Tutte le volte che la musica italiana ha saccheggiato il metal

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Tutte le volte che la musica italiana ha saccheggiato il metal

Il nostro Paese ha sempre denigrato il metallo pesante, eppure il belcanto è solito attingere a piene mani dalla "musica di Satana". Indaghiamo sul perché di questa ipocrisia.

Quell'ampio calderone di musica, stili di vita, immaginario e quant'altro che siamo soliti etichettare come "Metal" è sempre stato in Italia, anche se confinato in un contesto underground, circondato da un alone di mistero, misticismo, a volte sfiga, ma anche, diciamocelo, di ignoranza e scarsa conoscenza del fenomeno. Questo perché il Metal ha ormai una storia talmente vasta nello spazio e nel tempo da contenere al suo interno un vero e proprio universo, una costellazione variegata che può potenzialmente essere interpretata in vari modi e parlare, in positivo o in negativo, a un largo spettro di soggettività—arrivando fino alle più apparentemente impensabili. Da vari anni ormai assistiamo infatti a una crescente appropriazione del vocabolario letterario, visivo e sonoro Metal da parte di mega-star del pop internazionale come Rihanna, Justin Bieber, Lady Gaga e molti altri. Quello che non tutti sanno è che la "nostra" musica leggera, il bel canto italiano, produce fuoriclasse del riciclo Metal ormai da decenni. Per iniziare, ascoltate Vasco Rossi nel brano "Dimentichiamoci questa città" (1981) e confrontatelo con "Living After Midnight" dei Judas Priest (1980):

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Nonostante i riff di chitarra, come avrete sentito, siano praticamente identici, Vasco è sempre stato accettato dal mainstream nostrano, persino quando ha deciso in tempi recenti di proporre un'intera tournée basata sulla rilettura di classici del suo repertorio in chiave esplicitamente Metal. Sarà forse perché è sempre stato percepito come un artista "Rock", o magari perché in Italia, in effetti, non abbiamo mai avuto esponenti del calibro di Iron Maiden o Metallica in ambito Metal che fungessero da riferimento. Il dubbio però rimane: perché Vasco sì e i Judas no? Tutti noi che abbiamo vissuto la nostra adolescenza da metallari abbiamo dovuto giustificare quotidianamente la nostra passione a parenti e amici, anche per colpa del nostro vestiario scarsamente colorato, ampiamente appuntito e condito da T-shirt con immagini non esattamente moderate. Se poi aggiungiamo al già fosco panorama la sempreverde equazione capello lungo=droga, o la non meno fortunata metal=satanismo=omicidi, otteniamo immediatamente un quadro piuttosto sgradevole per l'ascoltatore medio di musica leggera italiana. Insomma, è per questo che quando ho visto i ragazzi de Il Volo vincere Sanremo copiando un pezzo piuttosto recente dei Dream Theater, le mie certezze hanno iniziato a vacillare. Perché la melodia portante dei due brani è praticamente la stessa:

Il Volo, poveri ragazzi coinvolti in questo esperimento alla "The Truman Show" , si possono definire un vero e proprio prodotto del mecenatismo di stato. Prima di iniziare a distruggere stanze d'albergo che manco Bon Jovi ai tempi d'oro, i tre erano infatti artisticamente già nati all'interno di una trasmissione RAI (la macabra Ti Lascio una Canzone) per portare il nostro belcanto in giro per il mondo e infine vincere Sanremo, sempre in RAI. Non so se mi spiego: questo rende il tutto piuttosto disturbante, specialmente se si pensa che l'età media dei fan dei tre tenori sia la terza. E infatti non è un caso: l'autore di "Grande Amore" è un tal Francesco Boccia, nome non nuovo ai tantissimi appassionati di suoni pesanti e Trash (non Thrash) che senza dubbio ricorderanno questo memorabile capitolo di storia della televisione italiana o, se volete, di questa breve storia dell'appropriazione mainstream nei confronti della cultura Metal:

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Dream Theater ------> Richard Benson / Richard Benson ------> Francesco Boccia / Francesco Boccia --------> Grande Amore: tutto chiaro, era stato il maestro Richard a ispirare Boccia nella creazione di questo successo. O magari, guardando le cose con meno malizia, il fatto conferma come l'autore del brano vittorioso a Sanremo possedesse già un'innegabile familiarità con certi nomi del panorama Metal. Ma siamo solo all'inizio. Restando in ambito sanremese, ricordiamo ad esempio Al Bano e la sua "Amanda è libera" (2011), brano che potrebbe ricordare a qualche lettore informato i magici anni Novanta del Power Metal e del noto "prestito" ai danni di "Will You Be There" di Micheal Jackson. La melodia del brano è infatti uno spudorato plagio di"Forever and One" degli Helloween (1996):

Le circostanze "tecniche" di questo plagio sono più difficili da rintracciare, seppure Al Bano rappresenti probabilmente l'artista italiano con la vocalità più Metal fra tutti. Qualche appassionato buontempone aveva già notato la parentela e fiutato il suggestivo potenziale di una collaborazione fra l'Eric Adams di Barletta e la maggiore band Power Metal italiana di tutti i tempi, i Rhapsody, sottoponendo la questione alla tribuna di Avaaz. Con scarsi risultati. Un altro artista che ha segretamente segnato generazioni di capelloni italiani è sempre stato a sua volta un metallaro convinto. Max Pezzali è infatti talmente apprezzato dalla scena Metal e Hardcore da avere una tribute band in chiave Punk-Metal, i 666, fra le cui fila militano membri di una realtà affermata nell'undeground come i Plakkaggio. Lo stesso collega del mai dimenticato Mauro Repetto ha del resto più volte confessato il suo sconfinato amore verso Iron Maiden e compagnia. C'è motivo dunque di credere che il suo faccia parte dei plagi in buona fede, seppure la vittima sia qui addirittura "THE HOTTEST BAND IN THE WORLD!", i Kiss:

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Non sappiamo invece nulla sui gusti in fatto di suoni pesanti del mai dimenticato Paolo Meneguzzi, che qui scopiazza i greci Firewind capitanati dall'attuale chitarrista di Ozzy Osbourne, Gus G:

Sempre dal mondo dei talent, la proto-vincitrice di X-Factor Italia Giusy Ferreri costruisce uno dei suoi più grandi successi sulle spalle degli Alter Bridge, gruppo hard & heavy statunitense:

Cerchiamo di porci qualche domanda tecnica. Come ribadisce Gigi D'Alessio, che da bravo ReMida che fu prende in prestito una manciata di note dall'epica suite "Invictus" dei Virgin Steele per farne una hit per giovani tronisti, il "prestito" consiste in sostanza nell'estrapolare una frase melodica da composizioni solitamente più complesse e parafrasarle all'interno di ambiti espressivi assai annacquati e, inevitabilmente, nazionalpopolari:

Appare dunque evidente che le melodie non siano il fattore che rende il Metal indigesto al mainstream italiano. Se pure la neuroscienza dovesse un giorno scoprire che ascoltando una serie di note disposte in un ordine specifico ci si garantisca l'accesso all'inferno, tutta Italia dovrebbe essere condannata. Ma ce lo vedete il nostro eternamente democristiano Paese sprofondare in un party 24/7 a base di chitarroni, batteroni, bassoni e vocioni fra Lucifero, Aleister Crowley e Madre Teresa di Calcutta? Certo che no. Quindi cos'è che non va bene del Metal agli italiani? Qual è questo "M-Factor" che disgusta il grande pubblico? Forse il contenuto estremo dei testi? Vediamo un caso:

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Nel brano "L'Aiuola" di Ginaluca Grignani (2002) il riff iniziale è praticamente identico a quello di "Kings of Metal" (1988) dei Manowar, e qui niente di nuovo. Il testo dei Manowar non è esattamente tenero, ma non può di certo competere con la brutalità delle affermazioni del nostro "Falco a metà". Visualizzate per un attimo un ultra-trentenne che attende appollaiato su un Pegiottino Metropolis mentre aspetta la sua sfortunata preda di fronte ad un Liceo Classico: Ti raserò l'aiuola 
Quando ritorni da scuola 
Perché ti voglio bene
Ma molla le tue amiche sceme
E amore e come anarchia
E dillo alla polizia
Va be sara un difetto
Ma per favore andiamo a letto Spacconi, oliati, criptofasci, quello che volete, i Manowar si limitavano comunque ad un tutto sommato più sobrio: They wanna keep us down
But they can't last
When we get up we're gonna kick your ass 
Gonna keep on burnin'
We always will
Other bands play 
Manowar kill A parità di melodia (lo sappiamo), l'ambiguità socio-politica dell'italiano medio viene a galla con facilità, e il confronto con il tanto vituperato immaginario Metal non può ancora una volta che suscitare perplessità. La musica viene presa in prestito, i simboli pure, pur privati del loro contesto, come se bisognasse dargli una ripulita. Per il resto, potete riscontrare coi vostri occhi che a volte i testi metal non sono che una pallida ombra di ciò che può albergare nelle menti deviate di taluni personaggi a cui ormai ci siamo dovuti abituare persino in ambiti finanziati con soldi pubblici. Ma lo stigma nei confronti del metallo è sempre lì, vivo e vegeto, quindi continuiamo a chiederci: perché l'industria discografica italiana odia così tanto questo genere di cui, in un certo senso, è parassita? La risposta potrebbe in realtà essere semplice: il problema non sono tanto le melodie, quanto il pregiudizio, un pregiudizio coerente con le ideologie dominanti e rafforzato dall'ignoranza di chi la musica la consuma e la subisce senza spirito critico, senza quella passione per l'approfondimento che accomuna nerd, metallari e molte altre comunità della giungla urbana odierna che, curiosamente, vengono invece sempre messi ai margini in base a criteri totalmente arbitrari. Il ricorrente e fastidiosissimo pressappochismo con cui una certa stampa sensazionalistica appiccica considerazioni improbabili circa la cultura Metal all'interno di inchieste di cronaca—un esempio storico su tutti, questo scandaloso articolo attorno al caso "Bestie di Satana" pubblicato dal Corriere della Sera nel 2004. Sembra insomma sorvolare alcune questioni piuttosto eclatanti. Se infatti da un lato persino la musica leggera italiana ha dimostrato (segretamente) di aver consultato più volte i vangeli profani dell'Heavy Metal, dall'altro non possiamo sottolineare come dietro all' immaginario sicuramente controverso e volutamente ambiguo dei guru del Metal si celino in realtà giocatori dell'industria musicale che sfruttano abilmente la propria reputazione nell'arco di decenni in modo non meno smaliziato e imprenditoriale di quanto hanno fatto schiere di musicisti italiani da GianniMorandi ai The Kolors. Potrà sembrare ridicolo ricordarlo, ma ci stiamo paurosamente avvicinandoal 50° anniversario della pubblicazione del debutto omonimo Black Sabbath (1969), e mentre Ozzy e compagni sono ormai in gran parte del mondo occidentale più assimilabili ai Pooh che ai Meshuggah in fatto di "presenza" nella cultura pop, in Italia il Metal rappresenta ancora un oggetto tanto sconosciuto quanto preciso nella caratterizzazione culturale.

Quando poi vedo un Roberto Formigoni che si presenta in televisione in "giubbotaccio di pelle" (in realtà nuovissimo) per far sapere che sta andando a vedere un "concerto di rock duro", mi vengono di nuovo in mente i ragazzi del Volo a Sanremo, e con tutti loro anche questa dannata tendenza ad avere paura delle etichette, a camuffarsi, ma al tempo stesso ad appropriare, divorare, digerire ed espellere in altra forma tutto ciò che attrae ma che resta innominabile. Se è vero, come diceva Herman Hesse, che "Quando odiamo qualcuno,odiamo nella sua immagine qualcosa che è dentro di noi", probabilmente è vero anche il contrario.  Simone è troppo metal per avere Twitter. ¯\_(ツ)_/¯ Segui Noisey su Facebook e Twitter.