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Musica

Cose che vorremmo sparissero dalla musica nel 2017

Per iniziare bene l'anno nuovo è giusto liberarsi di alcuni pesi.

Per noi che alla musica un po' vogliamo bene, il 2016 è stato un anno molto duro. Siamo stati messi alla prova da un susseguirsi quasi surreale di eventi tragici che via via assumevano sempre più la forma di una tortura di Guantanamo, fino ad arrivare al climax, lo scorso dicembre, con l'uscita del nuovo album di Ligabue. Siamo a uno di quei momenti in cui il Cosmo, uno dei moniker dietro cui si nasconde David Bowie, tenta di comunicarci che è giunta l'ora di cambiare. L'ondata pestifera che ha decimato, negli ultimi mesi, quasi tutti i giganti della musica è paragonabile forse soltanto alla devastazione che avvenne nel 1994, anno in cui ci lasciò Kurt Cobain e con lui ogni possibilità che le chitarre fossero uno sputo in faccia al sistema anziché un flash mob.

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Ma la vita ci mette di fronte alla morte, e la morte è un chiaro segnale che dobbiamo fare il meglio che possiamo con la vita che ci rimane, quindi ringraziamo i nostri amici morti, rifiutiamo l'offerta e andiamo avanti. Se c'è una lezione che possiamo trarre da queste morti illustri è che non si può contare sempre sulle stesse cose, ogni tanto è necessario un cambiamento e, perché no, un cambio generazionale. Quindi ecco i cambiamenti che ci auspichiamo per questo 2017.

LE COPERTINE DEI GIORNALI CARTACEI

Nonostante dalle nostre parti stiamo ancora faticando a comprendere il favoloso mondo del digitale, c'è ancora qualche bacucco che si ostina a stampare. Divertente! Certo, prima o poi qualcuno dovrà arrivare alla conclusione che se le vendite sono in drastico calo (tranne che per il mensile cattolico Messaggero di Sant'Antonio, tallonato a breve distanza dall'interessantissimo Al Volante) forse ci vorrà una spolverata, uno sguardo verso il futuro, un qualunque principio di innovazione. E questo dovrebbe valere anche per i mensili che in Italia si occupano di musica, che sembrano rassegnati, quasi tutti, a continuare a parlare al target di giovani del '94, anno in cui molti dei giovani d'oggi invece nascevano. Comprendiamo che ristrutturare un target e dare un colpo al cerchio degli anziani e un colpo alla botte dei giovanissimi non è semplice, ma un primo passo potrebbe essere un'attenzione maggiore alle copertine. Quando un ragazzo va in edicola, se ci va, potrebbe rimanere traumatizzato e credere di essere capitato per errore in un mausoleo, dato che sui mensili di musica lo spazio di copertina è stato concesso (in ordine sparso) a: Carpenter, Cohen, Lou Reed, Mick Jagger, Elvis Costello, Janis Joplin: praticamente un cimitero.

In pochi hanno dato spazio alle novità che si sono fatte strada a fatica tra un anziano e l'altro, nonostante i numeri giganteschi che i nuovi act spostano sul web. Per ora vedere Ghali, Rkomi, Krano, Not Waving o qualsiasi altro nome un po' fresco che anima la scena sulla prima pagina dei mensili di musica italiana sembra ancora un miraggio, ma guardiamo fiduciosi al nuovo anno per un cambio di rotta in questo senso.

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I BEEF DELLA "VECCHIA SCUOLA" CONTRO LA "NUOVA SCUOLA"

Fino a qualche anno fa il rap in Italia non se lo cacava nessuno, era ancora circondato da uno speciale alone di sfiga che, anche se non arrivava al livello di sfiga degli amici metallari, risultava comunque una sorta di stigma sociale o quantomeno un ostacolo insormontabile per l'accesso al mainstream. Ora invece il rap è una sorta di golden ticket per la conquista del mercato discografico, di conseguenza ai rapper delle generazioni precedenti è salito un po' di pepe al culo, come a tutti coloro che in ogni ambito si sono sentiti parte della squadra che ha "saltato il giro" (tipo il Principe Carlo, per dire) e si rischia di incappare in interviste o flame più o meno diretti in cui, per farla breve, il vecchio si lamenta del nuovo. Non c'è bisogno di scendere nei dettagli, ma è evidente come un atteggiamento reazionario esteso anche a quest'ambito potrebbe compromettere l'unica fetta del mercato discografico in cui si sta muovendo qualcosa di interessante.

NON CAGARE IL RAP NEI PREMI MUSICALI

Possiamo parlare tranquillamente di categorie, se volete: che cosa è rap, che cosa è cantautorato, che cosa è musica bella e che cosa non lo è. E in generale le cerimonie a premi sono una baraccata, una scusa per vedere performance fighe e ridere di celebrità che dicono cazzate e si fanno i selfie tutti assieme. Ma in un mondo utopico in cui i premi sono cose serie, sarebbe bello se riuscissimo a coprire veramente l'intero spettro della musica italiana. Lo scorso anno, il Premio Tenco ci ha tenuto a sottolineare come per la prima volta, tra i finalisti, ci fosse un rapper. Il rapper in questione era il notissimo "Kento" (scelto unicamente perché il premio è l'anagramma del suo nome e perché i suoi testi sono un omaggio al cantautorato), ma magari, amici del Premio Kento, potreste iniziare a rendervi conto che il rap italiano, soprattutto ultimamente, ci piscia in testa al cantautorato.

SEMPRE GLI STESSI AUTORI PER IL POP

La sorprendente crescita del rap italiano è bilanciata dal quasi completo immobilismo del nostro pop. Come appare evidente se si guarda la lista dei concerti più frequentati in Italia nel 2016, o semplicemente guardando alle classifiche degli album più venduti dalle nostre parti, si capisce che l'aria è stantia. Questo succede anche perché siamo, storicamente, un Paese di interpreti e probabilmente si delega all'interpretazione ciò che la scrittura non riesce più a fare: emozionare i nostri cuori. Nel corso degli anni abbiamo più volte fatto notare come il pop italiano faccia schifo e abbia bisogno di una bella rinnovata da capo a piedi. Se ci pensate, dalle nostre parti siamo talmente mediocri nella costruzione identitaria dei nostri idoli pop che non riusciamo ad avere nessun Justin Bieber italiano, se non forse Fedez, il quale poverino è costretto a coltivare il suo mini-me Rovazzi per sentirsi meno solo alla vetta del pop nostrano. Non dev'essere una bella sensazione. Una cosa che potrebbe smuovere un po' le acque sarebbe una ricerca un po' più attuale di producer e autori che siano in grado di scrivere canzoni che non sembrano far parte del Best Of di Marco Mengoni. Forse se si aprissero le porte a nuovi autori la musica italiana non sembrerebbe un lunghissimo Best Of di Marco Mengoni.

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MUSICISTI GAY DENTRO ALL'ARMADIO

Anche se questo discorso potrebbe applicarsi a tante categorie umane e professionali, il mondo della musica è particolarmente legato alla liberazione sessuale—non dobbiamo starvi a spiegare come mai. Lo scorso anno ci ha lasciato George Michael, e mentre piangevamo questa perdita ricordavamo quanto sia stata importante la sua carriera e il modo in cui, da un certo punto in poi, ha affrontato argomenti ingombranti come cruising e sessualità esplicita con una classe e un'autoironia che soltanto un cantante gay può sfoderare all'occorrenza. Qui i nostri cantanti gay sono sempre tristi, molti di loro sono tristi perché sono ancora dentro all'armadio (dentro allo stesso armadio da cui probabilmente partivano tweet commossi sulla figura di Michael), altri sono tristi perché, pure se fuori da un po', sono soli. Pensiamo a Tiziano Ferro che, nella sua prolifica carriera, ha tirato fuori UN SOLO pezzo esplicitamente gaio. Perché? Perché lo fate sentire una bestia rara, ecco perché. Il mondo dello spettacolo è probabilmente uno degli ambiti lavorativi con il maggior numero di omosessuali e da noi, a parte Scialpi e Tiziano, non esistono altri gay. Non vi sembra assurdo? Non vi sembra il momento di smetterla di lamentarci di quanto siamo provinciali e dare il buon esempio vivendo la propria sessualità in maniera più rilassata? È ovvio che fino a quando il nostro showbusiness sarà così reticente, non saremo in grado di impostare un'apertura anche ad altri livelli della società, e probabilmente dovremo aspettare il momento in cui la De Filippi si deciderà a fare un'edizione di Amici dedicata a giovani performer omosessuali per avere un po' di novità su questo fronte.

DAB A CASO

Allora. Quavo dei Migos l'ha detto sei mesi fa che il dab è morto. Esattamente sei mesi fa, in Italia tutti hanno iniziato a dabbare a caso. Coincidenze? Noi non crediamo. Come succede in parecchie altre situazioni, i trend in Italia arrivano quando nel resto del mondo hanno già rotto le palle a tutti. Continuare imperterriti a dabbare senza cognizione di causa equivale a gridare "Hey, non ho idea di quello che succede al di fuori dei confini della mia provincia!" Quindi fatevi il favore di aggiornarvi un pochino. Questo ovviamente vale per tutti tranne che per Gianluca Vacchi.

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I TEASER

L'anno scorso un eclatante esempio di quanto può essere fastidioso un teaser ci è stato gentilmente offerto dal teaser umano Frank Ocean. Amare Frank Ocean, per qualche mese, è stato come flirtare con qualcuno per un periodo di tempo eccessivamente prolungato: vorresti fosse ora di concretizzare, invece quel qualcuno continua a fare la profumiera senza accennare a volersi concedere. Il teaser è una forma di tortura fine a se stessa, soprattutto quando emerge da solo, senza un apparente seguito, o quando l'elemento di cui dovrebbe far da traino arriverà solo qualche mese più tardi. Molto meglio, piuttosto, gli album a sorpresa, che ti piombano addosso senza tanti preliminari e ti fanno sentire come quando eri giovane e prepubere. Invece no. Il teaser ti deve preparare e ti deve tenere lì a pensare ogni minuto, ogni secondo, come sarà tutto il resto dell'album di cui hai sentito quattro note (probabilmente le migliori). Bisogna discutere di un teaser, scrivere longform su un teaser, litigare per un teaser, commettere crimini efferati per sostenere la nostra posizione riguardo a quel teaser. Di solito poi tutto l'entusiasmo si affievolisce nel momento in cui, finalmente, riusciamo a esperire il resto dell'opera, che molto spesso è come l'album di Frank Ocean: molto bello, ma quando finalmente è arrivato aveva già rotto le palle.

LE DELUXE EDITION

L'altro ieri, in un impeto di consumismo viscerale, sono salito in macchina (perché fanculo i mezzi pubblici, che sono scomodi e sporchi) e sono andato AL MEDIAWORLD senza alcun desiderio specifico se non quello di "vedere gli sconti". Dopo aver passato in rassegna schermi da migliaia di euro e aver definitivamente accantonato solo rimandato il mio acquisto di un bundle PS4 + FIFA 17, ho fatto un salto nella sezione CD. E tendenzialmente per me è ok acquistarli, non è che son qua a dire "che cacchio comprate ancora le copie fisiche, cosa siete, VECCHI?" Ma le edizioni deluxe degli album sono palesemente truffe ai danni dei genitori così buoni da accontentare le richieste dei loro figli adolescenti. E io lo sono stato, un figlio adolescente, che voleva davvero l'edizione deluxe di "A Twist in the Myth" dei Blind Guardian, con annesso TIMBRO IN CERALACCA del gruppo. Indovinate dov'è, ora, quell'edizione speciale? A prendere polvere. La polvere del tempo. La polvere a cui tutti ritorneremo. Inesorabilmente.

I RAP REACTION VIDEO

Ok, possiamo ammettere che questa è soggettiva, e noi non siamo nessuno per dirvi come passare il vostro tempo. E può anche essere divertente guardare qualcun altro prendersi bene per la musica che prende bene noi (hey, a lui piace quello che piace a me, allora ho ragione!). Ma non sarebbe più divertente se foste voi a divertirvi ascoltando musica? Magari musica che non conoscete? Magari di un genere che finora non vi aveva detto niente anziché sempre solo del rap? Alla fine non è che c'è un campionario così vasto di gesti e frasi utilizzabili per esprimere il concetto "QUESTO PEZZO SPACCA", no? È solo questione di tempo prima che gli autori di video di reazioni si pieghino su se stessi come lo spaziotempo all'orizzonte degli eventi. Saltate giù dal treno, che tanto sta deragliando.

I BIANCHI COI DREAD

Speravamo di poter invitare Vacca stesso a sparire dalla circolazione, invece ci ha anticipato e ha fatto sparire i suoi dread. Mannaggia, sarà per la prossima.

BASTA CON I TESTI

È arrivato il momento di smetterla di prenderci in giro. I testi che scrivete, nella maggior parte dei casi, fanno vomitare. La buona notizia è che il 2017 è l'anno della post-verità, e ci auguriamo che nuove forme espressive totalmente vacue prendano piede anche in musica. Prendiamo esempio dalla musica da discoteca. Più nel dettaglio, prendiamo esempio da uno dei più fortunati pezzi dance degli ultimi decenni: "Around the World" dei Daft Punk. A nessuno frega niente se avete letto Foster Wallace, se la tipa vi ha mollato, se i vent'anni sono finiti o se avete fatto una svastica in centro a Bologna. Riducete i vostri testi a tre parole come insegnano i caschi più intelligenti del mondo musicale, e i benefici saranno immediatamente evidenti per tutti.

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