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Il poliziotto che rivendica le violenze della scuola Diaz

A una settimana dalla sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo che ha definito "tortura" i fatti della scuola Diaz avvenuti durante il G8 di Genova, c'è chi non la pensa proprio così.
Leonardo Bianchi
Rome, IT

Un video dell'irruzione della polizia nella scuola Diaz, la notte tra il 21 e il 22 luglio 2001

Come già saprete, la scorsa settimana la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato l'Italia per i fatti della scuola Diaz, avvenuti la notte tra il 21 e il 22 luglio 2001, durante il G8 di Genova. Secondo la Corte, l'irruzione della polizia nella scuola ha avuto "finalità punitive" ed è stata una vera e propria "rappresaglia per provocare l'umiliazione e la sofferenza fisica e morale delle vittime." Pertanto, quanto avvenuto quella notte dev'essere qualificato come tortura.

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La condanna ha riportato al centro dell'attenzione quanto successo a Genova in quei giorni, definito da Amnesty International "la più grave violazione dei diritti umani in un paese democratico dal dopoguerra." Sul Foglio è comparsa la lettera di un no global pentito (lettera, tra l'altro, che era già stata pubblicata su un blog nel 2011), che fa ammenda dicendo di essersi trovato "dalla parte sbagliata della storia," tra tanti "aizzati […] dalla trasmissione di Fabio Volo su MTV." Mentre Gianpaolo Trevisi—un ex poliziotto in servizio a Genova, oggi direttore della scuola di polizia di Peschiera—ha scritto un post su Facebook per chiedere scusa, dicendo anche di aver fatto vedere ai suoi allievi il film Diaz di Andrea Vicari.

"Proprio perché amo la mia Polizia sino al midollo, non voglio dimenticare quella notte e la voglio ricordare a chi la sta scordando e descriverla a chi non la conosce," scrive. "Sono certo, infatti, che anche per la Polizia, come per noi tutti essere umani, valga il fatto che si possa crescere, migliorare e cambiare proprio riconoscendo i gravi errori e studiando gli insuccessi e i fallimenti."

Altri, invece, vedono quello che è accaduto in quei giorni da una prospettiva diversa—diciamo dall'interno. È il caso di Fabio Tortosa, che si descrive come un poliziotto e che per sua stessa ammissione quella notte era alla Diaz insieme ad altri ottanta agenti del VII Nucleo sperimentale antisommossa, un reparto celere d'élite decisamente controverso costituito apposta per Genova.

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In un post pubblico su Facebook creato il 9 aprile [che nella sera di oggi 14 aprile, insieme al profilo, è stato rimosso] rivendicherebbe la sua partecipazione all'irruzione, dicendosi disposto a rientrare nella scuola "mille e mille volte."

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Nella discussione che ne è seguita, Tortosa ha approfondito la sua posizione, facendo altre affermazioni.

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Dal suo punto di vista, la "VERITÀ" sulla Diaz non sarebbe ancora stata scritta, perché "lì dentro io c'ero e so cos'è successo. Ognuno di voi no e non potete sapere quanto me."

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Non mancano parole piuttosto pesanti per il pubblico ministero Zucca, che ha portato avanti l'accusa nei processi del G8,

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attacchi alle "zecche"

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e a "squallori" come i giornalisti che hanno avuto opinioni critiche sul comportamento della polizia a Genova.

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Tortosa si esprime anche sulla morte di Carlo Giuliani.

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Insomma, al di là della posizione individuale—che a fronte di un evento come il G8 di Genova e le sue conseguenze non è certamente il punto fondamentale—quello che emerge è il quadro di un tipo mentalità che albergherebbe in alcuni reparti della polizia.

Ma soprattutto, opinioni del genere pongono una domanda: quanti, all'interno delle forze dell'ordine, la pensano così?

Thumbnail via Wikimedia Commons. Segui Mattia e Leonardo su Twitter: @mttslv, @captblicero