tre allegri ragazzi morti
Tre Allegri Ragazzi Morti, foto promozionale

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Musica

Abbiamo chiesto ai Tre Allegri Ragazzi Morti di mettere in classifica i loro stessi dischi

Abbiamo fatto ripercorrere a Davide, Enrico e Luca la loro carriera, da Piccolo intervento a vivo a Inumani, in un hotel della Brianza.

I Tre Allegri Ragazzi Morti hanno annunciato il festival itinerante La Via Di Casa—cinque concerti in cinque località simboliche del Friuli Venezia-Giulia. Il primo concerto sarà un’esperienza enorme, sul Monte Zoncolan a Sutrio (UD), per mille persone. Poi seguiranno altre quattro date più intime in luoghi particolarmente suggestivi. Per informazioni e biglietti visita il sito o segui la band su Instagram. I concerti:
Domenica 30 agosto - Sutrio (UD) - Zoncolan Parking Lot
Martedì 1 settembre - Malnisio di Montereale Valcellina (PN) - Ex Centrale Idroelettrica A. Pitter
Giovedì 3 settembre – Fiumicello Villa Vicentina (UD) - Parco sull’Isonzo
Venerdì 4 settembre - Maniago (PN) - Castello
Sabato 5 settembre - Faedis (UD) - Valle

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Rank Your Records è la serie di Noisey in cui chiediamo a musicisti di ripercorrere la loro carriera mettendo i propri album in ordine di preferenza.

  1. Il sogno del gorilla bianco (2004)

Noisey: Perché iniziamo dal Sogno del gorilla bianco?
Enrico Molteni: Nonostante abbia degli spunti buoni━c'erano dentro suggestioni etniche, cori africani e cose così━ha avuto un finale un po' frettoloso. Ci eravamo dati dei tempi che non siamo riusciti a rispettare, ci siamo auto-obbligati a essere più veloci e la cosa ha fatto male all'album. Era una decisione che avevamo preso sia a livello discografico che personale: stavamo decidendo noi le nostre cose, in fondo. Sai quando ti organizzi per fare le date, la promozione, e poi…
Davide Toffolo: È un disco di passaggio, fatto dopo un lungo giro in Sud America. Abbiamo provato a metterci dentro quei luoghi: il riff de "La festa è a Buenos Aires" viene da una cumbia villera argentina, per esempio. Però non era così a fuoco la possibilità di affrontare una dimensione di viaggio etnico. Di quell'album rivendico le canzoni, che di base non sono male. "Signorina Primavolta" è rimasta, "Voglio" è rimasta, ce ne sono tante che non sono rimaste solo perché non le facciamo dal vivo. Le canzoni hanno un'emozione, ce ne sono capitate di tutti i colori per fare quel disco. È un album scomposto, ma con delle emozioni forti. Produttivamente, però, non è completamente riuscito.

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  1. Piccolo intervento a vivo (1997)

Che cosa rappresenta per voi Piccolo intervento a vivo, oggi?
DT: Secondo me Piccolo intervento a vivo e Primitivi del futuro sono lo stesso album. Il primo è l'inizio della nostra esperienza, assieme a Mostri e normali, uno dal vivo e uno in studio; il secondo è il nostro nuovo inizio. Dovrebbero essere alla stessa posizione. Intervento è il nostro primo incontro con Enrico, il primo vero disco che abbiamo fatto—per quanto bislacco, dato che è un mezzo live.

  1. La testa indipendente (2001)

Come mai La testa indipendente è relativamente in basso nella classifica?
EM: La testa indipendente, che nella classifica che Rolling Stone fece sui dischi italiani migliori di sempre venne fuori come il nostro album migliore. Quindi non so se dovremmo adeguare la nostra classifica (ride). Secondo me non è registrato benissimo, anche se è comunque tutto in presa diretta, e la gente che ascolta dischi lo sente. Rimane più "vicino", no?
DT: È stato comunque un disco importante, il primo che abbiamo registrato a Ferrara in quello che sarebbe diventato l'HeadQuarter Studio. Lo abbiamo fatto con Giorgio Canali, che ha prodotto tutto. Lui praticamente ha preso Mostri e normali, l'ha messo sul tavolo, l'ha ascoltato e ha detto, "Ok, il mio disco sarà il contrario di questo." Che era anche interessante. "Io vi ho visti dal vivo," disse, "A me non interessa questa cosa confezionata, ma un'altra cosa." E ha fatto un'altra cosa. Il disco è registrato senza click, senza tutori, con Giorgio lì nella stanzetta che ci diceva di pompare. E abbiamo pompato! L'ispirazione, secondo me, era alta perché venivamo da Piccolo intervento a vivo e Mostri e normali, con prima le cose delle Origini, l'EP; enon ci eravamo mai fermati, a livello compositivo. Lì siamo arrivati un po' all'apice di questa cosa. Poi c'è dentro molta della musica che ascoltavamo in quel periodo, delle suggestioni per esempio del cosiddetto emocore, che erano le cose che ascoltava Enrico in modo più esplicito. Avevamo provato a metterle dentro in "Prova a star con me un altro inverno a Pordenone" o "La decisione", per esempio.

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Vi siete poi presi una pausa o siete andati avanti per la tangente?
DT: Pause vere non ce ne sono mai state, però diciamo che La testa indipendente è abbastanza in continuità.
EM: Sicuramente suonavamo sempre, ora andiamo un po' a periodi. Mentre allora eravamo sempre in giro. Comunque non cambierei niente della Testa, l'unica cosa che mi dispiace quando lo risento è che suona un po' inscatolato. Se proprio devo trovargli un difetto è quello.
DT: Lo avevamo fatto in un proto-studio, in fondo. È ruvido nell'ascolto.
EM: È il suo bello, ma anche il suo limite. Per questo è un po' sceso in classifica.

  1. Inumani (2016)

Sfatiamo quindi il mito per cui, per ogni gruppo, l'ultimo album è il migliore.
EM: Certo, sfatiamolo! Anche perché ce lo stai chiedendo adesso, a marzo ti avremmo dato una risposta diversa. Ora che lo fai, lo registri e lo fai uscire… è passato abbastanza tempo per ripensarlo.
DT: Io invece dico il contrario, per me è passato così poco tempo che non capiamo ancora cos'è veramente Inumani. Anche quando siamo partiti a fare Primitivi del futuro, che è comunque un discone, ci sono state difficoltà tecniche di esecuzione e c'è voluto tempo perché la gente capisse cosa stessimo facendo. Ho rivisto un live del Giardino dei fantasmi, e devo dire che si capiva che anche lì stavamo sperimentando una modalità di esecuzione che poi si è risolta, a un certo punto è fiorita. L'ufficio stampa è abituato a dire che l'ultimo album è il più figo, come facciamo noi, uffici stampa di noi stessi. Ma in realtà capiremo in futuro il ruolo di questo album rispetto a quello che abbiamo fatto.

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  1. Mostri e normali (1999)

Che ricordi avete del periodo di Mostri e normali?
EM: Lo abbiamo registrato in uno studio mobile in una casa in montagna in Trentino, immersa nella neve, che Davide ha poi disegnato sul retro del CD. È stato il primo disco che abbiamo fatto con una major, e il primo nostro vero disco in studio. Purtroppo se ci penso mi viene sempre in mente la faccia del produttore che, povero, è stato carino in realtà… Marco Dal Lago, si chiama. Non capivo benissimo il suo ruolo, avevo in mente l'idea che dovevamo fare le cose più o meno da soli, decidere tutto. Invece dovevamo confrontarci con uno che aveva la responsabilità del prodotto che sarebbe uscito. Poi c'è il fatto che era un album tutto fatto al computer, con ProTools.
DT: Difatti a un certo punto lui ci aveva detto, "Cazzo, questo è il primo disco fatto con ProTools in Italia, posso scriverlo?"
EM: E noi, "No!" (Ride)
DT: Sì, gli interessava, perché ora tutti i dischi si fanno così, e quello fu il primo in Italia. Aveva anche un suo senso che la cosa venisse esplicitata, ma insomma…
EM: Ora sono tutti puristi dell'analogico, all'epoca immaginati.

  1. Nel giardino dei fantasmi (2012)

Non mi aspettavo che Giardino fosse così in alto. Come mai?
EM: Consiglierei Nel giardino dei fantasmi a chi deve scoprire il gruppo, perché ha dentro tutte le nostre anime. Alcune cose sono legate al reggae e alla musica che abbiamo scoperto con Primitivi del futuro, ma ci sono anche pezzi un po' più rock che arrivano dal periodo precedente, il tutto con una coscienza nuova. L'insieme lo rende forse il disco più classico dei Tre Allegri, credo rimarrà. Mi piace tuttora tantissimo la copertina, poi. E contiene quella che in questo momento sembra essere la nostra canzone più amata, "La mia vita senza te."

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  1. La seconda rivoluzione sessuale (2007)

Perché La seconda rivoluzione sessuale è quassù?
EM: Perché ha dei pezzi bellissimi. Le lavorazioni mi sono piaciute moltissimo, sono state un po' itineranti. Prima a Genova, nello studio di Mattia dei Meganoidi; poi ad Aviano, in provincia di Pordenone, nello studio di Enrico Berto, dove lo abbiamo editato e masterizzato; e lo abbiamo finito a Ferrara, al Natural HeadQuarter di Fusaroli. Ed era lo stesso anno in cui, lì a Ferrara, c'erano gli Zen Circus che stavano facendo Villa Inferno, Il Teatro degli Orrori che stava facendo Dell'impero delle tenebre e Vasco Brondi che stava facendo Canzoni da spiaggia deturpata. Ci incrociavamo, andavamo, venivamo… è stato un momento un po' così, ecco. 
DT: È un disco nato a Milano, come scrittura. Tecnicamente poi lo abbiamo fatto metà a Genova, ci suonano dentro il batterista dei Lombroso, il chitarrista degli Africa Unite, il sassofonista dei Meganoidi. Poi quando si è spostato a Ferrara è entrato Brian Ritchie, che era lì con gli Zen Circus… Ancora non erano con La Tempesta. E da quell'esperienza Brian ci ha invitati a Obart, in Tasmania, e lì c'era Appino che aveva in mente di fare questo disco interamente in italiano. È stato il primo vero incontro della Tempesta.

  1. Primitivi del futuro (2010)

Primitivi è anche il mio vostro album preferito. Come mai è sul podio?
EM: È arrivato dopo tanti anni che facevamo dischi, ed è stato bello perché c'è stato un cambiamento, questa cosa del reggae, che abbiamo condiviso tutti con una certa decisione. È stata la prima volta che le radio hanno cominciato a mandarci una canzone. Secondo me ha un colore unico dall'inizio alla fine, ha un'atmosfera precisa. I dischi hanno dei colori, sai? Non so se l'abbiamo scelto apposta, l'azzurro, o se è stato un caso e poi ho associato io la cosa. Gli album dopo sono sempre belli, ma molto vari. E tra l'altro l'abbiamo fatto quando siamo andati a vivere tutti assieme in una casa di campagna a Valvasone, un paese vicino a Pordenone. Abbiamo fatto la sala prove nella stalla.

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