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Foto: The Box at Ministry of Sound, via Wikipedia / CC BY-SA 4.0

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È giusto che le donne paghino meno per entrare nei locali?

Il fenomeno delle "Ladies Night" nasce per sopperire a una disparità numerica, ma non è chiaro se sia positivo o negativo.

Premessa obbligatoria: se vivessimo in un'epoca / in un posto in cui l'identità di genere così come la conosciamo è un concetto superato (cosa che per ora è mera utopia, in primis per la nostra triste Italia, Paese in cui per molti intelligentoni la parola "trans" è ancora un dileggio) questo ragionamento non avrebbe alcun senso. Purtroppo però ci troviamo ad avere a che fare con problemi che nel mio cervello si collocano in un periodo storico più o meno coincidente con la breve esistenza su questa Terra di Jimi Hendrix (1942-70)—poi, siccome la vita fa schifo, lui è morto e l'eguaglianza di genere è rimasta un miraggio.

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La nostra storia inizia, manco a farlo apposta, più o meno nel periodo post-Hendrix: nel 1972 si ha il primo caso, negli Stati Uniti, di azione legale avviata non contro una discoteca, ma contro una squadra di baseball, i New York Yankees, accusati di discriminazione (LOL) nei confronti dei tifosi a cromosomi XY per via di "prezzi speciali" destinati alle tifose a cromosomi XX, in un'operazione tesa principalmente a colmare il divario gigantesco tra uomini e donne presenti alle partite.

Poi i tempi corrono e gli stadi diventano un luogo per famiglie, negli Stati Uniti, senza risolvere comunque il problema della disparità sociale tra sessi, ma sbrogliando quantomeno la nodosa questione della disparità numerica alle partite di baseball. La questione però non si estingue, ma si ripresenta in forma analoga in un altro spazio di aggregazione: non più lo stadio, ma il dancefloor. C'è questo tizio, Roy Den Hollander, un avvocato di New York che a quanto pare ha l'hobby di muovere azioni legali contro robe che gli suonano come "femministe", che nel lontano 2007 ha pensato di far causa a diversi locali di Manhattan in quanto, secondo lui, violavano il XIV Emendamento, che dovrebbe garantire eguale protezione davanti alla legge. Questo perché i locali in questione offrivano un trattamento speciale alle ragazze, facendo pagare loro un prezzo inferiore a quello che pagavano invece i maschietti per l'ingresso alle "Ladies' Nights". Come potete immaginare, il tipo ha poi perso la causa, fatto ricorso alla Corte Suprema, che ovviamente gli ha negato l'udienza, e in ultima istanza citato in giudizio un programma di studi di genere e un'associazione per i diritti delle donne asserendo che il femminismo è una religione tesa al controllo delle menti degli individui di sesso maschile. La lotta di un uomo eterosessuale bianco, si presume benestante dato che fa l'avvocato, che si ritiene violato perché deve tirare fuori una decina di dollari più di una donna è un'antinomia simile alle iniziative tipo l'etero pride o la bistecca al sangue contro i massacri di insalata. Anche perché si tratta di un trattamento dispari interamente confinato in ambito economico, mentre la questione in sé delle "Ladies Night" con ingresso agevolato alle ragazze pone più che altro problemi di natura—scusate il termine—etica. All'altro lato del ring, ma paradossalmente combattendo per la stessa causa, ci sono le ragazze che si sentono in qualche modo disturbate dal sottotesto intrinseco alla pratica delle "Ladies' Night": il vero motivo per cui una donna paga meno per entrare in un locale è che la presenza di figa alle serate rappresenta un incentivo per la clientela maschile—sempre in una prospettiva eterosessuale della questione. Una percentuale elevata di ragazze comporta una possibilità maggiore, per un uomo in cerca di avventure, di portarsi qualcuno a casa a fine serata, di conseguenza la ragazza in questo caso viene "scontata" non tanto per fare un favore al gentil sesso, quanto perché considerata parte dell'attrattiva di un locale. Non so se in vita vostra siete mai stati ragazze, o se vi siete mai sentiti "sfruttati" in qualche modo, ma la sensazione di rappresentare per qualcuno uno strumento di profitto più che una persona non è piacevolissima, soprattutto se l'unico motivo per cui sei considerato tale è ciò che hai in mezzo alle gambe. La prova del nove di questo ragionamento è abbastanza semplice da trovare: fatevi un giro tra le gallery online delle serate, troverete una percentuale altissima di gafi e qualche foto sparsa di ragazzi. La stessa regola che vale, implicitamente, per gli stratagemmi scelti dagli articolisti online o da canali di musica tipo Majestic Casual: se ci metti la figa, sei già a metà dell'opera.

La questione è però ancora più complessa di così: se mettiamo da parte l'orgoglio, in effetti anche per una ragazza non è proprio l'ideale uscire sapendo che nel locale in cui si passerà la notte andrà incontro a una condizione che Darwin chiamava "di scarsità": quando le risorse sono limitate, la competizione si accentua. Nella migliore delle ipotesi, quindi, lo sparuto gruppo di ragazze avrà a che fare tutta la notte con sguardi e attenzioni rivolte in maniera fin troppo insistente verso di loro, il che—assurdo—rappresenta per molte donne un deterrente al divertimento. Lo stratagemma economico del doppio standard di prezzi, di conseguenza, visto da questa prospettiva rappresenta in un certo senso anche una tutela per la ragazza che voglia evitare di doversi far largo in una selva di cazzi e desideri semplicemente passare del tempo a flirtare in tranquillità, senza assumere necessariamente il ruolo della bistecca in una tana di tigri. D'altronde i club nascono come luoghi in cui le minoranze potessero sentire alleviata la pressione sociale e liberarsi di conseguenza, anche sessualmente, in un contesto protetto. Per cui, la prima preoccupazione per un gestore che volesse avviare un buon corso d'affari per il proprio locale dovrebbe essere fare in modo che la clientela, di qualunque tipo essa sia, si senta tutelata.
"Someone took us to this club called The Edge in Sao Paolo, Brazil, and it was Gay night, and the WOMEN were charged more! (Gay men's night, I guess?) Felt so great." Questo commento di un utente Reddit nel thread dedicato alla questione chiarisce benissimo il punto: in certi casi la disparità di trattamento è un modo alternativo alla door selection (pratica di cui tutti si sono lamentati almeno una volta nella vita) per cercare di avere meno elementi "di disturbo" alla buona riuscita della serata, che nella prospettiva del maschio etero è agevolata dall'abbondanza di donne, mentre in quella del maschio gay dall'abbondanza di ragazzi, e così via. Sono le leggi di mercato, non ci si può fare un granché. È anche vero che spesso, per le clubnight rivolte a nicchie particolari di pubblico anziché a una generica fascia media a cui tendenzialmente interessa più scopare che ascoltare un buon DJ set il discorso cambia: in questi casi la clientela solitamente si autoseleziona, e non c'è bisogno di ricorrere a strategie di marketing per creare l'ambiente desiderato. Quindi in conclusione si potrebbe leggere lo stratagemma delle "Ladies Night" come red flag che sta ad indicare le serate in cui sostanzialmente il focus è più ormonale che musicale: certo, questo dettaglio non può assicurarti che evitando eventi di quel tipo eviterai in toto le serate di merda in discoteca, ma insomma, ne elimini sicuramente una buona percentuale.

"Equality on all levels and tolerance are basic values that the club and music scene has always supported," recita il manifesto di Promote Diversity, iniziativa che promuove la lotta per i diritti LGBTQ tramite clubnight. Sarebbe un sogno se queste parole fossero realistiche per tutti i club del mondo, invece siamo nel 2016 e se sei una ragazza, esci la sera e ti ritrovi in un ambiente poco protetto rischi di incorrere in situazioni che ti mettono a disagio (se sei gay non parliamone nemmeno), quindi in fin dei conti bisognerà mandare giù ancora per un po' la sensazione di sentirsi merce di scambio per un promoter, ragazza-immagine per gli album di foto e così via, almeno finché ci saranno persone che accettano passivamente questa condizione.

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