Come rubare quattro milioni di dollari ad Alanis Morissette senza farsi beccare

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Come rubare quattro milioni di dollari ad Alanis Morissette senza farsi beccare

L'ex manager di Alanis Morissette sta per finire in prigione per averle fregato un bel po' di soldi – ma non sarebbe la prima volta che succede.

Bisogna sempre guardarsi le spalle. È un consiglio utile, soprattutto col senno di poi, ogni volta che si ha per le mani qualcosa di davvero prezioso. Tipo, diciamo, milioni di euro. Prendiamo il caso di Greg Counsell, un uomo inglese che, nel 1983, lavorava come security di un magazzino pieno di soldi a Londra est. Un mattino, poco dopo l'inizio del suo turno di notte, gli fece visita un gruppo di rapinatori armati che stava studiando da un po' il complesso in cui si trovava il magazzino e il suo sistema di controllo. Era il lunedì di Pasqua, quindi a quell'ora non c'era assolutamente nessuno in giro a cui chiedere aiuto. A fine mattinata, i rapinatori erano fuggiti con circa 7 milioni di euro (che, con l'inflazione, oggi sarebbero circa 32 milioni e mezzo). Per riuscirci avevano dovuto assalire e tenere in ostaggio altre quattro guardie, che si aspettavano solamente i soliti turni calmi tipici dei ponti.  Tutto era iniziato da una semplice disattenzione che aveva fatto scattare un effetto domino: Counsell aveva abbassato la guardia e si era allontanato dalla sala di controllo per prendere il latte che, ogni mattino, veniva consegnato al magazzino. Voleva solo farsi un caffè ma, mentre apriva e chiudeva la porta che lo divideva dai suoi latticini, i ladri—tra cui, stranamente, c'erano il fratello del marito di Barbara Windsor e uno degli uomini che nel 2015 avrebbe partecipato al furto alla gioielleria Hatton Garden a Londra—erano entrati dalla porta principale del complesso. Dopo un breve scontro, i soldi erano andati. Tutto questo ci porta ad Alanis Morissette, che—proprio come il nostro caro amico Greg—si è girata dall'altra parte per un secondo e si è vista soffiare milioni di euro da sotto il naso. Nel suo caso tutto risale a metà gennaio, quando è venuto fuori che il suo manager aveva ammesso di aver rubato circa 4 milioni e 300.000 euro dal suo conto in banca tra gennaio 2010 e gennaio 2014. A quanto riporta Associated Press, il manager è stato accusato di frode informatica e di aver consegnato una falsa dichiarazione dei redditi per nascondere i fondi che aveva sottratto. Le accuse sono state formulate da un giudice mercoledì 18 gennaio. Questa settimana, Schwartz è stato convocato in tribunale per rispondere delle sue accuse, per le quali si è dichiarato colpevole dopo aver patteggiato la pena—ma ci arriviamo tra poco. Prima di tutto, va detto che i soldi scompaiono continuamente. Probabilmente vi è capitato di guardare il vostro estratto conto e di pensare, "Hmm, credevo di avere qualcosa in più, ma in effetti l'altra sera ho pagato io quelle tre bottiglie di Gin", cose così. Magari siete quel tipo di persona che stampa delle tabelle per tenere in ordine il suo budget—tutte quelle caselle vuote pronte a venire riempite dalle minuzie di tutte le vostre spese—per poi lasciarle mezze accartocciate in un cassetto assieme a un po' di accendini scarichi e tre multe non pagate. E forse, cari lettori, avete anche voi sperimentato che cosa significa non voler vedere lo scontrino quando ritirate al Bancomat perché avete paura del numero che potrebbe venir fuori. Alanis Morissette non ha mai avuto questi problemi. Non spendeva più di quello che poteva permettersi senza pensare alle conseguenze. La persona di cui Alanis avrebbe dovuto fidarsi più di chiunque altra, quella che aveva la responsabilità di gestire il suo conto in banca, di scegliere dove investire i suoi soldi e di pagare le sue tasse, la faceva invece apparire responsabile di qualsiasi scelta questionabile—una truffa così ben costruita che è quasi lodevole. Sul Guardian c'è già pieno di commenti che fanno delle gag su quanto tutto questo sia "Ironico" (l'avete capita? Eh? EH?), ma lasciamo perdere le battute per un attimo. Vi basti sapere che Sundry classificava i soldi che si prndeva come "varie/spese personali", a quanto risulta dalla causa civile ora risolta intentata dalla Morissette a maggio 2016 per cercare di spiegare i furti che stava subendo.

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La causa della cantante—rivolta sia a Schwartz che alla compagnia di management per cui lavorava, la GSO—non le manda a dire. La cattiva condotta di entrambi, diceva la causa, "non si limita ai suoi furti." GSO e Schwartz hanno infatti persino cercato di nascondere il furto. Per esempio: quando la Morissette assunse Schwartz, gli spiegò il suo 'Piano', che era piuttosto semplice: non voleva spendere i soldi che aveva investito ma vivere semplicemente di interessi, e delle sue entrate. Stando alla causa, Schwartz fece l'equivalente di gridare 'ODDIO RILASSATI!' invece di avvisarla quando stava andando a pescare dai suoi risparmi. "Quando gli chiedeva se aveva sorpassato il budget, Schwartz insisteva che 'era tutto ok', che Morissette 'non aveva niente di cui preoccuparsi' e che lei e i suoi nipoti erano 'a posto per una vita'." Peccato che LOL, non era vero.  La Morissette ha assunto un nuovo manager, Howard Grossman, a maggio 2016, un mese dopo aver licenziato Schwartz. E ha quindi scoperto che aveva perso circa 8 milioni di dollari dai suoi risparmi, e nessuna delle transazioni con le quali erano stati sottratti erano state autorizzate da lei. Grossman ha quindi chiamato Schwartz ad aprile 2016, chiedendogli tranquillamente delle 26 scatole piene di documenti che aveva trovato, i quali riportavano ben 116 trasferimenti di denaro sul conto del nostro amico Schwartz. Senza ricevute, o qualsiasi spiegazione ragionevole per i pagamenti, Grossman si aspettava un'ammissione di colpa. Invece, a quanto riporta la causa, Schwartz ha cercato di giustificarsi. Prima disse che era da un po' che Alanis stava spendendo soldi, e lui aveva scelto di ritirarli poco a poco per poterli tenere nella sua cassaforte, "così che quando [Alanis] ne avrebbe avuto bisogno non sarebbe dovuta andare in banca ogni volta." Schwartz sostenne anche che Alanis aveva approvato le transazioni, che aveva da qualche parte le prove e che, a dirla tutta, aveva usato i soldi per investire in una o più attività dedite a coltivare marijuana. La causa è stata risolta con un accordo stragiudiziale, e alla fine la GSO ha preso le distanze da Schwartz facendogli causa a sua volta. "L'investigazione ha rivelato che il Sig. Schwartz stava bruciando soldi per mantenere uno stile di vita sfarzoso," dice la causa intentata da GSO conto Schwartz, "tra cui una vacanza a Bora Bora costata 50,000 dollari e 75,000 dollari di debiti nei confronti di un casinò alle Bahamas." Schwartz ha patteggiato una condanna che lo terrà al gabbio tra i quattro e i sei anni, salvandolo dalla pena massima di 23 anni.  La cosa più strana di questo caso è che sembra risalire a un'era dell'industria musicale praticamente finita. Sì, i manager si prendono come standard dal 15 al 20 per cento di tutto quello che l'artista per cui lavorano guadagna. È una cifra che può farsi pericolosamente grande—vedi il caso del Colonnello Tom Parker, il manager di Elvis Presley, che prendeva la metà della torta—se non si fa attenzione prima di firmare un contratto. Ma un tempo, quando erano le etichette a dettare legge, prima che la cultura DIY convincesse gli artisti che potevano pubblicarsi tranquillamente da soli, era molto probabile venire fregati anche solo a livello contrattuale. In alcuni casi, ad esempio, parti del contratto rimangono valide anche dopo che il rapporto tra artista ed etichetta si è interrotto; e in generale c'erano molte opportunità per fregare artisti giovani e ingenui fregandogli bei pezzi del loro budget e dei loro profitti.  Ma questo caso è diverso. Nonostante sia una truffa del ventunesimo secolo, ha un tocco vintage—un po' come  quando Billy Joel fece causa al suo ex-manager per 90 milioni di dollari; o quando gli Stones portarono in tribunale Allen Klein perché non voleva mollare i loro diritti di pubblicazione; o quando Lou Pearlman rubò soldi ai Backstreet Boys per investirli nello schema Ponzi che gli avrebbe poi fatto passare otto anni in carcere; o quando il manager di Leonard Cohen gli rubò milioni di dollari, venne arrestato e poi si mise a minacciarlo. I musicisti hanno imparato che la musica che registrano, e l'industria che l'ha sempre gestita, non devono essere necessariamente la pietra su cui costruiscono le loro carriere: e allora storie come questa potrebbero farsi sempre più rare. I manager cercano quindi sempre di più di fare il lavoro che un tempo facevano le etichette, e spesso lavorano a stretto contatto con gli artisti—che, a loro volta, possono controllarli per far sì che tutto proceda tranquillamente. Se il trend continuerà a essere questo, forse questi casi di alto profilo potrebbero scomparire del tutto. Ma fino a quel momento, guardatevi le spalle.

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