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Perché la grande editoria continua a dare spazio a uno come Fusaro?

Diego Fusaro ha pubblicato un libro con Rizzoli, che in questo modo sta facendo entrare il rossobrunismo dalla porta di servizio.
diego fusaro
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In Italia lottare contro il “pensiero unico dominante” è un lavoro duro e ingrato. Ne sa qualcosa Diego Fusaro, “allievo indipendente” di Costanzo Preve e di filosofi morti un po’ prima della nascita dell’allievo stesso—Hegel, Marx, Gramsci.

Di recente, dopo essere riuscito a sfuggire alla censura della Sinistra del politicamente corretto e della Destra del Danaro, Fusaro è riuscito a stampare il suo ultimo samizdat, Il nuovo ordine erotico—grazie anche alla tipografia clandestina di Rizzoli. Sfuggendo poi a una pletora di funzionari del Ministero della Verità, chierici di sinistra, totalitaristi glamour, mondialisti sorosiani, bardi con attico a Nuova York, antifascisti in assenza di fascismo, antirazzisti in assenza di razzismo e via andando, nelle ultime settimane sta faticosamente promuovendo il libro.

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Ciò grazie alle poche ma fondamentali Radio Londra dei giorni nostri, che continuano a trasmettere il pensiero dei dissidenti rimasti in Italia. Dopo il passaggio del nostro paladino a Radio 105, lo spazio di propaganda antisistema offerta da Striscia la notizia ha visto un Ezio Greggio parlare del libro come un "divertente manifesto filosofico," depistando così con successo gli agenti sorosiani in ascolto. Mercoledì inoltre, Fusaro è riuscito a mimetizzarsi tra il pubblico di Forum e, trovatosi fortunatamente con un microfono in mano, ha potuto arringare la folla per avvertirla del pericolo gendercratico. Ieri invece è riuscito a infiltrarsi con successo nella tivù pubblica occupata dal Vero Potere, comparendo su Rai 1 a Storie italiane.

Sarcasmo a parte, possiamo ridurre il tutto a: Diego Fusaro ha pubblicato un libro con Rizzoli e lo sta promuovendo. Ma ehi, senza una retorica e un continuo framing “intellettuale dissidente vs Sistema Orwelliano” dove sta il fascino?

Fuori dal bisogno di polarizzare, che in Fusaro è congenito e strumentale alla costruzione del personaggio mediatico, ci si dovrebbe concentrare su un paio di aspetti.

Innanzitutto il libro (di cui ho scritto una recensione su Flanerí), è una cloaca tanto connotata ideologicamente quanto mistificata proprio su questo versante. "Ideologico", anzi, è usato per gli avversari denigrati di volta in volta—su tutti femministe e studi di genere—come a volersi dare per controcanto una patente di neutra obiettività. Questa polarizzazione, poi, serve a occultare i contenuti del Fusaro-pensiero, che senza il tifo da stadio attorno verrebbero visti per quel che sono: ciarpame. Perché dunque la grande editoria dà spazio a un simile personaggio?

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A una certa altezza cronologica aveva forse senso puntare sull’enfant prodige della filosofia, sulla scia di importanti endorsement come quello di Ferraris su Repubblica. Ma attraverso un certo tipo di trasmissioni più legate alla pancia che alla testa del paese—qualcuno ha detto La Gabbia?—indubbiamente Fusaro è diventato veicolo di quei contenuti bramati da un certo tipo di pubblico, non esattamente da Simposio. Tanto è vero che spesso, per compiacerlo, Fusaro mette in circolo bufale o citazioni decontestualizzate, come nel caso dell'ex presidente del Burkina Faso Thomas Sankara, le cui posizioni anti-colonialiste sono usate per portare avanti un discorso anti-immigrazione.

Prendiamo il recente passaggio televisivo su Rai1 nella trasmissione di Massimo Gramellini, Le parole della settimana. Passaggio che avviene sulla scia dell’intervista-trollata concessa a La Zanzara dalla fidanzata di Fusaro, da cui esce un fanciullino asessuato tutto dedito allo studio de “lo Hegel.” Collegato via Skype, Fusaro parte citando Heidegger per darsi un tono, poi spara a zero contro i giornalisti creduloni e spargi fake news—Cruciani avrebbe dovuto fare fact-checking sulla vita sessuale dell’intervistata, par di capire—ma è interrotto dagli altri ospiti, tra cui il blastante Mentana, tra battutine e risposte sagaci. Dopo qualche minuto di uno spettacolo così penoso, Fusaro denuncia il "Nuovo ordine erotico" che dà il titolo al libro mentre il collegamento sfuma. Tanto basta perché Fusaro, il giorno dopo, lamenti la censura di regime con tanto di citazione del Gramsci carcerato, ritagliandosi così una parte da Ken Saro-Wiwa bianco e facendo arrivare la 'notizia'—da notare il titolo a effetto scelto per la video-denuncia sul suo canale, “Diego Fusaro censurato sulla Rai: colpisce il sistema e viene silenziato”—su pagine turbogentiste come "Silenzi e falsità della stampa italiana" (il post è ricondiviso tra gli altri da Fusaro stesso e Gianluigi Paragone).

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Questa mistificazione polarizzante è all’ordine del giorno per il personaggio che Fusaro si è costruito: se venisse meno, l’inconsistenza logica si mostrerebbe per quello che è. Come questo tweet: cosa c’è di gramsciano o aristotelico qui?

La dimensione fattuale è: Marcello Foa, neopresidente Rai, in un’intervista al quotidiano israeliano Haaretz ha affermato, citando un rapporto da lui visionato, che "l’intera delegazione del Partito Democratico" al Parlamento Europeo è finanziata da George Soros—una sparata ridimensionata nello stesso articolo, dove si legge che Haaretz "non può confermare l’esistenza di un simile rapporto." La dichiarazione di Foa ha provocato le ire dei Democratici, sia per il contenuto sia per il ruolo ricoperto dal giornalista, con tanto di annuncio di querela.

Ma nella narrazione fusariana i fatti non hanno importanza, se non nella necessità di aizzare le folle contro i nemici esterni al pubblico di riferimento. Per cui sul sito di Fusaro la notizia diventa che il PD rinnega Soros e prova a zittire Foa a suon di querele, senza alcuna spiegazione o senza rimandi ad articoli—ma con una ficcante citazione colta alla fine. Lo stesso approccio alla verità di Socrate nei dialoghi platonici, no?

Di nuovo: perché allora dargli spazio nella grande editoria? Di fatto, quest'ultima continua a colmare il divario della stampa mainstream, che ha tolto ormai spazi a Fusaro. Oltre a un blog sul Fatto Quotidiano questi scrive al massimo per Affari Italiani e Il Primato Nazionale. Persino il mondo accademico, per bocca di Donatella di Cesare, sul Corriere della Sera ha alzato gli scudi contro un personaggio che discredita la filosofia, nel brandirla come un personaggio scartato da Corrado Guzzanti.

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Nel dare credito, spazi nei cataloghi e sugli scaffali a Fusaro—si presume per una motivazione prettamente economica—editori come Bompiani, Feltrinelli, Einaudi e Rizzoli creano tre problemi che si legano tra loro. Primo, fanno entrare per la porta di servizio (citazioni, bibliografie) figure di nulla autorevolezza o screditate, e con loro l’annessa galassia editoriale.

Secondo: l’estrema destra, che in questa fase storica sta pericolosamente alzando la testa, trova in Fusaro un bollino di qualità, un volto pulito e presentabile, non immediatamente ascrivibile ai propri ranghi.

Terzo: rafforza lo stesso Fusaro verso i critici e agli occhi dei sostenitori. Questo perché confutare una tesi sbagliata o una narrazione tossica richiede tempo e risorse, e diventa una sfida impari laddove le grandi ammiraglie dell’editoria si compattano nel diffonderle. Mentre l’acritica fanbase può semplicemente dirsi "Be’, se pubblica con editori così grossi tanto fesso non sarà." Uno di quei tipici cortocircuiti logici permessi dall’adorazione—cosa vuol dire essere antisistema, se è il sistema stesso l’artefice del tuo successo?

Una cosa è certa, a queste domande un Fusaro risponderebbe più o meno: "Sul foglio digitale VICE, testata liberal turbocapitalista, la Sinistra del politicamente corretto per mano dei suoi chierici rossi, uno dei tanti utili idioti al servizio del cosmomercatismo e delle oligarchie finanziarie, mi attacca con il consueto livore, proponendo addirittura una censura radicale delle mie opere. Noi si prosegue con la consueta olimpica e atarassica compostezza, fieri degli insegnamenti di Gramsci e senza téma di fronte al totalitarismo glamour che prova a silenziare chi pensa altrimenti."

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