Abbiamo chiesto a Mistaman di mettere in classifica i suoi stessi dischi

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Musica

Abbiamo chiesto a Mistaman di mettere in classifica i suoi stessi dischi

Mistaman di Unlimited Struggle ha messo in classifica i suoi stessi dischi in ordine di gradimento... No, Parole non è al primo posto.
Mattia Costioli
Milan, IT

Rank Your Records è la serie di Noisey in cui chiediamo a musicisti di ripercorrere la loro carriera mettendo i propri album in ordine di preferenza. "La musica è una cosa che amo e, anche se non mi arriva il Disco d'Oro, per me non c'è problema, perché è tutto oro quello che mi arriva dalla musica", mi spiega Mistaman, rapper classe 1976, originario di Treviso, mentre mi fa sbirciare da una breve lista dei suoi dischi da cui, per un attimo, cerca di tenere fuori Realtà Aumentata, il suo ultimo album uscito per Unlimited Struggle. La sua carriera è cominciata a metà anni Novanta e nel corso del tempo si è connotata in una direzione che fa di lui una specie di Dexter delle parole (il genietto protagonista dell'omonimo cartone animato, non il serial killer di Miami), o almeno è questa la percezione che ho sempre avuto io. Lungo la sua discografia Mista si è specializzato in un tipo di rap estremamente tecnico e ricercato, in cui la maggior parte delle tracce partono da un escamotage o un nuovo gioco di parole (che sia fare una strofa al contrario rispetto alla precedente o utilizzare solo parole che iniziano con una certa lettere in un'intera barra) e la maggior parte dei suoi fan si è appassionata a lui per questa meticolosità, che lo spinge sempre oltre i suoi limiti e sempre più vicino a un grado assoluto di perfezione tecnica. È anche per questo motivo che la sua classifica risulta piuttosto cronologica: "Penso che sia anche dovuto al mio modo di approcciare la disciplina del rap, ho sempre cercato di concentrarmi su alcuni aspetti molto specifici e di continuare a migliorarli, quindi il mio giudizio in questa circostanza si basa soprattutto su questi aspetti". È un criterio valido come un altro quando si decide di stilare una classifica, ma in questo caso forse ha un po' più valore perché aiuta a percepire meglio quel percorso di maturazione artistica che molto spesso viene travisato, vuoi per l'oggettiva difficoltà dell'inserire ogni cosa nel suo contesto, vuoi perché a volte i musicisti partono per la tangente e poi chi li segue più? Quindi mi sono seduto bello comodo con Mistaman per fare un viaggio lungo vent'anni e fatto di barre chiuse, richiuse, capovolte e chiuse ancora al contrario, perché: "Quando lo senti fare sembra una cazzata, ma in realtà non è proprio così facile…"

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Colpi in aria - 2001

Mi fa strano che tu abbia messo il tuo primo disco all'ultimo posto.
So che di solito è il contrario e, per quanto sono sicuro che i fan siano affezionati alle cose più vecchie, ho voluto fare questa classifica considerando la tecnica e tenendo presente quanto la mia musica si sia definita e migliorata rispetto a me stesso. Ovviamente è un lavoro che faccio da un punto di vista che affonda le sue radici nel 2016 e io stesso sono una persona che, per mia stessa natura, tende a proiettarsi oltre i propri limiti. Non riesco a essere nostalgico, soprattutto sul mio lavoro. So che chi mi ascolta è molto legato al mio passato, ma non potrei più fare musica se mi ritrovassi integralmente in questa visione di nostalgia.

Quando riascolti Colpi in aria che sentimenti provi?
Riesco a percepire un'ingenuità mista a grande voglia di emergere, che è una combinazione letale. Quell'incoscienza che ti porta sicuramente a risultati spontanei e che, a livello emotivo, trasmettono molto, ma per me certe cose non superano la prova dell'efficacia. Faccio fatica a identificarmi in certe scelte, dopo molto tempo.

Ti riferisci a qualcosa in particolare?
In generale a quella fotta adolescenziale priva di obiettivi e capacità di controllo. Sono felice di averla vissuta e mi emoziona cantare certi pezzi ancora oggi, ma io so di non essere più così, dopo tanti anni. Non vorrei mettere troppa enfasi in questa cosa, perché il mio giudizio è più umano che do all'artista che ero all'ora, e penso sia normale avere sentimenti misti quando vai a riascoltare una canzone che, nel bene o nel male, sarà lì per sempre.

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Ci sono dei pezzi che non rifaresti mai e che sono in quel disco?
Non dei pezzi in particolare, ma ad esempio c'è un pezzo in cui dico la città è nostra. Lo so che non sembra niente di che, detta così, ma io all'epoca ci credevo veramente in quella frase. Giravamo con una crew, fatta di writers e altri artisti e io dentro mi sentivo davvero come se la città fosse mia. Poi con gli anni cresci, maturi e se riguardo indietro mi rendo conto che sì, ok, la città era nostra… Ma forse anche no. In Colpi in aria ci sono dei pezzi seri e degli skit comici, ad esempio "Luciana" in cui facciamo finta di essere dei cantanti italiani e…

E…?
E per me quella canzone lì ora come ora è inascoltabile, anche se fa ridere. Ad un certo punto c'è il cugino di Shocca che imita Method Man e io mi chiedo ancora il perché. Ci siamo divertiti tantissimo, ma siccome sto facendo una classifica non posso mettere questo disco prima di quelli venuti dopo. E poi alla fine l'hip hop è fatto di cicli, e quello era un periodo in cui il rap non se lo cagava nessuno, quindi a noi ha preso bene fare questa cosa e ci siamo divertiti, avevamo i nostri inside joke, fumavamo un sacco ed è venuta fuori questa cosa qua, ma è stata registrata da una persona molto diversa da quella che sono oggi. Il momento più alto forse rimane: "Vieni a Treviso / ti schizzo sul viso".

In realtà so che c'è stato anche un demo, prima ancora di questo disco e prima ancora di Acciaio dei Centro13, di cui tu facevi parte. È uscito nel 1995 e si chiamava Questi sono i fatti.
Sì, chissà che cazzo vuol dire poi… Ma qui entriamo in un campo dedicato esclusivamente agli infottati perché si tratta di una cosa fatta ventidue anni fa. Non voglio peccare di arroganza nel pensare di aver evoluto quello che ho fatto, anche perché credo che le mie basi siano sempre state solide, ma quello a cui do più valore dei miei dischi nel passato è la purezza: non c'è mai stata la volontà di fare una furbata per arrivare più in là, o ammiccare a questa radio, quella scena, o qualunque altra realtà.

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Parole - 2005

Probabilmente se chiedessimo a un tuo qualunque fan di fare una classifica, Parole non sarebbe mai in una posizione così bassa.
Anch'io penso che sia un super disco e in generale è stato il mio primo vero disco. Ha una tracklist lunghissima e delle collaborazioni che per me sono state importantissime, perché chi ha cantato con me su quell'album poi mi ha riconosciuto il diritto di stare sulla mappa della scena. Tra gli altri ora mi viene in mente il featuring con Primo Brown in "Lo sai chi siamo".

C'è qualcosa che ha definito il tuo modo di fare rap, in questo album?
Sicuramente il singolo "Parole", che è stato il crocevia da cui ho cominciato a concentrarmi su questa cifra stilistica dei giochi di parole, che poi nel corso della mia discografia si è specializzata sempre di più. Ci sono moltissimi beat di Shocca e, ripeto, questo è il mio primo momento di affermazione personale che è stato riconosciuto dalla scena.

Ti capita di riascoltarlo a volte, questo disco? In generale che rapporto hai con le cose fatte nel passato?
Riascolto raramente i miei dischi, più che altro perché odio quell'effetto di nostalgia che mi lasciano. Per forza di cose a volte bisogna farlo, quando devo preparare un live ad esempio, e mi capita ancora di stupirmi per alcune cose che ho fatto io stesso. Ad esempio il secondo brano di Parole, "Che c'è di vero" a risentirlo adesso, a parte i riferimenti a Pippo Baudo, mi rendo conto che è ancora attuale, anzi, forse è ancora più attuale di quando è stato scritto. Questo pezzo in particolare l'ho riascoltato di recente e mi sono detto: "Wow, vedi che questo ragazzino qualcosa ce l'aveva in testa…"

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In questa dinamica della nostalgia, a te cosa capita più spesso di sentirti chiedere dai fan?
Credo che ogni artista abbia la sua "canzone maledetta", quel pezzo che devi fare e rifare e che nonostante tutto la gente continua a chiederti. A volte mi capita che qualcuno mi riconosca per strade e mi gridi: "Bella Mista… Parole!". Ovviamente fa un po' strano, ma forse devo aver beccato qualcosa che è entrato nell'immaginario della gente e ha toccato qualcosa che non capisco nemmeno io completamente. Tra l'altro "Parole" è un pezzo costruito in modo molto particolare perché ha una base reggae, ma io ci rappo sopra in modo cantilenato, e poi c'è questo trick che parlo di delle parole, ma senza mai pronunciarle. Forse è questa facilità di fruizione, rispetto ad altre cose che ho fatto e che sono un po' più da scienziato della tecnica metrica, ad averlo reso così popolare. Comunque sì, è un pezzo che mi perseguita, ma che ho ancora piacere a cantare.

Anni senza fine - 2008

Questo è il tuo primo disco la cui release ufficiale è per Unlimited Struggle.
Sì, anche se per me questa cosa dell'ufficialità è stata una cosa molto sfumata, dato che ho sempre vissuto e condiviso la mia musica con la crew. In Anni senza fine Ho introdotto alcune sonorità un po' più elettroniche e la gente ha subito storto il naso tipo: "AH-AH, allora non fai solo il boom bap".

Tra l'altro qui inizi ad addentrarti davvero in quel mondo fatto di schemi metrici e costruzioni molto arzigogolate.
Sì, c'è "M.I.S.T.A.M.A.N." in cui ogni 4 barre tutta la frase è scritta con la stessa lettera. Poi c'è "100 Barre" che è una sfilza di punchline, o anche "Telecomando" in cui io dialogo con la televisione. In generale è anche il primo disco in cui cominciamo a fare i video con un po' di cognizione di causa… Più o meno. Ad esempio nel video di "M.I.S.T.A.M.A.N." facevo delle cose, dei movimenti, che non avevano molto senso. Non saprei nemmeno spiegarti ora come ora.

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Diciamo anche che adesso ci sono un po' meno colori, nei tuoi video.
Sì, decisamente. In generale ho un bel ricordo di Anni senza fine e credo che rimanga un disco molto radicato e super rap.

M-Theory - 2014

Questo è l'unico scambio "cronologico" che hai fatto in tutta la classifica, è perché c'è qualcosa di M-Theory che sul medio termine non riesce più a convincerti?
No, non volevo assolutamente declassare M-Theory, anche perché credo che dal punto di vista tecnico sia il mio lavoro più riuscito e, per i miei parametri di giudizio, più soddisfacente. Semplicemente ho voluto dare un premio a La Scatola Nera perché nel momento in cui è uscito secondo me ha avuto meno credito di quello che si sarebbe meritato.

Che cosa rappresenta, a distanza di due anni, M-Theory?
È la somma perfetta del mio modo di fare rap. So che ha fatto avvicinare alla mia musica tanta gente che non l'aveva mai ascoltata, anche tra i più giovani. Si è creato attorno a me un alone di genialità che a volte mi lascia anche un po' perplesso, perché quando leggo certi commenti sembra che io non caghi nemmeno…

Sei fiero di questo disco?
Assolutamente, ho sbloccato un livello tecnico che pensavo mi sarebbe rimasto irraggiungibile e c'è stata una fase molto impegnativa di messa in discussione, dopo aver completato questo disco. Credo di aver fatto delle cose irripetibili, cioè: dopo aver girato una strofa al contrario in "Irreversibile" e aver chiuso tutte le rime con un significato diverso, non saprei davvero più dove andare a parare. Avevo un bivio davanti a me: tirare fuori altri colpi di genio, migliori di quelli fatti fino ad ora, oppure fare qualcosa di nuovo…

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Realtà Aumentata - 2016

E alla fine è arrivato Realtà Aumentata.
Sì, che occupa questo posto in classifica, ma che in un certo senso preferirei lasciare da parte, perché credo che il tempo passato dalla sua uscita non sia ancora sufficiente per esprimere un giudizio. In questo disco ci sono pezzi come "M.I.S.T.A. 2.0" che matchano abbastanza con il tono di M-Theory, ad esempio questo è costruito su tutta una serie di acronimi e quindi rientra in quella categoria di cose che sono più facili da sentire che da fare, perché ti assicuro che è un bel casino. Anche "Lost in translation" contiene un trick, che è quello dell'equivoco quando si fanno traduzioni letterali tra inglese e italiano.

Per te come nascono questi pezzi? C'è un fine ludico o è più una sfida con te stesso?
Mi capita un po' per caso, magari mi accorgo che ci sono due parole che possono essere fraintese in base al contesto in cui sono inserite e da lì inizio a cercarne altre, finché non ne ho abbastanza per una canzone. In generale ogni volta che ho un concept parto da una rima che mi sembra avere un ritrovato tecnico nuovo o interessante e provo ad espanderlo in tutto il pezzo.

In questo disco però i trick sono meno frequenti e ossessivi che in M-Theory, è come se avessi voluto aprirti un po' di più, nei confronti di chi ascolta.
Sì, mi sono reso conto che quando ti concentri su qualcosa devi rinunciare ad altri aspetti e dal punto di vista voler perfezionare fino al limite la tecnica della metrica è molto limitante, senza alcuna accezione negativa. È come quando compri una macchina sportiva e poi ti lamenti se i sedili non sono comodi, voglio dire, ad un certo punto la coperta finisce e bisogna decidere quale parte del corpo coprire. In questo disco, rispetto al precedente, ho cercato di essere un po' più accogliente ed inserire i trick nei dettagli, piuttosto che nei concept, così da lasciarmi più spazio di manovra sulle tematiche e sui significanti delle canzoni.

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Hai cercato di esprimere qualcosa che ti riguardasse più da vicino rinunciando all'aspetto tecnico, qua e là.
Ci sono tanti pezzi in cui, forse per la prima volta, mi apro e rifletto su alcuni temi come la musica e la mia percezione della musica, o i motivi per cui continuo a farla. Anche se sono cose che riguardano solo me, magari ci sono persone che possono ritrovarsi negli stessi ragionamenti, ma in altri ambiti. La mia percezione è che oggi i rapper cerchino di piacere a tutti, in una ricerca ossessiva di materiale che possa piacere anche agli altri, in cui far identificare il pubblico… Così ho voluto fare qualcosa di diverso e si vede anche nella copertina: quella luce verde che si diffonde vuole essere la mia visione, quello che ho da raccontare e in cui non è obbligatorio riconoscersi direttamente.

Cosa ti ha portato a questa presa di posizione?
Il dispiacere nel vedere che il web, da frontiera, è diventato la nuova casa della cultura nazional popolare, è un po' come se fossero arrivate le famiglie con gli ombrelloni e chi prima era un pioniere ora è lì a vendere i panini. Io non voglio vendere i panini, tutto qui.

La Scatola Nera - 2012

E finalmente arriviamo al tuo, tuo disco preferito. Prima anticipavi che è uscito in un momento particolare per l'intera scena.
Era uno dei momenti di esplosione dell'hip hop italiano e quello è stato anche un po' il pretesto per costruire un concept dietro a questo disco, che voleva essere un po' la scatola nera che rimane dopo un'esplosione. Io ho voluto dire: "Ok, sta diventando tutto molto commerciale e trasversale, ma questo è quello che abbiamo costruito fino a qui. Questa è la storia di come siamo arrivati a questo punto".

Per te personalmente quello che periodo è stato?
Quello in cui tutti hanno scoperto cos'era l'hip hop, dai ragazzini a chi viveva soltanto davanti alla tivù. C'erano i reality show con i rapper in tivù e in generale le persone normali, cioè non particolarmente interessate a questa cultura, si erano trovate ad avere a che fare con l'hip hop, da un giorno all'altro. Il viaggio io e Shocca ci siamo fatti è stato quello di fare solo beat con il campionatore, così da dare un suono omogeneo per cercare di mettere a fuoco un qualcosa che non fosse né buffo né colorato o commerciale. Volevamo dare una visione del cuore di questa musica, perché capivamo che ormai era diventata di tutti. Ho voluto premiare questo disco con la prima posizione perché credo che sia passato troppo sotto traccia, considerato il valore che gli avevo dato io e l'importanza di cui l'avevo investito.

Cosa non ti è piaciuto di come è stato recepito dal pubblico?
La critica è stata: "Mh, figo, però che palle. È sempre uguale". Invece poi ho scoperto che in quel disco c'erano un sacco di pezzi che erano sopravvissuti alla prova del tempo e in generale c'era un sentimento di compattezza che non ho replicato in altri lavori, qualcosa che è dovuto probabilmente all'averci lavorato così a stretto contatto con Shocca, ma che per me ha un valore artistico, all'interno della mia discografia, davvero altissimo. Forse quello che per una parte degli ascoltatori è stato un punto negativo, per me è diventato un traguardo. La Scatola Nera ha dei pezzi che, quando li riascolto, mi sembrano aver superato la prova del tempo e ho grande piacere a rifarli durante i concerti.

Cosa hai fatto in questo disco per meritarti il primo posto?
Credo che il mio più grande pregio, che allo stesso tempo è pure il mio difetto, sia quello della poliedricità e La Scatola Nera riesce ad essere più a fuoco di tutti i miei altri lavori da questo punto di vista, come se ci fosse un limite che non mi ero reso di essermi dato, ma che gli permette anche di diventare il mio disco preferito.

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