Come il rap ha cambiato le major in Italia

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Musica

Come il rap ha cambiato le major in Italia

Abbiamo parlato con Shablo, discografico, DJ, manager, produttore e talent scout, di come quella del rapper è diventata una professione.
SR
illustrazioni di Simone Rastelli

È un dato di fatto che in Italia il rap si sia preso il mainstream. Le star del genere sono ora le nuove star della musica italiana, a tutto tondo.

Questo fa sì che cambino anche le strategie delle grandi case discografiche, che dopo aver considerato per anni il rap come una musica per pochi, una nicchia precisa, una moda passeggera, ora si trovano a fare i conti con una realtà diversa, in cui gli artisti più seguiti su YouTube e su Spotify, che sono i canali dove avvengono le cose nella musica contemporanea, sono ragazzi che fino a poco tempo fa non erano nessuno e ora macinano numeri da fare impallidire le popstar più affermate.

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Per farci raccontare come sta accadendo questa transizione abbiamo parlato con Shablo, figura che nell’hip hop è coinvolta sin dagli anni Novanta e che ha visto passare tanta acqua sotto i ponti, tanti nomi, tanti fenomeni passeggeri e tanti talenti.

Produttore, DJ, manager, A&R, collaboratore di Universal, discografico (con Thaurus, Roccia Music e BHMG) e forse anche qualche altra cosa che ci stiamo dimenticando, ci è parso la persona ideale per farci raccontare cosa sta succedendo in questo periodo.

Noisey: Il punto di partenza di questa chiacchierata è il fatto che il rap è esploso e ora le major ci si approcciano in maniera diversa. Tu sei nell'ambito da tanto tempo, come hai visto cambiare le cose?
Shablo: È un periodo di grande trasformazione, molto stimolante, come non succedeva forse da quindici o vent'anni. Nei primi anni Duemila c'è stata una grossa crisi discografica e i CD non si vendevano più. Ora, grazie allo streaming e allo sviluppo del digitale, credo che nel giro di qualche anno si ritornerà agli splendori degli anni passati. In Italia l'hip-hop, che per anni è stato considerato un mercato di nicchia, un mercato "alternativo", oggi invece ha ridefinito il mainstream e il pop. Fino a pochi anni fa gli artisti pop erano quelli che vendevano di più, oggi un rapper medio vende più di artisti che vedi sempre in televisione e che passano tanto in radio. Le vendite sono determinate da un target molto giovane, che magari ascolta quindici volte un pezzo in streaming. Da quando lo streaming è stato equiparato alle vendite, c’è stata una grande trasformazione. Sfera Ebbasta quest'anno ha fatto il disco più venduto in Italia e ha superato di gran lunga qualsiasi risultato di qualsiasi altro artista italiano, non solo nel rap: si prevede che sarà il disco più venduto del 2018.

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Io seguo l'hip hop dagli anni Novanta e ho visto un po' tutte le fasi in Italia, e questo per me è il periodo più stimolante, perché rispetto a qualche anno fa in cui sembrava un po' finito lo splendore di un tempo (quello degli anni Novanta che comunque è durato molto poco), sembra che ci sia la luce fuori dal tunnel, iniziano a succedere molte cose. Per esempio l'esportazione della musica italiana all'estero, una cosa che non succedeva da anni. Ripeto il nome di Sfera, sono chiamato in causa in quanto manager e A&R del disco: ho avuto un sacco di soddisfazioni, dalla collaborazione con Quavo dei Migos a essere supportati da artisti internazionali come Miami Yacine, Larry Over, Lacrim, SCH o tanti altri. O essere in studio con artisti rinomati come Rich The Kid o Tinie Tempah.

Io ora sono a Miami e stiamo collaborando ancora con altri artisti, nel mentre è appena uscito un remix ufficiale di J Balvin, che per chi non lo sapesse è attualmente il numero uno tra gli artisti più seguiti al mondo, ci tengo a sottolinearlo, dati di Spotify di questo mese: J Balvin al numero uno, e subito dopo Drake. E non è una cosa nata per caso: Sfera si sente su Whatsapp con lui e c’è una stima artistica reciproca. Ora c'è effettivamente un interesse da parte del mondo verso la musica italiana. Per noi è stata una bella sorpresa scoprire che tutti questi artisti già conoscevano Sfera e la nostra musica, e già la apprezzavano. Non era mai successo prima, se non a pagamento o con grandi spinte delle multinazionali, e questa cosa ci inorgoglisce parecchio.

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Detto questo, io ho iniziato a lavorare da un paio di anni ormai come consulente di Universal come A&R, e adesso con Island Records che è la nuova divisione che segue un po' tutti i nostri progetti, e oltre a aver firmato i vari Sfera Ebbasta, Rkomi, Ernia, Izi, Noyz Narcos… E seguire i dischi di Gué Pequeno, Fabri Fibra o Marracash, uno dei progetti che ho voluto portare avanti da sempre era l'investimento dell'etichetta sui nuovi talenti. Fino a un po' di tempo fa le multinazionali prendevano un artista solo quando aveva già una fan base stabile o comunque aveva già fatto dei risultati importanti, e avevano un po' perso quella cosa che invece era tipica degli anni Ottanta e Novanta, in cui c’erano talent scout dentro le case discografiche, che vedevano i nuovi talenti e li firmavano. Ecco, io vorrei riportare in auge questa figura. Secondo me una casa discografica deve avere lungimiranza e scommettere sui nuovi talenti prima che scoppino, deve dare un supporto quando l'artista ha più bisogno, ovvero quando non ha ancora grossi numeri dalla sua. Perché quando uno è già qualcuno, oggi come oggi, si può autofinanziare, grazie alle visualizzazioni su YouTube, grazie allo streaming… riesce già a essere abbastanza indipendente, e avere un contratto con un aggregatore che ti distribuisce la musica oggi è molto semplice.

Invece quello che deve tornare a fare una major, secondo me, è supportare l'artista in una fase di crescita. Così ho deciso, insieme a Jacopo Pesce che è il mio superiore in Universal, di scommettere su alcuni emergenti che a oggi hanno poche migliaia di visualizzazioni. Ma l'ho sempre fatto: quando con Marracash abbiamo scelto di lavorare con Sfera Ebbasta in Roccia Music lui non faceva certo le visualizzazioni di adesso, stiamo parlando di oltre tre anni fa. In tre anni è cresciuto tantissimo, ma quando noi abbiamo scommesso su di lui non era nessuno. Il lavoro che è stato fatto è frutto ovviamente del talento dell'artista, che è indubbio, però poi va anche mischiato a un know how che le grandi case discografiche non hanno, perché spesso non si affidano a professionisti del settore. Spesso succedeva che chi trattava l'hip hop in una multinazionale era gente che magari fino al mese prima si era occupata solo di pop e che non conosceva per niente le dinamiche artistiche o di quel mercato. Ora hanno capito che è fondamentale avvalersi di collaboratori che vengono dal mondo hip hop. Questo mi ha permesso di proporre in libertà dei nomi che ritenevo interessanti. Prendere un artista quando già è grosso è semplice: ci si mettono i soldi, si fa un contratto e lo si porta a casa. Invece credere in qualcuno quando non è nessuno è la vera sfida, firmare qualcuno dal nulla e a portarlo nel giro di qualche anno a un risultato.

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Va detto, e ci tengo, per tutti gli emergenti o quelli che iniziano un percorso, che arrivare alla fama e al successo è una cosa lunga e non basta un pezzo o un singolo o due o tre, ci possono volere anche anni di lavoro e di fatica. Molti pensano che basti che arrivi Universal, ti fa fare un contrattino e da lì hai la tua carriera, ma non è così, ci vuole comunque del tempo anche se hai dietro un'etichetta che ti supporta economicamente e ti permette di pagarti il clip, di avere dei professionisti che lavorano con te, e non sei da solo contro il mondo per far conoscere la tua musica. Ma comunque sia non è che se firmi con una casa discografica poi hai l'attenzione di tutte le televisioni e le radio del mondo, è un percorso, ed è giusto che sia così.

Ora abbiamo firmato Young Rame, Nomercy Blake, Leslie, Nibirv e Bresh, tutti emergenti a cui vale la pena dare fiducia. O un'altra è MYSS KETA, che è un personaggio molto interessante, al limite tra l'hip hop e un discorso più sperimentale. Tutti artisti su cui scommettere, perché ognuno a modo suo è originale.

Quali sono, come ricercatore di nuovi talenti, le caratteristiche che più ti fanno credere in qualcuno, o te lo fanno notare? Che cosa vai a cercare?
Ci vuole talento, dedizione e tanto lavoro. Poi sì, oggi come oggi sono importanti l'immagine e tante altre cose, le strategie… Però sono cose che arrivano in una seconda fase, perché un progetto diventi virale deve attirare l'attenzione senza alcun tipo di costruzione, almeno inizialmente. Infatti per me comprare le views o avere mille sponsorizzazioni non sono cose che servono a molto, perché se un progetto è figo prima o poi viene fuori, non ha neanche bisogno della multinazionale.

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Molti usano la scusa del "non ho nessuno che mi spinge”: io ricevo venti demo alla settimana di persone che sostengono che c'è una coalizione del mondo contro di loro, che hanno bisogno di qualcuno che li spinga, perché se nessuno li spinge non verranno mai fuori, ma loro se lo meritano, e il mondo è brutto e c'è gente che paga, e se non sei figlio di qualcuno non puoi svoltare… In realtà non è così. Chi non viene fuori, secondo me, è perché effettivamente non è ancora pronto a confrontarsi con il mercato. Non è detto che tutti quelli che fanno musica debbano svoltare. Oggi rispetto ad anni fa è più la gente che fa musica di quella che la compra, quindi è molto difficile, non c'è spazio per tutti: il mercato è limitato, se un posto è occupato è molto difficile che tu te lo possa prendere.

Ci vuole un talento e proporre qualcosa di originale, che nessun altro propone.

Noi conosciamo i nomi di quelli che ce l'hanno fatta, ma immagino che nella tua carriera avrai visto anche molta gente che poi in realtà non ci è riuscita, per motivi vari.
Assolutamente. Gente con talento, ma che non ce l'ha fatta. Perché il talento purtroppo non è sufficiente. Ci vogliono tante altre cose, tra cui la testa, la capacità di sapersi muovere, di trovare i collaboratori giusti. C'è tanta gente con talento che per vari motivi non ce l'ha fatta, e le responsabilità sono sempre da ricercare in se stessi. È troppo facile dire “non ce l'ho fatta perché quello o quell'altro non mi hanno dato una mano, o perché l'etichetta mi ha smollato". Puoi avere fortuna o sfortuna, ma è tutto un risultato di come ti muovi, delle azioni che fai. È un processo di azione e reazione. C'è tanta concorrenza e ci vuole una certa lucidità nelle azioni, che fa la differenza.

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Due degli artisti di cui stiamo parlando, Leslie e Nibirv, sono due ragazze. Si lavora in modo diverso con loro? E come mai in Italia fanno più fatica a emergere le donne nel rap? Pensi sia un problema del pubblico?
Innanzitutto sono contento di vedere che sono in aumento le ragazze che si affacciano al mondo del mercato discografico, fino a qualche anno fa erano praticamente inesistenti. Per una donna è sempre molto difficile, perché il mercato del rap è molto maschilista. Ci vuole la formula giusta per fare apprezzare a un'altra donna o a un uomo la musica fatta da una donna, in Italia. Purtroppo mancano personaggi alla Nicki Minaj o alla Cardi B o alla Lauryn Hill. Ci sono donne che sanno rappare, ma che comunque devono ancora dimostrare di avere una visione d'insieme e fare un bel disco. Non basta fare una bella canzone. Rispetto a anni fa, comunque, siamo avanti anni luce. Per esempio, MYSS KETA secondo me ha una bella impostazione perché fa qualcosa che è totalmente originale e suo. Non è hip hop e rap e basta, lei fa un mix di tante cose, quasi arte contemporanea, e anche lei ha difficoltà comunque: per quanto il progetto sia fatto bene e curato, non ha il seguito che si meriterebbe.

Dato che in Italia il mercato è fatto da ragazzi giovanissimi che ancora non hanno una grande cultura musicale, ci vuole del tempo prima che ognuno si faccia la propria opinione e non segua solo la tendenza del momento. Adesso vanno quei quattro o cinque nomi e per quanto ci siano tanti emergenti comunque è molto difficile venire fuori, perché c'è tantissima concorrenza. Ci vuole del tempo, ma sono sicuro che prima o poi anche le ragazze verranno fuori con progetti che funzionano e che avranno il loro seguito.

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Parlando di discografia, in chiusura volevo chiederti di raccontarci qualcosa anche su BHMG.
È un bel progetto che nasce dall'unione di Sfera e Charlie, e che seguo anch'io in prima persona. Loro sono un po' l'esempio di quello che ho detto fino a adesso, ragazzi che hanno una visione ben chiara e definita di quello che vogliono, e sono arrivati a quel successo non per caso. Con loro stiamo facendo un bel lavoro appassionato che va oltre il fare il beatmaker o lo scrivere dei testi, c'è proprio una strategia che curiamo insieme riguardo tutti gli artisti BHMG. Al momento stiamo puntando molto su DrefGold: abbiamo seguito tutti i suoi passi, dal metterlo come unico featuring italiano nel disco di Sfera, a fare le aperture del tour, o seguire tutto il suo disco insieme a Daves The Kid, che è l'altro produttore dentro BHMG che era un po' il braccio destro di Charlie e ha seguito tutta la produzione del disco di Dref, che uscirà a luglio. Con lui abbiamo raggiunto dei risultati ottimi, calcolando che è un emergente giovanissimo e ha già fatto dischi d'oro e milioni di ascolti su Spotify.


Cinque artisti emergenti su cui Universal ha deciso di puntare nel 2018

Classe ’93, Lisa, in arte Leslie, è originaria di Chieti ma vive a Pescara. Come accaduto per molti colleghi, l’amore con il genere sboccia con il rap americano, in particolare con la figura di Eminem. Nonostante la giovanissima età nella quale si è approcciata al genere, con partecipazioni in progetti collettivi con, tra gli altri, esponenti della scena come DJ Lil Cut, è nel 2017 che il pubblico inizia a parlare di lei grazie alla serie di video S/N realizzata in collaborazione con i The Ceasers, storici produttori italiani. Questa serie di video è stata solo un’anticipazione delle capacità di Leslie che, prima in “Bimbe (Holla)”, la versione al femminile di “Bimbi”, prodotta proprio da Shablo, e poi con il suo ultimo singolo “Oh My Goodness” ha definitivamente rotto ogni indugio, dimostrando di poter competere per un ruolo da protagonista nella scena.

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“Come Kurt Cobain” è quasi un manifesto d’intenti per Nibirv, rapper che negli ultimi mesi ha dimostrato le proprie capacità al pubblico del rap. Si può dire che “Bimbe (Holla)”, di cui Noisey ha parlato tempo addietro, sia un po’ uno spartiacque di quel mondo sempre molto complesso che è il rap al femminile, ma che ha dimostrato quante sorprese possa riservarci la scena. Grazie anche alla collaborazione con Parix, Nibirv ha saputo dare una forte identità al proprio mondo, cosa che le ha permesso di farsi notare da Thaurus, Universal e non solo.


Se dici “nuova generazione rap” non puoi non dire Drilliguria. E se rapper come Izi o Tedua hanno ormai quasi uno status quo da veterani, nelle retrovie c’è chi dalla stessa terra sta dimostrando di avere la stoffa. Bresh è uno dei numerosi volti emersi da Studio Ostile, emerso poi grazie alla partecipazione al mixtape collettivo “Amici Miei”. Dopo il tape, però, il rapper classe ’96 di Bogliasco (GE) non è stato con le mani in mano, sfornando numerosi singoli che, grazie anche alle numerose collaborazioni, hanno saputo definire al meglio la sua identità. Forse il singolo che meglio rappresenta Bresh è “Il Bar Dei Miei”, uno storytelling molto personale prodotto da Nebbia nel quale si sposano alla perfezione le capacità vocali e le rime.


Gué Pequeno è sinonimo di garanzia. Se un rapper ha il bollino di approvazione di uno dei padri del rap mainstream italiano, si può stare sicuri che qualcosa combinerà. Le aspettative sono quindi alte per Young Rame, una delle ultime scoperte di Universal, portato alla major proprio da GuePek. È nato nel 1998, viene dalla Barona (altro certificato di garanzia: Marracash) e ha iniziato a far parlare di sé solo un anno fa, grazie all’affiliazione alla Indomabili Milano, che annovera fra gli altri Frank Il Profeta White. Da qualche giorno è disponibile “Suburra”, il suo nuovo singolo in collaborazione proprio con chi lo ha lanciato: Gué Pequeno.


Quando il mondo ha iniziato ad accorgersi che tra i top producer del panorama italiano c’era un ragazzo nato nel 2001, be’, è impazzito. Tha Supreme in un’intervista a DJ Mag parlava di Salmo, del suo singolo “Perdonami” e tra gli altri, tirava fuori il nome di un progetto che stava curando, additandolo come “rivelazione del 2018”. Stiamo parlando di NoMercy Blake. In un periodo in cui la musicalità ha preso il sopravvento nel rap, figure come quella di Blake sono fondamentali, avendo dalla loro la capacità di cavalcare ogni tipo di ritmo possibile e immaginabile. Gli ultimi due singoli “B di Blake” e “Vita Pazza” ne sono la prova e da meno non sarà sicuramente “Sangue Nostro”, il nuovo singolo prodotto da Meteora, disponibile dal 2 luglio su Spotify.

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