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L'economia italiana sta rischiando di rimanere indietro

Secondo stime dell'OCSE, l'anno prossimo il PIL italiano crescerà del 1,4 percento. Per quanto questa sia una buona notizia, l'Italia non sta sfruttando la congiuntura favorevole e rischia di rimanere indietro rispetto alle altre economie europee.

La sede del Ministero dell'Economia. Grab

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Questo post fa parte di Macro, la nostra serie su economia, lavoro e finanza personale in collaborazione con Hello bank!

"È una buona notizia," ha dichiarato qualche giorno fa il ministro dell'economia Piercarlo Padoan commentando le previsioni dell'OCSE—l'Organizzazione internazionale per lo sviluppo economico—sulla crescita economica italiana per gli anni a venire, pubblicate durante la presentazione del rapporto periodico "Economic Outlook," che nel 2015 è stato intitolato "Moving forward in difficult times."

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La "buona notizia" di cui parla Padona è la previsione di crescita del PIL dell'1,4 percento per l'anno prossimo, una stima riveduta al rialzo dello 0,1 percento rispetto alle previsioni fatte solo pochi mesi fa, a settembre. "I nostri progressi non sono un fuoco di paglia acceso dalla BCE, ma il risultato del nostro impegno nelle riforme," ha aggiunto poi Padoan parlando con il quotidiano tedesco Die Welt. Ai festeggiamenti si è unita anche il ministro Maria Elena Boschi, che ha anche ricevuto i complimenti del segretario generale dell'OCSE Angel Gurria per il percorso di riforme intrapreso dal governo italiano.

Secondo quanto riportato dall'Ansa, il rapporto OCSE indica il Jobs Act e gli sgravi fiscali per le assunzioni come l'elemento trainante la ripresa del mercato del lavoro in Italia. Queste riforme, dicono gli analisti, "hanno portato a un rilevante aumento dei nuovi contratti a tempo indeterminato e ampliato le reti di sicurezza sociale, rendendo la crescita più inclusiva." Sempre secondo l'OCSE, la disoccupazione sarebbe destinata a calare al 12,3 percento a fine 2015, all'11,7 percento nel 2016 e all'11 percento nel 2017. Il migliore dei mondi possibili, insomma? Non proprio.

Perché l'OCSE sostiene anche che occorrerebbe prima di tutto "spostare in modo permanente la pressione fiscale dal lavoro al consumo e alla proprietà immobiliare," mentre il governo ha appena scelto di ridurre proprio quest'ultima abolendo le tasse sulla prima casa. D'altra parte il miglioramento delle stime italiane è estremamente limitato, e per di più avviene nel contesto di un'economia globale il cui stato di salute è in lieve peggioramento—tanto che le stime di crescita del PIL mondiale sono state infatti abbassate dal 3 al 2,9 percento per il 2015 e dal 3,6 al 3,3 percento per il 2016.

Le cause di questo sono state i problemi finanziari e strutturali cinesi, l'incertezza nelle politiche monetarie dei paesi occidentali e la debolezza dei paesi in via di sviluppo—e tutti questi fattori hanno contribuito al rallentamento del commercio internazionale, che nel 2015 crescerà nel solo due percento contro il 3,4 percento di crescita registrato l'anno scorso.

Inoltre, nonostante tutto l'Italia continua a rimanere al di sotto degli standard degli altri paesi europei. L'Eurozona nel suo complesso crescerà dell'1,5 percento quest'anno e dell'1,8 percento nel 2016, il che significa che nei prossimi anni gli italiani si impoveriranno rispetto alla media degli altri paesi europei. Ad esempio, sempre secondo l'OCSE la Spagna crescerà del 3,2 percento quest'anno, del 2,7 percento nel 2016 e del 2,6 percento nel 2017. Per quanto riguarda la crescita cumulata dei paesi europei nei prossimi anni, invece, anche qui l'Italia è indietro: la Germania crescerà del 5,3 percento, la Francia del 4 percento, il nostro paese solo del 3,6 percento.

Secondo le stime della Commissione Europea, nel 2015 solo Finlandia, Austria e Grecia faranno peggio dell'Italia in termini di crescita annuale del PIL. E tutto questo nonostante una congiuntura estremamente favorevole, con il prezzo del petrolio ai minimi storici degli ultimi anni e la Banca Centrale Europea—così come la Federal Reserve statunitense—pronta a inondare i mercati finanziari di denaro. Bisogna chiedersi cosa succederà quando tutto questo cambierà e soprattutto chiedersi se in quel caso le riforme fin qui intraprese saranno sufficienti per salvare la crescita economica italiana.

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