Abbiamo intervistato Steve Harris, il fondatore degli Iron Maiden

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Musica

Abbiamo intervistato Steve Harris, il fondatore degli Iron Maiden

La sua band solista, i British Lion, sarà in Italia tra poco. Noi lo abbiamo chiamato per parlare, ovviamente, di metal e di West Ham.

Il 2 dicembre 2006 avevo quindici anni. Quella mattina mi svegliai presto, nonostante fosse un sabato, dato che la sera avrei visto gli Iron Maiden al forum di Assago. Mio padre, sant'uomo, si fece la levataccia per portare fin là me e i miei amici borchiati di prima mattina. Appena arrivammo, lo salutai il più velocemente possibile per correre all'inizio della fila. Erano le sette. Dodici ore dopo, aprirono i cancelli. Io corsi velocissimo e arrivai davanti, praticamente alla transenna, a cui riuscii ad aggrapparmi━l'unico tra i miei amici, che vennero trascinati via da me durante il concerto dei Trivium e andarono ad accomodarsi sugli spalti. Io resistetti, arrivando anche alla transenna, e nel momento in cui quei sei vecchiardi salirono sul palco i miei sensi di giovane metallaro esaltato andarono in overdrive. Alla fine suonarono "Hallowed Be Thy Name" e mi venne letteralmente da piangere alle ultime parole di Bruce Dickinson: "Quando saprai che la tua ora si sta avvicinando / Allora forse inizierai a capire / Che la vita, quaggiù, è solo una strana illusione" (che ci volete fare, stavo ancora lottando per accettare l'idea della mia mortalità). Me ne andai sudatissimo e sorridentissimo.

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Il 20 ottobre 2016, giorno in cui scrivo, ho venticinque anni. Non ho più l'abbozzo di capelli lunghi di dieci anni fa e non possiedo più una selezione di magliette con su Eddie the Head in varie incarnazioni. Ma se ascolto gli Iron Maiden mi torna addosso l'energia che mi faceva venire i brividi quando me li ascoltavo in cameretta e dal vivo━la clamorosa malinconia fantascientifica di "To Tame a Land"", la cavalcata occulta che accende dal nulla "Sign of the Cross", la maestosità di "Seventh Son of a Seventh Son" mi fanno ancora prendere bene come allora, e il piccolo Maidenhead in me alza al cielo le sue cornine tutto soddisfatto. Quindi, quando mi hanno detto che avrei intervistato il fondatore dei Maiden, il loro bassista Steve Harris, sono andato un attimo in crisi. Il suo progetto solista, i British Lion​, avevano annunciato una data in Italia━l'11 novembre al Live Club di Trezzo sull'Adda, in provincia di Milano━e c'era la possibilità di parlare con lui per un quarto d'ora al telefono. Mi è improvvisamente tornato tutto addosso: la fotta e il timore reverenziale, principalmente, ma anche la preoccupazione per la non possibilità di fargli domande sugli Iron Maiden. Il che potrebbe essere più o meno come dover intervistare Renzo Piano e chiedergli solo delle villette bifamiliari che schizza nel tempo libero se il disco dei British Lion non fosse una solida mazzata buona per farsi un viaggione in quegli anni in cui sembrava che l'hard rock avrebbe cambiato il mondo buttando giù i muri di Berlino al suono di "Wind of Change." Ho iniziato parlandogli di uno stadio fatto esplodere, credendo che fosse una cosa decentemente metal.

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Noisey: Hai visto il video di Upton Park [lo stadio del West Ham, nda] che viene fatto esplodere? Che cosa ne pensi? 
Steve Harris: Sì, è stato tristissimo! Ma che ci vuoi fare? Prima o poi devi lasciarti tutto dietro, credo. Non sono ancora riuscito ad andare a vedere una partita all'Olympic Stadium dato che sono sempre in giro per il mondo, ma credo riuscirò a farci un salto attorno a Natale, quando tornerò in Regno Unito. Ho un paio di abbonamenti da parte, pronti all'occorrenza per me e la mia famiglia.  A bruciapelo: chi vincerà la Premier League quest'anno e perché?
Bé, so per certo che non sarà il West Ham, allora non me ne frega niente. (ride) Passiamo alla musica. Che cosa fu, quando presi un basso per la prima volta in mano, a farti capire che sarebbe stato il "tuo" strumento? 
La storia si sa, ma di base volevo suonare la batteria. Non avendo però lo spazio per poterlo fare, decisi di darmi comunque alla sezione ritmica, e il basso era quindi l'unica opzione che avevo! E pensai che suonare il basso significava comunque avere più possibilità di partecipare attivamente alla scrittura dei pezzi. E in effetti ho fatto la scelta giusta, dato che Nicko ci ha messo vent'anni a scrivere un pezzo per i Maiden (ride)! Comunque: quando presi un basso in mano la prima volta lo sentii come qualcosa di molto naturale, mi sembrava proprio che stessi facendo la cosa giusta.  Quindi non hai avuto un'illuminazione musicale che ti ha portato al basso, sono state le circostanze a mettertene uno in mano. 
Bè, in realtà penso di essere stato molto fortunato a poter avere dei grandi modelli a cui ispirarmi. Crescere negli anni settanta significava essere a stretto contatto con musicisti fantastici e incredibilmente vari, da John Entwistle degli Who a Andy Fraser dei Free, da Chris Squire degli Yes a Martin Turner dei Wishbone Ash. Erano tutti grandi bassisti in grandi gruppi che scrivevano grandi canzoni. E loro sono solo la ciliegina sulla torta di quell'era!

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E i British Lion sono un po' un ritorno a quell'era━anche se c'è comunque un elemento metal, di base parlerei di voi come un gruppo rock. 
Sì, assolutamente. Penso che gli europei siano i migliori a rendersi conto di quel collegamento, capiscono quella tradizione musicale. In un certo senso mi sento più "capito" a livello musicale da un europeo che da gente che viene da altre parti del mondo. E cosa fu a farti decidere di fondare i British Lion, originariamente?
Io e i ragazzi siamo amici di lunga data. Loro suonavano assieme negli anni Novanta e a quei tempo cercavo di dargli una mano a livello manageriale, organizzando i loro concerti e seguendoli su vari ambiti. Sfortunatamente, come succede a tutti i gruppi per qualche motivo, la band implose. Non eravamo riusciti a tirare su abbastanza attenzioni, era stato tutto piuttosto difficile. Ma quelle canzoni per me erano davvero troppo belle perché rimanessero lì a prendere polvere, e così mi sono detto che l'unico modo per tirarle fuori era essere io stesso nel gruppo e metterci tutto quello che potevo. Prendemmo poi David Hawkins alla chitarra e alle tastiere, e da lì abbiamo iniziato. Non era quindi una questione di prenderti uno spazio personale rispetto agli Iron Maiden.
Certo, non mi servono pause dai Maiden. Facciamo così tante cose assieme che tutti quanti possiamo fare quello che vogliamo, a livello musicale o meno. Volevo solo che i pezzi dei British Lion avessero effettivamente delle orecchie che li ascoltassero, e non vederle mai pubblicate mi avrebbe davvero preso male. E poi i ragazzi sono dei grandi musicisti, e non vederli suonare dal vivo━non suonare con loro dal vivo━mi sarebbe dispiaciuto. Mi diverto un sacco! Poi, Bruce e Richard scrivono in modi diversi ma sono entrambi stili a cui mi sento molto vicino, sono due modi di narrare la realtà.

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Con i British Lion suoni in spazi enormemente più piccoli di quelli in cui ti esibisci con i Maiden. Come ti fa sentire la cosa?
È molto divertente suonare nei locali, come lo è suonare sui palchi enormi dei Maiden, sinceramente a me piace solo davvero tanto suonare! E mi sento molto fortunato a poter vivere entrambe le situazioni. È davvero bello essere così vicini ai fan, e sono trent'anni che con i Maiden non posso più farlo. Non che mi spaventi l'idea di uno spazio piccolo, ma mi sento come agli inizi della mia carriera in un certo senso. Ti preoccupi di cose basilari━tipo, quanta gente sarà venuta a vederci? Come qualsiasi novità, anche ai British Lion serve tempo per crescere. Ed è la parte più bella di questa sfida che adoro. È quello per cui vivo. Non è stato facile farlo la prima volta, non sarà facile questa. È solo questione di lavoro. Pensi mai all'enormità dell'eredità che la tua generazione lascerà al metal e all'hard rock, anche a livello di difficoltà di ricambio generazionale?
Cerco di non pensarci, ma so che molta gente ovviamente prende i Maiden come un'influenza primaria, e negli anni la cosa è solo aumentata. E sì, abbiamo molto da lasciarci dietro. E non abbiamo ancora finito di fare quello che facciamo, quindi posso dire che non ci penso ancora. Credo, riguardo alla questione del ricambio generazionale, che sia molto, molto dura per le band di oggi non solo raggiungere i livelli di attenzione che c'era su di noi ai tempi ma anche solo vivere di musica. Non voglio iniziare a parlare in termini politici, ma ci sono molte, molte più restrizioni. E credo che la cosa si applichi a qualsiasi tipo di musica, non solo a quello che facciamo noi. Andiamo tutti in tour e affrontiamo tutti le stesse difficoltà nel farlo, ad esempio. Chiaramente al livello dei Maiden è tutto diverso, ma non significa che non ci rendiamo conto del contesto più largo.

Come mai, secondo te, il punk ha avuto un momento di inizio definito mentre è così difficile marcare il momento in cui è nato l'heavy metal? Ci sono molte sfumature da prendere in considerazione. 
Non mi è mai piaciuto il punk, come è ben risaputo, perché in quegli anni non facevano che rubare concerti a gruppi rock che, onestamente, ritenevo e ritengo più capaci di loro anche solo a livello strumentale. Poi c'è stata un'evoluzione, chiaramente, e la seconda ondata di punk aveva un sacco di musicisti effettivamente capaci. Però preferirei non parlarne, davvero non mi piace! Il metal… come dici è molto più sfumato, e credo che più una cosa sia difficile da inquadrare e spiegare maggiore sia la bellezza e la soddisfazione nell'arrivare tramite essa al successo. Ma nessuno suona per i soldi. I Maiden non l'hanno mai fatto, i British Lion non lo fanno, nessuno lo fa, anche e soprattutto perché i soldi non ci sono! (ride) E non ce n'erano neanche quando abbiamo iniziato a suonare verso la fine degli anni Settanta.

I British Lion suoneranno al Live Club di Trezzo sull'Adda, in provincia di Milano, l'11 novembre. Elia sorride quando mancano due minuti a mezzanotte. Seguilo su Twitter​.
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