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Musica

The bright side of Darkside

Nicolas Jaar e Dave Harrington ci stanno veramente proponendo qualcosa di nuovo?

Ieri ho scambiato il disco dei Darkside con una foto di una larva che se volete faccio vedere anche a voi, eccola. Per purissimo caso, stamattina, mentre mi accingevo a schiacciare play alla prima traccia del disco, contemporaneamente mi accingevo a schiacciare invio sulla pagina Internet della NASA (lo so, sono troppo multitasking) dato che mi hanno detto che la NASA stessa avrebbe annunciato una verità sconcertante e volevo controllare se annunciavano l'annuncio dell'annuncio, solo che, ASSURDO, la pagina non esisteva più.

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Questa convergenza di eventi sul mio computer mi ha portato a domandarmi se non fosse del tutto casuale che: mentre Nicolas Jaar e il suo Mauro Repetto Dave Harrington scuciono il loro primo LP con un progetto che si chiama come la prima parte di un album dei Pink Floyd, lo sapevate?–e GUARDA CASO il resto del titolo di quell'album riguardava un oggetto che sta nello spazio –——> il sito internet della NASA, che non mi sembra una con problemi di connessione, incredibilmente, andasse offline.

(PARENTESI: forse questo mio stato d'animo complottista è accentuato dal fatto che ho da poco visto uno dei film più brutti della storia del cinema, Gravity, con Sandra Bullock–che sarà pure stata bella in passato, ma ora sembra un incrocio tra un bonobo e Solange–nella parte di un'astronauta incompetente che non si sa come è mandata in missione nello Spazio senza la minima nozione e si salva grazie a un estintore russo. Chiaramente sono convinta che tutto l'universo stia macchinando contro di me dopo aver speso due ore del mio tempo a guardare Sandra che si rotola in mutande nelle stazioni spaziali.)

Ho forse tergiversato troppo in cazzate nell'introduzione? NO, dato che pure Nico e Dave tergiversano nella loro, quindi mi sono attenuta al canone del realismo.

Ho conosciuto Nicolas Jaar in un giorno di pioggia prévertiana e mi sono tirata tante di quelle menate lacrimando su alcune sue tracce che mi sono fatta pena da sola. Diciamo che Nico non è molto allegro in generale nella sua poetica musicale, ha fondato un'etichetta e l'ha chiamata Clown&Sunset–vi sembrano due elementi gioiosi? L'angoscia e il sentimento di morte animano la musica di Nico senza che lui ne abbia mai fatto mistero e il suo uso appropriato dell'arma deep-house in questo senso è sempre stato da me molto apprezzato, dato che il genere house di per sé, se manca di caratteristiche aggettivanti, rischia di essere il riso bianco della musica. Lui ci mette il pathos melancolico da ragazzo ombroso del 1990 che sa riversare le sue carogne in lunghissimi delay dub. Probabilmente se non avesse imparato a suonare sarebbe stato l'amico che si porta il libro in discoteca.

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Non ci vedo molto lato oscuro, quindi, in questa produzione, è più o meno sempre lo stesso lato che Nicolas frigge sulla padella da un po' di anni, è il suo unico lato visibile, quello che gli permette di tirare su un mix di due ore per BBC Radio1 alternando musica sudamericana a inframmezzi barocchi e l'ascoltatore medio che avrebbe fatto skip skip skip se fosse stato il mix di suo cugino ci casca perché Nicolas ha lo charme giusto per fare il presoammale bene.

Partendo da questo presupposto, ecco un'analisi ragionata del disco di Darkside:

"Golden Arrow": si fanno attendere come il prete in chiesa, dato che un organo infinito e suoni spettrali accolgono il fedele arrivato alla cappella di Nico per qualche secondo, poi arriva il solito synth sminchieto delle produzioni da solista di Jaar e già mi vedo un sacco di ragazzine strapparsi le mutande per asciugarsi le lacrime. Come dicevo poc'anzi, Nicolas ha la poetica della sofferenza e del non vi do il boccone facile perché la vita è fastidiosa, quindi ci tira molto per le lunghe questa prima traccia, che sconfina, sul finale, in un funerale di balene a Capo Horn.

"Sitra": questa è molto più maneggevole e dolce perché un tappetino di Rhodes ti accarezza tutto come quando fai la doccia tropicale alla spa, io la prendo, magari sono un po' prevenuta, come se mi dicessero: ti abbiamo coglionato, non è ancora finita l'intro del disco. La vita è difficile.

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"Heart": olè! Un po' di ritmo! Davvero Nico, se ti conoscessi di persona ti porterei con me al parchetto a fumare le canne perché ogni tanto un po' di frivolezza fa bene. E credo sia la stessa cosa che ha pensato Harrington, gli ha passato un cilum e ha messo il CD dei Supertramp e gli ha detto: senti come si divertivano loro, noi sempre qui in sala prove a tirarci martellate sui coglioni.

"Paper Trails": questa mi piace perché mi ricorda tanto quando John Lurie faceva finta di essere un pigmeo dell'Africa e si faceva chiamare Marvin Pontiac.

"The Only Shrine I Have Seen": mentre aspetto che inizi la canzone vado a farmi un giro nell'album Facebook delle foto di Mery il mio amico di Facebook transessuale che fa vedere sempre le tettine. Sono sicurissima che questa traccia tirerà su di morale molti veri critici musicali che potranno iniziare da qui con i bei discorsi stratosferici che piacciono a me su come dai Pink Floyd si sia passati a The Orb per arrivare qui oggi. Pane per i vostri denti, ragazzi.

"Freak, Go Home!": qui il mio sospetto che non ci sia vera soluzione di continuità tra le produzioni strettamente Jaar e questo progetto, e che non ci sia nulla di veramente nuovo in questo album, inizia ad insediarsi con più insistenza nel mio limitato cervello. Ecco la deep-house, ecco il dub infinito, non sento neanche più la chitarra, pippa di Nicolas mentre Dave se ne sta in disparte e ogni tanto ci butta lì un po' di suoni random.

"Greek Light": non voglio fare quella che dice "mi ricorda" ma a me ricorda un pezzo di Oneohtrix Point Never questo qua, non che la cosa mi dispiaccia eh.

"Metatron": spintonata da un braccio servo di un robot inizia l'ultima traccia dell'album, va avanti senza raggiungere un punto e mi lascia così, insoddisfatta. Da qui capisco che Nicolas, oltre ad essere quello che si porta il libro in discoteca, è anche uno che ti lascia a mezz'asta. Decido, perché gli voglio bene, di prendere quest'album come un antipasto, dato che il ragazzo è ancora giovane. Non griderò certo al miracolo e non credo davvero ci sia nulla di particolarmente rivoluzionario in Psychic, ma è una dote anche saper mantenere le proprie caratteristiche e avere un suono così ben delineato a 23 anni.

PS: La copertina dell'album è un po' smorza, come l'album stesso. Invito chiunque volesse abusare della parola "sperimentale" a farsi prima un giro in An Empty Bliss Beyond This World di The Caretaker, per esempio.