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Musica

Strettamente indipendenti: la storia di Unlimited Struggle

Stanze condivise, chilometri di autostrade, indipendenza e attitudine: vi raccontiamo la storia di Unlimited Struggle.
Mattia Costioli
Milan, IT

Shocca e Stokka nel 2004. Foto di Alberto Mancini

Qualche tempo fa Mistaman ha pubblicato un video sulla sua pagina Facebook, è uno di quei montaggi fatti in cinque minuti che più o meno tutti abbiamo fatto per far ridere i nostri amici e serve a dire addio alla Ford Focus che ha portato la crew di Unlimited Struggle sui palchi di tutta Italia. Lo stereo di quella macchina si è ascoltato tutti i provini dei dischi usciti per l'etichetta, da 60hz in poi. "Alla fine mi rendo conto che la gente adora conoscere i cazzi tuoi così personali: quando tiri dentro la gente nella tua vita personale si esalta" mi racconta Stokka, che anche se non ama qualificarsi è label manager di Unlimited Struggle. È il primo pomeriggio invernale del 2015 e lui è appena tornato da un monitoraggio del lupo appenninico, con cui sta in fissa. Ci sediamo a parlare della storia del suo gruppo di amici, di colleghi e della loro etichetta, del perché il video di una macchina da rottamare abbia trentacinquemila visualizzazioni: "Quando posto una foto del mio cane prendo mille like, ma se ne faccio una in studio e spiego che stiamo mixando la bomba del secolo non la caga nessuno. Ogni tanto provo a mettermi nei panni di chi mi ascolta e capisco che per molte delle persone affezionate a Unlimited Struggle la nostra musica sia solo il sessanta percento della loro esperienza. L'altro quaranta percento del loro interesse è fatto da ciò che vorrebbero sapere di noi.

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Mi viene in mente la lettera che ho scritto a Tormento quando ero un ragazzo e cominciavo a mettere insieme le prime rime, era il periodo di Soprattutto Sotto. Con mio grande stupore lui mi aveva risposto, tra l'altro con una calligrafia incredibile. Quella lettera rimase appesa nella mia stanza a Palermo per molto tempo e, anni dopo, ho scoperto che era stato davvero lui a scriverla, che i Sottotono si impegnavano a rispondere a tutte le lettere dei fan. Credo che il video che ha fatto Mistaman sia qualcosa da inserire nello stesso contesto emozionale della lettera di un fan, è un modo per rendere più profondo il legame con loro".

Stokka ha lasciato Palermo più o meno nel 2003 ed è andato in cerca di esperienze e musica a Verona, dove, dopo un giro di coincidenze, conosce DJ Zeta e finisce a lavorare da Vibrarecords, insieme a DJ Shocca. In quegli anni Vibra rappresentava un punto di riferimento sia per la vendita che per la produzione di dischi hip hop in Italia e, in un certo senso, è stato il brodo primordiale in cui ha preso forma l'idea stessa di Unlimited Struggle. "L'ambiente da Vibra era assurdo, una specie di paradiso in cui ogni due ore arrivava un nuovo scatolone pieno di dischi e in cui giravano una marea di clienti attivi e desiderosi di un confronto sulla musica che amavano."

Shocca e Stokka mentre lavorano a 60hz. Foto di Nicola Zonta

In quegli anni la musica si scaricava ancora con WinMX, online al massimo potevi fare l'ordine di un disco, magari da pagare in contrassegno, e loro due erano inconsapevoli di trovarsi alla fine di un'epoca: "Ci capitava di far sentire i dischi al telefono, perché i clienti abituali volevano sentire il nuovo singolo appena arrivava, allora tu gli avvicinavi la cornetta alle casse, così si prendevano bene e lo ordinavano."

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Nella storia di Unlimited Struggle non c'è mai stato un business plan, nessuno ha mai pensato Oh, domani dobbiamo fare un'etichetta e ci servono questo, quello e quest'altro. Da un punto di vista storico la nascita dell'etichetta è fissata al 2004 con 60hz, anche se tecnicamente si tratta di un disco uscito per Vibrarecords: "Diciamo che, dato che noi lavoravamo da Vibra, è un po' come se l'avessimo fatto noi in prima persona."

Una delle casualità che hanno fatto la fortuna di Unlimited è l'assenza di una residenza fissa: più o meno tutti i membri della label hanno dovuto spostarsi per inseguire la musica. Sicilia, Veneto, Campania, Emilia, non c'è mai stata una fissa dimora e a volte è capitato che la crew si incontrasse soltanto dieci volte in un anno. Durante lo sviluppo di 60hz Shocca ha ospitato Stokka nella sua stanza per un anno e mezzo: "Col senno di poi dico: che king, m'ha tenuto un anno in casa sua, mentre lavoravamo già nello stesso posto, per questo dico che non c'è mai stato l'intento di costruire un'azienda".

Quello che è successo è che un insieme di talenti si è accorto di poter approciare il mondo della discografia in maniera professionale e con una cartuccera di capacità a trecentossessanta gradi: grafici, registi, disegnatori e videomaker, Unlimited Struggle non è mai stata soltanto musica. Il progetto è diventato aziendale solo dopo la presa di coscienza di queste capacità e il collante di tutte queste capacità è stata proprio la fortuna di venire tutti da posti diversi. "Non c'è stato un interruttore che un giorno abbiamo acceso, ma ci siamo ritrovati tutti fuori dalla porta delle piazze in cui eravamo cresciuti, e così abbiamo legato. All'inizio si trattava di stupidaggini, uscivamo insieme, andavamo a bere, ma poi tutto si è spostato alla musica. C'era un nucleo veneto, con Mista e Shocca, uno nucleo siciliano formato da me e Buddy, Ghemon che viveva a Roma, Frank Siciliano che, pur venendo dalla zona di Treviso, già viveva a Bologna. Ancora Zonta sempre in veneto, DJ Tsura e Fid Mella, italiano che vive a Vienna, a breve tutti si sarebbero uniti alla nostra squadra.

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Eravamo persone diverse che per magia stavano da Dio quando si trovavano insieme, un po' per affinità personali, un po' perché ci piaceva la stessa musica e avevamo molta stima, da un punto di vista artistico, l'uno dell'altro. Ognuno di noi aveva uno stile uno che gli altri rispettavano."

Ghemon nel 2007. Foto di Nicola Zonta

Dopo 60hz la crew ha iniziato a curare altre uscite: Block Notes, Parole e una serie di dischi che hanno funzionato come dei trampolini di lancio, che hanno fatto conoscere in giro per l'Italia i nomi dei rapper che li avevano messi insieme. Nel frattempo ognuno era tornato a casa sua, ma ormai si era creato un legame fatto di unione e appartenenza alla stessa idea di musica, alla stessa idea di discografia: "Io non so quali siano le royalties che percepiscono tutti gli artisti del rap italiano, ma so che in Unlimited Struggle si è scelto fin dall'inizio di dare una una bella fetta agli artisti, forse correndo dei rischi, ma siamo sempre stati consapevoli del lavoro che c'è da quel lato del disco, e abbiamo voluto ripagarlo."

Struggle Music, dopo 60hz e prima de La Scatola Nera, rappresenta la seconda di tre tappe che, per motivi diversi, si sono rivelate fondamentali nella storia dell'etichetta. Quel disco, uscito nel 2007 e che si apre con un pezzo di Marracash, è servito ancora di più a far capire che dietro quel gruppo e quell'idea di discografia c'era potenziale da un punto di vista creativo e il periodo post Struggle Music è stata l'era degli sbattimenti: "Ci siamo seduti a un tavolo e abbiamo iniziato a capire come produrre e distribuire la nostra musica, come organizzare il lavoro con la stessa meticolosità con cui ci piaceva limare il nostro suono." Erano anni strani perché, nonostante qualche avvisaglia, ancora non c'era traccia dell'hype che avrebbe travolto l'hip hop da lì a poco, quindi il tentativo di rendere Unlimited Struggle una realtà professionale era un atto in qualche modo pionieristico, anche perché nessuno aveva la certezza che le spese non avrebbero superato gli introiti.

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"Il nostro punto di riferimento era la Rawkus, che oltre all'impostazione sonora era riuscita a costruire un intero immaginario" ricorda Stokka. "Nessuno di noi ha mai fatto un corso per essere un buon discografico, quindi tutto veniva affrontato in una maniera che mi piace definire democratico-fallimentare: ci riunivano a un tavolo e prendevano le decisioni. Dopo un po' ci siamo accorti che proseguire così era un dramma e che serviva qualcuno che prendesse le redini." Negli ultimi anni le persone che ufficialmente gestiscono l'etichetta sono Stokka e Shocca, con il secondo che si occupa soprattutto di tutto ciò che è legato al mondo del merchandise e dell'abbigliamento: "Le decisione importanti restano ancora una questione di gruppo, ma era necessario qualcuno che si prendesse le responsabilità senza dover riunire dieci persone a un tavolo."

Mistaman nel 2007 a Bologna.

Questa voglia di fare le cose sul serio coincide con il trasferimento definito di Stokka al nord: "Ci siamo proprio detti Ok, questa è la nostra storia, questa è la nostra musica, ma ora facciamo le cose in maniera seria." È a questo punto che arriva il terzo momento di svolta: l'uscita de La Scatola Nera, che dimostra ai ragazzi le potenzialità dell'hip hop e dell'hip hop targato Unlimited Struggle: "Ci siamo resi conto di quanto la nostra roba potesse andare in giro, persino entrare nelle classifiche.

Dopo questo terzo disco la crew decide di iniziare a lavorare come un'etichetta e coinvolge musicisti esterni al nucleo originario, ma che in qualche modo avevano sempre nel loro circolo. Esce Orgoglio di Johnny Marsiglia, che non faceva parte del nucleo fondatore, ma che è cresciuto insieme a Stokka e MadBuddy (e Big Joe), a Palermo. Anche Nex Cassell ha sempre gravitato attorno alla label, fin dai tempi di Struggle Music, inizia a firmare lavori con l'etichetta, in una collaborazione che prosegue fino al 2013.

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Sono gli anni in cui il suono di Unlimited Struggle inizia a diventare riconoscibile: "Quando penso a ciò che abbiamo costruito sono molto orgoglioso perché in questa realtà ci sono artisti che più vanno avanti e meno diventano intellegibili al grande pubblico, è una scelta che forse alcuni non comprendono, ma che è il motivo per cui abbiamo iniziato a fare quello che facciamo: abbiamo sempre inseguito la musica che ci piaceva, limato il suono che ci piaceva e provato ogni live duemila volte finché non siamo riusciti a renderlo perfetto. Se oggi la nostra firma stilistica è riconoscibile è solo merito nostro, ed è per questo che a volte mi ritrovo a pensare che cosa significhi etichetta indipendente. Se significa fare un marchio alimentato dai soldi delle major per riuscire a vendere anche l'idea stessa di etichetta indipendente noi non ci metteremo lì a puntare il dito e rompere il cazzo, ma non è lo stesso concetto di etichetta indipendente che abbiamo scolpito addosso. È bello poter dire di aver fatto tutto con le nostre energie."

Unlimited Struggle, ma anche la maggior parte degli artisti che ne fanno parte, si è sempre finanziata da sola e da quando ha cominciato a darsi una struttura ha cercato di mantenere inalterato il suo immaginario e la sua potenza comunicativa anche in tutti gli altri àmbiti, dai live, al merchandise e tutte quelle attività legate all'ambiente, con la stessa cura maniacale che ha contraddistinto i suoni dei dischi.

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Shocca e Frank Siciliano nel 2007 a Bologna.

È difficile dire quali siano le etichette underground in Italia: "Ma la storia, l'impostazione e l'affetto che il pubblico riesce a restituirci mi fanno pensare che noi, anche oggi, siamo underground. Nel mondo hip hop ci sono poche etichette e a volte sembra che puntino a sostituirsi ad una major, mentre in realtà io dico che col senno di quello che è stato, con i progetti in vista per il 2016, a noi importa solo riuscire a fare quello che ci piace e che, di riflesso, piace a chi ci ascolta.

Se un paio d'anni fa diventare the next big thing poteva essere una delle nostre preoccupazioni, ora c'è soltanto la voglia di fare le cose come piace a noi, con il nostro sound crudo e il nostro modo di lavorare."

Al momento le uscite di Unlimited Struggle sono tre le venti e le venticinque, un numero che varia in base ai numeri di catalogo delle ristampe, ma tra tutti questi dischi non ce n'è nemmeno uno che la label vorrebbe dimenticare: "La nostra paranoia artistica è sempre molto alta prima di approvare un lavoro e personalmente, ma credo di parlare a nome di tutti, sono orgoglioso delle nostre uscite e sono contento di aver contribuito a creare dei dischi che hanno sempre avuto qualcosa da dire. Da un certo punto di vista la percezione di Unlimited che ha la gente è quella di una fantastica setta che non può sbagliare, il che è una croce e una delizia, ma la qualità è sempre stata il punto fondamentale e inevitabile del processo artistico. Proprio per questo i nostri mixtape sono pochi, forse assenti: non è quello il modo in cui ci piace lavorare e su ogni disco ci abbiamo perso mesi a limare tutti gli angoli e ogni sfumatura. Sono contento di tutti i dischi che abbiamo pubblicato, anche quelli di artisti che non fanno più parte dell'etichetta."

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Il riferimento è più che scontato, ma ogni disco del catalogo è un pezzo importante e condivide qualcosa con tutti gli altri: un sentimento, una pasta sonora, una densità che, in Italia, nessuno era mai riuscito a elaborare: "Quando mi parli del fatto che il suono sia riconoscibile a me viene da dire che sì, lo è, sia per questioni creative e affinità artistiche, sia perché l'approccio tecnico alla produzione è sempre certosino. Il modo in cui suonano i beat, forse può non essere riconoscibile a chi capita sui nostri dischi per caso, ma a chi è affezionato non può sfuggire, è una cosa inconscia. Abbiamo un certo tipo di carattere, un suono cazzuto, un certo tipo di voce dell'MC."

Stokka e MadBuddy sul palco nel 2007. Foto di Alessandro Zuek Simonetti

Questo approccio è lo stesso con cui hanno sempre affrontato i loro live, fin dal principio. Non è mai capitato di lanciarsi su un palco dopo aver mollato un paio di CD al DJ per poi ammorbare il pubblico con due ore di freestyle o di caciara hip hop generica. Le persone che si occupano del booking per gli artisti di Unlimited sanno di dover fare una lista di richieste ben precise, non tanto dal punto di vista del Dompe, quanto delle attrezzature, di modo che quella cura e quell'amore per le orecchie dell'ascoltatore sia replicabile anche in uno spettacolo dal vivo.

"Questo è un altro nostro punto di orgoglio, che abbiamo sempre rispettato, ma nella storia di Unlimited ci sono alcuni live che sono fissati nei nostri ricordi, e il più importante è sicuramente la data ai Magazzini Generali di Milano con cui abbiamo concluso il periodo di celebrazioni per il decennale. È stata una data autoprodotta e alla fine siamo stati felici che tutto fosse andato in maniera perfetta, soprattutto perché nessuno di noi viene da Milano, quindi è stato incredibile raccogliere tutto quell'affetto. So che sembra stupido, ma noi siamo quelli che prima di ogni data, durante il soundcheck si chiedono sotto voce l'un l'altro Oh, ma secondo te stasera viene qualcuno?

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Quel giorno vedere la fila per entrare che faceva il giro dell'isolato è stata un'emozione unica."

Immagine via

Arrivati a questo punto Unlimited Struggle deve convivere con quella croce e delizia a cui abbiamo già accennato di essere considerata qualcosa di più intimo di una label e più raffinato di una crew. Gli ascoltatori si rapportano all'etichetta come se fosse una setta, qualcosa in cui si entra con un patto di sangue e poi non si può più uscire, pena la damnatio memoriae, ma la verità è che Unlimited è stata fondata da un gruppo di persone e professionisti che, per una serie di casualità, sono anche molto amici e oggi, dopo dieci anni di attività, vogliono spingere la musica in cui credono, non i dischi delle persone con cui escono il venerdì sera: "Ci siamo resi conto che la percezione della gente è che questa sia una specie di famiglia, ma non è tutto qui: a noi piace produrre musica e vogliamo continuare a farlo e farlo sempre meglio. Sappiamo benissimo di poter fare di più che mantenere la nostra realtà di cinque o più persone e spingiamo continuamente per produrre nuovi musicisti."

Il 2014, l'anno del decennale, è stato un bombardamento a tappeto di uscite (e qui su Noisey le abbiamo trattate tutte), ma il vero problema, un po' come per tutte le feste, è quando ci si sveglia al mattino: "Abbiamo spento le luci e ci siamo chiesto e mò che famo? Avevamo la sensazione di esserci sparati tutte le cartucce che avevamo, quindi per cominciare ci siamo concentrati per sistemare tutte le falle che erano venute fuori durante un anno così intenso, soprattutto da un punto di vista logistico e di gestione delle risorse.

È sempre difficile gestire un gruppo in cui ci si vuole bene e in cui ognuno ha le sue esigenze ed è inutile stare lì a raccontarsela: per quanto amici ognuno di noi ha il desiderio di spaccare e primeggiare sugli altri, se non fosse così non avremmo mai cominciato a fare i rapper, quindi a volte distribuire le risorse a disposizione può essere difficile, ma credo che il 2015 ci abbia permesso di migliorare anche da questo punto di vista." Nell'anno del post decennale l'obiettivo della label è stato proprio togliersi da dosso quel dovere di essere solo una famiglia fine a se stessa e infatti sono stati pubblicati due dischi d'esordio, Sto Bene All'Inferno di Louis Dee e L.U.N.A. di Frank Siciliano, che per quanto sia stato un cardine fondamentale per la creazione dell'immaginario della label (sia con le sue canzoni che con il suo lavoro da videomaker) non aveva mai pubblicato un LP.

"Vogliamo che i nostri ascoltatori capiscano che pubblicare un disco firmato Unlimited Struggle non significa per forza entrare in una setta, ma piuttosto, più semplicemente, ascoltare della musica di qualità. Faccio un salto indietro: ciò che ci ha sempre unito, pure quando vivevamo agli angoli del Paese, era la possibilità di salire sulla macchina di Mistaman e fare le doppie al rapper di turno, cantare a memoria i dischi che amavamo, avere un'intesa d'intenti unica.

Se devo sceglierne un disco che ci ha accomunato più di tutti gli altri dico Living Proof dei Group Home, la nostra fotta reale non era il disco, che comunque è una bomba, ma l'immaginario che c'era dietro al disco: i D&D Studio di New York, le tecniche con cui Eddy Sancho l'ha mixato… Salivamo in macchina parlavamo per ore, ci chiedevamo il perché della foto sulla copertina, delle rime, delle tecniche: il disco è una bomba, ma la nostra attitudine era scoprire il mondo che c'era dietro. Quell'attitudine, quella voglia di capire le cose, di ragionare sulla musica, anche sulla nostra musica, è il motivo per cui continuiamo a credere in questo progetto e dopo dieci anni possiamo dire che ne vale la pena, nonostante tutta la fatica che ci è costato.

Quello che vorrei far capire è che ci sono nuovi artisti che usciranno con noi e che non c'entrano nulla con il gruppo originario.

Quello che ci piacerebbe fare, e spesso non riusciamo a fare, è dare un segnale a tutte le persone che ci mandano la loro musica, e che nei limiti del possibile cerchiamo di ascoltare. Ci piacerebbe dire a questi ragazzi che nell'hip hop a un certo punto il talento viene fuori, che li ascoltiamo, che li rispettiamo e che siamo sicuri che tra di loro c'è roba figa; che tra alcuni anni saranno loro a fare la musica che ascolteremo."

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