Voi vi chiederete: ma sotto che articoli sono stati scritti questi commenti? Pezzi che provano a giustificare la tratta di esseri umani? Dei controversi pamphlet a sostegno dell’ingiustizia sociale?Proprio una m***a di articolo […] veramente articolo becero
Ignorante come un sasso
Il titolo mi fa salire un crimine talmente enorme che non riesco neppure a quantificarlo
Questa è la più grossa cafonata che ho sentito nella mia vita
Il bello è che a voi vi pagano, assurdo!
I commenti più negativi non risparmiano nessuno, e vengono rivolti verso l’esterno, intendendo con esterno tutti quei paesi che si ostinano a male interpretare la nostra cucina tipica, dalla pizza con ketchup alla carbonara rossa; ma anche verso l’interno, nei confronti dello chef famoso che mette la cipolla nell’Amatriciana. Qualche anno fa avevamo parlato anche di questo account Twitter che raccoglieva i commenti - a volte esilaranti, a volte no - di italiani o italo-americani seriamente adirati con video che reinterpretavano piatti italiani.Noi italiani abbiamo inventato la nostra identità per contrasto, rendendo la nostra cucina un campo di battaglia
Perché l’identità culinaria italiana è così conflittuale?
Guardando ai nostri vicini europei, un altro paese che possiede la fama “si mangia bene dovunque” è la Francia. Ma la costruzione della loro identità culinaria è passata per strade completamente diverse: “Basti pensare che la Francia ha inventato le indicazioni geografiche tipiche,” spiega ancora Davide. “Ha inventato il concetto di cucina regionale. Ha inventato la Guida Michelin. È stata capace di far risaltare in positivo le differenze alimentari interne, che alla fine convergono in un’idea unitaria di cucina francese, cosa che ad esempio l’Italia non ha. Dopotutto parliamo del paese che ha inventato il concetto di "‘stato moderno’.”Da noi invece “il conflitto alimentare rispecchia una storia di assimilazione culturale.” Noi italiani abbiamo inventato l’identità per contrasto, sia all’interno che all’esterno, in un processo disordinato che ha reso la nostra cucina un campo di battaglia e dato più risalto alle spinte diversificanti che a quelle unificanti. “Per esempio, parliamo della polenta,” conclude Davide “Non è vero che esiste solo al Nord. Anche il macco di fave o la fracchiata in Abruzzo sono una sorta di polenta. Ma il localismo gastronomico italiano ci fa vedere quello che divide e non quello che unisce.”Il localismo gastronomico italiano ci fa vedere quello che divide e non quello che unisce.
La tradizione gastronomica è un concetto recente
Luca Govoni è invece uno storico dell’alimentazione; con lui riflettiamo sul concetto di tradizione in cucina e su come solo di recente si stia dimostrando un attaccamento nei suoi confronti: “La distanza generazionale si è allungata. Oggi si hanno figli a 35 anni, mentre una volta in casa si poteva avere sia il nonno che il bisnonno: la tradizione si passava velocemente, e altrettanto velocemente si cambiava. Oggi si sono persi i contatti con la tradizione lontana. E la società risponde legandosi a un prodotto, a una ricetta, a un piatto al punto da identificarcisi.”Però dobbiamo stare attenti quando parliamo di ‘tradizione’ e di ‘autenticità’. Pensiamo ad esempio al Vitello Tonnato: “Ogni ricetta è un punto di arrivo ma non la fine di un percorso. Fino al 1890 il vitello tonnato si faceva senza tonno. Se qualcuno osasse cambiare la salsa adesso gli si direbbe che ‘sta andando contro la tradizione’. Non è vero: sta andando contro una tradizione di poco più di un secolo, mentre quella precedente aveva quasi 400 anni. Il concetto di migliore o peggiore sta solo nel gusto. E il tempo appiana le controversie.”Ogni ricetta è un punto di arrivo ma non la fine di un percorso. Fino al 1890 il vitello tonnato si faceva senza tonno. Se qualcuno osasse cambiare la salsa adesso gli si direbbe che ‘sta andando contro la tradizione’
Cos’è che fa arrabbiare gli italiani?
Sì, ma cos’è cucina italiana? Nel suo libro L’Identità Italiana in Cucina lo storico Massimo Montanari sostiene che non esiste e non è mai esistito un vero e proprio modello codificato e regolato di cucina italiana. Il concetto di tradizione è fallace di per sé e quello di cucina regionale recentissimo (per la precisione risale al 1928, a una riunione del Rotary Club di Milano, che portò poi alla creazione di una guida del Touring Club di classificazione di prodotti e ricette per regioni e province). Per secoli la stratificazione tra cucina popolare e cucina nobile, o cucina di campagna e cucina di città, è stata più netta di quella di cucina tra città e città. Sicuramente sin dal Medioevo esistono “strutture” italiane, ma basta pensare a un ingrediente come al pomodoro per rendersi conto che il concetto di italianità non è granitico, immutabile e incontestabile. La stessa cucina italo-americana ci insegna che piatti che noi consideriamo abomini della nostra cucina all’estero sono parte della tradizione locale.Voglio io dire che non potete divertirvi a battibeccare sul fatto che la sauce bolognaise non ha nulla a che fare con il ragù? Ovviamente no. Però le identità culinarie si costruiscono nel tempo. Non sono scolpite nella pietra. Accapigliarsi per decidere se gli arancini catanesi sono più buoni delle arancine palermitane, visto in un’ottica storica e culturale più ampia, forse non ha davvero senso.Segui Giorgia su Instagram.Segui MUNCHIES su Facebook e Instagram.Non esiste e non è mai esistito un vero e proprio modello codificato di cucina italiana.