanto quanto la boccia d'acqua in cui è stato immerso glielo permette. Allo stesso modo, sostiene Vince, appartenere a certe categorie—"essere afro-americano," "essere un rapper" per esempio—ti "immerge" in un contenitore sociale da cui è impossibile uscire. E che cosa succede se tu sei effettivamente un rapper afro-americano ma non rispondi ai luoghi comuni che tutti pensano ti appartengano?

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vince staples yellow background picture

"Crabs in a Bucket": Diamoci contro fino alla morte

Granchi in un secchio,
Vuoi vedere qual è il fondo, non ti piace un sacco? Mettete dei granchi in un secchio. Agendo in solitaria potrebbero tranquillamente arrampicarsi sulla parete e uscirne; invece, si arrampicheranno l'uno sull'altro, proveranno a uscire tutti assieme in maniera disordinata, si ostacoleranno garantendo un fallimento collettivo. Si chiama crab mentality, in inglese: "Io non posso averlo? E allora non puoi averlo neanche tu." Nel pezzo d'apertura dell'album, la "mentalità da granchio" rappresenta quella pratica per cui cerchiamo di elevare il nostro ego attaccando gli altri—a livello musicale, viene facile pensare ai rapper che cercano di auto-affermarsi andando contro i colleghi. Questo è uno degli scontri interni che Staples affronta, lungo il corso di Big Fish Theory: come Kendrick Lamar in DAMN., si trova in una situazione in cui deve trovare un punto d'incontro tra fama e umiltà, e cerca di sviscerare il problema tramite i suoi testi. La seconda strofa introduce un altro tema fondamentali per l'album, già caro a Staples dai tempi di Summertime 06: la percezione degli afro-americani da parte della società statunitense e le violenze della polizia nei loro confronti. Spendo un sacco di soldi in roba Comme des Garcons,
Non sto proprio bene sullo schermo del tuo televisore?
Combatto con l'uomo bianco giorno dopo giorno,
I federali ci fotografano, scorrono le immagini tipo moviola.
Non vogliono vedere mangiare un uomo nero,
Chiodi nelle mani e nei piedi di un uomo nero—
Metteteli su una croce o mettetegli una catena!

[Intermezzo: "Crabs in a Bucket" è prodotta da Justin Vernon, in arte Bon Iver, assieme a Zack Sekoff—un giovane produttore di Los Angeles del giro Brainfeeder qua nel suo progetto più importante finora, dato che ha lavorato almeno a metà disco. A sentire il suo lavoro, almeno su questo pezzo, sembra di sentire una versione semplificata della dubstep di Burial. E non è una critica.]

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"Big Fish": Accettare il passato per affermare il presente

Stavo in piedi la notte a godermi i miei soldi,
A contare centoni a migliaia. "Big Fish" si apre con la voce di Juicy J, uno dei rapper meno discreti in giro quando si tratta di parlare del proprio successo, che parla di contare banconote da cento. È una scelta apparentemente in contrasto con il tema dell'album, ma Vince riporta subito l'ascoltatore alla realtà con il suo verso: " Stavo in piedi la notte a godermi i miei soldi," dice anche lui, ma poi: " Così lontano dalle mie sfortune passate / Non dormivo, restavo sveglio la notte senza mangiare". Così, il rapper di Long Beach comincia a pensare a come trattare la ricchezza nei suoi testi, a come evitare di finire in noiose enumerazioni: legando il suo presente in modo indelebile al suo passato da gangster. " In fondo sono ancora un soldato di Norf Norf," dice, citando sia la sua appartenenza al quartiere che lo ha generato ("North Side, Long Beach") e quello che è forse il suo pezzo più famoso. È divertente: stavo uscendo pazzo non troppo tempo fa,
Ogni mattina mi svegliavo e avevo problemi di tipe, tipo da Maury.
[Ora] nuoto controcorrente mentre provo a proteggere dagli squali
Il pane che mi sono guadagnato, loro che vogliono prendermi la testa a martellate.
Resto al parco a fare politica coi ragazzi,
Sto provando a metterli sulla retta via, faccio incazzare i bulletti—
So che gli sto sul cazzo per i soldi che faccio, ho un cruscotto tipo astronave
Nella mia macchina straniera, con il navigatore settato per casa di tua madre. Sul suo ultimo EP, Prima Donna, Vince ha parlato candidamente della sua salute mentale, e dei suoi pensieri suicidi—" Lasciate che vi racconti quando 'sto negro è impazzito / Al Marriott, e si è messo a fare sogni alla Kurt Cobain," cantava. La patina di sicurezza che traspare da questi versi, però, non rappresenta un superamento quanto un tentativo di lasciarsi dietro il momento più basso; di riaffermare la propria identità tramite orgoglio (contrapposto ai "problemi di tipe, tipo da Maury," e se non avete idea di cosa sia Maury pensate a una sorta di C'è posta per te molto, molto, molto più becero) e impegno sociale.

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"Alyssa Interlude," "Love Can Be…": Vince e l'amore

Gocce di pioggia sul mio davanzale,
Vorrei sentire addosso la tua natura.
Adoravo quella canzone che ascoltavamo da ragazzi,
Ora mi fa venire voglia che tu sia qua.
A volte la gente scompare e basta,
Penso sia stata la mia paura più grande.
Avrei dovuto proteggerti—
A volte, vorrei potesse piovere. "Alyssa Interlude" si apre con la voce di Amy Winehouse, una sua intervista in cui parla di un amore finito male e di tendenze autodistruttive. È dopo aver visto Amy, documentario su di lei uscito nel 2015, che Staples ha cominciato a parlare nei suoi testi—come dicevamo qua sopra—del rapporto tra fama e salute mentale. L'interludio si conclude con una strofa super cliché, ma anche super tenera se pensata nel contesto dell'opera di Staples (e poi è inframmezzata a parti di "I Wish It Would Rain" dei Temptations, e quindi che gli puoi dire). "Love Can Be…" continua a parlare d'amore, ma in maniera più tagliente. Su una produzione tutta danzereccia a cura di quei tamarri dei GTA, Vince parla di una vita relazionale che non sente sua: " Falliti tutti carichi / Tipe che adorano 'sta vita / Sempre pronte ad andare a ballare / Prendono vita quando cala la notte / Una macchina sportiva schiantata / E questo è tutto per 'sta vita veloce / Telefonate da amori perduti / Per provare a rimettere le cose a posto." Poi, indossa i suoi panni losangelini e butta fuori un verso-omaggio a Kendrick, chiudendolo con il suo ormai iconico "This dick ain't free." Il messaggio è semplice: non ha senso sprecare energie dedicandosi relazioni vuote ed edonistiche, togliendone alla propria arte e alla propria vita. Dite al mondo che voglio i miei soldi,
Evito le groupie, non mi prendono bene.
Sono stati i soldi a prendermi e portarmi in un posto dove posso sentirmi a mio agio,
I soldi non mi lasceranno mai.
Lei mi chiama, dice che è eccitata,
Bé, posso prendermi tempo per stare con lei o per fare soldi:
Continuerò a contare pezzi, baby, non contare su di me.

"745" e "Ramona Park Is Yankee Stadium": Quello che Vince vorrebbe, quello che Vince ha

"745" è un banger nichilista in cui Vince descrive l'amore che vorrebbe ma non può avere. Il "745" del titolo è un modello di BMW, e anche l'orario a cui Vince va a prendere la sua ragazza immaginaria per un appuntamento: " La rugiada dell'alba ti mette una paura fottuta / Mi avevi detto che ci saresti stata, di notte / Guardare le stelle e quasi non parlare / 'Sta cosa chiamata amore è davvero difficile per me / 'Sta cosa chiamata amore è un Dio per me / E tutti non siamo altro che proprietà di Dio / Quindi sentiti libero di far avverare la profezia / Adamo, Eva, alberi di mele / Attenta ai serpenti, baby". Immagini universali di facile comprensione. Dal sogno, ovviamente, si torna alla realtà: "Ramona Park Is New York Stadium" è un interludio piuttosto crudo. Il suo titolo si riferisce ai cappellini con il logo dei New York Yankees, celebre squadra di baseball, portati come segno di riconoscimento dalla gang a cui Vince era affiliato, i Naughty Nasty Gangsta Crips.

New York, New York,
Luci accese e cieli bui.
Se morissi oggi
Sapresti mai della mia esistenza?
Sapresti quale sarebbe il mio destino?
Quanto ti amo quando sei lontana
Sei sotto la mia pelle, al mio orlo,
E se dovessi morire… E poi, un colpo di pistola. È così che finiscono, di solito, gli amori di chi fa parte di una gang. Certo, non che Vince vada più in giro ad ammazzare gente—ma far parte di un gruppo simile ha lasciato in lui e nella sua emotività una firma indelebile.

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vince staples sitting on a bridge outside

"Yeah Right": Vince e Kendrick tra realtà e apparenze

" Sì certo, sì certo, sì certo:" "Yeah Right" è un buffetto sul naso di qualsiasi rapper scelga di ridurre la sua arte al bragging fine a sé stesso. Il tutto comincia con una serie di domande incalzanti, strafottenti: Hai una casa grossa? Hai una bella macchina?
Hai una tipa figa? Te la sei scopata tutta la notte?
Ti pagano bene? C'è pieno di gente ai tuoi concerti?
Se mettessero su un tuo pezzo, la gente lo saprebbe?
Come va la vita da criminale? E quella amorosa?
Come va il lavoro? C'è l'atmosfera giusta?
Stai trappando come si deve? Hai gli agganci giusti?
Hai la testa a posto? Sì, sì, certo.

E ancora: 'Sta gran figa si vuole tagliare le vene,
'Sta gran figa vuole essere la troia di un ricco,
'Ste gran fighe vogliono un paio di bambini,
'Ste gran fighe vogliono un culo nuovo, labbra nuove.
'Ste gran fighe vogliono una Benz.
Trattala bene e rispettala, lei non ti farà entrare in casa,
Si farà strappare un assegno, se lo incasserà.
Quei diamanti che hai sul collo sono finti? Il verso di Kendrick non fa che alzare l'asticella della provocazione, e sentirlo è rendersi conto di quanto sia ormai semplice per lui parlare dei temi che ha a cuore—se ricordate, "HUMBLE." parla praticamente della stessa cosa.

"Homage" e "SOMA": Nell'intersezione tra ghetto e alta cultura

"Homage" e "SOMA" sono parentesi di auto-affermazione che Vince usa per stabilire il suo posto nella cultura e nel music business. La prima ha il suo culmine in una semplice frase: "Sono su un nuovo livello / Sono troppo acculturato e troppo del ghetto," dice Staples, ponendosi all'intersezione tra i due modelli principali di rapper statunitensi. "SOMA" è invece un riferimento a un acronimo inventato dal celebre Jean-Michel Basquiat, riferito alle parole "Same Old Shit," "sempre la stessa roba"—e Vince lo usa per rappresentare il tedio dell'abitudine legato allo stile di vita lussuoso e borioso che cerca di evitare. Direi che una frase come " Non spenderei mai i miei soldi per una catena / Preferirei spararmi in faccia" riassume bene il messaggio del pezzo. Ma dove li spende, quindi, il buon Vince? I miei amici sono capaci di uccidere,
Io sto provando a metterli su delle Ferrari.
Un tempo ci mettevano su macchinone da gangsta,
Ora io li metto all'università.

"Party People": Il lato oscuro della nightlife

"Party People" è come suona una serata nella vostra testa quando vi sentite il cervello mangiato dalla depressione e dai rimorsi, vi rendete conto di non voler essere dove siete e reagite in maniera naturale e impetuosa. Sopra un beat perfetto per fare mattino, Vince parla di come la carriera che ha scelto non elimina lo svantaggio fondamentale insito nel colore della sua pelle, nel suo passato da membro di una gang, e di come questi conflitti interiori lo portino a pensare al suicidio. Sì, ero condannato a fallire fin dall'inizio,
Mi sono sentito bloccato dai miei stimoli terreni.
Propaganda, riprendi tutto con la telecamera,
Vi prego, non guardatemi in faccia.
Tutti potrebbero vedere il mio dolore,
Sono deragliato, potrei ammazzarmi. […]
Il mio cervello grida più forte e io mi cago sotto,
Mi chiedo quando avrò le palle di spararmi in testa.
Ho un paio di problemi che i soldi non possono risolvere,
Problemi umani, troppo forti per qualche fazzoletto,
Fanculo la spavalderia, non nasconderò la mia ricchezza. E poi, un ritornello freddo come un cadavere: Muoviti se sei venuto qua a fare festa,
Altrimenti scusa, perdonami:
Come posso divertirmi
Quando vedo solo morte e distruzione?
Occhio non vede, il cuore mi duole,
Sento la luce del sole chiamare il mio nome.
Ho bisogno di positività,
È tutto quello che mi serve, tutto quello che mi serve.

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"BagBak": Vince per un futuro migliore

Questa è per la futura madre dei miei figli,
Spero la tua pelle sia nera come la mezzanotte.
Ti porterò via dalla tua Honda,
Ti metterò in una Benz.
Posso riequilibrarti i chakra,
La fornicazione è un peccato
Possiamo comunque scopare tutta notte.
Padre nostro che sei nei cieli,
Prego per avere un po' di nuove McLaren,
Prego perché la polizia non mi spari
Per il colore della mia pelle.

"BagBak" è il momento più luminoso dell'album. Vince lo usa per proiettare in positivo tutto ciò che non riesce e non vuole accettare della vita che gli dovrebbe essere imposta dalla società e dalla sua carriera. Il titolo è un gioco di parole, una riscrittura di "Back, back:" "Indietro, indietro," dice, a chi non lo conosce e gli si vuole avvicinare per oggettificarlo, per farsi un selfie con lui, per chiedergli un'opinione. Dopo aver parlato di quella che vorrebbe essere la sua futura moglie, Vince sposta l'attenzione su quella che vorrebbe essere la sua futura nazione. Il sistema carcerario non funziona, il subbuglio di una guerra raziale,
Finché il presidente non sarà color cenere Vincent non voterà.
Abbiamo bisogno di Tamika e Shaniqua nell'ufficio ovale,
Obama non mi basta, siamo solo all'inizio,
Il prossimo Bill Gates può essere nella Section 8, tra le popolari,
Finché non ameranno la mia pelle nera, puttane, io andrò all in.

E ancora, con un finale glorioso: Battete le mani se la polizia vi ha mai schedati,
Non dovete preoccuparvi, non dovete fare paura, ora è il nostro turno.
Non ci gentrificheranno, finalmente ci compreremo tutta la città.
L'un per cento può succhiarci il cazzo, ora è il nostro turno.

"Rain Come Down": Temporali, proiettili e banconote

La "pioggia" di "Rain Come Down" ha tre significati. Il primo è letterale: la pioggia dell'amore fallito di "Alyssa Interlude," e la pioggia che lava via ogni dolore—la rinascita di "BagBak." Ma è anche la pioggia di proiettili che termina una vita, e la pioggia di banconote che copre il corpo di una stripper—due strade stereotipate ma reali, imposte agli afroamericani dalla società statunitense.

Sono il migliore, street fino al midollo,
Sono il sangue sulle foglie, sono il naso della Sfinge.
Da dove vengo non andiamo dalla polizia,
Da dove vengo non scappiamo, ci godiamo la polizia addosso.
Sono il sedile sul fondo del bus, venite e sedetevi,
Venite a fare un giro qua, dove moriamo per strada,
Dove i poliziotti non vengono per settimane,
No, i poliziotti non vengono per settimane. In queste barre, ripetute all'inizio dei primi due versi del pezzo, Vince chiude l'album con una dichiarazione di forza. Cita il "sangue sulle foglie" degli schiavi ammazzati e appesi agli alberi del Sud, quel plasma cantato da Billie Holiday prima e da Nina Simone poi in "Strange Fruit," mutuato da Kanye per "Blood on the Leaves." Si paragona al "naso della Sfinge," ben conscio che la Sfinge non ha il naso: riprende quindi quella posizione interstiziale tra generi e culture, trova il proprio senso nell'indefinibilità della sua arte. Conclude ribadendo il punto su cui tutta la sua battaglia si fonda: la violenza nei confronti della sua comunità, il razzismo latente negli Stati Uniti del 2017. E lo fa citando Rosa Parks, madre del movimento per i diritti civili statunitense, e il suo iconico rifiuto di cedere il posto a un bianco sul bus che la stava portando a casa dal lavoro. Segui Noisey su Twitter e Facebook.