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Musica

Recensione: Ninos du Brasil - Vida Eterna

Il duo veneto ha prodotto un album dall'atmosfera cupa e notturna, coinvolgente ma un po' troppo patinato.

Devo essere sincero: i Ninos non mi hanno mai convinto. I motivi sono numerosi: a parte il fatto che a tutti gli effetti la band è nata come una "swindle", con l'immaginario brasiliano infilato abbastanza a forza—tanto da dare l'idea che probabilmente mandati in una favelas vera prenderebbero le pizze—, la loro idea stilistica mi è sempre parsa volta alla superficie (che sia "botta" o suono "alternativo") più che alla sostanza della musica. Una roba, insomma, furbetta, a volte facilona, messa su per accaparrarsi i consensi delle masse ballerecce che gli dai un cassone dritto per duemila minuti, ci ricami qualche tribalata, ci sputi su qualche rumore e loro sono felici e contenti perché si sono nel frattempo calati. Giusto, per carità, il progetto nasce per divertimento e non si pretende certo di ascoltare chissà quale raffinata composizione: però è una piega che un po' troppi stanno prendendo ultimamente e c'è bisogno di una sterzata, cazzo.

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Ma questa volta, bando ai pregiudizi, mi sono detto: vediamo se è cambiato qualcosa. Ebbene, in Vida Eterna quello che è cambiato è sicuramente il mood: molto più cupo, molto più dilatato, più tendente alla trance. Come il pipistrello in copertina, che ben si addice al contenuto del disco. Il concept è in pratica il viaggio in una giungla oscura popolata di creature che prendono energia dal buio (probabilmente una neanche troppo sottile metafora del "popolo della notte", vista la spinta discotecara che pervade il disco).

Rispetto al passato, è soprattutto più vario: i ritmi vanno dal minimal technone alla cumbia, che tanto oggi va per la maggiore, mischiata ai campioni di batucada ai quali ci hanno già abituato; si sfoggiano synth che ricordano certi film dell'orrore di serie C o certi dischi dark degli Eighties; ti immagini la gente che balla impasticcata improvvisati passi di kuduro.

Certo, si tratta di variazioni su un tessuto al solito molto piacione, ma è già qualcosa. La produzione di Congorock poi è ovviamente calzante e—grazie al cazzo—impeccabile (bel lavoro sulle basse, che sdubbano spesso e volentieri), e c'è anche un cameo di Arto Lindsay sul brano che forse è la cosa migliore del disco (non avevamo dubbi, potrebbe cantare anche le avvertenze sulle sigarette—e poi, cazzo, lui sì che è brasilano).

Ma a parte gli ospiti e le menate di tendenza varie, Vida Eterna è un prodotto ben confezionato, probabilmente il miglior disco del duo. Ma, appunto, rimane un prodotto: prima di cambiare definitivamente idea su di loro attendo il prossimo disco, chissà che non mi trovino un giorno sotto cassa vestito da tucano.

Vida Eterna è uscito venerdì 15 settembre per La Tempesta International e Hospital Productions.

Ascolta Vida Eterna:

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