Sei persone raccontano i primi appuntamenti peggiori della loro vita

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Sei persone raccontano i primi appuntamenti peggiori della loro vita

"Lei la prende così bene che scoppia a piangere, ma non nel senso positivo del termine:" tra dichiarazioni d'amore accolte male, malattie contagiose, scambi di persona e precedenti con l'alcol, non sempre i primi appuntamenti sono una passeggiata.

Illustrazione di

Alessandra De Cristofaro.

L'amore è una questione molto spinosa, ma ancora più spinoso è affrontare tutti i tentativi che precedono la scoperta di un amore e passare per la lunga obbligatoria trafila dei primi appuntamenti. Internet prima e le app di incontri poi, del resto, non hanno migliorato la situazione, rendendoci di fatto più proni a prendere grandi cantonate.

Abbiamo chiesto ad alcune persone di metterci a parte delle prime uscite più imbarazzanti, terribili o purtroppo indimenticabili di cui sono stati protagonisti.

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IL CONTAGIO

A una festa, era il 2008 direi, ho rivisto il mio sogno erotico del liceo, A., un ragazzo di qualche anno più grande che, dopo anni passati a non cagarmi di striscio, quella sera ha dato segni di accorgersi della mia esistenza per la prima volta.

Io ero felicissima, non potevo nemmeno credere che mi stesse parlando. Quindi quando lui ha raccolto da terra (eravamo all'aperto, nel cortile di uno squat pieno di fango e pozzanghere) un pezzo di pizza che stava mangiando e se l'è infilato in bocca non ho fatto una piega. Non ci ho pensato nemmeno un'ora dopo, quando stavamo limonando. Me l'ha fatto notare, terrorizzata, un'amica che aveva assistito a tutta la scena e mi ha detto in seguito di aver avuto l'impulso di strapparmi da lui per prevenire una "trasmissione certa di qualche malattia tipo la toxoplasmosi."

Io ho riso e rimosso del tutto la cosa, fino a quando una settimana dopo A. mi ha fatto un discorso molto serio su una panchina dicendomi che aveva avuto accessi di febbre altissima e tutti i linfonodi gonfi. Io avevo gli occhi sbarrati e aspettavo solo che lo dicesse. Toxoplasmosi. Toxoplasmosi. Invece alla fine doveva dirmi che aveva la mononucleosi, che io avevo fatto a 16 anni mentre lui non mi cagava di striscio.— Giulia, 29 anni

CRY ME A RIVER

Due anni fa ho conosciuto una ragazza su Facebook. Abitavamo molto distanti e non avevamo conoscenze in comune, ma pareva carina e a modo, quindi abbiamo iniziato a scriverci. Dopo un anno ci scrivevamo tutti i giorni e io ero convintissimo di essere innamorato. Finalmente, dopo un po' di tira e molla mentale, ho deciso di spendere 200 euro di treno per andarla a trovare nella città dove vive, convinto di recuperare il coraggio per dichiararle tutto il mio amore per lei. Sono arrivato e insieme abbiamo messo in scena i primi 40 minuti di un bel teen movie americano: le ho offerto lauti pasti in costosi ristoranti, lei mi ha portato a vedere le meraviglie della sua città natale e in serata mi sono fatto forza e le ho sganciato la bomba: "Sai, credo di essere innamorato di te."

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Lei l'ha presa così bene che è scoppiata a piangere, ma disperata, non nel senso positivo del termine, e ha insistito per riaccompagnarmi in stazione. In macchina, abbiamo passato 20 minuti in totale silenzio, entrambi singhiozzando. Perciò sono tornato a Roma, e non ci siamo sentiti per circa tre mesi.—Donato, 22 anni

LO SCAMBIO DI PERSONA

La premessa necessaria di questa storia è che tutto è successo ben prima di Facebook, in un periodo in cui era normale ricevere dai propri compagni di classe richieste tipo "Dammi il numero di telefono di qualche ragazza carina che conosci" e internet serviva al massimo per gli spartiti delle suonerie. In questo contesto, e più precisamente a una festa, un'amica (Francesca) mi aveva presentato due suoi vicini di casa di cui non ascoltai nemmeno il nome. Uno dei due era incredibilmente carino e passai qualche minuto a parlarci, mentre l'altro, muto, si guardava intorno.

Qualche ora più tardi, a festa finita, ricevetti un sms che mi diceva "Sono X, l'amico di Francesca. Ti ho trovata molto carina, ti va di vederci uno di questi giorni?" Inutile dire che accettai, e passai i giorni successivi a messaggiarci continuando a parlare delle poche cose che ci eravamo detti alla festa—convinta, ovviamente, che si trattasse di quello con cui avevo effettivamente scambiato qualche parola. Il giorno accordato lo raggiunsi in un bar dietro scuola, ma solo per scoprire ciò che una soglia di attenzione leggermente più alta mi avrebbe risparmiato: l'amico non era quello carino, ma quello con cui non avevo scambiato mezza parola. E che, nell'ordine delle cose, era quello tutt'altro-che-carino.

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All'epoca oltre ad avere una soglia dell'attenzione minima non avevo grande fantasia per le scuse, quindi non trovai niente di meglio che dirgli la verità: "Credevo fossi l'altro." Poi mangiammo un panino in silenzio e accettai di essere accompagnata a casa in macchina. Da allora ci sono stati altri primi appuntamenti di merda, ma questo è stato decisamente il più deprimente.—Sara, 28 anni

MAL DI FEGATO

Ero appena andato a vivere in una città nuova, all'estero, e mi ero stabilito in un ostello mentre cercavo casa. Su un gruppo di affitti per studenti mi aveva contattato un ragazzo spagnolo, C., e, nonostante nel mentre avessi trovato un appartamento, avevo accettato la sua proposta di andare a bere una birra. Anche se a vederlo non era il mio tipo, sembrava simpatico e si era dimostrato gentile e disponibile—e io in città non conoscevo nessuno—quindi ho accettato.

Perciò ci siamo seduti in questo pub alle sette di sera e abbiamo iniziato a chiacchierare. Mi stavo trovando meglio del previsto. Poi lui ha ordinato un bicchiere di acqua frizzante, e mi ha spiegato che gli serviva perché l'avevano da poco ricoverato per un'urgenza al fegato e gli avevano dato della codeina per il trattamento successivo. Io ho annuito, pensando che C. fosse proprio un ragazzo diligente e che avrei dovuto rivedere tutte le mie supposte conoscenze mediche derivate da Wikipedia.

Nel giro dei sette secondi successivi, comunque, è successo questo: C. ha inghiottito le due pastiglie, mi ha guardato, ha detto, "Devo vomitare," è corso fuori dal locale e con me alle calcagna ha vomitato acqua e codeina. Siamo rimasti per un po' sotto la pioggia con me che cercavo di spiegargli che non credo che la codeina sia il massimo per il fegato e lui che mi ha raccontato di essere un nobile decaduto. Ovviamente l'episodio ha per sempre distrutto qualunque possibilità sessuale tra di noi, ma siamo diventati grandi amici.—Simone, 27 anni

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IL FEDIFRAGO

Qualche anno fa avevo incontrato un ragazzo a una festa, avevamo chiacchierato, ci eravamo piaciuti, ci eravamo baciati, lui si era ricordato a memoria il mio numero di telefono (oppure l'aveva richiesto a qualcuno che mi conosceva mentre io non guardavo, ma comunque apprezzo lo sforzo).

Morale, qualche giorno dopo decidiamo di uscire, stiamo benissimo di nuovo, beviamo qualche birra, parliamo delle cose che vogliamo fare insieme. Poi, me lo ricordo come fosse ieri—eravamo fuori da questo bar frequentato da ciclisti—lui mi dice, "Allora parliamo un po' delle tue storie passate." E io diligente racconto. Poi viene il suo turno, che si conclude con "…ho incontrato tre anni fa questa ragazza, e stiamo ancora insieme e penso che sia la donna della mia vita." In pratica, aveva aspettato la fine del nostro primo appuntamento per dirmi che era fidanzato. Io me ne sono andata, ma abbiamo continuato a vederci per un po' perché al tempo non avevo nessun rispetto per me stessa.— Elena, 26 anni

IL RAGAZZO DIFFICILE

Ci siamo conosciuti su Tinder, e per un paio di settimane siamo andati avanti a sentirci tutto il giorno, tutti i giorni, a raccontarci tutto—dandomi l'impressione di aver stabilito una connessione forte con una persona che non riuscivo nemmeno a immaginarmi fino in fondo. Quando abbiamo deciso di vederci avevo un'ansia enorme, ma abbiamo ritrovato anche dal vivo quell'intesa immediata: insomma, dopo qualche ora al parco e un pranzo veloce eravamo a casa mia. Quando è finito il tutto erano quasi le sette di sera, e lui gelidissimo si è alzato dal letto e ha detto, "Penso che andrò." Incredula, e un po' risentita dato che le cose sembravano procedere per il meglio, gli ho fatto notare che aveva detto che sarebbe rimasto fin dopo cena—il punto non era nemmeno che voleva andare, uno è libero di andare quando vuole, il punto era che stavamo chiacchierando amabilmente e tutto a un tratto lui si è immobilizzato e ha detto che se ne sarebbe andato.

Insomma, a furia di domande è venuto fuori che è in terapia per un disturbo dell'alcol legato alla socialità, che è ansioso, depresso, funziona on-off.

Quando se ne è andato mi aveva raccontato tutta la sua storia, e voleva rivedermi al più presto. A me scatenava ansia la sola idea di incontrarlo una seconda volta. Non per essere superficiale, ci ho provato—ma almeno all'inizio, mi piacerebbe che fosse tutto più leggero. Quindi leggerà la sua storia su VICE e non mi sentirà mai più.— Chiara, 30 anni

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