Abbiamo chiesto ai Placebo di mettere in classifica i loro stessi dischi

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Musica

Abbiamo chiesto ai Placebo di mettere in classifica i loro stessi dischi

Brian Molko non era molto convinto, ma alla fine è stato al gioco.

Rank Your Records è la serie di Noisey in cui chiediamo a musicisti di ripercorrere la loro carriera mettendo i propri album in ordine di preferenza.

Alcuni musicisti non vogliono mettere i propri album in ordine di gradimento perché non sono critici musicali: non è sempre facile ammettere che uno è migliore dell'altro. È un problema che si verifica spesso prima di condurre queste intervista. Brian Molko è uno di questi scettici, ma siamo riusciti a convincerlo senza troppo sforzo. La sua band, Placebo, festeggia in questo periodo i vent'anni di carriera e per quanto lui sia convinto di non essere in grado di farlo, lo è.

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"Non la vedo in quel modo", ammette Molko. "Per me, sono opere totalmente separate le une dalle altre, tutte diverse. Ho provato a giocare al vostro gioco. Vi ho preparato una lista. L'esperienza di creazione del disco ha influenzato le mie scelte. Ho deciso di starci. Non l'ho mai fatto prima per cui è una specie di salto nel buio. Non l'avrei mai fatto se non me l'aveste chiesto voi".

Dopo questi otto album (incluso un MTV Unplugged), i Placebo celebrano i vent'anni con un tour, un nuovo EP intitolato Life's What You Make It e un doppio album a seguire, A Place For Us To Dream, che raccoglie il meglio della loro produzione negli ultimi due decenni. Per Molko e il co-fondatore e bassista Stefan Olsdal, è tempo di festa, ma anche tempo di gratitudine.

"Ho passato tutta la mia età adulta a fare questo lavoro, e non so fare davvero nient'altro", dice Molko. "È molto importante per me. Ho fatto qualunque cosa perché andasse così. In qualche modo, siamo stati in grado di far sì che la band restasse rilevante. Non so come, ma lo so per certo, dato che ogni volta che andiamo in tour le prime cinque file sono sempre occupate da un nuovo gruppo di teenager. La gente che è cresciuta con la band è ancora lì, solo più vicino al bar, in fondo alla sala. Come due uomini di oltre quarant'anni siano in grado di farlo, questo non lo so. Forse siamo soltanto immaturi. Sono felice di continuare a seguire il mio istinto e vedere dove mi porta".

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8. Black Market Music (2000)

Noisey: Perché questo è quello che ti piace di meno?
Brian Molko: Penso di averlo messo per ultimo perché credo sia il disco che soffre più di tutti di un suono piatto e generico. Cerchiamo di fare il nostro meglio per non far suonare i dischi così. Fa parte del nostro modus operandi. Ma fu anche la prima volta che raggiungemmo il numero uno in classifica degli album e, in tipico stile Brian Molko, l'ho messo all'ultimo posto. [Ride] Penso che sia un disco molto austero, non suscita euforia, che è una cosa che cerco sempre nella musica. Fu registrato durante il picco della nostra fase "party" e, una volta incisi tutti gli strumenti, trasformammo lo studio in un posto in cui far festa con vari ospiti. Per cui passammo gran parte del tempo a intrattenere altra gente mentre il nostro produttore lavorava al disco da solo. Penso che se fossimo stati un po' più coinvolti, forse ci sarebbe un po' più di luce e di colore. È un album molto monocromo per me. Se provo a immaginarlo, lo vedo color legno scuro, con strisce di grigio canna di fucile.

Lo si vede anche dalla copertina.
Sì, e forse è quello il motivo. Forse l'intero pacchetto è troppo gotico per i miei gusti. Mi piace provare a fare album che abbiano luci e ombre, e questo ha solo ombre. Forse è per questo che è ultimo.

Ho letto che questo album fu una reazione a tutte quelle band macho nu-metal che infestavano la musica di quei tempi.
Sì, era più o meno il momento di maggior popolarità per i Limp Bizkit, per cui provammo a inserire un po' di hip-hop nel nostro suono per creare un'atmosfera alla Sonic Youth mischiati con KRS-One, in opposizione a tutte queste stronzate super aggressive e super macho che andavano di moda all'epoca. Sono sicuro che questo influenzò la nostra decisione di avventurarci nel mondo dell'hip-hop alternativo. [Ride] Non saprei dire se abbia funzionato o meno, ma perlomeno abbiamo avuto le palle di farlo. A quei tempi c'erano stati degli scontri sulle strade di Londra, e ricordo che qualcuno aveva dipinto o incollato una cresta verde su una famosa statua di Winston Churchill. Quello fu un po' l'ispirazione per l'approccio "dope, guns, fucking in the streets" alla White Panther, MC5 e John Sinclair che adottammo per quella canzone. Provammo a fare qualcosa che fosse nuovo e più figo dei Limp Bizkit. Ok, non era molto difficile, ma volevamo provare a fare una cosa che funzionasse. Funzionò? Uhm, su questo si può discutere. [Ride]

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Che cosa vi portò al sample di "Texas Never Whispers" dei Pavement in "Slave To The Wage"?
Semplicemente ero un loro grande fan. Viene dall'album di B-side e mi piaceva tantissimo quella chitarra astratta. L'originale è molto più lenta. La mettemmo in loop e la velocizzammo di brutto, tipo dieci volte più veloce. Anche in questo caso si trattava di sampling, una cosa che non avevamo mai provato prima. Al tempo era questo a motivarci. Non volevamo fare quello che avevamo già fatto nel disco precedente.

È vero che attorno a questo periodo vi chiesero di interpretare i Judas Priest nel film che poi divenne Rock Star?
Sì, ce lo proposero. Se sia stato in quel periodo, mi pare di sì. Hai proprio ragione. Me ne ero completamente dimenticato. Ho visto quel film, perché lo davano in TV ed ero curioso di vedere il film in cui avremmo dovuto recitare. Ci sono Mark Wahlberg e Jennifer Aniston e saremmo stati assolutamente sbagliati per il ruolo dei Judas Priest. Fu subito dopo che avevamo fatto Velvet Goldmine e quando ricevemmo il copione ci sentimmo come una band a noleggio da chiamare secondo il bisogno. Non volevamo creare quel precedente. Non arrivammo oltre alla quarta o quinta pagina, finché non trovammo la frase: "Il personaggio tal dei tali indossa una mutanda di cuoio", e a quel punto lo posammo e non lo guardammo più.


 7. Placebo (1996)

Di nuovo, è al numero sette per via del suono. È un disco estremamente sotto-prodotto, ma è anche quello che ci ha fatti notare. Per me, suona molto naïf e senza dubbio il lavoro di una band che si trova in uno studio per la prima volta. E quando dico naïf non intendo il songwriting. Il suono di un album e il songwriting sono due cose molto diverse per me. Le canzoni sono molto buone. C'è una certa ironia, umorismo e malizia in loro, che è una cosa che mi piace. Ma ricordo che, arrivati a Dublino, sentii parlare di questa nuova tecnologia chiamata ProTools, ma non mi resi conto che non l'avremmo usata su questo disco. Per cui fu registrato in modo molto old school, su nastro. Se volevi fare una modifica dovevi tagliare il nastro con una lametta da barba. A ogni modo ricordo che eravamo pieni di entusiasmo. Non riuscivamo a credere che qualcuno ci avesse dato dei soldi per fare un disco. Ma eravamo molto, molto inesperti e non sapevamo usare lo studio come uno strumento. Suona molto giovane alle mie orecchie.

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Ho sempre pensato a questo disco come l'album indie rock dei Placebo. Poi le cose cambiarono radicalmente.
Certo, fu un album registrato quasi live con un power trio. È come lo volevamo ai tempi. Suonavamo in piccoli locali e volevamo essere una band alternativa, veloce e punk. Ma nel 1998 eravamo già stufi di quel formato, e capimmo che avremmo potuto ottenere molto di più dal nostro sound. Quindi con il nostro secondo disco cominciammo a inondare tutto di tastiere, loop e un approccio alla scrittura diverso.

Pensi che il fatto di ingaggiare un produttore come Brad Wood (Liz Phair, Sunny Day Real Estate), che lavorava principalmente con artisti underground americani, sia stato un limite per la band? 
Be', ci produsse in modo molto ruvido e ci catturò esattamente come suonavamo. I primi album sono spesso così. E fu una buona cosa avere un album nella nostra discografia. Ma volevamo davvero crescere, e fu a quel punto che iniziò il pattern per cui ogni album sarebbe stato una reazione contro il precedente. E quella sarebbe stata la più grande influenza sul disco seguente.

Intorno a questo periodo venivate associati stranamente all'ondata Britpop. Vi sentivate parte di quel movimento?
Col cazzo! No, no, no, no. Il movimento Britpop aveva un suono e un pubblico specifici. Era molto macho e molto da stadio. Era tutto molto mascolino, e noi eravamo l'antitesi di quell'approccio. E aveva anche molte influenze britanniche. Sembrava obbligatorio omaggiare questo retaggio, e noi non sentivamo questo bisogno per nulla. Volevamo prendere i Sonic Youth e i Depeche Mode e spiaccicarli insieme per vedere che cosa succedeva. Eravamo una mosca bianca nella scena musicale. Il mio punto di vista sul Britpop è molto limitato. Penso che anche Suede ed Elastica fossero inseriti nel movimento Britpop senza che c'entrassero nulla.

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Pensi che "Nancy Boy" sia una canzone attuale, visti i passi avanti compiuti dalla comunità transgender? 
Sai, mi piacerebbe molto rispondere di sì, ma non so nemmeno dirti con certezza di che cosa parli questa canzone. Sembra parlare di edonismo pansessuale, di lasciarsi andare completamente. Non so esattamente che cosa significhi per le altre persone, ma ricordo il tour che facemmo quando il pezzo era appena uscito. Eravamo in un locale indie in Scozia dopo un concerto, il posto era pieno e quando il DJ mise "Nancy Boy" la pista si svuotò. Mi girai verso Stefan e gli dissi: "Penso che siamo fottuti!" E lui disse: "No, semplicemente non hanno capito". Ero convinto che sarebbe stata ignorata e sarebbe stata un flop. Quindi fui davvero sorpreso quando finì nella top 5.


6. Without You I'm Nothing (1998)

Penso che stessimo ancora imparando a usare lo studio, e stavamo cercando di espandere il nostro suono al di là del formato power trio. Era anche un momento difficile per registrare, visto che avevamo una relazione molto disfunzionale con il nostro produttore [Steve Osborne]. Alla fine del disco non ci parlavamo nemmeno più. E non è che avessimo litigato di brutto. Nemmeno all'inizio parlavamo molto, e col passare dei mesi il rapporto continuò a deteriorarsi finché non si parlò proprio più. C'era un'atmosfera molto strana. La canzone fondamentale fu "Pure Morning", che registrammo dopo aver smesso di lavorare con Steve. Fu durante una session di B-side con un altro produttore, Phil Vinall. Eravamo come bambini in un negozio di dolciumi. Nacque dal caos, perché non eravamo più sotto pressione. Per cui cominciammo a giocare con tutti questi suoni diversi e quella canzone fu il risultato. L'ho riascoltata poco tempo fa dopo circa dieci anni, e sono rimasto sorpreso di quanto suoni moderna e senza tempo. Non ho alcun problema con le canzoni di questo album—anzi, mi piacciono molto—ma penso che i testi non siano il massimo. È per questo che non abbiamo suonato questi pezzi dal vivo negli ultimi dieci anni. Anzi, nove, a essere precisi. Nemmeno "Nancy Boy", e questo è il motivo per cui abbiamo deciso di riesumarla per questo tour.

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Giusto perché tu lo sappia, nel 2009 hai detto che questo era il disco migliore dei Placebo.
Davvero? Be', ecco. [Ride] Nel 2009? Come faccio a rispondere a una cosa del genere? Solo gli stupidi non cambiano idea? E i cristiani? Dimostra soltanto quanto sia strano per me questo esercizio.

David Bowie cantò sul singolo della title track. Dev'essere stata un'esperienza. 
Se ci pensi è una cosa totalmente folle. Perché mentre ero là dentro, mentre succedeva, sembrava molto meno spaventoso di quanto immagini. Ma quando David Bowie ti chiama e ti dice che gli è piaciuta così tanto la canzone da aver scritto una parte vocale tutta sua fu incredibile. A quel punto ci conoscevamo già da un po' di anni ed eravamo stati in tour mondiale insieme, quindi ci parve una prospettiva molto interessante. Ai tempi presi la cosa in modo molto più normale rispetto a ora. Perché se ci ripenso, fu un vero onore, considerando le canzoni che Bowie aveva scritto. Il fatto che gli piacesse così tanto una delle nostre da volerci cantare. A quei tempi ero esuberante e sicuro di me, per cui mi era semplicemente parso normale, bello ma normale. Non mi resi conto del significato di questa cosa. Il che è una costante nella mia carriera. [Ride] Fino a poco tempo fa! Non ho permesso che questa scintillante e patinata terra delle opportunità che era il music business a quei tempi mi spazzasse via. Da metà anni Novanta fino all'inizio del nuovo millennio fu una specie di età dell'oro perché le etichette discografiche avevano davvero tanti soldi, e tutto sembrava possibile.

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Qual è la storia dietro la traccia nascosta "Evil Dildo"? Le voci erano minacce di morte arrivate a te?
Ah, sono su quel pezzo? Ma certo! Me ne ero completamente dimenticato. Penso di sì. Non ascolto quella canzone da salcazzo quanto. Sono minacce di morte che erano state lasciate sulla mia segreteria telefonica. Erano minacce tipo "so dove vivi", non minacce di violenza fisica. A essere sincero, al tempo pensai semplicemente: "Wow, sono arrivato. Si vede che sto facendo incazzare della gente!" Per cui fu una cosa positiva perché provò che stavo avendo un impatto. Decisi di riappropriarmene. Mi ripresi il potere, in un certo senso.


 5. Battle for the Sun (2009)

Questo album ha una delle mie canzoni preferite da suonare dal vivo, che è "Speak in Tongues". È l'unico disco che abbiamo registrato fuori dal Regno Unito. Avevamo appena avuto un cambio di formazione e venivamo da un disco molto claustrofobico, e ora volevamo fare un disco che fosse ampio ed esaltante. Finì per diventare un disco perlopiù basato su batteria e chitarre. Penso che sia il suono di una band che cerca una nuova identità. Forse è per questo che lo metto al numero cinque.

I testi sono molto più ottimisti.
In confronto al disco precedente, sicuro. Questi furono condizionati da un cambio di formazione, un cambio di stile di vita e dal passaggio dal pensare che la mia band fosse condannata a un nuovo futuro, un momento di rinascita. Penso sia il nostro disco più americano.

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Eppure fu registrato in Canada.
Ho detto americano? Intendo il nostro disco più nord americano.

Perché registraste ai Metalworks?
Volevamo soltanto lavorare con David Bottrill (Tool, Muse). Lui ci consigliò di provare lì. E volevamo provare a registrare fuori dal Regno Unito. David sapeva manovrare un buono studio, e lo fece. Noi eravamo alla ricerca di un suono il più possibile potente e pesante, per cui il produttore dei Tool ci parve un'ottima idea.

Hai detto che lavorare con David Bottrill è stata l'esperienza più bella che tu abbia mai avuto in studio. Perché? 
Lo è stata. David è una persona fantastica. Mi è piaciuto molto passare del tempo con lui. Era molto accessibile e molto sincero e comunicativo. È stato bello avere un rapporto di questo tipo con un produttore. Ho immediatamente legato con lui. Considerato che devi passare quattro mesi con questa persona, tutto molto più facile se ti trovi bene.


4. Sleeping With Ghosts (2003)

Questo album è un po' un jolly. Mi piace molto perché è uno dei più audaci dal punto di vista sonoro, pieno di elettronica. È il mix perfetto che volevamo in quel momento, cioè fondere il nostro suono con sintetizzatori vintage e registrazione in analogico. Era il periodo in cui Stefan ed io iniziavamo a essere ossessionati dai vecchi sintetizzatori e non riuscivamo a smettere di collezionarli. Un synth vintage è un piacere proibito per noi. Li troviamo sexy e irresistibili, e se ne vediamo uno lo compriamo, anche se non ci serve.

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I fantasmi del titolo sembrano riferirsi alle tue passate relazioni sentimentali, o ai fantasmi di queste. 
Sì, se ricordo bene stavo cercando di esplorare poeticamente la memoria e quanto i ricordi siano affidabili e vicini alla realtà. I ricordi visivi che ritornano ma anche i tuoi ricordi emotivi, e penso mi stessi chiedendo: "Quanto sono realistici?" Penso che in un modo o nell'altro, con il passare del tempo, diventiamo registi della nostra memoria. Li montiamo come vogliamo, e all'interno di questa riflessione c'era una meditazione sulle esperienze amorose passate, un tentativo di cantarle nel modo più astratto possibile.

Sei rimasto contento del risultato?
Sì. Ricordo che ne ero molto felice. Quel disco mi sembrava molto colorato, mi dava molto piacere ai tempi. Scusa, non guardo mai indietro, per cui è molto difficile.

Insieme a questo disco uscì un album di Covers. Ce n'è una che preferisci rispetto alle altre?
Direi che la mia preferita era "Jackie", la canzone di Sinead O'Connor, che è il motivo per cui ho deciso di inserirla nel nostro concerto per MTV Unplugged. Quella che mi diede più piacere fu "Daddy Cool", la canzone di Boney M, perché fu totalmente inaspettata tanto per i fan quanto per noi. È importante sottolineare che l'album di cover è una raccolta di B-side e canzoni che abbiamo scritto per film e tributi. Facciamo cover in studio per prenderci una pausa dallo stress psicologico degli opposti: vogliamo comunque lavorare, ma i nostri cervelli hanno bisogno di fermarsi. Quindi facciamo cover per divertimento. Siamo cresciuti negli anni Ottanta quindi molte di queste vengono da quel decennio. È un modo per mantenerci in movimento pur prendendoci una pausa dall'ossessione per le nostre canzoni.

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3. Meds (2006)

Non avremmo potuto trovare una copertina migliore per rappresentare quello che stava succedendo in quel momento. Penso sia un disco molto ben fatto, ma mi sorprende che siamo riusciti a registrare un disco come questo visto quanto eravamo fatti durante la lavorazione. Era un momento in cui il nostro stile di vita aveva cominciato a prendere una piega pericolosa e la nostra relazione personale con Steve Hewitt si stava deteriorando. Quindi è un disco nato da un sacco di traumi psicologici. Penso che sia più onesto dei suoi predecessori. Apre davvero una finestra su come stavamo vivendo in quel periodo.

La cosa interessante per me è che tu all'inizio volevi fare un album più elettronico, ma il vostro produttore ti ha convinto a cambiare idea. 
È possibile. [Ride] Penso che abbiamo trovato un buon compromesso comunque, specialmente su "Infra-Red", che è una traccia molto elettronica. I miei ricordi di quel periodo sono molto, molto offuscati. Penso che fossi nel mezzo di un crollo nervoso senza rendermene conto. [Ride] Per risolvere questo problema, mi ero auto-prescritto un sacco di medicine.

Meds è stato l'ultimo disco registrato sotto l'effetto di droghe, giusto?
Più o meno. Le cose sono certamente cambiate dopo quel disco. Dopo l'uscita di Steve abbiamo capito che non potevamo andare avanti. Se l'avessimo fatto, non solo le nostre vite professionali ma anche le nostre vite private ne avrebbero sofferto. Stavo anche per diventare padre, e ciò mi procurava ansia. Se c'è un motivo per cui vale la pena darsi una regolata, è fare un figlio.

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2. Loud Like Love (2013)

Penso che questo sia stato un vero punto di svolta per noi. Battle For The Sun suonava come una band che cercava di trovare una nuova identità, e Loud Like Love suonava come una band che cominciava ad entrare in confidenza con chi era davvero. In quel periodo avevamo scoperto il produttore Adam Noble che lavorava a Londra, e ci trovammo subito bene. La registrazione fu un'esperienza molto allegra. Penso che, per quanto riguarda il songwriting, abbia segnato un cambiamento importante per me. Nel corso degli anni sono entrato nella mentalità di raccontare storie, abbandonando la modalità diaristica per la finzione. Paradossalmente, ti permette di essere più libero, più sincero e più vulnerabile perché esprimi te stesso dentro ad altri personaggi. Penso che ogni band cerchi di scrivere una canzone che trascenda la propria identità e che esista completamente nel proprio contesto senza alcuna conoscenza di quello che rappresenta, e noi raggiungemmo finalmente questo obiettivo con l'ultima canzone, "Bosco". Non poteva esistere una canzone più diversa dal nostro primo album. Rappresentava un'evoluzione sonora e la mia crescita personale. Alle mie orecchie suona tuttora fresca e attuale.

In questo album scegliesti di parlare d'amore, aggiungendo che si trattava di "una cosa molto poco Placebo". 
Sì, è quello che dissi quando decidemmo di avere un tema che unisse tutte le canzoni. C'è l'amore da varie prospettive: ossessione, desiderio, distruzione. Ci riflettei un po' dopo l'uscita dell'album e mi resi conto che molte delle nostre vecchie canzoni sono canzoni d'amore in un certo senso. Solo non nel tipico senso "I love you baby". Esplorano aspetti diversi dell'amore.

Quindi questo disco nacque come disco solista?
Successe che iniziammo a lavorarci con una persona che degli amici ci avevano raccomandato, e il risultato fu l'EP B3, che uscì appena prima di Loud Like Love. Ma nel frattempo avevamo anche incominciato a scrivere altre canzoni, ci venivano così facili. Ci guardammo e ci dicemmo: "Pensi che abbiamo iniziato un nuovo disco senza rendercene conto?" E fu così che mi sentii. Normalmente ci servono sei mesi per scrivere il materiale, quindi durante la pausa dopo Battle For The Sun avevo scritto una manciata di canzoni che stavo considerando per un disco solista. Ma non avevo abbastanza pezzi per un album, così le portai a Stefan per sentire che cosa ne pensava lui. E quelle canzoni erano "Scene Of The Crime", "Too Many Friends", "Rob The Bank", "Pity Party (Of One)" e "Hold On To Me". Non ho mai pubblicato un disco solista, non so se lo farò mai. Qual è la differenza tra scrivere per me e scrivere per i Placebo? Non saprei. So soltanto che ci servivano quelle canzoni e a Stefan piacquero. Ce n'erano anche un paio che non gli piacevano, così non le registrammo mai.


1. MTV Unplugged (2015)

Allora, perché questo è il tuo preferito?
Per me, questo è uno dei passaggi più importanti della nostra carriera. È una delle cose di cui vado più orgoglioso. È stata un'esperienza fantastica per me perché non avevamo mai fatto nulla di simile. Abbiamo provato ma anche riscritto vecchio materiale, il che ci ha dato finalmente la possibilità di aggiungere una sezione di archi a un intero progetto. Era molto tempo che volevo farlo. Il concerto in sé è stato terrificante, perché era davvero fottutamente intimo. Ci siamo impegnati davvero tantissimo per riarrangiare le canzoni secondo le linee guida di MTV Unplugged. L'ho messo al numero uno perché sono veramente felicissimo di questo disco. Queste canzoni del nostro repertorio sono state in grado di sopportare un radicale rinnovamento per un contesto completamente diverso, e per me questo è l'indicatore di una buona canzone.

Pensi che questo abbia cambiato la tua opinione delle vecchie canzoni?
Be', quella è una cosa che succede in continuazione. Facciamo sempre cover delle nostre canzoni cercando di dare loro nuova vita per suonarle dal vivo, altrimenti sembra un atto meccanico e falso. Non vogliamo nulla di tutto ciò nei nostri concerti. A volte devi rivoltare completamente una canzone per farla risorgere. Fare Unplugged e farlo bene è stata una vera impresa, penso. Sono particolarmente orgoglioso di "Meds", che è stata completamente ricostruita a partire dagli archi. La stessa cosa vale per "Without You I'm Nothing".

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