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Musica

I’ll do it with a Frigidaire Tango

Una band che lasciò il segno nell'Italia anni Ottanta per poi svanire e ritornare dopo venticinque anni. È la storia dei Frigidaire Tango.

There’s a vast piece of land
Mind to coltivate ahead of me…
I’ll do it with a Frigidaire Tango

(“Frigidaire Tango”, dall’album The Cock, 1982)

Ho visto i Frigidaire Tango per la prima volta dal vivo nel 2010, credo, al New Age di Roncade. Era una delle date del tour seguite alla pubblicazione de L’Illusione Del Volo, ultimo album pubblicato dalla band nel 2009. Il primo in italiano, ma soprattutto il primo a venticinque anni di distanza dall’ultimo disco di inediti. Ovviamente il gruppo lo conoscevo già, almeno di nome. La cosa che colpiva, quella sera, era il magnetismo che riuscivano a esercitare. In qualche modo le canzoni, i suoni, il pubblico un po’ più preso del solito, mi stavano dicendo che davanti avevo un gruppo importante. Vedere dal vivo una band di cinquantenni con questa resa mi ha fatto pensare a come potessero essere prima. E a cosa fosse successo nel frattempo.

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Così questa cosa dei Frigidaire Tango m’è rimasta, mentre nel frattempo ho cominciato ad ascoltare i loro album, a entrare un po’ meglio nelle loro cose. Ho cominciato anche a scrivere di musica e a intervistare gruppi. Ed ho pensato che potesse valere la pena, finalmente, di conoscerli, farsi raccontare un po’ meglio la loro storia, a trent’anni dal primo scioglimento, nel 1986. Visto che io ho trent’anni adesso evidentemente mi ero perso qualcosa. Soprattutto il fatto che fossero delle mie zone mi colpiva. Forse per qualche particolare assonanza interiore, per la loro capacità di esprimere un mondo in cambiamento, con quel misto di malinconia ed energia furiosa che in qualche modo rappresentava anche una reazione. Erano gli anni, del resto, in cui i capannoni industriali stavano trasformando il Veneto, e cominciava la rincorsa al denaro e al possesso che solo in anni recenti si è un po’ smorzata.

In qualche modo i Frigidaire Tango si pongono anche come precursori di una scena musicale oggi ricchissima e che non ha smesso di sperimentare e di reagire a suo modo al paesaggio. Così sono andato a trovare i due fondatori della band, il cantante Carlo Casale nelle sua casa di Marostica e Stefano Dal Col, incontrato nel suo studio di Bassano del Grappa in un momento di pausa dal tour con Giorgio Canali e Rossofuoco, con cui suona come chitarrista. Evidentemente non sono l’unico a essere rimasto affezionato a questo nome. Proprio Giorgio Canali per esempio nel suo ultimo album Perle Per Porci, una raccolta di cover, ha inserito "Richiamo", reinterpretazione in italiano di "Recall", uno dei pezzi storici dei Frigidaire. Questa versione era tra l’altro già presente nel disco pubblicato dalla Go Down Records nel 2013, omaggio alla band di Casale e Dal Col che vedeva una ventina di pezzi suonati da fan vecchi e nuovi, come i Diaframma o Xabier Iriondo.

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I Frigidaire Tango hanno di fatto pubblicato un album e mezzo e suonato poco più di una trentina di concerti, dal 1980 al 1986. Eppure sono stati in grado di lasciare un segno indelebile: raffinati, sperimentatori, innovatori per quanto riguarda la cura del suono, eccezionali dal vivo, oltre che tra i pionieri dell’autoproduzione in Italia. L’album The Cock esce nel 1982, pubblicato dalla Young Records, etichetta del vicentino che fino a quel momento aveva pubblicato solo folk e blues. E che quasi per caso si interessa ai giovani Frigidaire, attivi già da qualche anno in varie versioni. La prima incarnazione del gruppo sono gli Outkids, quartetto punk nato dalla folgorazione avuta da Casale dopo un viaggio a Londra nel ’77. Da questo primo nucleo le formazioni si evolvono, il nome prima cambia in Trash e poi diventa quello definitivo di Frigidaire Tango, ispirato dalla rivista Frigidaire (il cui primo numero è uscito nel 1980), cui Casale ha aggiunto la parola Tango, per associazione spontanea.

Il disco è influenzato da tutti i grandi nomi del post punk e della new wave, soprattutto britannica, di quegli anni. I riferimenti sono Ultravox, Stranglers, Roxy Music, Magazine, Joy Division, Bauhaus, ma anche band statunitensi come Devo, Talking Heads, Velvet Underground. E poi Bowie e Eno, oltre che l’anima punk di Sex Pistols, 999 e Ramones. L’influenza della cultura musicale anglosassone viene resa esplicita con l’adozione di nomi d’arte in finto inglese, che oggi forse suonano un po’ ridicoli, come Charlie Out Cazale, Steve Hill, Steve Elbow.

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Cominciano i concerti in giro per l’Italia, in teatri e palazzetti. Molti sono sold out. In poco tempo il nome dei Frigidaire Tango diventa conosciuto. "Abbiamo fatto diversi concerti, in molte città come Torino, Milano, Firenze. Quando la gente ci vedeva dal vivo tutti restavano a bocca aperta, in tanti venivano in camerino a chiederci chi fossimo, da dove venissimo" racconta Stefano Dal Col. "Anche oggi ho la stessa percezione. Quando sono in tour con Giorgio lui mi presenta come il chitarrista dei Frigidaire Tango e un sacco di gente a fine concerto viene a chiedermi che fine abbiamo fatto, perché non suoniamo… Penso sia girata tanto la voce su chi fossero i Frigidaire Tango e che siano pochi quelli che realmente conoscano i nostri pezzi. Lo abbiamo visto dalle vendite più che altro. Del resto The Cock ormai non esiste più, è rarissimo. Nel cofanetto del 2006 c’è la ristampa, ma sono 500 copie alla fine, in tutta Italia. Ora con internet è un po’ più semplice, trovi tutto e molte persone possono conoscerci così".

Stefano Dal Col e Carlo Casale, 2016. Foto di Camilla Martini

Nell’83, oltre al tour italiano con gli inglesi The Sound (il cui cantante Adrian Borland impone al suo management di accollarsi le spese delle ultime due date, visto che i Frigidaire si muovevano a proprie spese e avevano finito i soldi), c’è la pubblicazione di Russian Dolls, EP autoprodotto. L’idea iniziale della band era di registrare un intero album, seguendo in prima persona la produzione, ma poi il disco si ridurrà a due brani, "Recall" e "Vanity Fair", più una lunga versione di "Russian Dolls" suonata dal vivo. "I costi per noi erano proibitivi" spiega Casale, "Il nostro primo disco ce l’ha pagato l’etichetta. Il secondo ce lo siamo autoprodotto ma perché eravamo davvero convinti. I costi erano talmente alti che siamo riusciti a registrare solo due brani, e sull’altro lato del disco abbiamo messo un brano dal vivo. Parliamo di milioni di lire per fare una sola canzone. Oggi fai un disco in casa, con pochissimo, ma all’epoca registrare era la cosa più difficoltosa del mondo" racconta Dal Col. "Uno studio di registrazione costava cinquecentomila lire al giorno, cioè un mese di paga. Anche quando eravamo in sei persone nella band, magari metti via tre mesi di paga a testa, riesci a fare qindici giorni di studio. E per fare quello che avevamo in mente noi era pochissimo, avremmo dovuto lavorarci settimane".

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"Figurati fare un video. Non esistevano videomaker indipendenti come oggi. Gli unici due videoclip che abbiamo fatto negli anni ’80 ce li hanno fatti delle televisioni private. Il video di 'Vanity Fair' ce l’ha fatto la tv locale Tele Regione, con le cineprese, su pellicola ovviamente", così Dal Col. I due brani dell’EP sono infatti entrambi accompagnati da un videoclip, diventando di fatto due tra i pezzi più apprezzati della band. Tra l’83 e l’84 ci sono anche le prime apparizioni in RAI, nel programma Orecchiocchio e alla trasmissione musicale Diskogenia.

I Frigidaire Tango sono anche protagonisti di un documentario a tema musicale, L’Ultimo Concerto, prodotto e trasmesso da RAI 1. Il regista torinese Piergiorgio Gay segue infatti i Frigidaire per raccontare le difficoltà di una band che cominciava certo a essere conosciuta, ma che poi faceva fatica a tramutare la musica in un lavoro vero e proprio. Il film è interessantissimo per lo spaccato sociale che riesce a delineare, in anni di mutamento anche a livello economico. "Era impossibile vivere con la musica in quegli anni. C’eri tu con la tua musica, suonavi a casa, e poi c’era il mondo della discografia, distantissimo, una cosa irraggiungibile" spiega Carlo "Ci sono anche tutti i problemi legati all’età" aggiunge Stefano, "quando hai ventitre-ventiquattro anni i genitori ti dicono di andare a lavorare, tu pensi di farcela ma poi alla fine vincono loro. Anche perché siamo in Veneto, quest’idea di vivere facendo arte proprio non esisteva, soprattutto a quel tempo. Ora magari è un po’ diverso, mio figlio [Riccardo Dal Col, polistrumentista che ha suonato anche come batterista nei Rossofuoco] praticamente fa solo questo, e io gli dico di fare il cazzo che vuole perché tanto oggi cambia poco. Compone, ora uscirà con delle cose nuove. Lavora da solo, senza una band perché, a differenza mia che ho incontrato Carlo con cui eravamo sulla stessa lunghezza d’onda, lui non è riuscito a trovare nessuno che lo seguisse. È fin troppo meticoloso poi, per esempio sulla ricerca dei suoni. Un po’ com’ero io ai tempi, con la differenza che adesso hai i macchinari per lavorare al meglio. All’epoca avere un sintetizzatore voleva dire tirare fuori cifre enormi. Pagare un Oberheim 8-10 milioni di lire quando tu prendevi una paga di mezzo milione al mese era difficilissimo".

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L’apice per quanto riguarda questa fase della band è la fine dell’85, con l’invito a suonare a Tendencias, biennale dei giovani artisti a Barcellona. Erano diversi i gruppi italiani invitati, oltre ai Frigidaire c’erano Diaframma, Litfiba, Avion Travel, Denovo e CCCP. La registrazione di uno di quei concerti finirà in uno dei CD presenti nel cofanetto del 2006 The Freezer Box. Questi nomi appartengono ad alcuni dei gruppi più rappresentativi di quella prima metà degli anni Ottanta in Italia, in un momento in cui la musica cosiddetta alternativa cominciava ad assumere un’identità propria. Livia Satriano ha ricostruito in un libro gli albori di questa "scen"», in un libro che si chiama per l’appunto Gli Altri Ottanta (pubblicato da Agenzia X nel 2014). Nelle interviste raccolte emerge in particolare la nascita di realtà locali legate alle città più grandi, come Milano, Bologna e Firenze soprattutto. In tutto questo il fatto che i Frigidaire venissero da una provincia in cui una scena musicale non esisteva (né tanto meno esistevano locali adatti, men che meno centri sociali) rende il loro lavoro ancora più meritevole, anche per aver ispirato un territorio che oggi si scopre pieno di band e circoli in cui suonare.

"C’era un sacco di gente che faceva musica in realtà, ma faceva musica e basta, sono band che non hanno mai registrato nulla. Su trenta gruppi che c’erano qui nella zona abbiamo registrato un disco in due, noi e i Plasticost. Magari perché ci credevamo di più, forse è questa la chiave" racconta Carlo. "Quanto non c'era internet non avevi idea di cosa ci potesse essere anche a pochi passi da te, se esistevano altri gruppi lo scoprivi per caso, magari perché li avevi visti dal vivo a teatro o in una palestra". I Plasticost di Marostica, di fatto l’unica altra band new wave della zona assieme ai Frigidaire, sono forse poco conosciuti, ma dimostrarono più volte genio e assoluta follia, come in un concerto a Torino in cui Fox, cioè il cantante Sergio Volpato, si mise a fare un loro pezzo accompagnato soltanto da un motorino acceso, tenendo il ritmo dando gas. Questo aneddoto me l’ha raccontato Giorgio Canali, giustificando l’inserimento in Perle Per Porci anche della loro "Canzone Dada". Fox conferma, ma video non ne esistono…

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"Noi siamo capitati in un momento storico in cui l’innovazione era fondamentale. La condizione di tutti era guardare avanti, non esistevano le cover band, era tutto proteso verso la contemporaneità. Quando vivi un momento sociale di rinnovamento questo ce l’hai anche nella musica, il problema è che questo rinnovamento poi si è manifestato come corsa ad arricchirsi. Non c’era un calcolo da parte nostra, avevamo voglia di sperimentare tutti. I gruppi che si sono ritagliati uno spazio in quegli anni avevano voglia di fare qualcosa di nuovo, non di copiare, sicuramente e ovviamente tutti hanno avuto delle influenze, ma di gruppi a loro contemporane", così riflette Casale.

Le due principali case discografiche che diventarono riferimenti per questi gruppi alternativi erano la Italian Records di Bologna (fondata da Oderso Rubini), che pubblicava gruppi come Confusional Quartet, Gaznevada, Skiantos. E poi la IRA Records, fondata a Firenze da Alberto Pirelli. L’idea di Pirelli era quella di mettere assieme gruppi che cantassero in italiano, ispirati soprattutto alla new wave. Tra i fiorentini c’erano i Moda, gli Underground Life di Giancarlo Onorato (di Monza in realtà), ma soprattutto i Litfiba e i Diaframma di Federico Fiumani. Proprio Fiumani suggerisce a Pirelli i Frigidaire Tango come possibile nuovo gruppo della scuderia. Questo dopo che Casale e soci avevano rifiutato l’offerta di Marco Pandin che voleva pubblicare il disco con la sua etichetta legata alla fanzine Rockgarage, importante rivista del tempo legata all’autoproduzione e vero punto di riferimento per gli appassionati di musica, attivissima ma certo povera di mezzi e non in grado di competere con una casa discografica vera e propria.

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"Diciamo che quello che ci ha fatto un po’ girare le palle e decidere di non voler continuare con i Frigidaire Tango è stata una mezza batosta che abbiamo preso" a raccontare è Dal Col. "Venimmo chiamati a Firenze per una riunione. Eravamo dei pischelli, ovviamente non avevamo ben chiare le dinamiche del music business. Pirelli ci dice che siamo bravi, che gli piacciamo, però avremmo dovuto cantare in italiano. Noi eravamo fermi sull’inglese, cantare in italiano in quel momento per noi sarebbe stata una scelta incomprensibile. Tutti i nostri riferimenti erano anglosassoni e quella era una cosa davvero impossibile da accettare. Poi non avevamo chiara una cosa, che credo di aver capito un po’ meglio a posteriori. Ho quest’idea, cioè che la IRA più che promuovere altri gruppi volesse un po’ bloccare i 'concorrenti' dei Litfiba, perché quello era il gruppo da promuovere in primis, e poi in seconda battuta Fiumani e i suoi Diaframma. I Litfiba erano quelli da lanciare in quel momento come nuovo gruppo rock italiano, poi insomma è andata come andata, sono arrivati a fare cose importanti, però secondo me quando è andato via Gianni Maroccolo il vero nucleo si è un po’ perso. Di fatto quindi il nostro terzo disco è stato bloccato, non saremmo riusciti a farlo uscire con chi volevamo. I pezzi allora sono stati messi in un cassetto e sono rimasti lì per trent’anni".

I Frigidaire Tango infatti, oltre alle difficoltà dal punto di vista discografico, registrano continui cambi di formazione. Il tastierista Marco Breda (Mark Brenda), così fondamentale per il suono della band, continua ad entrare e uscire dal gruppo, e così altri membri. L’attività live si riduce moltissimo, fino a quello che sarà per molti anni davvero l’ultimo concerto, una data sulle mura di Treviso nel luglio del 1986. "Non ci siamo mai davvero sciolti in realtà, io ho semplicemente messo via tutto e abbiamo cominciato a fare altro. Poi Carlo un giorno in cui era a Parigi assiste a un concerto dei Fleshtones, per caso. Li conosceva già ovviamente, ma su disco. Vedere il macello che questi fanno sul palco lo ha sconvolto. E allora la cosa è venuta così, fare un gruppo che seguisse quest’onda, non abbiamo pensato troppo a cosa fare, non abbiamo fatto calcoli. Ci siamo messi giacca e cravatta e via".

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Nascono così i Vindicators, gruppo parallelo in cui suonano buona parte dei componenti dei Frigidaire Tango, con formazioni spesso diverse. L’idea è quella di riscoprire le radici del rock’n’roll e del rhythm and blues, "Siamo andati a riscoprire tutto quello che c’era negli ’50 e ’60, da Elvis Presley ai Sonics. Era un mondo che conoscevamo poco, per motivi generazionali. Naturalmente siamo andati a riascoltare quei generi attraverso i gruppi che li stavano riproponendo negli anni Ottanta, e cioè soprattutto Fleshtones, Fuzztones, Cramps e Violent Femmes. Con tutti questi gruppi ho avuto a che fare direttamente perché in quegli anni organizzavo concerti e ne ho portati molti in Italia". Uno dei nostri incontri si svolge proprio all’indomani di un concerto dei Fleshtones a Marostica, durante il tour italiano della band newyorchese.

I Vindicators hanno cominciato un’intesa attività live a partire dall’ultima parte degli anni Ottanta, che li vede attivi ancora oggi, anche se con lunghe pause nel mezzo. Spiega Dal Col che "I Frigidaire Tango sono un gruppo di ricerca, di avanguardia, mentre i Vindicators sono nati per guardare all’indietro. Abbiamo cominciato ad ascoltare roba degli anni Cinquanta e Sessanta, rhythm and blues soprattutto, per capire cosa c’era dentro, per capire come riusciva a farti muovere questo tipo di musica. La new wave non ti fa muovere, è una cosa molto mentale, qualche pezzo si può definire ballabile, ma non è come il rock’n’roll, che è fatto per ballare. Mi sono messo a studiare queste cose, ma per esempio Elvis non mi piace per niente, i Beatles proprio non li sopporto, ho riferimenti più grezzi, gruppi più punkettoni come i Rolling Stones o gli Stooges. E alla fine ho sempre scritto pezzi che non sono ballabili. Ok, ti muovi, perché c’è un ritmo sui 120-125 BPM, ma non sono canzoni cantabili, io non le so fare, so più che altro sperimentare. Di fatto anche se ascolti i dischi dei Vindicators più a fondo, a parte i due-tre pezzi con basi propriamente rock’n’roll, ci sono dentro deviazioni di tutti i tipi, c’è roba che forse neanche i Frigidaire avrebbero potuto fare…". I Vindicators hanno pubblicato due album,

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That’s All Rock

dell’87 (cui hanno partecipato membri dei Fleshtones) e

Roots Revolution

dell’89 (pubblicato dalla CGD, che era di fatto una major), poi riuniti

in un Greatest Hits

uscito in tempi recenti per la Go Down.

Carlo Casale nel frattempo ha continuato a fare diversi lavori attinenti la musica (e ancora oggi occasionalmente fa il dj), ha organizzato concerti e gestito un locale a Bassano per vent’anni, lo Shindy. "Ora non esiste più, ma è durato quasi quarant’anni, ha chiuso nel 2012. Ho fatto il dj fin da ragazzo, quanto ai concerti continuo ad organizzare le date a qualche mio amico quando viene in zona, come ai Diaframma oppure ora con i Fleshtones. In Italia però purtroppo non c’è una gran tradizione per quanto riguarda la musica dal vivo, difficilmente le persone vanno ad ascoltare un concerto solo per il gusto di farlo, magari di un gruppo sconosciuto. Figurati. Ho un avuto un locale per vent’anni, facevo concerti bellissimi e la gente mi chiedeva 'ma quando finisce?'…"

"Ho fatto suonare allo Shindy Vasco Brondi, cioè Le luci della centrale elettrica. È venuto in treno la prima volta, ho fatto 12 paganti. Dopo due settimane è esploso. Sei mesi dopo è tornato, c’erano 600 persone. Ho fatto suonare i Bloody Beetroots da sconosciuti, conoscevo Simone perché è di Bassano, ci saranno state trenta persone, e guarda dove sono ora…". Casale ha poi un programma in una radio locale assieme a Fox dei Plasticost e negli anni ha fatto diverse cose. Per un breve periodo a fine anni ’80 ha gestito anche il Vinile, un altro storico locale di queste parti (a Rosà), in cui Carlo organizzava il Rock Contest, in cui i gruppi migliori venivano messi in una compilation (che usciva in vinile ovviamente…). Tra le scoperte musicali di quel periodo ci sono i Circle, band trevigiana da cui poi nasceranno i Radiofiera, gruppo con cui di fatto Stefano Dal Col riprenderà l’attività musicale dopo una pausa di molti anni.

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"Ho vissuto dieci anni a Cuba" spiega, "la prima volta ci sono andato per lavoro, poi ci sono rimasto per vari motivi. Mi piace dire che faccio il chitarrista, però in realtà ho portato avanti un lavoro che ho cominciato negli anni ’80 e grazie a quello riesco a fare il chitarrista. Mi occupo di amplificazioni per locali, discoteche, per grandi eventi. Ora sono un po’ qui, un po’ a Miami, un po’ a Cuba. Ho collaborato con alcuni artisti cubani, tutti musicisti di Cuba che però vivono a Miami. Ho prodotto un cantante che si chiama Polito Ibañez, poi una band metal che si chiama Hypnosis. Ho collaborato anche con Carlos Varela, che secondo me al momento è uno dei migliori in assoluto, un cantautore dall’impronta molto americana, tanto è vero che lo ha prodotto Jackson Browne, ha questo sound molto ispirato da Bob Dylan e Neil Young, che poi è il mondo da cui venivo io prima della scoperta del punk". Nel 2000 Dal Col torna in Italia e ritorna anche all’attività live entrando nei Radiofiera, band guidata da Ricky Bizzarro che propone un rock d’autore con testi sia in italiano che in dialetto trevigiano, cosa che li rende una realtà di nicchia ma particolarmente apprezzabile per il lavoro sulle liriche.

Nel frattempo i Frigidaire decidono di riprendere in mano i vecchi materiali, con l’idea di fare una reunion. Esce dunque nel 2006 il già citato The Freezer Box, con il CD di The Cock, il secondo album finalmente completato (dopo ventitré anni!) Music For Us, e il Live in Barcelona, dalla tourneé spagnola di fine 1985. "A un certo punto sono entrato in contatto con La Tempesta, volevano registrare dei lavori nel mio studio qui a Bassano. E ho chiesto a Enrico Molteni se avesse voglia di pubblicare un nostro nuovo disco, visto che ci stavamo lavorando» racconta Dal Col. «La condizione che ci ha posto era che fosse in italiano. Avevamo canzoni con testi già scritti in inglese. Abbiamo rifatto i testi da zero, senza tradurre nulla. Certe canzoni sono venute bene, devo dire. Abbiamo capito che anche l’italiano può funzionare". L’album uscirà nel 2009, il titolo è L’Illusione del Volo. Tra gli ospiti ci sono Federico Fiumani, miSs xoX (uno dei fondatori del movimento punk pordenonese del Great Complotto) e Aldo Tagliapietra, chitarrista de Le Orme. Uno dei brani più riusciti dell’album è forse "New Wave Anthem", il cui testo è uno strano viaggio onirico, che riprende i nomi di molti dei gruppi che sono stati riferimento dei Frigidaire Tango (Ultravox, Stranglers…).

"La cosa che apprezzo della Tempesta è che in qualche modo sono riusciti a professionalizzare il mondo dell’autoproduzione" sostiene Carlo, "ma questo perché si sono abbattuti i costi. Una realtà così negli anni ’80 non sarebbe potuta esistere. C’era qualche etichetta che in effetti ci provava a fare cose autoprodotte, come Rockgarage, ma dopo due o tre uscite morivi, perché non potevi sostenerti, registrare un disco ti costava dieci milioni… Adesso i costi sono a zero, puoi fare un’etichetta, avere una discografia e può funzionare. La Tempesta è la trasposizione di quello che è stato creato inizialmente nei nostri anni. Tutto il loro bacino è di gruppi che possiamo definire alternativi, ed è riuscita a ritagliarsi uno spazio, quindi vuol dire che delle cose sono state conquistate sotto quest’aspetto".

Per quanto riguarda la scrittura invece, "avevo qualcosa come duecentocinquena pezzi messi da parte e in studio ho cominciato a lavorarci. Ho cercato di usare meno possibile aggeggi tecnologici e usare più strumenti reali, cercando comunque di arrivare a certi suoni. E secondo me per moltissimi aspetti questo lavoro non è stato capito, parlo di critici ma anche di fan. Tanti non sono arrivati a capire cosa intendessi fare in quel disco, lo stanno capendo adesso, si accorgono dei dettagli, dei suoni, degli arpeggi, dell’uso della chitarra. Ma sono passati sette anni. E ora ci chiedono perché non suoniamo dal vivo, perché non facciamo un disco nuovo… Sai, ho sempre avuto la sensazione che i Frigidaire Tango fossero fuori tempo, anche all’epoca. In L’Illusione Del Volo ci sono brani che ho scritto trent’anni fa e funzionano ancora benissimo. E la nostra canzone che ha avuto più successo è 'Recall', che è la canzone più banale che abbia scritto. È la più bella, la più orecchiabile, ma c’è roba molto più dura, molto più elaborata e mentalmente avanti, che molta gente arriva a capire a distanza di dieci anni, di vent’anni", riflette quasi con amarezza.

Carlo Casale. Foto di Camilla Martini.

E un nuovo disco, ci sarà? "Forse sì, ma sarà difficile, anche perché i Frigidaire ora li riduco a tre persone. Marco Breda proprio non c’è, vive a Miami ora, non suona più. Siamo io, Carlo e Maurizio Battistella alla batteria. A cinquant’anni è difficile avere un gruppo. Per fare l’ultimo disco abbiamo fatto una fatica pazzesca, io e Carlo ci abbiamo lavorato tantissimo, in alcuni brani suono io tutti gli strumenti. Il fatto è che se faremo un disco difficilmente potremmo fare anche un tour, dal vivo sarebbe difficilissimo. Ora vado, che devo impararmi una canzone nuova per il concerto con Canali…"

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