Dario Argento si considera ancora un membro dei Goblin

FYI.

This story is over 5 years old.

Musica

Dario Argento si considera ancora un membro dei Goblin

Il maestro dell'horror ci ha parlato delle colonne sonore dei suoi film, dei litigi con Ennio Morricone e delle sue collaborazioni coi maghi del synth.

Oltre allo stinco di maiale brasato, alle comparse travestite da zombie, oltre alla proiezione di Henry Pioggia di Sangue nella stanza in cui un proiezionista aveva ucciso la moglie e murato il suo corpo nel 1995, il Fantastic Film Festival​ di Strasburgo mi ha riempito di felicità: la felicità di poter vedere i veri masters of horror infestare la città e vivere una seconda giovinezza grazie a una folla di nerd in adorazione. Tobe Hooper, Joe Dante, Enzo G. Castellari, e quest'anno William Lustig: tutti sembrano commossi, a volte fino alle lacrime, da questa condizione magica per cui i loro classici degli anni Settanta o Ottanta brillano di nuova luce, prima di tornare a casa a Los Angeles, New York o Roma━​città in cui sembra che l'industria locale non renda loro la giustizia che meritano.  Tutti, tranne Dario Argento. Il regista di Profondo rosso non ha bisogno di quel festival per sentirsi una rockstar, perché non ha mai smesso di esserlo. Certo, anche lui era entusiasta di incontrare i suoi fan alsaziani, ma al contrario di altri ha dimostrato la calma di chi, nonostante le critiche ricevute dai suoi ultimi film, ha la certezza che la sua carriera gli consenta di sedere sul trono dell'orrore. Pochi giorni prima del suo arrivo, centinaia di spettatori hanno potuto gioire di una proiezione di Suspiria che ha fatto il tutto esaurito (mentre il più megalomane Ruggero "Cannibal Holocaust​" Deodato, anch'egli presente, inverdiva d'invidia). Negli stessi giorni, i compositori con cui ha lavorato più assiduamente—Ennio Morricone e i Goblin—stavano ricreando la magia dell'horror sui palchi di tutta Europa. Il tour mondiale dei secondi, appena iniziato, dimostra che quelle melodie scritte tanti anni fa per popolare gli incubi delle ragazzine con brividi di paura (o di desiderio, ma poco cambia) riescono ancora a riempire le sale concerti.  Ho colto l'occasione per discutere con Argento della sua passione per la psichedelia, per cui aveva cercato di coinvolgere band come Pink Floyd o Genesis per le sue colonne sonore. Ne ho approfittato anche per chiedergli, più in generale, in che modo la musica l'abbia aiutato a costruirsi un'identità riconoscibile. Il suo modo di utilizzarla deve molto a Blow Up di Antonioni (di cui Dario è un grande fan, tanto che ha scelto di far recitare David Hemmings anche in Profondo rosso): in una scena enigmatica il protagonista, sulle tracce di una ragazza ma soprattutto alla ricerca morbosa di un'immagine, passa attraverso una folla stranamente amorfa che assiste a un concerto degli Yardbirds, intenti a suonare "Train Kept a-Rollin'". Parallelamente, i personaggi di Suspiria, Inferno o Phenomena sono pieni di immagini incantevoli ma anche di suoni, strane suite che conducono i personaggi in un'assurda indagine psichica in cui la dissonanza con l'azione è fondamentale per suscitare nello spettatore quella sensazione di paura estremamente riconoscibile di cui è impregnato il cinema di Argento.

Pubblicità

Noisey: Il regista di Maniac mi ha appena detto che il cinema horror italiano è nettamente superiore a quello di altri paesi, anche grazie all'utilizzo che faceva della musica. Lo prendi come complimento personale?
Dario Argento : Non so se si riferisse a me in particolare, ma è vero che la musica ha immediatamente fatto parte dei miei strumenti di sperimentazione. Da giovane avevo voglia che il mio primo film aprisse le porte a elementi "vietati" al cinema di genere. Soprattutto, non volevo imporre una melodia riconoscibile, un tema principale, come avviene di solito. Ho chiesto a Morricone di improvvisare tutta la colonna sonora de L'uccello dalle piume di cristallo perché volevo ottenere un risultato più anarchico, meno "dritto" del solito. Lui ha registrato quasi tutto in una sorta di jam session con i suoi musicisti, come fossero un'orchestra jazz. E gli è piaciuto un sacco farlo, anche perché con le grandi produzioni internazionali non gli era possibile lavorare così. Dev'essere stata una bella sfida: anche se improvvisava, Morricone era già una star mondiale e il suo stile era molto riconoscibile. Le sue composizioni avrebbero potuto evocare altri universi…
Certo, ma ne ero anche orgoglioso: ho pensato che avrei potuto ricalcare quello che Fellini aveva ottenuto con Nino Rota: far dimenticare al pubblico tutte le arie che aveva composto prima di lavorare con me. Fare di lui il "mio" compositore. Chiaramente nel 1969 tutti avevano in testa le melodie di Ennio per i western di Sergio Leone, ma Morricone aveva composto musiche anche per altri film, italiani e internazionali, più o meno importanti, e sapeva adattarsi. Quando mi fece ascoltare la sua prima suite per il film gli dissi che la trovavo splendida e che mi faceva pensare alla musica jazz da camera. In tutta risposta mi urlò, "Come puoi insultarmi così?" e andò in crisi [Ride]. La distribuzione, vabbè, non apprezzò particolarmente le sue composizioni. Poi il film ingranò e improvvisamente iniziarono ad adorarle! Quindi abbiamo potuto rimetterci in moda per Il gatto a nove code. Siete mai stati in disaccordo?
Scherzi? Non ci si mette di traverso con Morricone. Non te lo puoi permettere, e non potevo permetterlo soprattutto all'età che avevo allora. Era molto sicuro di quello che faceva: entrava in studio ed era subito chiaro chi comandava. Ciò detto, è un ottimo ascoltatore e spesso mi chiedeva consiglio e mi lasciava scegliere tra le improvvisazioni registrate quella che preferivo. Al contrario, i litigi sono arrivati quando ho iniziato a lavorare coi Goblin.

Pubblicità

I Goblin in splendida forma (almeno musicalmente)

Ah, bene. Come sei passato da Morricone ai Goblin?
Anche lì, volevo sperimentare qualcosa di diverso, che doveva però essere diverso anche dai miei stessi film. Giorgio Gaslini aveva iniziato a comporre la musica di Profondo rosso, era perfetta per le scene più "terrene", ma capii sin da subito che c'era bisogno di qualcosa di diverso per i momenti in cui ti dovevi perdere nel terrore. Qualcosa di meno jazz, di più aereo, ma allo stesso tempo di più aggressivo, più rock. Ho chiesto al mio produttore di fare un po' di ricerca a riguardo. Contattò i componenti dei Pink Floyd, che andai a conoscere a Londra. La discussione fu molto interessante, e anche loro lo erano. Però credo che ai tempi avessero già in mente di fare qualcosa di loro legato al cinema, e che non volessero interferenze con i loro progetti. Allora andammo a parlare coi Genesis, che ai tempi ascoltavo un sacco. Anche loro erano molto interessati al progetto, ma si stavano preparando per un tour mondiale. Mi dissi che avrei dovuto fare un po' di ricerca tra le band indipendenti, pensai che almeno loro sarebbero stati disponibili. Fu così che misi le mani sulla demo di questo gruppo appena nato che non aveva nemmeno ancora un nome. O se ne avevano uno me lo sono scordato. Appena sentii i Goblin, mi resi subito conto di avere centrato lo spirito della mia colonna sonora, ma soprattutto che nemmeno con loro sarebbe stato il caso di seguire metodi convenzionali. All'inizio, Claudio Simonetti e gli altri venivano a casa mia, io descrivevo loro le scene, ci prefissavamo un mood e iniziavano a suonare. Appena iniziai a sentire i brividi, li convinsi ad andare in una sala di proiezioni per suonare di nuovo davanti alle immagini di Profondo rosso. Registrammo due ore di musica. Abbiamo discusso, abbiamo litigato… alla fine siamo rimasti lì dentro a dormire.  Avete aggiunto un membro alla band, insomma.
Esatto, sono diventato parte del gruppo a tutti gli effetti. Oggi, quando vedo che Claudio e i suoi Goblin fanno ancora tour, mi sento un po' responsabile… praticamente sono nati insieme a me.

Pubblicità

I Goblin e Dario Argento.

È buffo che tu parli di nascita, perché insieme a Profondo rosso ho l'impressione che il tuo stile sia in un certo senso rinato, in forma più psichedelica, sia visivamente che a livello di suono. Gli anni Settanta hanno avuto un'influenza in tutto questo?
La stessa influenza che hanno avuto su tante altre persone della mia generazione e del mio ambiente, mi pare. La psichedelia era diventata importante, girava parecchia droga, io ascoltavo i Led Zeppelin, i Pink Floyd, gli Who e soprattutto i Genesis. Come loro, la parola che avevo sempre in bocca era "sperimentazione". Ero sempre alla ricerca di nuove possibilità tecniche. Profondo rosso è nato proprio da questa spinta sperimentale, da quel desiderio che avevo di pensare alle immagini e al suono in un modo tutto nuovo. Bene, visto che tutti all'epoca provavano più o meno lo stesso desiderio e ascoltavano gli stessi gruppi psych-rock, credo di non essere poi stato così originale alla fine… [Ride]

Per quanto riguarda Inferno, è toccato a Keith Emerson apportare quel tocco prog rock. Eri tu che suggerivi ad ogni nuovo compositore con cui lavoravi di seguire la linea psych dei tuoi film precedenti?
Macché, niente affatto. L'influenza della psichedelia era così forte, a tutti i livelli creativi. Inoltre Emerson aveva una grossa sensibilità in materia. Le scene di Inferno si susseguono un po' allo stesso modo, senza una logica apparente, come in un sogno. Di conseguenza le immagini si prestavano a una colonna sonora del genere. Riascoltare il piano di Emerson, oggi, mi fa venire la pelle d'oca, anche perché è da poco che non c'è più… E proprio in Inferno il principio di dissonanza è applicato in maniera evidentissima: la tastiera di Emerson va fuori controllo mentre i personaggi si muovono lentamente in scena…
Certo, questa sorta di controtempo era voluto. Emerson aveva capito benissimo il trucco: volevo mettere in dubbio i concetti canonici dei film horror. Lui ha pensato di destrutturare le scene in cui i personaggi esplorano la casa di New York: avanzano a passo felpato, mentre l'assolo di Emerson incalza fino a impazzire. Rischiavamo di ottenere un effetto di anticlimax, ma ce ne siamo fregati, perché l'inquietudine deriva esattamente dalla dissociazione tra immagini e suono. Come ne L'uccello dalle piume di cristallo, in cui il sonoro dell'aggressione è ovattato dalla vetrina dalla quale il protagonista, e con lui lo spettatore, osservano la scena.  E poi c'è questo modo di trasformare il suono in un personaggio del film, come in quell'anfiteatro in cui un soffio angosciante "affonda" sui personaggi… La camera zooma su di loro allo stesso momento, come se si allineasse alla prospettiva del suono. 
Quella è un'idea che mi è venuta dall'opera: adoro il fatto che un cantante d'opera utilizzi la propria voce come un proiettile, un'arma, che si pianta nel cuore di chi l'ascolta dall'altro lato della sala. Mi piaceva l'idea che i personaggi ascoltino Verdi in cuffia, incoscienti del fatto che un altro suono possa arrivare ad aggredirli, come il rumore di un colpo di vento. È il genere di scena che immaginavo quando ascoltavo i Carmina Burana.

La struttura narrativa di un film come Suspiria, d'altra parte, è molto simile a quella di un'opera.
Sì, perché in quel caso mi sono affrancato dalla narrazione filmica per procedere con un'associazione di idee. E questo, alla fine, è il dominio dell'opera. Quando ero bambino ero obbligato ad accompagnare mia nonna all'Opera di Roma, per cui spesso lei aveva i biglietti gratis. All'inizio mi faceva molta paura, quindi facevo in modo di addormentarmi la maggior parte delle volte. E poi, a poco a poco, ho iniziato ad apprezzarla. Con il mio cinema, poi, ho potuto cercare di cogliere quel momento in cui ci si lascia cullare da uno spettacolo lirico tendenzialmente astratto, insensato, da qualcosa che ci provoca un'emozione problematica…

C'è anche una scena di Tenebre in cui la prospettiva della musica è la stessa di quella del killer in un film dell'orrore: la camera gira attorno alla casa in cui si terrà il duplice omicidio delle due ragazze che ci abitano, e i Goblin accompagnano questo movimento.
Per quella scena ho chiesto ai Goblin di riflettere sull'idea della possessione, della maledizione. Per me quella musica non incarna tanto l'arma del delitto, quanto piuttosto lo spirito che infesta quei luoghi. C'era bisogno che si capisse, grazie ai movimenti di camera e alla musica, che quella casa era destinata a ospitare un omicidio.

Le composizioni per film horror che si concentrano su una minaccia imminente sono abbastanza rare: c'è Bernard Hermann per Hitchcock, Carpenter che coinvolge John Williams per Lo squalo. Per il resto, quel tipo di tensione si ritrova soltanto nel cinema muto.
I film muti, come l'Opera, sono arte pura. L'assenza di dialoghi libera l'ispirazione visiva e musicale. Quindi sei obbligato, quando costruisci la scena, a delineare ogni dettaglio. Abbiamo perso quel senso del dettaglio. Proprio come non ci sono più grandi opere liriche, non ci sono più grandi film dell'orrore. Non credi ci sia un revival, nemmeno per quanto riguarda l'utilizzo della musica? 
No, i film horror contemporanei sono troppo brutti. Forse c'è del buono in Asia, ma dovrei studiare meglio il loro modo di utilizzare la musica. Resta che i film dell'orrore statunitensi sono troppo stupidi per preoccuparsi dell'utilizzo del suono. Be', forse c'è ancora Tarantino che ha quest'attenzione nei confronti dei momenti di tensione. Però anche lui, si è limitato a coinvolgere Morricone per ricalcare lo stile delle melodie che avevamo utilizzato una cinquantina di anni fa! [Ride] Segui Noisey su Facebook e Twitter.