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Come vivono il calciomercato i tifosi delle varie squadre italiane

È ufficialmente iniziato quel tunnel di paranoie e false speranze noto come "calciomercato": quindi abbiamo chiesto a cinque tifosi di raccontarci come lo vivono di solito e cosa si aspettano dalle loro squadre quest'anno.
Niccolò Carradori
Florence, IT

I giornali sportivi di oggi — Sandro Sabatini (@Sabatini)15 luglio 2016

Domenica scorsa è terminato l'Europeo, e durante la settimana sono partiti i primi ritiri estivi delle squadre di serie A, quindi possiamo dire ufficialmente che quel bonacciale di paranoia, esaltazione e Mino Raiola noto come "calciomercato" è entrato nel vivo—partendo subito con le polemiche per tutti i soldi che guadagnerà Graziano Pellè in Cina—e non ci abbandonerà fino alla prima di campionato, al massimo inframmezzata da qualche amichevole di montagna in cui le squadre professioniste incontrano i dopolavoristi di una fabbrica dell'Alto Adige che produce presse idrauliche.

Ci sono diversi approcci al modo di vivere il calciomercato: puoi farlo in modo interessato ed entusiasta, vistando di continuo il profilo twitter di Gianluca Di Marzio per vedere se ci sono novità, oppure con astio e acredine per tutte le delusioni causate negli anni dai mancati acquisti predetti da Tuttosport . È altrettanto vero che nel calciomercato, per ovvi motivi di bilancio ma anche per fissazioni di tifoserie e ambiente, esistono delle differenze nel modo in cui le sessioni di acquisto/vendita dei giocatori vengono affrontate dalle varie squadre. Per questo motivo abbiamo deciso di interpellare cinque tifosi che vivono con interesse viscerale le sorti di cinque squadre italiane, e abbiamo chiesto loro di descrivere i leitmotiv che si ripresentano ogni estate: se le possibili cessioni di Pogba e Higuain o gli acquisti che potrebbero fare le dirigenze cinesi di Inter e—pare—Milan, avranno un effetto concreto sul loro benessere estivo. JUVENTUS


Potrà sembrare ingrato detto dopo questi cinque anni di dominio incontrastato in Italia, ma essere tifosi della Juventus—almeno dall'epoca in cui Giovanni Agnelli, negli anni Settanta, ci metteva i soldi sul serio ma c'erano le frontiere chiuse e quindi potevi comprare solo italiani—è sempre stato come essere figli di un padre molto ricco ma un po' spilorcio.

I tuoi amici Massimo Moratti e Silvio Berlusconi, viziati, andavano in giro con l'automobilina elettrica a due posti da 5000 euro—anche se quella dell'Inter si inceppava sempre—mentre la famiglia Agnelli ti comprava un solido e affidabile Scarabeo: alla fine loro non avevano i soldi nemmeno per permettersi la benzina, finendo miseramente, ma nel passato—remoto— grazie ai loro acquisti esosi si sono limonati la Champions League. E sono proprio quel paio di acquisti rischiosi da Champions League che mancano alla Juventus da un paio d'anni a questa parte.

La fantomatica "gestione oculata" adottata da tutti i dirigenti venuti dopo Boniperti, insomma, ha sempre rappresentato quella piccola stortura che non ti permette mai di godere fino in fondo del calciomercato. Soprattutto perché dopo millemila scudetti è arrivato il momento di vincere in Europa.

Quest'anno il calciomercato è partito molto bene, sono già arrivati Dani Alves, Benatia e soprattutto Pjanic. Ma è proprio l'acquisto del bosniaco, così a cuor leggero, e le insistenti voci sull'imminente arrivo di Pjaca, che mi fanno sentire puzza di marcio. L'ultima volta che la Juventus ha preso un giocatore di alto livello, già rodato, senza pensarci due volte e accampando trattative infinite per limare fino all'ultimo euro, è stato nel 2001/2002 quando arrivarono in serie Buffon, Thuram e Nedved. Sembrava tutto troppo bello, e infatti se ne andò Zidane.

Adesso sento lo stesso tipo di presentimento per Pogba.

In caso questo timore si realizzasse incasserei con un respiro profondo il colpo, soprattutto perché con quei soldi, finalmente, sarebbe possibile prendere quello che alla Juventus, più di tutte le tipologie di calciatori, manca da anni: un numero 9 che la butti veramente dentro. Io voglio molto bene a Mario Mandzukic, ma una prima punta che fa meno di 20 gol a stagione non è il titolare di una squadra che vince la Champions League.

NAPOLI

Mi rivolgo con accorato dolore a tutti i napoletani: ragazzi, guardiamoci in faccia e diciamoci la verità, il meglio è appena passato e non ce ne siamo accorti.

Ogni anno i miei amici, tifosi del Napoli come me, passano mesi a seguire i post di Carlo Alvino su Facebook e le trasmissioni sportive delle tv locali—uno dei cardini del calciomercato napoletano è che le notizie che ti interessano arrivano sempre in coda nei notiziari sportivi di livello nazionale, e questo è abbastanza deprimente—a valutare quali possano essere gli incredibili giocatori che De Laurentiis ci porterà in dote per fare il famoso salto di qualità.

Il fomento dei tifosi napoletani per un calciomercato "da scudetto" è esploso bene o male nell'estate in cui il presidente si inventò quella baracconata di mascherare Inler con la testa di un leone di spugna per enfatizzare la grande "sorpresa di calciomercato." Prima di quell'episodio si cercava di crescere un po' e stare vicino alle grandi, dopo il calciomercato è stato soltanto una serie di frustranti prese di coscienza sulle mancanze del Napoli.

Ovviamente ci sono stati anche dei momenti di esaltazione sensata (l'arrivo di Higuain ad esempio), arrivati tuttavia a sedare il dolore per la partenza di qualche altro giocatore fondamentale come Cavani.

Di conseguenza ogni estate i tifosi napoletani non fanno altro che lamentarsi per il braccino corto di De Laurentiis: e probabilmente anche quest'estate, visti gli acquisti della Juventus, non cambierà niente. La prospettiva è quella di piazzare verso la seconda metà di agosto quei due colpettini di prospetto che ti fanno pensare, da speranzoso quale sei, "ok, magari se 'x','y','z','t','v', e 'a' si allineano contemporaneamente quest'anno ce la possiamo fare!"

Ma la verità nuda e cruda, come dicevo, è che il Napoli, se poteva fare qualcosa, lo doveva fare in questi anni in cui le milanesi hanno fatto pietà: ok che la Juventus è sempre stata superiore, ma era anche l'unica squadra da superare. Pensare che il periodo di sfiga di Milan e Inter si protragga ancora per molto è da illusi. Quindi probabilmente ci limiteremo a sperare che Higuain non parta, che la difesa faccia un po' meno schifo, e che la Juventus sia completamente assorbita dalla Champions.

ROMA

Ahmed Hossam Mido e John Alieu Carew. Sono i due nomi che a un tifoso romanista vengono più spesso in mente quando pensano al calciomercato della Roma. Il primo l'avevamo preso al posto di Ibrahimovic (sigh), giocò poco e nulla. Carew faceva invece inspiegabilmente parte di una delle più belle squadre romane che abbia mai visto giocare, seppur da panchinaro. Ultimamente pare si stia concentrando sulla carriera da attore in film d'azione.

Da allora è cominciata una sorta di falcidia del "centravanti giallorosso", solo in parte arginata dal talento e dai gol di Totti. La Roma è sembrata per tanto tempo il Portogallo, che però guarda caso quest'anno ha vinto gli Europei proprio grazie al gol di una prima punta.

Lo scorso calciomercato l'avevo seguito con un'unica speranza: prendere Dzeko. Dopo che è successo—e sappiamo tutti come è andata a finire—ho quasi paura di realizzare i miei sogni. Da piccoli leggevamo ogni giorno la Gazzetta, che aveva due pagine centrali con acquisti/cessioni e le squadre schierate in campo con i nuovi arrivi. L'attaccante non c'era mai. Ora le notizie di calciomercato non devi più andartele a cercare, ma ti colpiscono ancora facendoti molto male. Come ha fatto male la cessione di Pjanic, come farà male quella—assurda—di Paredes. C'è Gerson, che però non è un attaccante, ed è stato confermato Rudiger. Le buone notizie si fermano qui.

Durante gli Europei non facevo altro che osservare estasiato Robert Lewandowski, e pensavo al suo destino tra Monaco e Madrid. In quel momento ho realizzato quanto fosse storicamente difficile il mercato della Roma, troppo forti per prendere Lapadula, troppo scarsi per Robert Lewandowski. Fermi, immobili, in quel limbo. A cullarci di secondi posti e colpi di tacco del Capitano.

Che almeno continuerà, prolungando di un altro anno un amore che non so più che sapore abbia.

INTER

Per un tifoso come il sottoscritto, l'ultima estate è stata la più deleteria dal punto di vista dell'affetto. Nel recente passato, infatti, non ricordo un giocatore a me simpatico o con il quale provassi un certo grado di empatia che, alla fine dei conti, si sia rivelato anche funzionale all'Inter (i primi che mi vengono in mente: Quaresma, Coutinho, Alvarez, Kovacic, Balotelli).

Come praticamente ogni estate dopo il Triplete, c'è stato una sorta di delirio di onnipotenza: abbiamo riconfermato Icardi, soffiato Kondogbia da sotto il naso del Milan e Roberto Mancini sembrava un concreto passo avanti rispetto alle ultime stagioni—il che la dice lunga su come siano stati gli anni post-2010. Ovviamente i risultati hanno svelato la vera natura dell'Inter e, pertanto, ci siamo dimostrati quello che siamo dal 2010 in poi: degli spocchiosi convinti di essere vincenti ma che in realtà trasudano sfiga da ogni poro. Degli stupidi intraprendenti.

Prego ogni anno che l'Inter torni a essere una squadra simpatica: non saprei in che modo potrebbe esserlo, ma sicuramente non lo sarà con Erkin, per esempio. Erkin è brutto esteticamente, è scarso, e soprattutto avrà un numero di merda come il 18, un numero da riserva. Quanti anni sono che l'Inter non prende un giocatore indiscutibilmente titolare e universalmente riconosciuto come tale? Perisic ha il 44, è un numero di merda almeno quanto il 18, Brozovic il 77. Non è nostalgia, è proprio un sistema di percezione del calciatore.

Come se non bastasse, Moratti non è più così innamorato di noi e dei calciatori, quindi non arriveranno più i Recoba strapagati solo per il gusto di strapagarli e regalarci dei piccoli gioiellini fini a se stessi in campo. Né si potrà soffrire con Adriano, sentirsi al suo fianco in tutto quel travaglio personale che è stata la sua vita.

Quest'anno mi sono allontanato dal mercato, e non lo seguo molto, anche se vorrei. Poi penso che in attacco abbiamo Eder, Palacio, Perisic, Biabiany, Icardi e mi dico che siamo davvero così poco cool, che se anche comprassimo un attaccante ricco di coolness arriverebbe e si trasformerebbe in uno sfigato. Tipo Kondogbia: che è arrivato in camicia, pronto a essere la versione elegante di Pogba, e ora in ogni foto ha quella faccia.

MILAN

Seguire il calciomercato da milanista da qualche anno vuol dire principalmente fare i conti con tre cose, in ordine d'importanza crescente: lo strazio, il passato, Zlatan Ibrahimovic.

Il primo è l'andamento lancinante della sessione di mercato, che in genere si muove con queste dinamiche: giornale lancia un nome (in passato Tevez, Jackson Martinez o Nainggolan), la faccenda s'ingrossa, la società fa sapere che ne arriva uno solo se ne esce un altro, il nome diventa un'ossessione, Galliani vola verso posti turistici per "chiudere", parte l'asta infinita, si vive di accelerate e rallentamenti attorno alla mezzanotte—quando vanno in onda i vari speciali sul calciomercato—e alla fine il giocatore finisce in una squadra che odi.

Ora, per esempio, c'è l'affare Pjaca: un attaccante croato giovane e potenzialmente forte, per il quale si dice che il Milan abbia già un mezzo accordo da gennaio. In questi giorni Galliani è stato visto girovagare per Zagabria per—a quanto pare—convincere il presidente della Dinamo. Risultato: Marko Pjaca sta per firmare con la Juventus.


Quest'anno, poi, l'esasperazione sta vivendo ritmi dilanianti a causa della famigerata "firma del preliminare coi cinesi", espressione che ogni milanista ha imparato a maneggiare con disinvoltura. Finché non si ha la certezza che il Milan finisca in mano a degli sconosciuti—ma a quanto pare affidabili e ricchissimi—cinesi, in pratica, non si può toccare nulla. Intanto sono arrivati un allenatore di seconda fascia e l'attaccante del Pescara.

Personalmente, il mercato mi ripugna e allo stesso tempo esalta immotivatamente: a ogni aggiornamento cerco di immaginare il nuovo 11 iniziale, scontrandomi puntualmente col secondo tema dell'essere milanisti: il confronto col passato. In genere detesto il passatismo, e quel trend odioso per il quale adesso BISOGNA celebrare su Facebook qualsiasi mezzo-scarpone del campionato 97/98 solo perché ha giocato in Serie A nel campionato 97/98 (ho aperto una pagina Fb a riguardo che è più una campagna per la vita che un'attività estemporanea). Di recente, però, mi capita sempre più spesso di essere etichettato come passatista per il semplice fatto di ricordare di quante coppe il Milan faccia mostra in bacheca (SETTE).

E qui arriviamo al terzo punto, perché l'ultimo Milan veramente forte era identificabile con un solo giocatore: Zlatan Ibrahimovic. Da quando è andato al PSG—ora è passato allo United—non c'è sessione di mercato in cui non si parli del ritorno di Ibra. "Ibra tifa Milan da sempre," "Ibra è rimasto legato", "Ibra non sarebbe mai andato via," "Ibra ha il Milan nel cuore," "Sua moglie vuole tornare a lavorare nella moda a Milano".

Non è accaduto e mai accadrà niente di tutto questo, ma ogni tifoso per un po' ci spera.

In sostanza: l'estate del milanista è un apostrofo rosa fra le parole "Manca solo" e "il sì del Presidente", da intervallare con lunghe sessioni di video con le skill di Zielinski o con Ancelotti che canta "Forza lotta vincerai" coi tifosi dopo la vittoria della SETTIMA Champions.

Thumbnail via Wikimedia Commons.Segui Niccolò su Twitter

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